lunedì 25 luglio 2022

IL CUORE DEL PADRE - Il destino umano, predestinazione dell'amore paterno.

 


Il destino umano, predestinazione dell'amore paterno.

Abbiamo già notato come san Paolo capovolga la prospettiva alla quale avremmo trovato più comodo adeguarci. Infatti noi saremmo portati a pensare che al momento della sua creazione l'uomo fosse semplicemente promesso, nel proposito divino, ad un destino naturale arricchito da doni soprannaturali e da privilegi speciali; e che solo in conseguenza del peccato la volontà di Dio avesse concepito il piano della redenzione, col quale Cristo doveva meritarci la salvezza. Noi distingueremmo così due stadi nel destino dell'umanità, e solo nel secondo, dopo l'evento del peccato e la promessa della redenzione, situeremmo la nostra chiamata a diventare, mediante Cristo e in lui, figli di Dio. Indubbiamente questi due stadi sono esistiti nell'ordine dei fatti; ma noi sappiamo dalle parole dell'apostolo che fin dall'inizio, prima ancora della creazione del primo uomo, l'intenzione del Padre si era rivolta al Redentore, che egli contava di darci perché ricevessimo da lui la nostra filiazione divina. Così il destino umano non fu mai altro, agli occhi di Dio, che la predestinazione di un amore paterno. Nel suo pensiero la nostra qualità di figli precedeva la nostra esistenza.

Se san Paolo insiste ripetutamente sulla priorità assoluta di tale proposito del Padre, parlando di una scelta stabilita « prima della creazione del mondo » e ripetendo che si tratta di una predestinazione, di un progetto elaborato in precedenza nel seno della sola volontà divina, egli lo fa non solo per rendere omaggio al Padre e alla sua decisione sovrana di tutta l'opera della salvezza, ma anche perché in questa priorità del disegno paterno egli trova la ragione della sua infallibile realizzazione. Nulla può distogliere il Padre da ciò che egli ha deciso di mandare ad esecuzione; e precisamente perché non è risultata da questo e da quell'avvenimento terreno, tale decisione non può essere caduca com'è delle cose umane. Essa contiene in sé un fondamento incrollabile di fiducia e di speranza: la volontà del Padre d'essere nostro Padre è così radicata nell'eternità che trascina con sé tutto il corso del nostro tempo umano; ed è a tal punto opera della sua onnipotenza, che fa prodigiosamente convergere tutto alla sua esecuzione. Non è confortante pensare, soprattutto nelle ore difficili, che siamo stati prescelti prima ancora di esistere? Così appare evidente la bellezza inalterabile del nostro destino.

Ciò che anzitutto portiamo impresso nella nostra vita è la qualità di figli per la quale siamo creati, qualità tutta pervasa dell'amore infinito del Padre. Questa nostra, per così dire, chiamata è fondamentale quanto la nostra stessa esistenza. Abbiamo visto, infatti, che legge profonda del mondo inanimato è di fornire un contributo alla trasformazione degli uomini in figli di Dio; ne consegue allora che l'orientamento verso la filiazione divina rappresenta la legge sostanziale del nostro essere umano. Tutto in noi è previsto e organizzato per farci giungere a tale filiazione, poiché siamo il prodotto di un mirabile affetto paterno, che ispira e dirige integralmente la nostra vita facendole conseguire il suo fine.

Quest'affetto è tanto più generoso in quanto è del tutto gratuito. Avrebbe potuto manifestarsi in misura meno larga, poiché, anche se consideriamo il fatto di essere destinati alla filiazione divina come legge fondamentale del nostro essere, ciò non significa che un essere umano sarebbe inconcepibile senza tale filiazione. Il Padre avrebbe potuto creare uomini dotati semplicemente delle perfezioni e delle gioie inerenti alla loro natura umana, i quali si sarebbero semplicemente rivolti a lui come al loro creatore; e anche in ciò vi sarebbe stato un rapporto di paternità divina, quello di un autore nei confronti della  sua opera, soprattutto quando quest'opera è una persona. Chiamando ad esistere quegli uomini, conservandoli nell'essere e mettendo il mondo a loro disposizione, il Padre avrebbe ugualmente dato prova di un reale amore. Il suo dono si sarebbe limitato, è vero, alla natura d'uomo con tutto ciò che essa comporta: i beni materiali destinati a soddisfare i bisogni del corpo e i beni intellettuali destinati ad arricchire lo spirito. Gli uomini avrebbero limitato a quei beni le loro ambizioni e trovato la felicità nella facoltà di usare degli agi della vita e in una certa nobiltà morale, disponendo di tutto ciò che è necessario alla natura umana per svilupparsi. Sarebbe stato un dono apprezzabilissimo da parte del Padre; il quale nulla deve alle sue creature, dovendo queste ricevere tutto da lui.

