mercoledì 11 novembre 2020

Commento all‟Apocalisse

 


Capitolo Secondo dell‟Apocalisse 

I. Vers. 1. All‟Angelo della Chiesa di Efeso scrivi: Queste cose dice colui che tiene nella sua destra le sette stelle, e cammina in mezzo ai sette candelabri d‟oro. Queste sette Chiese, a cui San Giovanni scrive secondo la lettera, sono figura delle sette epoche della Chiesa cattolica nei di- versi tempi futuri, che vengono qui descritte. Perciò sopra disse: Voltatomi vidi sette candelabri (I, 12), ovvero, dietro a me vidi le sette epoche future della Chiesa. Queste sette epoche corrispondono ai sette giorni in cui operò il Signore, alle sette età del mondo, e ai sette spiriti inviati dal Signore nel giorno della Pentecoste sopra ogni uomo. Come, infatti, il Signore Dio racchiuse in sette giorni ed età lo scorrere di tutte le generazioni e cose naturali, così porterà a compimento la rigenerazione in sette epoche della Chiesa, in ciascuna delle quali effonderà e farà fiorire diversi generi di grazie per mostrare le ricchezze della sua gloria, come vedremo in seguito. Per cui, benché la Chiesa di Cristo sia una sola, tuttavia si distingue in sette epoche in virtù delle grandi imprese, che nei diversi tempi, fino alla fine del mondo, le accadranno per disposizione divina. Inoltre ogni epoca successi- va suole incominciare già prima della fine di quella che la precede, e mentre questa a poco a poco va decrescendo, l‟altra sottentra per poi infine prevalere. Possiamo quindi distinguere i diversi pe- riodi. 

II. La prima epoca della Chiesa è quella seminativa. La potenza di Dio piantò infatti la sua vigna sopra il figlio dell‟uomo Gesù Cristo, come dice San Giovanni: Il Padre mio è l’agricoltore (XV, 1). Quest‟epoca da Cristo e gli Apostoli arriva fino all‟Imperatore Nerone, il primo persecuto- re della Chiesa, ovvero a Papa Lino. Durante questo periodo il diavolo fu vinto negli idoli, e gli uomini, fugate le tenebre del paganesimo, vennero alla luce e alla verità della fede. La luce della sa- pienza celeste, infatti, venne nel mondo e illuminò le menti degli uomini per il Figlio suo Gesù e gli Apostoli che scelse per questo. In quest‟epoca fu seminato il grano di senape, ossia la Parola di Dio fu predicata in tutto il mondo e venne seminato nella terra, come si legge in Atti: E la Parola di Dio si diffondeva in tutto il paese (XIII, 49). Cristo, infatti, e gli Apostoli uscirono a seminare il buon seme nel suo campo, che crebbe più di tutte altre piante. Al primo periodo seminativo della Chiesa si allude in quelle due famose parabole del seminatore e del buon grano misto al loglio, narrate in San Matteo cap. XIII. A quest‟epoca corrisponde il primo dono dello Spirito santo, ossia la vera e celeste Sapienza, che è la vera fede in Gesù Cristo. Per essa si contemplano, come in uno specchio e in enigma, i beni della gloria futura, e disprezziamo tutte le caducità presenti di questo mondo. Dice infatti Isaia: Un germoglio spunterà dalla radice di Iesse. Un fiore verrà su da questa radice. Sopra di lui si riposerà lo Spirito del Signore, Spirito di sapienza... (XI, 1-2). 

