martedì 22 dicembre 2020

Dalla Gerarchia Cardinalizia di Carlo Bartolomeo Piazza e dalle Rivelazioni Private della mistica Maria Valtorta

 


Santi Martiri del I – II e III Secolo


Santa Cecilia. 

 22 luglio 1944. 

 Festività di S. Maria Maddalena. 

***

Non c’è il Credo. Almeno io non lo sento dire. Dei diaconi  passano fra i fedeli raccogliendo offerte, mentre altri diaconi  cantano con la loro voce virile alternando le strofe di un inno  alle voci bianche delle vergini. Volute di incenso salgono verso  la volta della sala mentre il Pontefice prega all’altare e i diaconi sollevano sulle palme le offerte raccolte in vassoi preziosi e in  anfore pure preziose. 

La Messa prosegue ora così come è adesso. Dopo il dialogo  che precede il Prefazio, e il Prefazio cantato dai fedeli, si fa un  grande silenzio in cui si odono solo le aspirazioni e i sibili del 

celebrante che prega curvo sull’altare e che poi si solleva e a voce più distinta dice le parole della Consacrazione. 

Bellissimo il Pater intonato da tutti. Quando si inizia la  distribuzione delle Specie i diaconi cantano. Vengono  comunicate le vergini per prime. Poi cantano esse il canto udito  per la sepoltura di Agnese:72 “Vidi supra montem Sion Agnum  stantem...”. Il cantico dura sinché dura la distribuzione delle  Specie alternandosi al salmo: “Come il cervo sospira alle acque, così l’anima mia anela Te mio Dio”73 (credo avere tradotto  bene). 

La Messa ha termine. I cristiani si affollano intorno al  Pontefice per esserne benedetti anche singolarmente e per  accomiatarsi dalla vergine a cui si è rivolto il Pontefice. Questi  saluti avvengono però in una sala vicina, una anticamera, direi,  della chiesa vera e propria. E avvengono quando la vergine,  dopo una preghiera più lunga di tutte degli altri presenti, si alza dal suo posto, si prostra ai piedi dell’altare e ne bacia il bordo.  Pare proprio un cervo che non sappia staccarsi dalla sua fonte d’acqua pura. 

Sento che la chiamano: “Cecilia, Cecilia”74 e la vedo,  finalmente, in viso, perché ora è ritta presso il Pontefice e si è  un poco sollevato il velo. È bellissima e giovanissima. Alta,  formosa con grazia, molto signorile nel tratto, con una bella voce e un sorriso e uno sguardo d’angelo. Dei cristiani la salutano con lacrime, altri con sorrisi. Alcuni le dicono come  mai si è potuta decidere a nozze terrene, altri se non teme l’ira del patrizio quando la scoprirà cristiana. 

Una vergine si rammarica che ella rinunci alla verginità. 

Risponde Cecilia a lei per rispondere a tutti: “Ti sbagli, Balbina. 

Io non rinuncio a nessuna verginità. A Dio ho sacrato il mio  corpo come il mio cuore e a Lui resto fedele. Amo Dio più dei  parenti. Ma li amo ancora tanto da non volerli portare a morte prima che Dio li chiami. Amo Gesù, Sposo eterno, più d’ogni uomo. Ma amo gli uomini tanto da ricorrere a questo mezzo per non perdere l’anima di Valeriano. Egli mi ama, ed io  castamente lo amo, perfettamente lo amo, tanto da volerlo avere  meco nella Luce e nella Verità. Non temo le sue ire. Spero nel  Signore per vincere. Spero in Gesù per cristianizzare lo sposo  terreno. Ma se non vincerò in questo, e martirio mi verrà dato,  vincerò più presto la mia corona. Ma no!... Io vedo tre corone  scendere dal Cielo: due uguali e una fatta di tre ordini di  gemme. Le due uguali sono tutte rosse di rubini. La terza è di  due fasce di rubini intorno e un grande cordone di perle  purissime. Esse ci attendono. Non temete per me. La potenza  del Signore mi difenderà. In questa chiesa ci troveremo presto uniti per salutare dei nuovi fratelli. Addio. In Dio”. 

Escono dalle catacombe. Si avvolgono tutti in mantelli scuri e sgattaiolano per le vie ancora semioscure perché l’alba è appena appena al suo inizio. 

Seguo Cecilia che va insieme a un diacono e a delle vergini.  Alla porta di un vasto fabbricato si lasciano. Cecilia entra con  due vergini sole. Forse due ancelle. Il portinaio però deve essere cristiano perché saluta così: “Pace a te!”. 

Cecilia si ritira nelle sue stanze e insieme alle due prega e poi  si fa preparare per le nozze. La pettinano molto bene. Le  infilano una finissima veste di lana candidissima, ornata di una  greca in ricamo bianco su bianco. Sembra ricamata in argento e  perle. Le mettono monili alle orecchie, alle dita, al collo, ai polsi.  La casa si anima. Entrano matrone e altre ancelle. Un via vai festoso e continuo. 

