martedì 4 febbraio 2020

La battaglia continua



ERRORI sulla natura della Chiesa e sulla Salvezza delle anime

Ricordiamo, prima, la dottrina cattolica, la quale dice che la Chiesa cattolica è il Corpo Mistico di Cristo e non una Chiesa “pneumatica”, vaporosa, fatta di anime unite con l’amore. Essa è umano-divina, non divisa (I Cor. 1, 13); è immagine della Gerusalemme celeste, è “tabernacolo di Dio tra gli uomini” (Apoc. XXI, 31), visibile e gerarchica, fondata su Pietro, per cui è Apostolica e Romana.
Quindi, la Chiesa cattolica è la sola veritiera Chiesa di Cristo. Lo afferma dottrinalmente Pio XII nella sua enciclica:
“Mystici Corporis Christi quod est Ecclesia”. Chiesa e Cristo sono tutt’uno. Pio XII nella sua “Humani generis”, scrive che il Corpo Mistico di Cristo e della Chiesa cattolico-romana sono una sola e medesima cosa. Quindi, “fuori di questa Chiesa non v’è salvezza”, come a dire che nessuno sarà salvato se non per mezzo di Gesù Cristo.
San Pietro, ripieno di Spirito Santo, lo dichiarò davanti al Sinedrio: «Sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che in nome del nostro Signore Gesù Cristo Nazareno, e in nessun altro nome dato agli uomini dal quale possiamo aspettarci d’esser salvati» (Atti. IV, 11-12).
Questa verità, Papa Gregorio XVI la disse “articolo di fede” e “uno dei nostri dogmi più importanti e dei più evidenti” (Cfr. PS N° 157-160). Da notare che questa verità risale all’inizio della Chiesa, né fu mai rinnegata fino al Vaticano II.
Sant’Agostino e i Vescovi d’Africa, nel Concilio di Cirta, affermarono: «Chiunque è fuori del seno della Chiesa cattolica, per quanto lodevole possa peraltro apparire la sua condotta, non godrà la vita eterna, e la collera di Dio rimane su di lui, a causa dei crimini di cui si è reso colpevole, vivendo separato da Gesù Cristo» (E. PS N° 158).  E San Gregorio Magno scrisse: «La Santa Chiesa uni versale insegna che Dio non può essere veramente adorato che nel suo seno, afferma che tutti coloro che sono separati, non saranno salvati» (cfr. PS E PS, N° 158). 
Innocenzo III, con il IV Concilio del Laterano, scrive:
«non v’è che una sola Chiesa universale, al di fuori della quale assolutamente nessuno sarà salvato» (cfr. E PS, N° 159).  Anche Bonifacio VIII, nella “Unam Sanctam” del 18 novembre 1302, disse che all’infuori di Essa non vi è né salvezza né remissione dei peccati. Naturalmente, salvo prima di terminare la loro vita si riuniscano alla Chiesa. 
Comunque, la Chiesa ha sempre detto con dichiarazione infallibile che non v’è salvezza fuori della Chiesa. Si legga, ad esempio, la lettera del Sant’Ufficio all’arcivescovo di Boston (cfr. E PS, N° 1256): «Coloro che ignorano in modo invincibile la nostra religione e che conducono una vita onesta e retta, osservando con cura i precetti della legge naturale, incisi da Dio nel cuore di tutti, e disposti ad ubbidire a Dio, possono acquistare la vita eterna con l’aiuto della luce e della Grazia, poiché Dio, che vede perfettamente, scruta e conosce gli spiriti, le anime, i pensieri e le abitudini di tutti, non permette nella sua sovrana clemenza e bontà, che colui che non è colpevole di errore volontario venga punito dai supplizi eterni» (cfr. Pio IX, E PS, N° 242). Pio XII, nella sua enciclica, sul Corpo Mistico, dice:
«Per un certo desiderio e voto inconscio, essi si trovano ordinati verso il Corpo mistico del Redentore».

La dottrina, invece, del Vaticano II, nella “Lumen gentium”, è in opposizione con la tradizione dottrina cattolica. Dice: «Questa unica Chiesa di Cristo, costituita e organizzata in questo mondo, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dai successori di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui» (Cap. I, N° 8).
Come si vede, questa nuova concezione della Chiesa è una rottura radicale con la fede cattolica che insegna che vi è identità tra “l’unica Chiesa di Cristo che” è “il suo Corpo mistico”, e “la società costituita e organizzata in questo mondo, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui , che “è” la Chiesa cattolica, per il Vaticano II, costituita e organizzata in questo mondo “non è” l’unica Chiesa di Cristo perché “al di fuori del suo organismo si trovano e sussistono” numerosi elementi di santificazione e di verità che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica” (cfr. “Lumen gentium”, cap. I, N° 8).
Lo spirito pentecostale (?) che ha prodotto la “nuova chiesa”, ha fatto scoprire al Vaticano II quello che fino allora era sfuggito a tutti, Apostoli compresi. Così, ormai, tutte le religioni, che i nostri Padri chiamavano “sètte”, ora si devono considerare della Chiesa. In effetti, Giovanni Paolo II, alla Curia Romana, il 28 giugno 1980 precisava: «Le diverse comunità ecclesiali (scismatiche, eretiche e non cristiane) costituiscono delle sfere di appartenenza alla Chiesa come popolo di Dio». E già il 21 maggio precedente, affermava: «Ci si può dire pieni di una particolare speranza di salvezza per coloro che non appartengono all’organismo visibile della Chiesa» per i «numerosi elementi di santificazione e di verità» si riscontrano fuori della struttura della Chiesa.  Per questo, ad Assisi, il 28 ottobre 1986, Giovanni Paolo II presiedette l’Organizzazione delle Religioni Unite (O.R.U), di quelle religioni, cioè, che credono nell’Eterno, di quelle che credono in mille “dèi” e di quelle che non credono in alcun “dio” preciso. Fu uno spettacolo miserando di un “Papa” che si avvilì al rango di un “capo di sètte”.

Riassumendo: per il Vaticano II la “Mistici Corporis Cristi” non est Ecclesia cattolica, sed “subsistit in Ecclesia catholica”. Ossia: “il Corpo mistico di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, ma non è la Chiesa Cattolica”.
Giovanni Paolo II, nel Congresso Internazionale di Pneu matologia, il 26 marzo 1982, aveva pure detto: «Ciascuno ne ha la sua parte e tutti lo hanno per intero, tanto è inesauribile la sua (dello Spirito Santo) generosità».
E nel discorso ai musulmani, il 31 di maggio 1980, disse:
«I musulmani sono nostri fratelli nella fede nel Dio unico».
E basti quanto abbiamo detto per rendersi conto di quanti errori avesse insegnato il Capo della “nuova chiesa”!1

sac. dott. Luigi Villa


1 Per saperne di più, si legga quanto scrisse, in due opuscoli, Padre Louis Marie de Bignères: “Giovanni Paolo II e la dottrina cattolica” (1981) e “L’insegnamento di Giovanni Paolo II” (1983).