III. Figura di quest‟epoca fu il primo giorno della creazione, quando lo spirito del Signore si librava sopra le acque, e Dio creò la luce e la separò dalle tenebre. Infatti nella prima età della Chie- sa nacque e sorse Gesù, la vera luce, che illumina il mondo, ove non v‟erano altro che tenebre, e se- parò la luce della Fede dall‟ombra tenebrosa della sinagoga e dall‟errore dei pagani. Allo stesso modo a quest‟epoca corrisponde la prima età del mondo, che va da Adamo fino a Noé. In quest‟età del mondo infatti Abele fu ucciso da Caino, e fu sostituito da Set, e così la discendenza del fratrici- da Caino venne separata da quella dei Figli di Dio. Quest‟epoca inoltre fu il tempo della nascita e propagazione del genere umano secondo la carne. Così nella prima epoca della Chiesa, Cristo fu ucciso dalla sinagoga, che fu separata dal Figlio di Dio, e sostituita dalla santa Chiesa secondo la promessa di Cristo. Questa epoca della Chiesa fu inoltre quella della rigenerazione e propagazione del genere umano secondo lo spirito, dal padre comune di tutti Gesù Cristo, di cui Adamo era figu- ra. La Chiesa di Efeso ben simboleggia quest‟epoca della Chiesa. Efeso infatti significa consiglio, mia volontà e grande caduta, tutti significati che concordano con la prima epoca ecclesiastica. Gli Apostoli infatti e i primi Cristiani erano santissimi, avevano un cuore solo e un‟anima sola, compi- vano la volontà del Padre e del suo Cristo: incominciarono allora ad essere praticati i consigli evan- gelici di povertà, umiltà, obbedienza, continenza e disprezzo di ogni cosa, grazie ai quali i santi vin- sero il mondo, la carne e il diavolo, e giunsero al regno. E poiché la sinagoga rivelò di soffrire lo scandalo della predicazione del Nome di Cristo, come dice San Paolo nella 1 a ai Corinti: Noi predi- chiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei... (I, 23), la diffusione del Vangelo fu l‟occasione per la grande e rovinosa caduta della sinagoga, che fu scacciata dal cospetto di Dio nelle tenebre esteriori, e così il sorgere della Chiesa vide il tramonto della Sinagoga. 

IV. All‟Angelo della Chiesa di Efeso scrivi. Il profeta Malachia chiama Angeli i sacerdoti, quando scrive: Le labbra del sacerdote custodiranno la scienza, e alla bocca di lui chiederanno la legge, perché è l’angelo del Signore dell’esercito (II, 7). L‟Angelo di Efeso è il suo vescovo Timo- teo e i suoi successori. I vescovi sono chiamati angeli, in quanto inviati da Dio a svolgere la loro missione episcopale e pastorale. Angelo infatti significa: Inviato. Così anche quelli malvagi, che di solito combattono la Chiesa, sono del pari chiamati Angeli come quelli buoni, che la difendono. Come infatti i buoni sono inviati, così anche i malvagi possono operare il male su permesso di Dio per la maggior gloria degli eletti e per metterli alla prova. Buono e santo fu questo Angelo Timoteo, che molto edificò la Chiesa a lui affidata, e la resse in modo santissimo fino a spargere per lei il suo sangue prezioso. Quindi quest‟angelo e la sua Chiesa di Efeso sono figura della prima epoca della Chiesa, qui descritta. Il primo periodo della Chiesa giustamente si considera la norma e il modello degli altri. Tutte le sue caratteristiche, quindi, riguardano il buon ordine della Chiesa in ogni tempo, come si vedrà. 

