venerdì 21 febbraio 2020

PERCHÉ DIO HA DETTO “BASTA!” ALL’UMANITÀ DI OGGI



RIVELAZIONI DI DIO SUL DILUVIO “UNIVERSALE”

(GFD/3/129) 5. [Dice il Signore:] «Nella città di Hanoch si  eresse un istituto di bellezza femminile, e questo consisteva in un  grande edificio che venne costruito appositamente, nel quale  vennero accolte da tutta la città-sobborgo, come pure dalle  campagne e dalle dieci città, parecchie migliaia di ragazze di età  fra i dodici e i vent’anni, e bastava che avessero solo gli arti diritti.  6. In questo istituto, al quale venne dato il nome di “Onore del re”,  le ragazze venivano nutrite con i cibi e le bevande più raffinate,  venivano lavate con le più raffinate specie di oli e ricevevano anche  un’educazione nella quale Dio c’entrava a mala pena qualcosa di più  di quanto c’entri nell’educazione di oggigiorno(4), quando cioè nelle  scuole femminili, e come anche in tutti gli altri istituti di educazione,  l’istruzione della religione occupa l’ultimo posto. [...]  

(GFD/3/130) 1. Se qualcuno volesse chiedere se in questo istituto  per l’abbellimento delle donne venisse effettivamente procurata in un  certo qual modo una nuova bellezza al corpo della donna, a costui sia  detto che, in primo luogo, il Nemico della vita degli uomini sulla Terra  [Satana] fa’ certo ogni sforzo possibile e immaginabile perché simili  imprese degli uomini, destinate a portare acqua al suo mulino, trovino  favorevole realizzazione; in secondo luogo poi l’esperienza insegna  quasi ad ognuno quanto un vestire conveniente e adatto possa dare  risalto alla persona della donna. Quali illusioni ottiche vengono non di  rado prodotte, e quanto spesso la sensazione esteriore viene ingannata  da una acconciatura del capo ben scelta, da un vestito di seta all’ultima  moda e da molti altri simili mezzi di Satana! 

2. Ma se già l’attuale snervato genere umano può ancora venire  attirato nelle reti di Satana mediante tali mezzi, allora è facile  immaginare come a quel tempo una nazione molto più sana e  robusta di nervi e ricca di fantasia potesse venire ingannata con tanta  maggiore facilità con mezzi del genere. 

3. E siccome la forza dell’inventiva umana non si dà mai pace,  neanche a quel tempo essa stava tranquilla. Di anno in anno  venivano fatte nuove invenzioni nel campo dell’abbellimento delle  donne, e bastava che una ragazza avesse gli arti diritti, ciò che allora  era quasi sempre il caso senza eccezione, e lei poteva senz’altro  venire abbellita. 

4. Infatti gli artisti dell’abbellimento dicevano: «Ogni essere  femminile sano lo si può ingrassare e con ciò lo si può rendere  grasso e più arrotondato, e una veste che aderisca perfettamente alla  persona la rende sempre interessante; vi si aggiunga poi una  opportuna e incantevole educazione e qualsiasi maschio che venga  in contatto con una simile bellezza rifatta è catturato!» 

5. E questo succedeva anche in realtà. Ma siccome ben presto non  venne attribuito più alcun valore ad una donna se non fosse uscita  dall’“Onore del re”, allora qualsiasi altra donna cominciò anzitutto a  sentirsi disonorata e profondamente offesa. 

6. Visto però che con il sentirsi offesa si otteneva poco o  assolutamente nulla, allora le donne, per così dire “esterne”, le quali  cioè non erano uscite dall’istituto “Onore del re”, parlarono con gli  artisti dell’abbellimento per vedere se, versando delle buone  ricompense, non fosse possibile rendere belle anche loro. 

7. E considerato che quegli artisti non disdegnavano il guadagno,  allora essi accolsero nel loro istituto anche donne più anziane e le  ingrassarono e le acconciarono a tal punto che era una cosa  vergognosa.

8. Ma tutto ciò non danneggiava minimamente la cosa. Bastava  solo che la carne tornasse di nuovo, e poi tutto era già di nuovo  guadagnato; infatti eliminare le grinze dalla faccia era solo uno  scherzo per i nostri artisti. 

9. Con l’andare del tempo l’“Onore del re” dovette venire ampliato  ancora di dieci volte; ma da ciò si può chiaramente rilevare in quanta  considerazione fosse salito questo istituto. 

Jakob Lorber – Giuseppe Vesco

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