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà



IL CONCETTO CRISTIANO DELLA VITA

Il paganesimo, spingendo il genere umano sul pendio in cui il peccato originale l'avea posto, diceva all'uomo ch'egli è sulla terra per godere della vita e dei beni che il mondo gli offre. Il pagano non ambiva nè cercava altro; e la società pagana era costituita in guisa da procurare in abbondanza questi beni e questi piaceri, raffinati o grossolani non importa, a tutti coloro che erano in condizione di procurarseli. La civiltà antica era uscita da questo principio, tutte le sue istituzioni da esso procedevano, specialmente le due principali, la schiavitù e la guerra. Poichè la natura non è punto generosa, ed allora soprattutto non era stata da assai tempo educata e non così bene da procurare a tutti i bramati godimenti. I popoli forti si assoggettavano i popoli deboli e i cittadini facevano schiavi gli stranieri ed anche i loro fratelli per procacciarsi dei produttori di ricchezze e dei mezzi di piacere.

Venne il cristianesimo e fece capire all'uomo che doveva cercare in un'altra direzione la felicità, il bisogno della quale non lascia di tormentarlo. Esso cambiò il concetto che il pagano erasi formato della vita presente. Il divin Salvatore c'insegnò colla sua parola, ci persuase colla sua morte e colla sua risurrezione, che se la vita presente è una vita, non è punto LA VITA, a cui il Padre suo ci ha destinati.

La vita presente non è che la preparazione alla vita eterna. E' la via che vi ci conduce. Noi siamo in via, dicevano gli scolastici, incamminati ad terminum, in viaggio verso il cielo. I sapienti del giorno esprimerebbero la medesima idea dicendo che la terra è il laboratorio dove si formano le anime, dove si ricevono e si svolgono le facoltà soprannaturali di cui il cristiano, compiuta l'opera, godrà nel celeste soggiorno. Tale la vita embrionale nel seno materno. E' dessa una vita, ma una vita in formazione, dove si elaborano i sensi che dovranno funzionare nel soggiorno terrestre: gli occhi che contempleranno la natura, l'udito che raccoglierà le sue armonie, la voce che vi mescolerà i suoi cantici.

In cielo, vedremo Dio faccia a faccia (1); è questa la grande promessa che il Signore ci ha fatto. Tutta la religione è fondata sopra di essa. E tuttavia nessuna natura creata è capace di questa visione.

Tutti gli esseri viventi hanno la loro maniera di conoscere, limitata dalla loro stessa natura. La pianta ha una certa qual conoscenza dei succhi che devono servire al suo nutrimento, perchè le sue radici si dilatano verso di loro, li ricercano per assorbirli. Questa conoscenza non è una visione. L'animale vede, ma non ha l'intelligenza delle cose che i suoi occhi abbracciano. L'uomo comprende queste cose, la sua ragione le penetra, ne forma per astrazione le idee e per mezzo di esse si eleva alla scienza. Ma le essenze delle cose non le conosce interamente, perchè l'uomo è un animale ragionevole e non una pura intelligenza. Gli angeli, intelligenze pure, si veggono nella propria essenza, possono contemplare direttamente le essenze della medesima loro natura e tanto meglio le sostanze inferiori. Ma non possono veder Dio. Dio è una sostanza a parte, d'un ordine infinitamente superiore. Il più grande sforzo dello spirito umano è arrivato a definirlo "Atto puro", e la Rivelazione ci ha detto che è una Trinità di persone in Unità di sostanza, la seconda generata dalla prima, la terza procedente dalle altre due, e questo in una vita d'intelligenza e di amore che non ha nè principio nè fine. Vedere Dio com'egli è, amarlo come ama se stesso il che è la beatitudine promessa, supera le forze di ogni natura creata e anche possibile. Per comprenderlo, essa dovrebbe essere nientemeno che eguale a Dio.

Ma quello che non appartiene naturalmente può sopraggiungere mercè un dono gratuito di Dio. Ed è così: noi lo sappiamo perchè Dio ci ha detto d'averlo fatto. Questo (dono) è per gli angeli e per noi. Gli angeli buoni veggono Dio faccia a faccia, e noi siamo chiamati a godere un giorno la medesima beatitudine.

Non possiamo arrivarvi se non per qualche cosa che sopraggiunge, che c'innalza sopra la nostra natura e ci rende capaci di quello che radicalmente non possiamo da noi stessi, come sarebbe il dono della ragione ad un animale o il dono della vista ad una pianta: Questo alcunchè quaggiù chiamasi grazia santificante, e S. Pietro la dice una partecipazione della natura divina (S. Tommaso spiega queste parole di S. Pietro col dire: ció che è in Dio essentialiter, si fa in noi accidentaliter). Ed è necessario che sia così: poichè, come vedemmo, in nessun essere, l'operazione supera nè può superare la sua natura. Se un giorno noi saremo idonei a vedere Dio, vuol dire che alcunchè di divino sarà stato a noi partecipato, cioè quello che la teologia cristiana chiama lumen gloriae, ci sublimerà a renderci simile a Dio.

"Carissimi - dice l'apostolo S. Giovanni - noi siamo ora figlioli di Dio: ma non ancora si è manifestato quel che saremo. Sappiamo che quand'egli apparirà, saremo simili a lui, perchè lo vedremo qual egli è" (I Gv, III, 2).

Questo alcunchè lo riceviamo quaggiù nel santo battesimo. L'apostolo S. Giovanni lo chiama un germe (I Gv, III, 9) cioè una vita in principio. E' ciò che c'indicava Nostro Signore, quando parlava a Nicodemo della necessità d'una nuova nascita, d'una generazione ad una vita novella: la vita che il Padre ha in se stesso, che dà al Figlio e che il Figlio dona a noi innestandoci sopra di lui mediante il santo battesimo. Questa parola d'innesto che offre un'immagine sì viva di tutto il mistero, S. Paolo l'aveva presa da Nostro Signore che diceva ai suoi Apostoli: "Io sono la vite e voi i tralci. Come il tralcio non può dar frutto da se stesso, se non è attaccato alla vite, così neppur voi se non rimanete in me".

Queste sublimi idee erano familiari ai primi cristiani. Tanto è vero che quando gli Apostoli ne parlano nelle loro Epistole, lo fanno come d'una cosa già conosciuta. E di fatto, è così che venivano loro con lunghe istruzioni i riti del battesimo. Poi, le vesti bianche dei neofiti loro dicevano che incominciavano una vita novella, che erano rispetto a questa vita quasi nei giorni dell'infanzia. Figli spirituali, si diceva loro, come bambini appena nati, bramate ardentemente il latte che deve alimentare la vostra vita soprannaturale: il latte incorruttibile della fede non finta, sine dolo lac concupisite, e il latte della carità divina. Quando lo sviluppo del germe che avete ricevuto sarà giunto al suo termine, la fede si tramuterà in chiara visione, e la carità nella beatitudine dell'amor divino.

Tutta la vita presente deve tendere a questo sviluppo, alla trasformazione dell'uomo vecchio, dell'uomo della pura natura e anche della natura decaduta, nell'uomo deificato. Ecco ciò che si va operando quaggiù nel cristiano fedele. Le virtù soprannaturali infuse nell'anima nostra per mezzo del battesimo, si sviluppano di giorno in giorno mediante l'esercizio che ne facciamo coll'aiuto della grazia e la rendono per tal modo capace di azioni soprannaturali di cui farà mostra in cielo. L'entrata nel cielo sarà la nascita, come il battesimo è stato il concepimento.