V. Queste cose dice colui che tiene nella sua destra le sette stelle, e cammina in mezzo ai sette candelabri d‟oro. La Sapienza eterna del Padre, Cristo Signore, s‟edificò una casa, ossia la Chiesa, si tagliò sette colonne, sulle quali la fondò, edificò e collocò. La prima colonna è la fermez- za della fede in Gesù Cristo. La seconda il timore del Signore; la terza la la confidenza in Dio; la quarta la presenza di Dio; la quinta il ministero di Cristo; la sesta l‟assistenza dello Spirito santo; la settima infine è l‟amore dello Sposo. La prima si ricava dalle parole Queste cose dice, ossia Cristo, via, verità e vita, parole che accennano all‟infinità autorità, su cui la Chiesa sposa deve appoggiarsi fermissimamente e credere innanzi tutto a Cristo suo sposo. Questa parola infatti è assai enfatica, ed è usata dai grandi della terra e da chi gode di grande autorità e credito presso gli altri. Così il Re in- via un‟ambasciata alla Regina, dicendo al servo: Il re dice queste cose. Allo stesso modo lo sposo che tiene nella sua destra le sette stelle si rivolge alla sposa: che simboleggia il potere di Cristo su tutti i Vescovi e Prelati della Chiesa, che rompe come un vaso d‟argilla secondo la sua volontà, è così getta a terra, se si comportano male, e conserva con la sua grazia, indicata dalla destra, perché non vengano meno nella via della verità e della giustizia. Parole che accennano alla seconda e terza colonna, ossia, il santo Timor di Dio e la confidenza perfetta in Gesù Cristo: colui infatti che è in piedi, badi a non cadere, e colui che è caduto, non disperi e si volga alla destra di Gesù Cristo, che eleva dal letame il povero. Egli cammina in mezzo ai sette candelabri d‟oro, ossia in mezzo a tutte le Chiese, come promise in San Matteo: Io sono con voi fino alla fine del mondo (XXVIII, 20). Egli cammina in mezzo, ossia che vede e considera ogni nostro pensiero, parola e opera, che sono e ac- cadono nella Chiesa, come si legge nella Genesi: Dio cammina nel mezzo del paradiso al fresco della sera (III, 8). Cristo Dio cammina nel mezzo della sua Chiesa con la sua assistenza, presenza, onnipotenza, scienza e amore, come consolatore in mezzo agli afflitti, Re tra i sudditi, sommo sa- cerdote in mezzo ai ministri, Dio in mezzo alla creature, padre tra i figli, tutore tra gli orfani, ricco tra i poveri, giudice in mezzo agli oppressi, medico in mezzo agli ammalati, Capo in mezzo al collo, nocchiero in mezzo alle navi, avvocato tra i rei, e sposo in mezzo alle Vergini della sua sposa, che è la Chiesa. Da queste parole si ricavano le ultime quattro colonne, sulle quali la Chiesa e noi tutte, sue membra, dobbiamo stare appoggiati, ossia la presenza di Dio onnipotente Gesù Cristo, che è la quarta, guardando la quale opereremo bene sempre e ovunque. Quindi il ministero dell‟altare e uf- ficio nostro (che è la quinta colonna) e che dobbiamo offrire in odore di soavità, compiendolo con sommo timore, reverenza, attenzione e Religione a lode e gloria di Colui che cammina tra noi. Gioiamo anche e rinforziamoci con grandissima forza tra tutti i flutti del mare di questo mondo fe- roce nell‟assistenza ineffabile dello Spirito (che è la sesta colonna) dicendo: non lasciarci orfani o Signore. Infine veniamo rapiti dall‟amore (la settima colonna) del Dilettissimo Gesù e Consolatore nostro, Re e Sommo Sacerdote nostro, nostro Giudice e padre, tutore e Mecenate nostro, Giudice e medico nostro, capo e nostro Governatore, Avvocato e nostro amantissimo sposo. 

VI. Gettate le fondamenta, viene prescritta la forma della correzione fraterna, che pur neces- saria nella Chiesa di Dio, dev‟essere tuttavia impiegata con discrezione. Perciò si richiede 1) che la persona che corregge sia un superiore, 2) che conosca come il bravo medico non solo i difetti, ma anche le buone qualità dei malfattori, e goda d‟autorità, riverenza ed amore presso i suoi. Tutto que- sto è contenuto in queste parole: Queste cose dice colui che tiene nella sua destra le sette stelle, e cammina in mezzo ai sette candelabri d‟oro. So le tue opere. 3) Come il medico prudente non somministra subito al paziente una dose di puro assenzio o rabarbaro, ma vi mescola vino, miele, zucchero o altro dolcificante piacevole al palato, così il prelato, se desidera conseguire lo scopo del- la correzione fraterna, non deve subito rinfacciare il peccato (che è l‟assenzio dell‟anima) ma far precedere la lode delle opere buone e aggiungere all‟emendazione infine qualche parola di consola- zione, alleviando cioè la coscienza, insegnando le occasioni e le cause delle cadute, indicando il di- scrimine del bene e del male, come si evince dal versetto che segue. 

Vers. 2, 3. So le tue opere, e le tue fatiche e la tua pazienza ecc. Ecco la lode del bene. 

