(Gesù racconta dalla Croce)
L'ultima cena
La cena pasquale si consumò al primo piano vicino la casa di Caifa. Era la sera del giovedì sei aprile e seguìto dai miei apostoli mi recai nel luogo stabilito.
Giuda assunse una espressione molto preoccupata vedendoci incamminare proprio verso la casa di Caifa, sembrava infatti che io lo conducessi a compiere il suo misfatto quanto prima possible. Si rassicurò quando, appena
seduto a tavola dissi sorridendo: "Ho desiderato tanto mangiare questa Pasqua con voi, sapete, questa è l'ultima volta".
Il clima, almeno apparentemente, era abbastanza sereno, favorito anche dalle carni fumanti, dalle ricche posate, dai vini pregiati. Gli apostoli non raccolsero ancora una volta
il senso delle mie parole, loro pensavano che fosse terminato il periodo in cui avevo voluto vivere nascosto e che subentrava un'era nuova, l'era in cui avrei rivelato con potenza di essere il Messia, e così
avrebbero finalmente potuto dimostrare a tutti che loro erano stati quei fortunati che l'avevano incontrato per primo. Per questo cominciarono a discutere sul-
le cariche che dovevano dividersi. Interruppi il loro dire e dissi: "Colui che serve è il maggiore tra di voi", mi cinsi al fianco un' asciugamano e cominciai
a lavar loro i piedi.
Non appena gli fui innanzi, Pietro si scostò con veemenza dicendomi che mai si sarebbe sottoposto a questo per la grande stima che aveva di me. Ma quando mi sentì
dire che non avrebbe avuto parte con me se non mi avesse lasciato fare questo servizio, l'impetuoso Pietro quasi mi gridò: "Allora non solo i piedi, ma anche le mani ed il capo" .
Tenero dolce Pietro, dal viso scavato dalle lunghe rughe annerite da quel sole bruciante che lo attendeva ogni giorno sul lago, e dal cuore di bimbo che non fece altro che sognare
per tutta la vita una buona pesca quotidiana per un sicuro pezzo di pane.
Lo guardai e gli dissi: "Chi ha fatto il bagno non ha bisogno che di lavarsi i piedi perché e pulito. E voi tutti siete puliti, tranne uno"
Giuda abbassò lo sguardo, era sgomento. E fu sempre Pietro che con foga mi chiese: "Sono forse io, Maestro?"
Lo rassicurai con lo sguardo e osservai uno per uno tutti gli altri Apostoli, li vidi interdetti, spauriti, non sapevano capacitarsi per quello che avevo detto: "Uno di voi
mi tradirà" .
Intanto Giuda fors'anche per rompere quell'atmosfera gelida che si era creata e che gli pesava sul capo come una candanna, mi si avvicinò e mi chiese con atteggiamento
altezzoso: "Maestro, sono forse io?"
Gli risposi a bassa voce, per non farmi sentire dagli altri: "Tu l'hai detto".
Dopo ciò indietreggò è tornò a sedersi al suo posto.
Sono circa le due del pomeriggio. Devo puntare i piedi sui chiodi e scostare le spalle dal patibolo per prender un pò di respiro; le ferite causate dal flagello hanno aperte
le mie carni fino all'osso e il sangue ed il sudore le hanno richiuse malamente, per questo ogni movimento è uno strazio.
Il sole picchia forte e arroventa il legno, ma più ancora i chiodi. Il rumore della folla e ciò che sento gridare mi dilaniano più in profondità.
Loro gridano: "A morte, a morte", ed il mio cuore a loro: "Muore il mio corpo, ma non il mio amore; vi amo e vi amerò per sempre! "
Con lo sguardo, per quello che ormai possono permettermi i grumi di sangue che si sono formati attorno agli occhi a causa della corona di spine, intravedo Giovanni, l'apostolo
che si era donato a me agli albori dei suoi anni, e me lo rivedo così, quando posando il capo sul mio petto, mi chiese: "Signore chi è colui che ti tradirà?". "È quello al quale darò
un pezzetto di pane intinto", avevo risposto.
Ecco, la mia mente ora torna in quella stanza con i miei dodici. E mentre tutte le ferite del mio corpo pulsano con dolore immane, il mio cuore si dilata all'infinito per essermi
fatto Eucarestia.
Questo è un momento d'infinito amore. "Prendete, questo è il mio corpo", dissi loro, spezzando il pane. E poi aggiunsi, porgendo il calice: "Questo
è il mio sangue, che sta per essere versato. Ripetete questo gesto in memoria di me".
Ecco, avevo istituito il Sacramento che mi avrebbe reso eternamente presente in mezzo a loro. "Amici, consumatemi in questo cibo prezioso, insieme, da uomini uniti dalla fede
e dall'amore e non temete perché io sono la vostra forza. Ma prima di accostarvi a tale mensa abbiate sempre il cuore mondo, altrimenti fareste come Giuda, al quale diedi un pezzetto di pane intinto nel mio piatto
e glielo misi sulla bocca dicendogli: "Quello che devi fare fallo presto" .
Egli infatti non disdegnò di prenderlo, ma subito dopo andò via, scomparendo nel buio della notte.
Appena uscì, la cena riprese in un'atmosfera di serenità. Non seppero spiegarlo neanche loro perchè, ma tutti si sentirono il cuore libero e leggero, desiderosi
solo di stringersi a me.
Li guardai con grande affetto e mi venne così spontaneo chiamàrli per la prima volta “figlioli”, li sentivo parte integrante di me, anzi li sentivo dentro
di me, per questo mi donai a loro nell'unica forma in cui potevo donarmi tutto, con il mio corpo ed il mio sangue, la mia anima, la mia divinità, tutto e per sempre.
Così ripresi a parlare: "Figlioli, vedete ... ancora per poco sarò con voi, ma prima di tornare al Padre desidero dirvi che dovete amarvi gli uni gli altri, come
io vi ho amati. Vedete come è bello sentirsi in consonanza con tutti i fratelli? È solo questo che desidero testimoniate, perchè solo da questo crederanno che siete stati con me e che io vi ho rivelato
l'amore; lo stesso amore per il quale siete stati creati e per il quale tra poco io darò la mia vita. Vedete... nella casa del Padre mio vi sono molti posti, io vado a prepararvi un posto adatto per ciascuno di
voi, affinché possiate un giorno venire anche voi dove sono io".
Tommaso che era il più razionale degli apostoli mi interruppe dicendomi: "Signore, ma se noi non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via!" Gli risposi:
"Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me conoscerete anche il Padre; anzi vi dico che fin da ora lo conoscete e lo avete visto".
E Filippo, dimostrando di avere capito meno degli altri, mi chiese: "Signore, mostraci il Padre e ci basta"
"Oh, Filippo, Filippo come puoi dire: - Mostraci il Padre? -, Io sono nel Padre e il Padre è in me, è lui che sta compiendo in me l'opera di redenzione, credimi,
il Padre ed io siamo una cosa sola".
Detto questo sentii una grande nostalgia del Padre. Le parole sgorgavano così teneramente dal profondo del mio cuore, che gli apostoli, percependo il mio sentimento, esitavano
ad interrompermi. Così spontaneamente pregai rivolgendomi direttamente a Lui, al Padre mio, dicendogli: "Padre santo, quando io ero con loro li custodivo, adesso è
venuto il momento di tornare a te, perciò ti prego custodiscili tu, perchè abbiano la stessa gloria in me, della mia in te. Ti prego anche per tutti quelli che in me crederanno, affinché tutti siano una
sola cosa, come tu Padre sei in me ed io in te".
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