Così è. Ecco quello che Gesù Cristo ha fatto ed ha insegnato al genere umano. Fin d'allora, il concetto della vita presente fu radicalmente cangiato. L'uomo non fu più sulla terra per godere e morire, ma prepararsi alla vita celeste ed a meritarsela.

Godere, meritare sono le due parole che distinguono, che separano, che mettono in opposizione le due civiltà: la civiltà pagana e la civiltà cristiana.

Con ciò non si vuol dire che dal momento in cui fu predicato il cristianesimo, gli uomini ad altro più non pensassero che alla loro santificazione. Essi continuarono a proseguire i fini secondari della vita presente ed a compiere, nella famiglia e nella società, le funzioni che esse richiedono e i doveri che impongono. D'altra parte, la santificazione non si opera unicamente cogli esercizi spirituali, ma coll'osservanza dei doveri del proprio stato, e con ogni atto compiuto con pura intenzione. "Qualunque cosa diciate o facciate - disse l'apostolo S. Paolo - tutto fatelo nel nome di N. S. Gesù Cristo ... Studiatevi di piacere a Dio in ogni cosa e produrrete frutti di opere buone" (Ad Col. I, 10; III, 17). Del resto vi rimasero nella società e vi rimarranno sempre sino alla fine dei tempi, le due categorie d'uomini che la Santa Scrittura chiama così bene: i buoni e i cattivi. Però è da osservare che il numero dei cattivi diminuisce, e si accresce il numero dei buoni a misura che la fede esercita maggior impero nella società. Questi, perchè hanno la fede nella vita eterna, amano Dio, operano il bene, osservano la giustizia, sono i benefattori dei loro fratelli, e così operando fanno regnare nella società la sicurezza e la pace. Quelli, perché non hanno la fede, perchè il loro sguardo resta fisso alla terra, sono egoisti, senz'amore, senza pietà per i loro simili; nemici d'ogni bene, sono nella società una causa di perturbazione e di regresso per l'incivilimento.

Mescolati gli uni cogli altri, i buoni ed i cattivi, i credenti e gl'increduli, formano le due città descritte da S. Agostino. L'amore di se stesso potendo progredire fino al disprezzo di Dio costituisce la società chiamata comunemente "il mondo", l'amore di Dio portato fino al disprezzo di se stesso produce la santità e popola "la città celeste".

Di mano in mano che il nuovo concetto della vita, portato in terra da N. S. Gesù Cristo, entrò nelle intelligenze e penetrò nei cuori, la società andossi modificando; il nuovo punto di vista cangiò i costumi, e sotto l'influenza delle idee e dei costumi, le istituzioni si trasformarono. La schiavitù disparve, e invece di vedere i potenti assoggettarsi i loro fratelli, furono visti sacrificarsi fino all'eroismo per procurare loro il pane della vita presente, ed anche e soprattutto il pane della vita spirituale, per sublimare le anime e santificarle. Non si fece più la guerra per impadronirsi dei territori altrui e menare uomini e donne in schiavitù, ma per togliere gli ostacoli che impedivano la dilatazione del regno di Cristo e procurare agli schiavi del demonio la libertà dei figlioli di Dio.

Facilitare, favorire la libertà degli uomini e dei popoli nelle pratiche del bene, divenne lo scopo a cui tendevano le istituzioni sociali, se non sempre il loro fine espressamente determinato. E le anime aspirarono al cielo e si adoperarono a meritarselo. La caccia ai beni temporali per il godimento che se ne può avere, non fu più l'unico nè il principale oggetto dell'attività dei cristiani, almeno di quelli che erano veramente imbevuti dello spirito del cristianesimo, ma bensì la aspirazione ai beni spirituali, la santificazione dell'anima, l'aumento delle virtù che sono l'ornamento e le vere delizie della vita terrena, e nello stesso tempo il pegno della beatitudine eterna.

Le virtù acquistate cogli sforzi personali si trasmettevano mercè l'educazione da una all'altra generazione; e così si formò a poco a poco la nuova gerarchia sociale, fondata, non più sulla forza e sui suoi abusi, ma sopra il merito: in basso le famiglie, che si limitarono alla virtù del lavoro; nel mezzo, quelle, le quali, congiungendo al lavoro la moderazione nell'uso dei beni acquistati, fondarono la proprietà mediante il risparmio; in alto, quelle che, svincolatesi dall'egoismo, si elevarono alle sublimi virtù di sacrificarsi per gli altri; popolo, borghesia, aristocrazia. La società fu stabilita e le famiglie ordinate sul merito ascendente delle virtù, trasmesse di generazione in generazione.

Tale fu l'opera del medio evo. Durante il suo corso, la Chiesa adempì una triplice missione. Essa lottò contro il male proveniente dalle diverse sètte di paganesimo e lo distrusse; trasformò i buoni elementi che si trovavano presso gli antichi Romani e nelle diverse razze dei barbari; infine fece trionfare l'idea che N. S. Gesù Cristo aveva dato della vera civiltà. Per conseguirla, studiossi dapprima di riformare il cuore dell'uomo; di qui la riforma della famiglia, come la famiglia avea riformato lo stato e la società: via inversa da quella che si vuol battere oggigiorno.

Senza dubbio, darsi a credere che nell'assetto da noi indicato non ci fosse disordine alcuno, sarebbe un inganno. Lo spirito antico, lo spirito del mondo che Nostro Signore aveva anatematizzato, non fu mai, nè mai sarà completamente vinto e distrutto. Sempre, anche nelle epoche migliori, e quando la Chiesa ottenne sulla società il più grande ascendente, vi furono uomini onesti e uomini rapaci; ma si scorgevano le famiglie salire in ragione delle loro virtù, o declinare in ragione dei loro vizi; si vedevano i popoli distinguersi fra loro mediante la civiltà, e il grado d'incivilimento giudicarsi dalle aspirazioni dominanti in ogni nazione: progredivano quando queste aspirazioni erano rette e sublimi; decadevano quando le loro aspirazioni le portavano al godimento e all'egoismo.

Tuttavia, sebbene avvenisse che nazioni, famiglie, individui o si lasciassero andare agl'istinti della natura, o loro resistessero, l'ideale cristiano rimaneva sempre e senza alterazione alcuna sotto gli occhi di tutti per mezzo della santa Chiesa.

L'impulso impresso alla società dal cristianesimo cominciò a rallentarsi, l'abbiamo detto, nel secolo XIII; la liturgia lo constata e i fatti lo dimostrano. Vi fu da prima fermata, poi regresso. Questo regresso, o meglio questa nuova orientazione, si fece presto cosi manifesta che ricevette un nome, il Rinascimento, rinascimento del paganesimo nell'idea della civiltà. E col regresso venne la decadenza. "Tenendo conto di tutte le crisi traversate, di tutti gli abusi, di tutte le ombre del quadro, è impossibile negare che la storia della Francia - la medesima osservazione vale per ogni repubblica cristiana - è un'ascensione, come storia d'una nazione, fintantochè vi domina l'influenza morale della Chiesa, e diviene una decadenza, nonostante tutto ciò che questa decadenza ha talvolta di brillante e di epico, dal momento che gli scrittori i dotti, gli artisti e i filosofi si sostituirono alla Chiesa e la soppiantarono" (Maurice Talmeyr).