Vers. 4. Ma ho contro di te, che hai abbandonata la tua primiera carità. Ecco l‟esecrazione del delitto. 

Vers. 6. Hai però questo di buono, che odi le opere dei Nicolaiti, che anch‟io odio. Ecco la consolazione che aiuta ad emendarsi. La causa infatti e l‟occasione, per cui, sul finire di questa pri- ma epoca della Chiesa, venne meno la mutua carità fervente degli inizi, furono le perverse dottrine del diacono Nicola, di Cerinto, Ebione, Simon Mago ed altri, i quali sorsero allora di mezzo gli stessi cristiani.. quando infatti si disputa sulla verità di una dottrina, anche gli animi pii si accendo- no di zelo di fronte all‟assurdità dei malvagi errori, lo zelo poi infiamma l‟emulazione, l‟emulazione genera il rancore, e così a poco a poco s‟estingue la carità, che vuole e fa il bene a tutti anche ai ne- mici. Cristo quindi corregge qui la sua Chiesa, mostrandole la causa e l‟occasione della caduta, e di- stingue il bene dal male, dicendole: Hai però questo di buono, che odi le opere dei Nicolaiti, che anch‟io odio, come dicesse: fai bene ad odiare le opere dei Nicolaiti, che anch‟io odio, ma commet- ti il male trascurando la carità nei riguardi delle loro anime, per le quali io discesi dal cielo, m‟incarnai e patii. 4) come il buon medico prescrive una dieta adatta per recuperare la salute, così il prelato prescrive la penitenza e i rimedi, con i quali lavare tutti i peccati e le loro macchie, e così i sudditi possano recuperare la primitiva perfezione di vita, da cui s‟allontanarono, ed evitare di rica- dervi in avvenire, come dice di seguito. 

Vers. 5. Ricordati dunque da quale altezza sei caduto, e fai penitenza, e torna ad operare come prima. Infine il medico per invogliare il paziente ad osservare la dieta prescritta, lo spaventa col pericolo di morte, e l‟anima con la speranza di guarire. Allo stesso modo il prelato minaccia la pena a correzione dei delitti, ed il premio per le opere buone. Il primo punto si ricava da quanto segue. 

Vers. 5. Se non ti ravvedi, verrò da te e torrò dal suo posto il tuo candelabro. Il secondo invece dalle parole seguenti. 

  Vers. 7. Al vincitore io darò a mangiare dell‟albero della vita, che è in mezzo al Paradiso del mio Dio. 