Ma il Padre ha voluto chiamare gli uomini ad una, ' vita soprannaturale, innalzarli al disopra di se stessi, stabilirli in relazioni d'intimità con lui; aggiungere, insomma, al dono già gratuito della natura umana un dono più gratuito ancora. Anche qui dobbiamo notare che il Padre avrebbe potuto arrestarsi a un certo grado di questa vita soprannaturale e ammettere semplicemente gli uomini a rapporti d'affetto filiale. Sarebbero stati, questi rapporti personali col Padre e con le altre Persone divine, un grande privilegio; gli uomini avrebbero avuto accesso al cuore del Padre. L'orizzonte dei destini umani si sarebbe considerevolmente allargato e le aspirazioni dell'umanità avrebbero superato i beni di questo mondo per giungere a un'intima relazione col Padre, relazione che avrebbe prodotto una profonda trasformazione della natura umana, facendola partecipare del mondo celeste e divino.

Tutto ciò il Padre lo ha voluto, ma non é tutto egli ha deciso di dare alla vita soprannaturale degli uomini la forma più alta. Con un dono più profondamente gratuito ha voluto conferire agli uomini la filiazione in Cristo, mettendola tosi al livello supremo, nel prolungamento del Figlio unico incarnato. Comunicandoci la vita divina perché tale filiazione penetri interamente nel nostro essere, egli ci ha introdotto nella comunità d'amore della Trinità, amandoci dello stesso amore che porta al Figlio e invitandoci a condividere l'amore col quale il Figlio si dà a lui. Era necessario descrivere la graduazione che dalla vita semplicemente naturale conduce alla vita soprannaturale e, in questa, alla filiazione degli uomini in Cristo, per comprendere tutta la gratuità del dono del Padre. Il Padre ha voluto superare tutti i limiti della generosità: superare la paternità che con la creazione gli sarebbe appartenuta nei riguardi degli uomini e superare il semplice commercio d'intimità paterna con i figli elevati alla vita soprannaturale, al fine di instaurare una paternità e una filiazione di grado più elevato, nel seno dell'amore eterno del Padre e del Figlio.

Ciò che più impressiona è che l'intenzione del Padre si sia portata immediatamente al livello dell'amore supremo, che il suo primo pensiero sia stato quello del dono massimo. La generosità del Padre, è vero, non si è manifestata immediatamente in tutta la sua portata: il primo uomo fu creato in uno stato non uguale al nostro, uno stato che non comportava la filiazione in Cristo. Soltanto dopo la caduta cominciò a palesarsi la risoluzione di mandarci il Redentore, essendo questa risoluzione una risposta al primo peccato dell'umanità. Ma il Padre, prendendo questa decisione e annunciandola misteriosamente, non faceva che realizzare un proposito di gran lunga anteriore. Avendo previsto il peccato, egli aveva previsto e voluto il dono di Cristo come redentore, destinato a farci partecipare alla sua filiazione divina. Adamo ed Eva furono dunque creati in vista di questo destino filiale, circondati di un amore paterno di cui non potevano ancor conoscere la vera ambizione. Chiamandoli ad esistere, il Padre pensava a Cristo, di cui avrebbero dovuto un giorno vantare la somiglianza e condividere la vita divina.

 Modellando la loro anima, egli preparava il volto del Salvatore e per questo nel momento della creazione egli si dava loro completamente come Padre, volendo sin d'allora riconoscere ed amare in essi i tratti del Figlio incarnato.

Paolo intuisce tutto ciò ed altro ancora, poiché non dice soltanto che fummo prescelti al momento della creazione, ma prima. Vi è stato un periodo, prima della creazione, che non possiamo immaginare né esprimere in termini di tempo umano, poiché appartiene all'eternità divina, periodo in cui il Padre contemplava coloro che non esistevano ancora, ma che stavano già davanti ai suoi occhi perché li aveva prescelti come figli. Egli li vedeva attraverso il Figlio diletto e se ne compiaceva. Fin da quel periodo noi siamo stati, per così dire, portati dal cuore del Padre. Prima di mettere al mondo un figlio una donna lo porta per nove mesi nel suo seno; e benché non si tratti che di una vita fisica, vi é in questo periodo un misterioso inizio d'intimità tra la madre e il figlio, il germe del loro reciproco amore. Prima di metterci al mondo il Padre ci ha portati nel suo cuore, ha forgiato la nostra immagine e ci ha tenuti sotto il suo sguardo amorevole, nel segreto della sua contemplazione divina. Ha voluto così che nascessimo veramente dal suo amore e che la nostra vita sorgesse tutta intera da quest'amore: in quella prima contemplazione si é elaborato il nostro destino, in quell'intimità silenziosa ha avuto inizio l'intimità che il Padre avrà con noi durante la nostra esistenza terrena e nella visione dell'al di là.

Di Jean Galot s. j.


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