(1) Videmus nunc per speculum in enigmate; tunc autent facie ad faciem. Nunc cognosco ex parte: tunc autem cognoscam sicut cognitus sum (I Cor., XIII, 12). Ora vediamo attraverso di uno specchio, e in enigma (oscuramente); allora poi faccia a faccia (chiaramente). Ora conosco in parte: allora poi conoscerò come sono conosciuto (per intuizione).
Il Concilio di Firenze ha definito: Animae Sanctorum... intuentur clare ipsum Deum trinum et unum
sicuti est: le anime dei santi veggono Dio chiaramente com'è nella trinità delle sue persone e nell'unità di sua natura.

 Delasuss, Henri

AUTORI CARMELITANI DELLA SS TRINITA



S. Teresa di Gesù Bambino (1873-1897)

"Se seguiamo con esattezza la relazione dei suo stati spirituali, noteremo che soltanto a partire dal 1894 ella comincia a nominare la presenza distinta delle tre Persone divine. Mentre fino allora aveva sperimentato la presenza di Gesù nella sua anima, adesso aggiunge: «Con lui vengono a prendere possesso delle nostre anime le altre due Persone della Santa Trinità». Una volta acquisita l'esperienza trinitaria, il suo frutto rimane, ed è così che, qualche mese prima di morire, Teresa compone questa preghiera "che racchiude tutti i suoi desideri": «Padre misericordioso, in nome del nostro dolce Gesù; io ti chiedo di infiammare la mia sorella del tuo Spirito d'Amore e di concederle la grazia di farti molto amare». E in una poesia aveva indicato in modo semplice, ma estremamente sentito, la condizione fondamentale dell'esperienza trinitaria: la presenza dell'amore.
Si noti pure che il suo atto di offerta all'amore misericordioso è diretto alla SS.ma Trinità; che nell'invocazione appassionata al Verbo con cui conclude le pagine scritte nel Settembre 1896 per sua sorella Maria, gli ricorda che Egli venne «a rubare tutte le anime per immergerle nel centro della SS.ma Trinità, eterno focolare di amore»; nel secondo blasone del suo stemma «il triangolo luminoso rappresenta la SS.ma Trinità che non cessa di effondere i suoi doni inestimabili sull'anima della piccola Teresa»... nella sua spiegazione simbolica del caleidoscopio «la SS.ma Trinità figurata dai tre specchi convergenti è quella che dà alle nostre azioni, anche più piccole, un riflesso ed una bellezza impareggiabili»".
"Che misterioso richiamo è quello dello Sposo! Noi non osavamo più rivolgere uno sguardo su noi stesse, tanto eravamo convinte di essere prive di ogni splendore e di ogni ornamento, e Gesù ci chiama. Egli vuole mirarci a suo agio, ma non è solo: insieme con lui le altre due Persone della Trinità santa vengono a prendere possesso della nostra anima... Gesù l'aveva promesso altra volta, quando stava per risalire al Padre suo e Padre nostro.
Diceva con ineffabile tenerezza: «Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio l'amerà, e verremo a lui e porremo in lui la nostra dimora».
Osservare la parola di Gesù, ecco l'unica condizione della nostra felicità, la prova del nostro amore per lui. Ma che cos'è mai questa parola?... Mi sembra che la parola di Gesù sia lui stesso, lui Gesù, il Verbo, la Parola di Dio!...
Quale felicità pensare che il buon Dio, la Trinità tutta intera ci guarda, è in noi, e si compiace a rimirarci. Ma che cosa vede nel nostro cuore, se non «cori di musica in un campo di battaglia?» (Cant., c. VII, v. 1)... Il nostro Dio, l'Ospite del nostro cuore, lo sa bene e per questo viene in noi con l'intenzione di trovare una tenda vuota, in mezzo al campo di battaglia della terra. Non chiede altro che questo e lui stesso è il musico divino che s'incarica del concerto. Ah! se udissimo questa ineffabile armonia, se una sola vibrazione giungesse alle nostre orecchie!...
«Noi non sappiamo chiedere nulla nel modo dovuto, ma lo Spirito domanda in noi con gemiti inesprimibili» (San Paolo). Non ci rimane dunque che dare la nostra anima, abbandonarla al nostro grande Iddio. Che importa allora se è senza doni che splendino al di fuori, quando dentro splende il Re dei re in tutta la sua gloria?...
Come dev'essere grande un'anima per contenere un Dio! E tuttavia l'anima del bambino di un giorno è per lui un paradiso di delizie. Che sarà allora delle nostre anime che hanno lottato, sofferto per rapire il cuore del loro Diletto? ..."

Sulla vostra terra arriverà un grandissimo cambiamento!



La luce della vostra terra passerà. Si verificheranno molti inspiegabili cambiamenti. Dio Padre vi da già dei segni nel cielo, nelle acque e sulla terra che TUTTO è in radicale cambiamento e presto nulla sarà più così come voi la conoscete.

Continenti in parte  affonderanno. Intere terre scompariranno. Mari che voi conoscete cambieranno, fiumi e montagne spunteranno, cioè un grandissimo cambiamento avverrà sulla vostra terra e guai a chi non vuole riconoscere i segni del Padre: perirà nella cenere e sotto le macerie, annegherà o sarà raggiunto dal fuoco. Se riuscisse a sopravvivere a tutte queste catastrofi e ancora non si volesse convertire allora le fauci dell’inferno, lo trascineranno con sé, egli cadrà nelle profondità dell’abisso.

 Figli Miei. La vostra preghiera è potente! Utilizzatela! Sfruttatela! Convertitevi! Ciò comporta che dovete purificarvi, cioè pentirvi con rimorso, fare espiazione confessarvi e ricominciare una nuova vita con Gesù! Regalate a LUI il vostro SÌ! RegalateGli la vostra vita! La vostra esistenza! Così resterete preservati dalla profondità dell’abisso, il fuoco non vi consumerà, i terremoti e le inondazioni non avranno potere su di voi! Là dove invece si è insinuato il diavolo, là la mano di Dio porrà un freno! Portate il Santo Sigillo del Signore e abbiate fiducia! Amen.

La vostra amorevole Mamma Celeste.

Madre di tutti i figli di Dio e Madre della Salvezza.

Amen.