VII. Ogni regno ben ordinato si fonda su nove elementi, che ne assicurano la beatitudine, santità e giustizia. 1) L‟osservanza delle leggi. 2) La strenua applicazione per il bene comune. 3) la sopportazione per lo Stato dei mali. 4) La spada della giustizia. 5) La pronta ricerca dei malviventi. 6) La distinzione fra il bene e il male. 7) la fortezza nelle difficoltà e nelle avversità. 8) la longani- mità nelle cose ben intraprese. 9) La perseveranza infine nelle cose oneste. Tutte queste cose devo- no trovarsi nel regno di cristo, che è la Chiesa militante. Per questo Cristo soprattutto loda la prima epoca della Chiesa, e prescrive qui alla Chiesa universale la norma e il concetto secondo cui devono trovarvisi. La prima caratteristica (l‟osservanza delle leggi) è indicata dalle parole: Conosco le tue opere. È il modo di parlare dei potenti della terra, che impiegano quando vogliono lodare o biasima- re i loro servi, come dicessero: conosciamo e ci sono noti i tuoi servizi, la tua fedeltà, i tuoi saggi consigli ecc. Allo stesso modo Cristo tesse l‟elogio della prima età della Chiesa, a partire dalle ope- re della giustizia, poiché essa ha rigettato la falsa giustizia dei farisei, il giogo della legge mosaica e l‟immoralità dei pagani (dai quali due generi di uomini prese avvio la Chiesa primitiva) e conserva ora la perfetta legge evangeli. Mantenendovi fede, onora il legislatore, e onorandolo il servo si mo- stra a lui grato e fedele. Questa è la prima cosa che si trova in ogni ben ordinato regno. Dove infatti non s‟osservano le leggi, quel regno è prossimo alla rovina e il legislatore vi è disprezzato. La se- conda caratteristica (l‟indefessa attività per il bene comune) si ricava dalla parola fatica nel semina- re, propagare e conservare la parola di Dio e il Vangelo di Cristo, come mostrò la prima epoca della Chiesa, faticando strenuamente come un buon soldato, come un agricoltore, un agricoltore, un pa- store e un operaio. Tutti paragoni tratti dalla II lettera di San Paolo a Timoteo, II, 3-6. come un sol- dato, poiché gli Apostoli e i loro successori combattevano giorno e notte con indefessa fatica contro il mondo, la carne e il diavolo. Come agricoltori, poi, come sta scritto nei Salmi: Andavan, andava- no piangendo, mentre gettavano il loro seme, ma tornando, verran con festa, portando i loro mani- poli (CXXV, 5). Come pastori, poiché conducevano le loro pecore (ossia pagani e giudei) alle ac- que di vita del battesimo, e le pascolavano per tutto il giorno, ossia, fino alla morte, con i loro salu- tari ammonimenti e insegnamenti, senza allontanarsi dagli esempi dei santi. Infine, come operai, poiché lavoravano nella vigna del Signore e alla costruzione della Chiesa di Cristo, per procurare con l‟opera delle loro mani il necessario per la loro vita e quella degli altri, secondo quel che dice San Paolo: E ci affanniamo a lavorare colle nostre mani (I Corinti, IV, 12). Queste fatiche inoltre sono affrontate soltanto per la salvezza di tutti: Io soffro fino ad essere incatenato come un malfat- tore, ma la Parola di Dio non è incatenata. Perciò io sopporto ogni cosa per amore degli eletti, af- finché essi pure consegua no la salute che è in Cristo Gesù, colla gloria celeste. (II Timoteo, II, 9-10). La terza caratteristica è indicata dall‟espressione: la tua pazienza nelle avversità. Come infat- ti la pazienza è sommamente necessaria a tutti i soldati di Cristo, ai buoni agricoltori della sua vi- gna, ai pastori d‟anime (a somiglianza dei veri soldati, agricoltori e pastori) per sopportare le fati- che, le avversità, le tentazioni ed altre diverse tribolazioni che sogliono accadere a chi vuole vivere piamente in Cristo. Così i primi fondatori della Chiesa cattolica ne sopportarono moltissime, sempre in moto per nostro esempio, coperti da pelli di pecora o di capra, sopportando gli scherni, le basto- nature, il carcere, le catene, privi d‟ogni cosa, nelle angustie, afflitti, nelle tentazioni ecc. tutto ad imitazione del capo Gesù Cristo, per la salute comune della Cristianità. La pazienza è sempre ne- cessaria alla Chiesa. con essa coloro che sono sudditi e fedeli di Cristo devono conquistare le loro anime. Non puoi sopportare i malvagi, quando hai contatti con loro. Queste parole designano la spada della giustizia, ossia lo zelo buono e l‟ardore nel punire i malvagi. Così gli Apostoli e i loro successori non poterono sopportare i cattivi e falsi cristiani, ma senza simulazione ne censuravano le false e perverse dottrine, quando li trovavano pertinaci nel difenderle, e li espellevano dalla Chie- sa di Dio, come si legge in San Paolo nella I a