giovedì 30 luglio 2020

VITA DI CRISTO



Albero genealogico della famiglia di Cristo  

Sebbene la Sua Natura Divina fosse dall'eternità, la Sua natura umana aveva un so strato giudaico.  

Il sangue che scorreva nelle Sue vene proveniva dalla stirpe reale di Davide attraverso la madre Sua, la quale, per quanto povera, apparteneva al casato del gran re. I contemporanei lo chiamavano «Figlio di Davide»: il popolo non avrebbe mai consentito a considerare come un Messia un pretendente che non soddisfacesse a codesta condizione indispensabile. Né il Nostro Signor Benedetto negò mai, personalmente, la Propria origine davidica; affermò solo che la Sua affiliazione davidica non spiegava i rapporti che, nella Sua Persona Divina, Egli aveva col Padre. Le parole con cui si apre il Vangelo di Matteo si riferiscono alla Genesi di Nostro Signore. 

L'Antico Testamento principia con la Genesi del cielo e della terra per opera di Dio creatore di tutte le cose; il Nuovo Testamento ha un'altra sorta di Genesi, nel senso che descrive il creatore di tutto quanto è nuovo. La genealogia data dagli Evangelisti implica che Cristo era «un Secondo Uomo» e non solamente uno dei tanti che traevano origine da Adamo. Luca, che indirizzò il suo Vangelo ai Gentili, fece risalire la discendenza di Nostro Signore al primo uomo, mentre Matteo, che indirizzò il suo Vangelo agli Ebrei, indicò Gesù Cristo come «Figlio di Davide e Figlio di Abramo».  

La diversità tra la genealogia data da Luca e quella data da Matteo è dovuta al fatto che Luca, scrivendo per i Gentili, si preoccupò di dare una discendenza naturale, mentre Matteo, scrivendo per gli Ebrei, parti da un ordine naturale a cominciare dal tempo di Davide, al fine di spiegare agli Ebrei che Nostro Signore era l'Erede al regno di Davide. Luca si riferisce al Figlio dell'Uomo; Matteo, al Re d'Israele.  

Ecco perché Matteo principia così il suo Vangelo:  «Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo» (Matt. 1: 1)  

Matteo immagina che le generazioni intercorse tra Abramo e Nostro Signore siano passate attraverso tre cicli di quattordici generazioni ciascuna. Il che, però, non costituisce una genealogia completa. Quattordici sono le generazioni da Abramo a Davide delle quali fa parola Matteo, quattordici quelle da Davide alla cattività babilonese, e quattordici quelle dalla cattività babilonese al Nostro Signor Benedetto. Codesta genealogia sconfina di là dai limiti della razza ebraica per includere taluni che ebrei non sono. Può darsi che per far questo, così come per l'inclusione di altri che non godevano di un'ottima reputazione, Matteo avesse ragioni eccellenti.  

Dei secondi, uno era Raab, straniero e peccatore; un'altra era Rudi, straniera anch'essa, quantunque accolta nella nazione d'Israele; una terza era la peccatrice Betsabea, i cui peccaminosi rapporti con Davide avevano gettato la vergogna sul casato del re.  

Perché, per esempio, lo stemma reale doveva recare la macchia di Betsabea, la cui femminile purezza si era corrotta; e quella di Ruth, che, sebbene moralmente buona, aveva introdotto nel circolo d'Israele un sangue straniero? Può darsi che ciò volesse servire ad indicare la parentela di Cristo con i corrotti e i lussuriosi, con le meretrici e con i peccatori, e perfino con i Gentili, che erano stati inclusi nel Suo Messaggio e nella Redenzione.  

In alcune  traduzioni della Scrittura il vocabolo impiegato per descrivere la genealogia è: «generò».  

Per esempio: «Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe». In altre traduzioni si ha invece l'espressione «fu padre di». Per esempio: «Geconia fu il padre di Salatiel». 
La traduzione non ha importanza: quel che conta è che codesta monotona espressione viene adoperata per quarantun generazioni e che viene omessa là dove si raggiunge la quarantaduesima. Perché? La ragione sta nella Nascita Verginale di Gesù.  

«E Giacobbe fu il padre di Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Matt. 1: 16)  

Matteo, nel tracciare questa genealogia, sapeva che Nostro Signore non era Figlio di Giuseppe: ecco perché fin dalle prime pagine del Vangelo Nostro Signore è presentato in connessione con la stirpe che nondimeno non Lo produsse nell'interezza della parola. Che in essa Egli fosse venuto, era ovvio; e tuttavia da essa si distingueva.  

Come nella genealogia data da Matteo v'era un accenno alla Nascita Verginale, così a tale nascita v'è un accenno nella genealogia data da Luca. In Matteo, Giuseppe non è indicato come il generatore di Nostro Signore; e in Luca, di Nostro Signore si dice:  «Gesù ... era - come lo si supponeva - figliuolo di Giuseppe» (Luca 3: 23)  

Il che significa che dal popolo in genere si supponeva che Nostro Signore fosse il Figlio di Giuseppe.  

Considerando le due genealogie, vediamo che in Matteo Nostro Signore è il Figlio di Davide e di Abramo, e che in Luca è il Figlio di Adamo e il seme della donna, di cui Dio aveva affermato che avrebbe schiacciato la testa al serpente.  

Degli uomini non morali, la Divina Provvidenza fa altrettanti strumenti dei disegni di Dio: Davide, che assassinò Uria, è nondimeno il tramite per cui il sangue di Abramo fluisce nel sangue di Maria.  

In quell' albero genealogico c' eran dunque dei peccatori, e di tutti costoro si credette ch'Egli fosse il peggiore allorché venne sospeso all'albero genealogico della Croce, onde gli uomini divennero figli adottivi del Padre Celeste. 

Venerabile Mons. FULTON J. SHEEN

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