IL SACERDOTE



LE TRE DIMORE DEL SACERDOTE L'ALTARE IL TABERNACOLO IL CONFESSIONALE

«Maestro, dove abiti?» chiesero Giovanni e Andrea a Gesù.
«Venite e vedete!» rispose il Signore. «Dov'è la tua dimora, o Sacerdote»? La dimora del Sacerdote è Triplice: L'Altare, il Tabernacolo, il Confessionale. L'AltareÈ il luogo d'incontro tra l'amato e l'amante.
Il Sacerdote lo chiama: Lui risponde e viene, per opera dello Spirito Santo.
C'è il mondo da salvare, anime da strappare alla eterna rovina, anime da guidare nella via della santità.
Lui viene per questo e per mezzo di me Sacerdote diventa Maestro, Agnello immolato, alimento di vita eterna, compagno nel cammino verso la terra promessa.
È all'altare che Gesù - presente nel Sacerdote - si fa Maestro e Guida del suo popolo.
Mi si stringono intorno i discepoli del Signore ed io parlo... Quella parola è avvalorata e fecondata dalla potenza dello Spirito Santo e deve trovare riscontro e conferma nella mia vita.
«Siate mie testimoni!... Ammaestrate tutte le genti!...» mi ripete Gesù. E Lui parla in me Sacerdote.
Anche per me si deve verificare quanto dice il Vangelo di Gesù: «Cominciò a praticare e a predicare».
È all'altare che Cristo presente in me sta «sempre vivo ad intercedere per il gregge presso il Padre».
II nostro avvocato difensore!
Io Sacerdote devo essere il maestro della preghiera soprattutto all'altare.
Dico: «Preghiamo!». Tutta la Chiesa, Sacerdote e fedeli uniti a Cristo eleviamo la preghiera della Chiesa, espressa in tutte le lingue, ma è la stessa nel suo contenuto e nella sua efficacia che deriva da Cristo che ci unisce a sé orante.
È all'altare che Gesù - per mezzo di me Sacerdote - diventa l'Agnello immolato.
Io lo mostro al popolo e proclamo: «Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo!». Toglie i peccati perché se ne fa carico Lui. Toglie peccati perché con la Passione li distrugge.
Io sono un agnello del suo gregge e devo rendere presente in me il suo sacrificio che diventa il mio sacrificio.
lo l'ho chiamato... e Lui è venuto per essere immolato... Lui mi chiama ed io devo, come Isacco, stendere le mani per essere immolato e mescolare il mio sangue al suo Sangue Redentore.
È all'altare che Gesù per mezzo mio dice: «Prendetemi! Mangiatemi!».
Anch'io devo dire ai fedeli: «Prendetemi mangiatemi sono pronto in Gesù, con Gesù e per Gesù a consumarmi per voi!».
È all'altare che, come l'Apostolo Giovanni sul Calvario, io trovo la Madre Addolorata accanto al Crocifisso ed è lì che Gesù ripete a Maria per me e a me per Maria: Ecco tuo figlio! Ecco tua Madre!
È all'altare che il cielo si unisce alla terra e la terra al cielo, ed io Sacerdote devo essere il segno, la tabella viaria che indica l'unica via che porta alla salvezza.
È all'altare che i fedeli scoprono la vera identità e - se c'è - la santità del Sacerdote.
Nel linguaggio popolare, quando uno è ordinato Sacerdote, si usa dire: «Ha preso Messa!». Questa frase vuole esprimere il concetto che la Messa è il tesoro del Sacerdote, il suo motivo di essere, il centro della sua vita.
La Messa è il culmine del potere sacerdotale, dove il Sacerdote manifesta una potestà infallibile. Al suono delle sue parole, nella Consacrazione, Gesù si fa obbediente «fino alla morte e alla morte di Croce».
Gesù ha ubbidito al suo Sacerdote che, se è veramente compenetrato e cosciente del mistero cosmico che per suo mezzo si compie, dovrà, necessariamente, avere un atteggiamento interno ed esterno di una santità, gravità, compostezza e solennità unica.
La Messa non è una devozione privata da svolgersi secondo il proprio estro.
La Chiesa, consapevole della santità dell'azione sacra, ha messo degli argini invalicabili alla cosiddetta «creatività». Non si può manomettere la struttura della Messa aggiungendo o mutando o creando riti e preghiere e gesti conformi al gusto privato. Non la si può arrabattare e sbrigarsela come qualcosa di accidentale e secondario alla propria vita e attività. È questione di fede!
È raro, ma avviene che qualche Messa è buttata giù in 10 minuti.
È il treno ultrarapido!
Il celebrante arriva in fretta, celebra in fretta, scappa via in fretta perché Ahime! - ha altre cose importanti da fare!?!
Egli non si rende conto che quella «funzione sacra» diventa, in questo modo, «una sacra finzione».
li Tabernacolo
È Gesù che ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini.
II Tabernacolo è una tenda, una dimora, dimora precaria perché è segno e preludio dei Tabernacoli eterni.
È Gesù che con amore e per amore ha voluto che si costruisse la sua piccola casa in mezzo alle nostre case. Vi dimora Lui, il mio Sposo, il Dio del mio cuore, il mio Tesoro, la mia eredità, Lui appassionato d'amore per me.
Nell'Antico Testamento il salmista esprimeva i suoi desideri e i suoi sospiri anelando verso il tabernacolo del Signore...
Eppure in quel tabernacolo non vi era la presenza reale, ma solo un'ombra, una nube...
Qui c'è Lui per me, con me, diventato davvero l'Emanuele, Dio con noi, Gesù con me.
Perciò il Tabernacolo deve essere il luogo privilegiato del mio incontro permanente con Lui. Vi sono delle persone che, se vuoi trovarle, sai dove andare: al circolo, al bar, alla discoteca. Dove devono trovarti i fedeli, o Sacerdote? Dov'è il tuo tesoro ivi è il tuo cuore!
Ecco il Tabernacolo! Più che la lampada, la tua presenza assidua e amorosa deve indicare ai fedeli la presenza di Gesù.
Io devo essere il segno della presenza di Lui. All'Emanuele - Dio con noi - deve corrispondere il Sacerdote con Dio.
L'Emanuele ha risposto al mio appello, ed eccolo con me, per me nel Tabernacolo.
Per me in un duplice senso:
1) Perché io ho reso possibile la sua presenza. 2) Per me, perché mi ama e ama le anime. Senza di me non gli sarebbe stato possibile essere presente, senza di me il suo Cuore si rattrista come si rattristò per la assenza dei suoi primi Sacerdoti nell'agonia del Getsemani.
Prova a ripetere, in un a cuore a cuore, a Gesù vivente e presente nel Tabernacolo: «Gesù, lo sai che ti amo tanto?». Lui godrà ed esulterà e il suo Cuore sarà consolato.