Timoteo: Come Imeneo e Alessandro che io ho con- segnati a Satana 1 , perché imparino a non bestemmiare (I, 20) o ancora nella I ai Corinti, ove l‟Apostolo delle genti scomunica un incestuoso. Questo zelo è assai necessario in ogni società poli-tica o spirituale. Senza di esso infatti le membra ed il corpo imputridiscono. Dove vengono tollerati i delitti e non sono castigati, si pecca impunemente, e i peccati si moltiplicano come un torrente in piena che sommerge il corpo sociale. Corrompendolo poi lo manda in rovina, senza che si sappia infine come porvi rimedio. Il quinto elemento necessario ad una società ben costituita è la diligente ricerca dei delinquenti. Poiché infatti l‟impiego della spada della scomunica e lo zelo per la giustizia sono di per sè ciechi, occorre prima una sufficiente conoscenza dei malvagi. Perciò è sommamente necessario in un ben ordinato regno che vi sia una solerte ricerca dei malfattori, ossia che il Principe vigili oculatamente su tutti (anche su quelli che godono della sua completa fiducia) stando sul chi vive e scrutando le azioni e le mosse di tutti. Tutto ciò si ricava dalle parole: Hai messo alla prova coloro che si spacciano per apostoli e non lo sono (II, 2). La vita pessima e l‟ancor peggior dottri- na svelarono come alcuni che si gloriavano d‟essere stati inviati da Cristo e dagli Apostoli e d‟aver lo Spirito di Dio per ammaestrare il popolo, mentivano. Erano invece sovvertitori del popolo fedele, come Ebione, Cerinto, Menandro, Nicola, Simon Mago ed altri eretici che sorsero allora in Asia, o come quei falsi missionari che sostenevano d‟essere mandati dagli Apostoli S. Pietro e S. Giacomo che allora risiedevano in Gerusalemme, e con questo falso pretesto insegnavano che l‟osservanza della legge mosaica era altrettanto necessaria alla salvezza del vangelo, come si ricava da molti pas- si delle lettere di San Paolo. In sesto luogo, dopo aver sufficientemente dimostrato la malizia e la falsità di qualcuno, non resta che il Principe giusto e saggio proceda al giudizio, alla sentenza e alla condanna dei malfattori, come si deduce dalle parole: Li hai trovati bugiardi (II, 2) non solo nella dottrina ma anche nella vita. Essi infatti simulavano esternamente una vita santa per ingannare più facilmente i semplici. La Chiesa così espulse i sopraccitati eretici dal consorzio dei fedeli. Vien qui detto poi che furon trovati bugiardi, grazie ad una pubblica sentenza di scomunica dalla cattedra di San Pietro dichiarante che nessuno di loro era stato inviato da Dio o da Cristo o dagli Apostoli, che essi non possedevano la vera dottrina o compivano dei veri miracoli, e che la giustizia legale della legge mosaica non è necessaria alla salvezza eterna. Settimo. Poiché gli empi si sforzano talvolta di porre ostacoli alla spada della giustizia e della verità con ribellioni e persecuzioni la fortezza e la magnanimità sono necessarie al Principe. Egli non deve essere distolto dalla giusta punizione dei malvagi e trascurare la giustizia e la verità. La prima età della Chiesa patì quindi quelle numerosis- sime avversità e tribolazioni che gli eretici sopra ricordati eccitarono tra i suoi fedeli. Ma essa tutto sopportò con grande forza, difendendo ciò che è veramente necessario alla salvezza eterna con pro- nunciamenti giusti e veri. Per cui in questo passo viene lodata la sua fortezza: Sei paziente. Ottavo. In vero, poiché talune avversità possono durare a lungo per divino permesso e a causa della malizia degli empi, la fortezza del Principe deve appoggiarsi alla virtù della longanimità. Armato di questa, egli può sostenere in ogni tempo qualsiasi avversità nel nome della giustizia e della verità. Al ri- guardo la Chiesa degli inizi viene lodata con le parole: Hai sofferto per il mio nome, parole che in- dicano la causa di tale sofferenza, ossia la gloria del Nome Santissimo di Gesù Cristo. I sopra ricor- dati eretici e giudei quindi infatti bestemmiavano quel nome santissimo, quando negavano la sua divinità, o la sua umanità o la sua venuta o le sue opere come riferisce San Paolo. Nono. Infine, poi- ché certi mali e ostacoli non possono mai essere completamente tolti di mezzo, il Principe deve ar- marsi di perseveranza nella giustizia e nella verità. Allo stesso modo nella Chiesa di Dio, ove neces- sariamente la zizzania cresce accanto al buon grano fino al giorno della messe e vi saranno sempre eretici, il prelato deve mostrarsi perseverante in tutte le avversità e vincere sempre il male con ogni bene. Con le parole: Non hai ceduto si loda qui la Chiesa universale e le si prescrive la perseveran- za come norma da seguire sempre. 

