lunedì 23 settembre 2024

Ella domandava l'acqua viva, ma non sapeva che prima bisognava scavare il pozzo.

 


VITA DI CRISTO

«Signore dammi quest'acqua, e io non avrò più sete e non verrò più qua ad attingere» (Giov.4: 15)  

Egli non era più «Giudeo», né «uomo», ma «signore». Ella non aveva ancora le idee chiare, in quanto supponeva che la promessa di Lui le avrebbe risparmiato la fatica di venire al pozzo. Nostro Signore parlava dalla vetta dell'intelligenza spirituale; la donna, dalle profondità della conoscenza dei sensi. Così sudicie di peccato erano diventate le finestre della sua anima da impedire di scorgere il significato spirituale racchiuso nell'universo materiale.  

A questo punto, il Nostro Signor Benedetto, vedendo ch’ella non riusciva a comprendere la lezione spirituale, la fece convinta del motivo per cui non poteva capire quel ch'Egli intendeva dire: la sua vita, ecco, era immorale. E nella coscienza di lei penetrò mutando alquanto bruscamente discorso:  

«Va' a casa, chiama tuo marito, e torna qua» (Giov.4,16)  

Egli intendeva fari a consapevole della vergogna e del peccato.  

«Va' ... Torna ... Va' ad affrontare la verità della vita che conduci; torna a ricevere l'acqua viva». Rispose la donna:  

«Non ho marito» (Giov. 4: 17)  

Era, nella misura in cui fu fatta, una confessione onesta e veridica; ma non andò più oltre. Ella domandava l'acqua viva, ma non sapeva che prima bisognava scavare il pozzo. Il suo spirito era, in profondità, potenzialmente atto a ricevere il dono di Lui; ma le acque della grazia non potevano scorrere, impedite com'erano dalle aspre rocce del peccato, dai molti strati della trasgressione, dalle abitudini forti come argilla, e dai molti depositi di pensieri carnali. Tutte cose ch’ella doveva vangare, per poter avere l'acqua viva. Il peccato andava confessato perché ella potesse ottenere la salvezza. La coscienza doveva ridestarsi. Magistralmente, Nostro Signore mise in evidenza l'intera vita scondottata di lei e, fulmineo, le gravò la coscienza d'un senso di colpa.  

Ribadì Nostro Signore:  

«Bene dicesti: 'Non ho marito".» (Giov. 4: 17)  

Elogiava, così, l'onesta confessione della donna. Probabilmente, un medico inesperto dell'anima umana l'avrebbe vivamente redarguita per aver celato la verità; Nostro Signore, invece, affermò: «Bene dicesti». Ma aggiunse:  

«Perché hai avuto cinque mariti, e quello che hai attualmente non è tuo marito: e in questo, hai detto la verità» (Giov. 4: 18)  

L'uomo col quale ella viveva non era suo marito: così in basso ella era caduta da evitare la sanzione legale del matrimonio, diversamente da come in altri tempi avrebbe fatto.  

La donna capì che Nostro Signore «si immischiava»; che sondava la sua morale e la sua condotta e che le significava come, data la vita che conduceva, ella non potesse ricevere il dono Suo. E fece allora ciò che milioni di persone hanno sempre fatto ogni volta che la religione esigeva ch'esse riformassero i propri costumi: cambiò argomento. Della religione, voleva fare un oggetto di discussione; non di decisione. Il Nostro Signor Benedetto aveva portato la discussione intorno all'ordine morale, cioè intorno al modo com'ella si era personalmente comportata dinanzi a Dio e dinanzi alla propria coscienza: per evitare il problema morale, ella tentò dapprima l'adulazione, indi introdusse un problema speculativo:  «Signore, vedo che sei un profeta» (Giov. 4: 19)  

Lei, che prima Lo aveva chiamato «Giudeo», poi «uomo», indi «signore», ora Lo chiamava «profeta». Abbassava l'argomento della religione a un livello meramente intellettuale, perché non avesse a investirla nell'ordine morale. E aggiunse:  «I nostri padri hanno adorato su questo monte, mentre voi dite che il luogo dove bisogna adorare è Gerusalemme» (Giov. 4: 20)  

La donna fece uno sforzo disperato per non abboccare all'amo: tentò di sbarrare la strada con un'aringa affumicata sollevando l'antica disputa religiosa. I Giudei adoravano in Gerusalemme, i Samaritani sul monte Garizim. Ella si provò a deviare la freccia diretta alla sua coscienza intavolando un argomento speculativo, cosicché alla sua anima non ne sarebbe venuto danno alcuno.  

Ma Egli ribatté:  «Credimi, donna: viene l'ora in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete più il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salute viene dai Giudei. Ma viene l'ora, ed è questa, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in ispirito e verità, ché tali sono appunto gli adoratori che il Padre domanda. Iddio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in ispirito e verità» (Giov. 4: 22,24)  

Le disse così che le piccole dispute locali sarebbero ben presto svanite. La controversia tra Gerusalemme e Samaria sarebbe stata eliminata, perché, come Simeone aveva predetto, Egli sarebbe stato una Luce per i Gentili. Nondimeno, Nostro Signore difese i Giudei dicendo:  «Perché la salute viene dai Giudei» (Giov. 4: 22)  

Di tra essi, infatti, e non di tra i Samaritani, sarebbe sorto il Messia, il Figlio di Dio, il Salvatore. La «Salute» s'identifica col Salvatore, poiché Simeone, mentre reggeva tra le braccia l'Infante, aveva affermato che i suoi occhi aveva n visto la «Salute». Israele era il tramite per cui Dio avrebbe portato la salute al mondo. Era l'albero che per secoli era stato innaffiato e che ora aveva prodotto il fiore perfetto: il Messia e Salvatore.  

Le parole di Nostro Signore trascinarono la povera peccatrice in acque più profonde di quelle ch’ella potesse dominare, la trasportarono in un regno di verità troppo vasto perché ella potesse comprenderlo. Ma, delle cose da Lui dette, una sola, e precisamente quella relativa all'approssimarsi dell'ora della vera adorazione del Padre, ella confusamente intuì, perché anche i Samaritani credevano, a modo loro, nel Messia. Talché rispose:  «Io so che viene il Messia, vale a dire il Cristo; quando dunque sarà venuto ci farà conoscere ogni cosa» (Giov. 4: 25)  

Non Lo chiamò ancora col titolo di «Messia», ma tosto Lo avrebbe riconosciuto come tale. I Samaritani conoscevano abbastanza l'Antico Testamento per sapere che Dio avrebbe mandato il Suo Unto; ma, dato il pervertimento della loro religione, Egli non era che un profeta, al modo stesso che, secondo il pervertito intendimento dei Giudei, Egli non era che un re politico. Sennonché, con quella sua affermazione, ella voleva dire che aspettava Colui che il Signore aveva promesso. In risposta alla debole credenza di lei, Nostro Signore dichiarò:  «Sono io che ti parlo» (Giov. 4: 26)  

Ormai era stabilito: il centro dell'adorazione non doveva essere più Gerusalemme o il monte Garizim, ma Cristo medesimo. 

Venerabile Mons. FULTON J. SHEEN 

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