E sono tanto pochi quelli che lo amano davvero.
II Tabernacolo è detto anche «tenda del convegno». Lì si davano appuntamento Dio e Mosè per mezzo del quale Dio entrava in comunione col popolo. Mosè era il mediatore. Lì si decidevano i destini del popolo.
Ora il Sacerdote è il nuovo mediatore, con Cristo, della nuova alleanza.
Io Sacerdote lì devo trattare gli interessi e la causa delle pecorelle di Gesù: i poveri, i derelitti, i piccoli, i malati, i giovani, le famiglie...
Io spesso sono invitato, spesso organizzo «convegni» buoni, utili...
Aumentino pure i «convegni» con Gesù Eucaristico, presso il Tabernacolo: ne trarranno beneficio anche gli altri convegni, anzi, senza questo «convegno», gli altri non servono a nulla!
Col suo esempio, con la sua fede entusiasta ed entusiasmante il Sacerdote vedrà presto il Tabernacolo circondato da numerose «lampade viventi», da cuori ardenti di amore.
Per l'efficacia dell'apostolato il Sacerdote deve ricordare che la sorgente della vita e dell'energia soprannaturale e dell'acqua che zampilla per la vita eterna è Gesù presente nel Tabernacolo.
Tu, Sacerdote, sei «l'accumulatore» e il «canale» dell'energia spirituale che parte dal Tabernacolo.
L'accumulatore si scarica se non è sottocorrente e il canale non convoglia l'acqua se non è collegato alla sorgente.
Così tu fa' ogni giorno «il pieno» a questa «stazione di servizio»!
Occorre creare un'inversione di tendenza. Quale? Ascolta bene.
Vi è un altro «tabernacolo» ben presente e curato dentro le nostre case (ancora piccole chiese domestiche?) dove si fa presente ed abita, il più delle volte, il demonio: è la televisione!
Per ore ed ore, da tutti i canali - vere cloache - viene convogliato un diluvio di fango, viene iniettato il veleno che brucia ogni seme di bene, distruggendo l'innocenza dei nostri bambini.
Sesso, sesso, sesso come condimento di quasi tutti i programmi e violenza, materialismo, edonismo... e anti-vangelo a tutto spiano, anche nei programmi che sembrerebbero innocui.
Non è questo uno dei motivi che giustifica e rende urgente la nuova evangelizzazione di cui ha parlato il Papa?
II mondo è ritornato pagano e bisogna rifarlo cristiano con la travolgente forza dello Spirito Santo.
Ma questo si potrà ottenere se il centro dei nostri interessi e del nostro cuore, per Sacerdoti e fedeli, diventerà il Tabernacolo, e non la televisione.
Infine, non dimentichiamo che presso ogni Tabernacolo, accanto a Gesù, c'è sempre Maria.
Il Confessionale
Il mistero pasquale si realizza con la vittoria sulla morte dell'anima che è il peccato e, alla fine dei tempi, con la risurrezione gloriosa dei corpi degli eletti.
Il Padre ha mandato il Figlio per questo, e il Figlio, a sua volta, ha trasmesso la stessa missione ai Sacerdoti.
La sera di Pasqua, compiuto il mistero della salvezza, Gesù trasmette questa missione ai Sacerdoti con le solenni parole: «Come il Padre ha mandato Me, anch'Io mando Voi... Ricevete lo Spirito Santo... A chi perdonerete i peccati saranno perdonati... ».
Gesù, presente in me Sacerdote, è il Pastore che va in cerca della pecorella smarrita.
II Confessionale è il luogo privilegiato dove si decide la sorte delle anime e perciò deve essere un punto abituale di, riferimento per il Sacerdote e per i fedeli.
Risuscitare i morti del peccato, animare, incoraggiare, guidare, consolare, santificare le anime, sentendo - come afferma san Paolo - le doglie del parto finché Cristo non è formato nelle anime ... è il lavoro che Gesù compie per mezzo mio.
Se mi assento, se ho «altro da fare», io impedisco a Gesù di compiere la sua opera. Io sono il canale ordinario della Grazia e della salvezza: se il canale è ostruito, non rifluisce la vita nelle anime. Come vi sono tanti Tabernacoli desolati, per la mancanza di preghiera, così vi sono tanti confessionali desolati, perché nessuno li occupa più.
1 santi Sacerdoti di un tempo ci hanno trasmesso, anche con studio della teologia morale e ascetica, che il confessore è Gesù Maestro, Gesù Giudice, Gesù Medico, Gesù Padre.
Tutto ciò lo compie Gesù per mezzo mio.
Quale responsabilità grava sulle mie spalle quando «non ho tempo» per dedicarmi a questo ministero, quando subordino l'amministrazione di questo Sacramento alle «esigenze», e sottopongo i fedeli alla osservanza burocratica e ferrea del giorno e dell'ora in cui si è disponibili per la confessione!
Ore e giorno spesso striminziti con la conseguenza che molti si sono disabituati a confessarsi e si giustificano affermando che «il mio Sacerdote non ha tempo!».
Ecco una tabella affissa alla bacheca di una chiesa. «In questa chiesa si confessa il giorno X dalle ore X - Y».
La Grazia dello Spirito Santo non si può adattare alla nostra burocrazia!
Ho visto pescatori sostare con lunga pazienza ore e ore con la lenza immersa nell'acqua in attesa di prendere all'amo qualche pesce.
Che i fedeli mi vedano «pescatore di anime», sempre «appostato» per catturare, con l'amo dell'amore, la preda, per vivificarla nelle onde della Grazia del Sacramento del perdono.
È vero che Dio può operare in tanti modi, ma è anche vero che ordinariamente Egli opera per mezzo mio.
Pensa alla Madonna, chiamata Rifugio dei peccatori.
Quanto Ella desidera e si angustia per il ritorno all'ovile delle pecorelle smarrite!
Ansia e angustia che la Madonna trasmise a Bernadetta, ai tre pastorelli di Fatima, per associarli a sé nella preghiera e nella offerta di penitenze per la conversione dei peccatori.
A Lourdes Bernadetta racconta che vide la Madonna molto triste per questo motivo e ne pianse. Ora la Madonna manda a te, Sacerdote, suo figlio prediletto, i figli smarriti, feriti, uccisi dal peccato.
Li affida al tuo cuore di padre e di pastore. Lavora, sacrificati, rinunzia e così riporterai alla Mamma i figli che sembravano destinati a sicura perdizione.
Quando arriverai in Paradiso, ti auguro di trovare gli angeli e i Santi in festa perché per merito tuo non un peccatore, ma tanti peccatori si sono convertiti e si sono fatte tante feste in cielo.