VIII. Dopo la lode e l‟enumerazione delle cose buone segue prudentemente la correzione delle mancanze. 

Vers. 4. Ma ho contro di te che hai abbandonata la primiera tua carità. Ogni istituzione sulla terra per quanto santa e ben ordinata, a causa delle mancanze quotidiane e della fragilità dei suoi membri, suole declinare e perdere vigore. Così accadde anche alla prima epoca della Chiesa descritta sotto la figura della Chiesa di Efeso. La sua prima carità venne a poco a poco abbandonata. La carità iniziale dei Cristiani consisteva nella perfettissima unità dei cuori e nella comunione dei beni, come in Atti: E la moltitudine dei credenti formava un solo cuore ed un’anima sola, né c’era chi dicesse suo quello che possedeva, ma tutto era tra loro in comune (IV, 32). Con l‟espressione primiera carità poi s‟intendono le opere di caità e di misericordia. Venivano infatti mantenuti con fervore e devozione i cristiani poveri, o inviate delle elemosine ai fedeli di Gerusalemme e altrove, che, a motivo della fede e per mantenere i credenti in cristo avevano abbandonato o venduto i loro beni. E non c’era alcun bisognoso tra essi, perché tutti quelli che possedevano terreni o case li ri- vendevano e ne portavano il prezzo, deponendolo ai piedi degli Apostoli, che si distribuiva a cia- scuno secondo il suo bisogno (Atti, IV, 34-35). Questa prima carità, dopo la morte degli Apostoli e di Timoteo, vescovo di Efeso, a causa del prevalere a poco a poco di uomini empi e falsi fratelli, che divoravano e mettevano mano sulle sostanze con la frode, insegnavano dottrine perverse, cian- ciando tra il popolo, andò intiepidendosi e si trasformò in amarezza di cuore. Le dispute infatti sui dogmi di fede, le contese poi per assicurarsi la successione nell‟episcopato, nelle prelature o nelle prebende, comportano come triste conseguenza quotidiana il raffreddarsi della carità. 

IX. Finita la correzione segue subito un salutare avviso per la riforma di vita. Se ne prescri- ve subito la forma, che consiste in tre cose: 1) Il riconoscimento dei peccati commessi, delle omis- sioni e la riflessione sulle occasioni peccaminose. 2) Le opere di penitenza. 3) Il ripristino della primitiva condizione, come è chiaro da quel che segue. 

