giovedì 13 agosto 2020

CHIAMAMI PADRE



DIO SI RIVELA COME PADRE

Il titolo di "Padre" dato a Jahvé si sviluppa parallelamente con quello dell'elezione e dell'alleanza.
Come abbiamo detto, la denominazione di "Dio come Padre", era comune a molte altre Religioni, perché il termine "Padre" si presta ottimamente a qualificare Dio come principio fecondo di tutto ciò che esiste.
L'Antico Testamento è però molto prudente nell'assumere questo termine, perché presso molte Religioni esso era inteso in senso materiale e fisico, e le divinità erano concepite in termini maschili e femminili.
Le attenzioni di Jahvé per il suo alleato sono tali e tante da far dire, in più parti della Sacra Scrittura, che Egli lo ama "come un padre".
Occorre però precisare che nell'Antico Testamento il termine "Padre" non viene normalmente riferito alle singole persone.
Dio ama Israele "con amore di Padre", ma lo ama "nel suo insieme", "in modo collettivo".
Israele è sì "il popolo di Jahvé", ma esso è tale non perché sia stato da Lui generato, ma perché è stato scelto.
Non è il frutto di una generazione, ma di una elezione.
Tra Dio e Israele c'è quindi un rapporto che ha tutte le caratteristiche dell'amore paterno, ma esso non è tale in senso proprio e personale.
I Profeti celebrano Dio come "un pastore che custodisce il suo gregge", come "un vignaiolo che ha cura della sua vigna", ma, soprattutto, "come un Padre amorevole che ama Israele come figlio".
Sono toccanti e significative espressioni come queste:
«Io sono un Padre per Israele, Efraim è il mio primogenito... Le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza» (Ger 31, 9.20).
«Quando Israele era giovanetto, io l'ho amato... A Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano...» (Os 11, 1-4).
«Tu, Signore, sei nostro Padre... Padre del tuo popolo e di ogni generazione» (Is 63, 16).


SI RIVELA COME MADRE

Parlando di Jahvé come "Padre di Israele", i Profeti mettono in rilievo la tenerezza del Dio dell'Alleanza, presentandola con caratteristiche paterne e materne insieme.
«Ecco, io farò scorrere verso Gerusalemme come un fiume, la prosperità. I suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò» (Is 66,12-13).
«Sion ha detto: il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se questa donna ti dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai...

Ecco, io ti ho disegnato sulle palme delle mie mani» (Is 49, 14-16).
Alcuni Profeti, specialmente Isaia e Geremia, parlano di "viscere di Dio".
Il termine originale ebraico è rahamim, che «nella sua radice denota "l'amore della madre", perché viene da rehem che è il grembo materno, e sta a indicare una gamma di sentimenti, quali la bontà e la tenerezza, la pazienza e la comprensione, cioè la prontezza a perdonare».

I Salmi contengono elevazioni di grande tenerezza, esprimendo una religiosità che si fa via via più intima e personale, specie nei "poveri di Jahvé" che hanno scelto Dio come unico rifugio e unica speranza.

Sono significative le parole del Salmo 13 1: «io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia» (Sai 131, 2-3).

DON NOVELLO PEDERZINI

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