IL MISTERO DEL PURGATORIO



Festa di tutti i Santi - 1931

Lo sguardo che oggi è penetrato in tanta profon¬dità nel Purgatorio mi costringe a raccontare ancora di questo meraviglioso luogo. Sono stata di nuovo accanto alle povere anime e di nuovo ho  portato con me sulla terra insegnamenti tanto grandi.
Ho visto le anime che sono morte con la Santa Comunione. Oh, il Dio Eucaristico nelle povere  anime, il Dio eucaristico nel Purgatorio! Le povere anime erano oggi così grate, continuamente ringraziavano ed erano così sensibili al beneficio del¬l'espiazione. Mi salutavano come una piccola benefattrice ed io non potevo quasi comprendere co¬me esse mi conoscessero e ringraziassero, mentre io sentivo tanta più pena e miseria per non ave¬re sofferto e pregato di più per loro. Eppure esse  parlavano a me e mi dicevano che io ho espiato per loro, che anche per loro le mie lacrime sono  state piante. Allora, improvvisamente, ho visto che era Gesù che in quelle povere anime mi parlava;  Gesù che si faceva consolare nelle povere anime. Perché anche qui vale la parola: «Ciò che avrete  fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avrete fatto a me».
Ho visto con uno sguardo profondo e chiaro, che riconoscente per le povere anime era Gesù: Lo  contemplavo in queste anime, nella Santa Comu¬nione. Vedevo come il Dio Eucaristico sta con le  povere anime fino a che non può trarle definitiva¬mente in Cielo. Coloro che lo hanno devotamente  ricevuto, possono portarlo con sé, ed Egli soffre, e si strugge, assetato con loro.
Egli soffre con quelli che soffrono, espia con co¬loro che espiano e brama con coloro che si struggono di desiderio. Queste anime non vengono tor¬mentate, solo purificate. Ed esse apprezzano tanto Gesù, apprezzano l'Eucarestia che è stata con loro non soltanto sulla terra, ma anche laggiù do¬ve  sarebbero così solitarie e sole. Eucaristicamen¬te il Signore soffre e implora nelle anime che lo  hanno ricevuto. Degnazione di Dio, che entro que¬ste anime, con esse, sopporta il Purgatorio. Egli  vuole accompagnarle fino a che siano giunte alla loro dimora. Non ho potuto vedere senza lacrime  questa mirabile bontà e misericordia di Dio...
Ci sono anche anime che non poterono comuni¬carsi immediatamente prima della morte, ma in  vi¬ta sempre cercarono nel Dio Eucaristico consola¬zione e forza e Lo ricevettero con vera  devozione, e con povertà di spirito, e sentimenti di pentimento. La sorte di queste anime è molto  migliore della sorte di quelle che si comunicarono col buon Dio per abitudine e senza calore. Come  gemono per i tesori perduti queste anime, e sono divorate di fa¬me, mentre ardono nel forno rovente  della purifi¬cazione. Buona sorte hanno anche i sacerdoti che hanno trascorso davanti all'Altare le  loro ore più belle e lì con profonda umiltà di spirito si sono dis¬setati all'amore misericordioso; gli  stessi peccati e le mancanze sono presto cancellati dal Sangue del Redentore, che già in vita essi  hanno apprezzato ed usato. Ad altri, invece, manca la conoscenza: non trovano quello che  dovrebbero trovare, perché già sulla terra non ne sentivano il bisogno... Sono ottusi davanti a tutte le  grazie della Redenzione, e solo lentamente, lentamente si destano alla vita ed alla conoscenza.
Ogni anima ha una sua propria condizione, per¬ché ognuna ebbe i suoi propri doveri e le sue grazie, e Dio la giudica secondo i suoi talenti, e la sua vocazione e la sua buona volontà. Oh, io posso  so¬lo balbettare i mirabili misteri del Purgatorio! Vedo come anche laggiù Dio abita nel Santissimo  Sa¬cramento, così che le anime possono essere ta¬bernacolo della Santa Eucarestia.
Dio è così amoroso e così giusto nel Purgatorio. Egli non condanna nessuno. Se ci sono anime che  non hanno mai trovato, mai conosciuto il Dio Eu¬caristico, Egli non le biasima. Egli le scusa e ristabilisce ogni cosa attraverso la buona volontà... quella buona volontà per cui le anime vollero  solo ciò che era giusto. A queste anime Egli ha dato la comunione di desiderio.
Così buono è il Signore, e io devo esclamare, o Signore: nel Purgatorio ho imparato a conoscere il  Tuo cuore meraviglioso. In nessun luogo, se si ec¬cettua il Paradiso, si rivelano così come in questo  Santo luogo il suo amore e la sua giustizia, la sua misericordia e la sua bontà. Nel Purgatorio vedo  anche le sue sante leggi, spesso calpestate, di¬sprezzate, ignorate sulla terra. Le sue leggi sono  laggiù così belle ed amorose e delicate: beate le anime che le adempiono. Ma spesso noi uomini  vediamo per la prima volta la nostra malizia solo laggiù nell'eternità.
Quante anime vedo qui nel Purgatorio che sulla terra vissero in mezzo alla ricchezza: erano sì religiose, ma di quante infermità soffrono a causa del¬l'attaccamento al denaro ed ai beni terreni.
Con tremore ed angoscia ho osservato questi peccati e ne ho tratto le mie esperienze.
II buon Dio ha dato agli uomini che hanno so¬vrabbondanza di beni materiali il dovere di aiutare  altri che hanno troppo poco. I ricchi hanno il com¬pito di fare elemosina nel nome del loro Dio,  per¬ché a Lui appartengono ogni denaro ed ogni pro¬prietà. E se veramente i ricchi non vogliono  macchiare l'anima di peccato, devono considerare la ricchezza non come cosa loro propria, ma cosa  di Dio: devono considerarsi inviati di Dio, a distribuir¬ne le ricchezze.
Se il buon Dio tanto li benedice con la ricchezza e così bene si prende cura di loro, lo fa perché  es¬si a loro volta si prendano cura di altri e perché Egli stesso, per mezzo loro, si possa prendere  cura di altri. Solo ora comprendo l'ammonimento del Sal¬vatore, quando disse: «Guai ai ricchi...»;  solo oggi comprendo tutto, da quando ho contemplato nel Purgatorio questa legge.
Ci sono nel Purgatorio molti ricchi che sono spa¬ventosamente poveri, ma anche molti poveri che  sono ricchi nel Signore. Aiutare gli altri, fare il be¬ne non è solo benevolenza, ma dovere. Guai ai  ric¬chi che hanno usato solo per sé il superfluo, men¬tre davano troppo poco ai loro fratelli poveri,  o li di¬sprezzavano.
Quanti potrebbero dare di più, beneficando, e non lo fanno, mentre essi stessi godono nella sovrabbondanza. Dio non ha dato le ricchezze solo per chi le possiede, ma anche per gli altri. Chi vive  nella sovrabbondanza ruba a Dio. Dio impone dei tributi. Chi ha poco, col poco ha dato il massimo;  ma chi ha molto deve dare molto, e dispensare umilmente perché i beni vengono da Dio ed  ap¬partengono a Lui. Ho visto oggi molti peccati che sono stati compiuti per mezzo delle ricchezze,  o perché esse non sono state usate secondo il sen¬so e le finalità di Dio, o perché i ricchi volevano  con le beneficenze guadagnare onore a se stessi. Co¬me attendono a lungo nel Purgatorio le anime  che quaggiù hanno trascurato un dovere così grave... Anche le loro virtù hanno subìto danno,  terribile danno: e questi ricchi sono divenuti poveri, amara¬mente poveri.
Come è buono il Signore con quelli che sono sta¬ti buoni!
Mentre io volevo consolare le povere anime con suppliche interiori, Egli mi mostrò alle povere anime e disse: qui io piangerò e pregherò ed espierò per voi e verserò molte, molte lacrime. Qui io  vivrò di nuovo, e bene, la vostra vita, e farò tutto quello che voi avete trascurato... Poi disse: che  questa sia la vostra consolazione, miei figli amati! Ed io udii queste parole cadere fin nel profondo  del Purgato¬rio ed era come se il Purgatorio si fosse dissolto, tanto io sentivo la consolazione delle  povere anime.
Poi mi sentii così povera, e pregai Gesù di la¬sciarmi qui nel Purgatorio per divenire buona ed  espiare tutte le mie mancanze. Allora il buon Dio mi fece piccola sorella delle povere anime e mi  disse: Sì, la tua vita è un Purgatorio, perciò ti è concesso di patire questi patimenti e di  esperimentare que¬sta nostalgia di cielo. Oh, come queste anime sentivano la bontà e l'amore di  Dio! Era come una fe¬sta di gioia in questo esilio di purificazione, e mol¬te, innumerevoli anime,  salirono in alto nell'eterno amore e nella bontà di Dio e furono in Cielo. Ap¬pena esse riconoscono  totalmente questa bontà e questo amore, sono liberate...
Ma, nuovamente, ho visto tante anime per le quali nessuno prega. E, come ho già scritto, sono  molto spesso anime che in vita passarono per de¬vote; che vollero essere devote solo per farsi belle.  Queste anime spasimano tutte sole nel Purgatorio e sarebbe per loro un sollievo, se fossero cono sciute sulla terra, quelle colpe che con ogni cura cercarono di occultare. L’ho visto ancora: per  quel¬le si prega poco o niente perché si crede siano in cielo. Allora il Signore mi diede il compito di  soffri¬re e di pregare e di espiare per le loro colpe se¬grete.
Non per nulla, a causa di ciò, io ho già sopporta¬to pene così orribili.
Questi uomini sono stati sulla terra come un fal¬so Cristo, si sono lasciati venerare e portavano  esempio: la loro santità era artificiosa, false erano le loro grazie; esteriormente tutto pareva in  armo¬nia, ma non nell'intimo.
Non vorrei esprimermi troppo crudamente, ma io stessa non lo credo volentieri, e scriverne mi fa  male, eppure ho visto anime che ora preferirebbero mille volte non essere state onorate sulla terra, e  devono duramente espiare la loro falsità, il loro artificio, la loro ambizione spirituale. La menzogna  viene bruciata da Dio, eterna verità.
Ma io vedo come esse ora riconoscono tutto e perciò il buon Dio è buono con loro. Egli le ha salvate trascinandole per mezzo di ogni piccolo filo di bontà... Queste anime devono diventare povere,  allora è compiuta in esse la cosa principale...
Ho visto anche preti che devono soffrire a causa di queste anime, specie quando le hanno soste-nute  nella loro falsa pietà e non hanno pregato per ottenere la luce dello Spirito Santo: perché se lo  Spirito Santo non illumina si può spesso piantare e coltivare una pianticella maligna. Lo Spirito  San¬to deve aiutare i preti a distinguere de grazie au¬tentiche da quelle false. Ma lo Spirito Santo si  tro¬va sempre nei cuori umili... ed al tempo opportuno illumina i luoghi mal sicuri, specialmente  quando si è invocata la luce, invocata con molte preghiere. Ci sono preti che a causa di un'anima  devono soffri¬re più a lungo dell'anima stessa. Ma ci sono anche preti che ebbero davvero buona  volontà e vollero fare ogni cosa, ogni cosa secondo la volontà del Signore e adempirono il loro  ufficio in profonda umiltà e timor di Dio. In essi anche le colpe non so¬no così profondamente  radicate e sono come libe¬ri da ogni responsabilità. Io vedo in modo perfetta¬mente chiaro che  questi preti non saranno giudicati secondo le apparenze ma secondo la loro buo¬na volontà, anche  se avranno molte colpe. II Si¬gnore scioglie così amorosamente e teneramente queste piccole colpe,  ed esse scompaiono così bene poiché il cuore è umile. Gli umili si trovano nella situazione migliore  - si lasciano così facil¬mente correggere dalla mano divina. Dobbiamo perciò assai sovente  innalzare i nostri sguardi a Dio, per riconoscere umilmente ciò che Egli vuole da noi, per non  scacciare, col nostro proprio spiri¬to, lo Spirito Santo, per non smarrire, attraverso i nostri propri  pensieri, i pensieri di Dio.
Oh, come possono essere quiete le anime che già in umiltà hanno servito, e sempre vollero agire  come Egli volle agire!