Vers. 5. Ricordati dunque da quale altezza sei caduto, ossia riconosci la tua colpa, ram- menta le tue prime opere e da quale alto grado di perfezione e fervore di carità sei caduto. Investiga quindi con la riflessione quale fu l‟occasione che ti fece cadere dalla carità di un tempo. E fai peni- tenza per aver omesso un così grande bene, emendati evitando prudentemente le occasioni che t‟indussero a raffreddarti nella carità, e fai opere di penitenza proporzionate al mal fatto. E torna ad operar come prima: riprendi, cioè, la primitiva perfezione di vita, il fervore di carità, le antiche ope- re di misericordia, l‟amore e l‟unità di cuori d‟un tempo, ed impara a vincere con il bene della carità i malvagi eretici e i falsi fratelli, che furono occasione della tua caduta dalla semplicità della carità. Altrimenti, se non farai penitenza, vengo da te, e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto. Que- ste parole implicano la comminazione della pena che non può mancare alla correzione fraterna. Al- trimenti, se non farai penitenza: se tu non ti emenderai nel modo indicato, vengo da te per castigar- ti, punirti e correggerti, affinché tu faccia penitenza. Vengo da te come tuo medico, padre, sposo e giudice per sanarti con mezzi più energici. Vengo da te: usa il tempo presente per ammonire la Chiesa che il castigo divino è sempre pronto e incombente, e che colpirà quando meno se l‟aspetta. Rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non farai penitenza: indica il genere di pena e il modo del castigo. Il tempo è qui futuro perché si comprenda che Dio è longanime, aspetta la nostra penitenza e ci minaccia le pene a lungo e spesso, quando sono ancora lontane, finché non si colmi la misura della sua indignazione e della nostra prevaricazione. Rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, ovvero permetterò che sorgano tribolazioni, guerre, eresie e tiranni che rimuoveranno la Chiesa a te affidata dal luogo della sua stabilità, dignità, quiete. Questa profezia si compì infatti con i dieci tiranni che agitarono e scossero in modo terribile la Chiesa, e così questa pervenne ad un‟esimia perfezione e carità, come dimostrano le migliaia e migliaia di martiri d‟entrambi i sessi che furono uccisi per amor di Gesù. Rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, ovvero trasferirò il tuo episcopato, le tue ricchezze, le tue dignità e la tua Chiesa dalla regione in cui ora si trova, se tra- lascia di pentirsi dei suoi pubblici peccati e di far degna penitenza. Così fece infatti alla Chiesa gre- ca, a quella inglese e a quella della Terrasanta. Così ha iniziato a fare in Germania e in tutta la Chie- sa Latina occidentale e continuerà a farlo se non ci pentiamo. Hai però questo di buono che odi le opere dei Nicolaiti, che anch‟io odio. Con queste parole al rimprovero sottentra l‟incoraggiamento, come fece il buon samaritano che lenì la ferita oltre col vino della mortificazione con l‟olio della consolazione. Hai però questo di buono e degno di lode che odi le opere dei Nicolaiti, ovvero le fornicazioni e l‟uso promiscuo delle donne. Si riferisce qui il modo e la misura del giusto odio, che Gesù loda nella sua Chiesa ed insegna con il suo esempio: odi le opere dei Nicolaiti, che anch‟io odio. Vuol accennare al fatto che non dobbiamo mai odiare le persone per quanto malvagie, ma solo per la loro salvezza e l‟onore di Dio, le opere malvagie in quelle persone, sull‟esempio di cristo che odia al massimo i peccati e tuttavia ama a tal punto le persone dei peccatori da scendere dal cielo e morire per i nostri peccati in mezzo a due ladroni. Insegna in terzo luogo alla sua Chiesa quale fu l‟occasione dell‟abbandono della carità degl‟inizi. Non facendo netta distinzione, infatti, tra le per- sone e le loro opere, venne meno l‟affetto e il fervore della carità verso di quelle. Poi Cristo, da me-dico sapientissimo, scusa il delitto e ne lenisce il dolore, dicendo: Hai però questo di buono che odi le opere dei Nicolaiti, che anch‟io odio. 

X. Vers. 7. Chi ha orecchi, ascolti quel che lo Spirito dica alle Chiese. È un modo d‟esprimersi che indica la difficoltà nel compiere qualcosa o la profondità dei misteri futuri della Chiesa. Allo stesso tempo la nostra fragile carne e la crassa intelligenza nostra sono avvisate che tutto il contenuto dell‟Apocalisse è ricco di una sapienza ardua da comprendersi. In un passo di San Matteo infatti cristo, lodando la continenza che sarà in uso nella Chiesa come cosa non facile, im- piega una simile perifrasi: Chi può capire, capisca (XIX, 12). Al vincitore darò da mangiare dell‟albero della vita, che è in mezzo al Paradiso del mio Dio. Queste parole indicano il premio e la ricompensa stabilita da Dio. Così la Chiesa sarà più facilmente invogliata a far penitenza. Vuol dire: Al vincitore (sulle tentazioni del mondo, della carne e del diavolo) darò da mangiare dell‟albero della vita, ossia darò a lui la fruizione della mia bontà, che è davvero l‟albero della vita, del quale quello del Paradiso terrestre era solo una figura. Mangiare dell‟albero della vita, ossia godere della visione beatissima e beatificata con l‟immortalità, poiché l‟albero della vita metafori- camente significa l‟immortalità (Genesi, III); che è in mezzo al Paradiso del mio Dio, ossia prepa- rato nella patria celeste per tutti coloro che hanno lottato, come dice San Paolo nella 2 a a Timoteo: nessuno sarà coronato che non abbia combattuto e vinto secondo le regole (II, 5). 

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Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

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