Gabriele Amorth racconta...
Padre Gabriele Amorth parla di Padre Pio
C’è un mistero nella vita di Padre Pio, un qualcosa relativo alla sua missione nel mondo, e alla sua battaglia. Un mistero che ha portato con sé alla sua morte. Nemmeno la «santa obbedienza» dovuta ai direttori spirituali, che gli chiedevano di non tacere nulla dei fenomeni straordinari che sperimentava; bene, neanche la «santa obbedienza» l’ha portato a rivelare quel “qualcosa” collegato al suo conflitto con l’Avversario. «Lui aveva capito indubbiamente... c'è un fatto che non ha mai raccontato a nessuno, un fatto misterioso» racconta padre Amorth. «Ci sono due fatti misteriosi, che gli sono accaduti quando aveva circa quindici anni, subito prima di entrare dai padri Cappuccini. Uno l’ha sempre raccontato: la visione del gigante, la lotta col gigante, questo personaggio misterioso, che pare fosse Gesù Cristo; ce chi dice che fosse san Michele Arcangelo, e lui non ha mai detto chi fosse, ma secondo me era Gesù Cristo, che gli ha detto: lotterai sempre contro di lui, sempre lo vincerai, con il mio aiuto. Perché io ti aiuterò sempre, E infatti sono innumerevoli le testimonianze di questa lotta contro il gigante, una lotta quotidiana; ogni giorno ha lottato contro il demonio, gli strappava le anime, lottava contro il demonio che era dentro le persone. Ha fatto anche qualche esorcismo; ma pochi. Soprattutto si batteva per liberare le anime dal peccato, e quindi la sua lotta contro il demonio era una lotta reale. E tutto questo è riferito al primo episodio, alla visione e alla lotta con il gigante». Ma c’è anche un secondo episodio che lui non ha mai rivelato a nessuno. «Anche net suoi scritti ai direttori spirituali parla di “un episodio che resta un segreto fra me e Dio”. Quell'episodio, però, io so che gli ha mostrato la sua grande missione; una grande missione.
Ora penso, e ritengo fondamentale che in questa visione il Signore gli abbia fatto vedere la sua missione futura, e in questa sua missione futura una parte preponderantissima è stata data al ministero della confessione. E pensi che non glielo volevano dare! Quello che è stato il più grande confessore del nostro secolo ha avuto in principio questa caratteristica, che non gli hanno dato il permesso di confessare. E pensi che nel giro di due anni, lui, che non chiedeva mai niente, ha scritto tredici lettere al suo superiore provinciale, per supplicarlo di dargli la facoltà di confessare. Poi il suo superiore provinciale, che era anche il suo direttore spirituale lo conosceva bene, ha avuto un caso difficile, e si è rivolto a Padre Pio per farselo risolvere.
Glielo ha risolto, così bene, che non ha avuto più dubbi e gli ha dato la facoltà di confessare.
Perché un po’ temeva per la sua salute, e un po’ temeva per la sua preparazione. Perché aveva avuto una preparazione delle scuole molto affrettata a causa della guerra; non ha mai brillato come studente e non lo si è mai visto studiare. Mai. Quando si entrava in camera sua era sempre in ginocchio a piangere sulla passione del Signore. Quindi non c'è dubbio che è stato uno che sin da quando era bambino fino alla morte ha meditato incessantemente la Passione del Signore, spargendo grandi lacrime. Quando entravano nella sua cella, per esempio a Venafro, dove studiava oratoria, perché pensavano che sarebbe diventato un predicatore per predicare le missioni al popolo, quando qualcuno entrava nella sua celletta lo trovava spesso inginocchiato sulla terra che piangeva. Meditava la Passione del Signore. Non lo hanno mai visto studiare, però non era mai impreparato; quando lo interrogavano sempre rispondeva.
Non in maniera brillante, però. Quindi per questi due motivi, un po' per la salute, un po' per timore della scarsa preparazione, ci hanno messo degli anni a dargli la facoltà di confessare.
Per non parlare poi di quel decennio tremendo, in cui per tre anni è stato sospeso dalla confessione».
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