PREGHIERE CHE SCONFIGGONO I DEMONI



Preghiere per la Liberazione Dal Male 
             
 Liberami dal male (Mt 6:13). 
              Io prego che Tu voglia custodirmi dal maligno (1 Cron. 4:10). 
              Nessun male mi toccherà (Giobbe 05:19). 
              Svergogna quelli che mi vogliono male (Sal 40:14). 
              Fa che nessuna malefica malattia solchi il mio corpo (Sal 41:8). 
              Io non avrò paura di cattive notizie (Sal 112:7). 
              Non voglio essere visitato dal male (Prov. 19:23). 
              Astengo i miei piedi da ogni sentiero malvagio in modo che io possa mantenere la Tua parola  (Sal 119:101). 
              Preservami da ogni male (Sal 121:7). 
              Liberami dal malvagio (Sal 140:1). 
              Fa che le persone siano guarite da pestilenze e spiriti maligni (Luca 07:21). 
              Io prego che Tu mi custodirai dal maligno (Giovanni 17:15). 
              Fa che gli spiriti maligni siano scacciati (Atti 19:12). 
              Non sarò sopraffatto dal male, ma supero il male con il bene (Rm 12,21). 
              Prendo la completa armatura di Dio, affinché possa resistere nel giorno malvagio (Ef 6:13). 
              Cancello tutti i piani e le forze del male inviate contro la mia vita. 
              Fa che le opere del male siano bruciate dal tuo fuoco sacro. 
              Fa che gli uomini si pentano del male e si rivolgano alla giustizia. 
              Fa che nessun male sia stabilito nella mia vita, ma sia stabilita la Tua giustizia. 
              Mi sciolgo da tutti gli operatori di iniquità e dai malefici legami dell'anima. 

lunedì 3 febbraio 2020

Avvertimento dal cambiamento della Parola di Dio



Perché voi vi urtate comunque ancora per la forma, in cui vi giunge la Mia Parola dall’Alto!  Questa è così semplice da spiegare, che Io Mi servo della capacità di comprensione di un uomo, ma questa non deve essere scambiata con una istruzione generale. Perché Io trovo  solo raramente un uomo a cui è possibile, di accogliere la Mia Parola nel Dettato, perché per questo  ci vuole la facoltà di afferrare fulmineamente dei pensieri che lo toccano e di scriverli in Dettato,  cosa che però non è da confondere con dei pensieri propri nati nell’intelletto.
Questo potrebbe condurre all’errata supposizione, che fosse un proprio bene di pensieri quello che  l’uomo ora cerca di rappresentare come ricevuto spiritualmente. Allora l’intelletto umano non  lavora, ma ascolta interiormente ciò che gli dice lo Spirito di Dio.
Quello che avete ricevuto come la Mia Parola non sarà mai incomprensibile per voi, quando la  leggete con la necessaria attenzione che richiede una comprensione. Ed un cambiamento non è  accettabile in quanto anche voi uomini cambiate sempre nella vostra forma d’espressione, quindi la  Mia Parola deve essere lasciata così come è stata ricevuta. Perché il contenuto testimonia  dell’Origine divina e secondo la sua capacità di comprensione il ricevente sente ora la Mia Parola,  anche se viene irradiata attraverso uno Spirito di Luce sulla Terra, perché questo non può fare altro  che irradiare la Mia Parola. Il Dettato diventa più chiaro, più l’uomo stabilisce un intimo  collegamento con Me, ma non sarà mai sbagliato, perché dove si insinua un errore mediante  disturbi, là viene fatto notare anche al ricevente, in modo che egli stesso lo possa correggere. Perché  proprio in questo c’è il pericolo, che la Mia Parola è esposta troppo facilmente a tali cambiamenti,  perché gli uomini vogliono dargli una forma secondo il loro “grado d’istruzione”, che però è  assolutamente inadatta, perché Io so come devo rivolgerMi ad ogni uomo per essere da lui  compreso.
Ed il Senso del Mio Discorso è sempre comprensibile, se soltanto è stato raggiunto un certo grado  di maturità mediante l’amore, che però non è da sostituire con una formulazione per quanto  comprensibile. E dovete sempre considerare una cosa, che in vista della vicina fine la Mia Parola  viene offerta a voi uomini in un modo, che potete accettarLa senza dubbio come Verità, perché Io so  che soltanto la Verità significa Salvezza per voi uomini e che Io faccio di tutto per portarvi la Verità,  ma vi avverto anche sempre dal fatto di eseguire arbitrariamente dei cambiamenti, anche se questo  avviene con la migliore volontà.
Amen.

Bertha Dudde 23 agosto 1965