sabato 27 luglio 2019

Il Sacro Cuore




Riparazioni e consacrazioni


La consacrazione delle nazioni

Come abbiamo accennato, al Redentore possono essere consacrate non solo le anime e le famiglie, ma anche le nazioni. 
Leone XIII insegnava infatti che la consacrazione al Sacro Cuore «reca speranza di vita più prospera ai popoli, appunto perché serve a ristabilire e a rafforzare i vincoli che, per legge di natura, legano anche gli Stati a Dio» 90.
A partire dalla fine del XVIII secolo, parallelamente al movimento internazionale per l’intronizzazione del Sacro Cuore nelle famiglie, si sviluppò anche un movimento mondiale per la consacrazione delle nazioni (un tempo) cristiane al Cuore di Gesù. Ne ricordiamo qui alcuni esempi storici di grande rilievo, che hanno avuto conseguenze significative a beneficio della Chiesa e dei popoli.
Al Portogallo spetta l’onore di essere stata la prima nazione a consacrarsi al Sacro Cuore. Lo fece alla fine del secolo XVIII, quando erano più violenti gli attacchi contro la Chiesa e contro questa devozione. La Regina Maria I (1734-1816) ottenne nel 1777 dalla Nunziatura apostolica un decreto che le permetteva di far celebrare la Messa e l’Ufficio del Cuore di Gesù nei suoi Stati, fra i quali il vastissimo Brasile. La Regina ottenne poi da Papa Pio VI anche la facoltà di consacrare il regno lusitano al Cuore divino e che la sua festa diventasse di precetto. Il 6 luglio 1779, ella consacrò l’impero portoghese al Sacro Cuore 91. Nel 1790, ella inaugurò nella capitale, Lisbona, la basilica del Sacro Cuore di Gesù, con fastose cerimonie ed enorme partecipazione popolare: era la prima basilica al mondo dedicata al Cuore divino.
A partire dalla metà del XIX secolo, ci fu un’ondata di consacrazioni nazionali al Sacro Cuore. Nel 1873, ad esempio, per iniziativa dell’episcopato ma alla presenza delle autorità politiche, l’Irlanda si consacrò al Cuore divino.
Ancor più importante fu la contemporanea consacrazione dell’ Ecuador, voluta dal suo presidente, Gabriele García Moreno, figura esemplare di statista cattolico, amico di Pio IX. Assieme al gesuita Manuel J. Proaño, direttore della sezione nazionale dell’ Apostolato della Preghiera, egli convinse l’arcivescovo di Quito, José Ignacio Checa, a convocare l’episcopato per fare una prima solenne consacrazione della nazione, che avvenne il 30 agosto 1873. Il successivo 30 agosto la sanzionò ufficialmente con un decreto governativo e poi, il 25 marzo 1874, nella cattedrale di Quito, in qualità di Capo di Stato, egli stesso pronunciò la consacrazione, proclamando l’Ecuador «Repubblica del Sacro Cuore» 92.
García Moreno non voleva solo un atto formale e superficiale, ma spingeva il suo popolo a fare un salto di qualità, riparando alle proprie colpe passate e avviando lo Stato verso una riforma cristiana delle proprie istituzioni. Fu proprio per questo che la Massoneria ordinò di assassinare i promotori della consacrazione. Difatti il 6 agosto 1875 García Moreno venne massacrato di pugnalate e il 30 marzo 1877, un Venerdì Santo, l’arcivescovo Checa fu avvelenato.
Il gesto dell’ Ecuador spinse altre nazioni dell’America Latina a imitarlo: tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo si consacrarono al Sacro Cuore l’ El Salvador, il Venezuela, la Colombia, il Messico, il Brasile, il Nicaragua e la Bolivia. Quanto all’ Europa, si consacrarono il morente Impero Austro-Ungarico (1914), per bocca dell’imperatore Francesco Giuseppe, la Francia (1915), il Belgio (1919), la Spagna (1919) e la Polonia (1920).
Anche se tardiva, fu molto significativa la consacrazione della Spagna. Il 30 maggio 1919, davanti a una immensa folla, Alfonso XIII riunì la famiglia regale, la Corte, i ministri e i vescovi per consacrare il regno al Sacro Cuore, davanti al grandioso monumento dedicatogli in cima al Cerro de los Angeles, presso Madrid. La formula consacratoria, esprimente un atto di umile vassallaggio spirituale al «Re dei Re e Sovrano dei Sovrani» (1Tim., 6,15), proclamava fra l’altro: «O Cuore di Gesù sacramentato, Cuore dell’ Uomo-Dio, Redentore del mondo e Sovrano di tutti i sovrani! La Spagna, popolo della vostra eredità, oggi si prostra con rispetto davanti a questo trono delle vostre bontà che si erge al centro della nostra penisola. (...) Venga a noi il vostro santissimo Regno, che è Regno di giustizia e di amore. Regnate dunque nei cuori degli uomini, all’ interno dei focolari, nell’ intelligenza dei dotti, nelle aule delle scienze e delle arti, e anche nelle nostre patrie leggi e istituzioni» 93. Quattro anni dopo, ricevendo Alfonso XIII in Vaticano, Pio XI gli disse che quel gesto «è stato in tutto degno della storia e del valore del popolo cavalleresco per eccellenza». 
La Spagna confermava solennemente le proprie radici cristiane. Questa proclamazione, simile a quella già lanciata da García Moreno, non poteva essere tollerata dalle sette anticristiane e laiciste, ormai dominanti nella vita politica internazionale. La reazione difatti non tardò. Da tempo indebolito, il Regno spagnolo subì gli attacchi concentrici della massoneria e del comunismo che, con una serie di colpi di mano, abolirono la monarchia, costrinsero il Re all’esilio e proclamarono la repubblica, rapidamente divenuta socialista e laicista. Suscitò universale sdegno il celebre gesto simbolico del luglio 1936, con cui miliziani repubblicani, esprimendo il loro odio, fucilarono e poi abbatterono la grande statua del Sacro Cuore nel Cerro de los Angeles: quella stessa che anni prima aveva ricevuto gli omaggi del popolo spagnolo. Lo scontro era ormai inevitabile: proprio a partire da quell’anno esplose la terribile «guerra civile», conclusasi con la sconfitta di una repubblica che era diventata comunista. La statua del Sacro Cuore venne restaurata e ricevette un pubblico omaggio riparatore. Alla Spagna tornata cristiana venne risparmiata la tragedia della II Guerra Mondiale.

Guido Vignelli

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