venerdì 17 maggio 2019

PADRE PIO DA PIETRELCINA



  Attuazione del programma di corredenzione. 


Vittima è la parola di profondo significato ascetico-mistico, che può servire da comune denominatore alla complessa attuazione del compito di corredentore, affidato da Dio a padre Pio. Fin dai primi anni egli sentì profondamente la necessità di offrirsi vittima per le anime ed in seguito assaporò con generosità le dolorose conseguenze che implica una tale offerta, fatta e rinnovata liberamente.  
In una delle prime lettere a padre Benedetto, dopo aver accennato a una idea lungamente accarezzata, padre Pio chiede il permesso per rinnovare l'offerta di vittima:  "Da parecchio tempo sento in me un bisogno, cioè di offrirmi al Signore vittima per i poveri peccatori e per le anime purganti. Questo desiderio è andato crescendo sempre più nel mio cuore tanto che ora è divenuto, sarei per dire, una forte passione. L'ho fatta, è vero, più volte questa offerta al Signore, scongiurando a voler versare sopra di me i castighi che sono preparati sopra dei peccatori e sulle anime purganti, anche centuplicandoli su di me, purché converta e salvi i peccatori ed ammetta presto in paradiso le anime del purgatorio, ma ora vorrei fargliela al Signore questa offerta colla sua ubbidienza. A me pare che lo voglia proprio Gesù. Son sicuro che ella non troverà difficoltà alcuna nell'accordarmi questo permesso (29 11 1910). 
Ed il permesso gli fu concesso. L'offerta non fu fatta alla leggera. Padre Pio aveva idee molto chiare dello stato vittimale; sapeva bene quali sarebbero state le conseguenze dell'offerta, ma mai indietreggiò dal cammino intrapreso:  "Non vi dissi - scrive il 5 novembre 1912 al padre Agostino - che Gesù vuole che io soffra senza alcun conforto? Non mi ha chiesto egli, forse, ed eletto per una delle sue vittime? Ed il dolcissimo Gesù mi ha fatto comprendere purtroppo tutto il significato di vittima. Bisogna, babbo caro, giungere al consummatum est, ed all'in manus tuas".  
E' ovvio che per raggiungere un ideale così esigente, difficile e sublime, e verso il quale si sentiva sempre più spinto, padre Pio non si fidava delle sue forze, ma neppure dubitava dell'ausilio che lo rendeva invincibile. E questo lo riconosce con compiacenza:  "Gesù, la sua diletta Madre, l'Angiolino [cioè l'angelo custode] con gli altri mi vanno incoraggiando, non tralasciando di ripetermi che la vittima per dirsi tale bisogna che perda tutto il suo sangue. Combattere coll'aver al fianco un sì tenero padre è dolce e consolante" (18 11 1912).  
E in un'altra lettera aggiunge:  "Una lotta continua deve l'anima mia sostenere. Non vi veggo altro scampo che abbandonarmi tra le braccia di Gesù, sulle quali bene spesso Gesù permette che mi addormenti. Beati sonni! Felice ristoro sono all'anima per le lotte sostenute" (10 7 1914). 
L'essere vittima non era per lui un peso, ma piuttosto una sorgente d'ineffabile gioia: "Oh che bella cosa divenir vittima d'amore", confida al padre Agostino (26 8 1912). Quindi non solo rinnovava spesso il sacrificio della sua vita, ma il suo zelo lo spingeva ad aumentare la schiera d'anime generose che rendessero lo stesso omaggio al Signore in beneficio dei fratelli. Ed in ciò secondava il desiderio espressogli da Gesù:  "Sentite, padre mio - scrive il 12 marzo 1913 a padre Agostino - i giusti lamenti del nostro dolcissimo Gesù: "Con quanta ingratitudine viene ripagato il mio amore dagli uomini [...]! 
Il mio cuore è dimenticato; nessuno si cura più del mio amore; io sono sempre contristato [...]. Figlio mio - soggiunse Gesù - ho bisogno delle vittime per calmare l'ira giusta e divina del Padre mio; rinnovami il sacrificio di tutto te stesso e fallo senza riservatezza alcuna". Il sacrificio della mia vita, padre mio, gliel'ho rinnovato, e ne sento in me qualche senso di tristezza, questo è nel contemplare il Dio dei dolori. Se vi riesce, cercate di ritrovare anime che si offrono al Signore in qualità di vittime per i peccatori. Gesù vi aiuterà".  
Il Signore gradiva l'offerta rinnovatagli e rispondeva aumentando i dolori e le sofferenze. Il 30 maggio 1918 padre Pio ricevette uno dei tanti favori mistici, chiamati tocchi sostanziali e, quando più tardi lo riferiva al direttore spirituale, aggiungeva:  "Durante questo avvenimento ebbi tempo di offrirmi tutto intiero al Signore per lo stesso fine che aveva il Santo Padre nel raccomandare alla Chiesa intiera l'offerta delle preghiere e dei sacrifizi. E non appena ebbi finito di ciò fare, mi sentii piombare in questa sì dura prigione e sentii tutto il fragore della porta di questa prigione che mi si rinchiudeva dietro. Mi sentii stretto da durissimi ceppi, e mi sentii subito venir meno alla vita. Da quel momento mi sento nell'inferno, senza alcuna sosta nemmeno per un istante" (27 7 1918).  
Lo stato di vittima è, senza dubbio una delle "coordinate" della spiritualità di padre Pio. La lettura dell'epistolario mette in evidenza, da una parte, la gamma degli svariati elementi costitutivi ed integrativi della vittima con tutti i loro contorni; e, dall'altra, la fedeltà e la fortezza, la generosità e la perseveranza con cui egli si dedica ad adempiere una missione così importante e impegnativa. 

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