Poi assisto a quello che credo sia lo sposalizio pagano. Ossia l’arrivo dello sposo fra musiche e invitati e delle cerimonie di saluti e aspersioni e simili storie, e poi la partenza in lettiga  verso la casa dello sposo tutta parata a festa. Noto che Cecilia  passa sotto archi di bende di lana bianca e di rami che mi  paiono mirto e si ferma davanti al larario, credo, dove vi sono  nuove cerimonie di aspersioni e di formule. Vedo a odo i due darsi la mano e dire la frase rituale: “Dove tu, Caio, io Caia”. 

Vi è tanta di quella gente e su per giù tutta in vesti uguali:  toghe, toghe e toghe, che non capisco quale sia il sacerdote del rito e se c’è. Mi pare di avere il capogiro. 

Poi Cecilia, tenuta per mano dallo sposo, fa il giro dell’atrio (non so se dico bene), insomma della sala a nicchie e colonne  dove è il larario, e saluta le statue degli antenati di Valeriano,  credo. E poscia passa sotto nuovi archi di mirto ed entra nella vera casa. Sulla soglia le offrono doni e, fra l’altro, una rocca e un fuso. Glie la offre una vecchia matrona. Non so chi sia. 

La festa si inizia col solito banchetto romano e dura fra canti  e danze. La sala è ricchissima come tutta la casa. Vi è un cortile - credo si chiami impluvio, ma non ricordo bene i nomi della  edilizia romana né so se li applico giusti - che è un gioiello di fontane, statue e aiuole. Il triclinio è fra questo e il giardino  folto e fiorito che è oltre la casa. Fra i cespugli, statue di marmo  e fontane bellissime. 

Mi sembra passi molto tempo perché la sera scende. Si vede che per i romani non c’erano le tessere.75 Il banchetto non  finisce mai. È vero che vi sono soste di canti e danze. Ma  insomma... 

Cecilia sorride allo sposo che le parla e la guarda con amore.  Ma pare un poco svagata. Valeriano le chiede se è stanca e,  forse per farle cosa gradita, si alza per licenziare gli ospiti. 

Cecilia si ritira nelle sue nuove stanze. Le sue ancelle  cristiane sono con lei. Pregano e, per avere una croce, Cecilia  bagna un dito in una coppa che deve servire alla toletta e segna  una leggera croce scura sul marmo di una parete. Le ancelle la  svestono del ricco abito mettendole una semplice veste di lana,  le sciolgono i capelli levandone le forcine preziose e glie li  annodano in due trecce. Senza gioielli, senza riccioli, così, con le  trecce sulle spalle, Cecilia pare una giovinetta, mentre giudico  abbia dai 18 ai 20 anni. 

Un’ultima preghiera e un cenno alle ancelle che escono per tornare con altre più anziane, certo della casa di Valeriano. In  corteo vanno ad una magnifica camera e le più vecchie  accompagnano Cecilia al letto che è poco dissimile dai divani  alla turca di ora, soltanto la base è di avorio intarsiato e colonne  di avorio sono ai quattro lati, sorreggenti un baldacchino di  porpora. Anche il letto è coperto di ricchissime stoffe di  porpora. La lasciano sola. 

Entra Valeriano e va a mani tese verso Cecilia. Si vede che l’ama molto. Cecilia sorride al suo sorriso. Ma non va verso lui. 

Resta in piedi al centro della stanza, perché, non appena uscite le vecchie ancelle che l’avevano adagiata sul letto, ella si è rialzata. 

Valeriano se ne stupisce. Crede non l’abbiano servita a dovere ed è già iracondo verso le ancelle. Ma Cecilia lo placa  dicendo che fu lei a volerlo attendere in piedi. 

“Vieni, allora, Cecilia mia” dice Valeriano cercando di  abbracciarla. “Vieni, ché io ti amo tanto”. 

“Io pure. Ma non mi toccare. Non mi offendere con carezze umane”.  

“Ma Cecilia!... Sei mia sposa”. 

“Son di Dio, Valeriano. Son cristiana. Ti amo, ma con  l’anima in Cielo. Tu non hai sposato una donna, ma una figlia di Dio cui gli angeli servono. E l’angelo di Dio sta meco a difesa. 

Non offendere la celeste creatura con atti di triviale amore. Ne avresti castigo”. 

Valeriano è trasecolato. Dapprima lo stupore lo paralizza, ma poi l’ira d’esser beffato lo soverchia ed egli si agita e urla. È un violento, deluso sul più bello. “Tu mi hai tradito! Tu ti sei fatta giuoco di me. Non credo. Non posso, non voglio credere  che tu sei cristiana. Sei troppo buona, bella e intelligente per  appartenere a questa sozza congrega. Ma no!... È uno scherzo.  Tu vuoi giuocare come una bambina. È la tua festa. Ma lo scherzo è troppo atroce. Basta. Vieni a me”. 

“Sono cristiana. Non scherzo. Mi glorio d’esserlo perché esserlo vuol dire esser grandi in terra e oltre. Ti amo, Valeriano.  Ti amo tanto che sono venuta a te per portarti a Dio, per averti con me in Dio”. 

“Maledizione a te, pazza e spergiura! Perché mi hai tradito? 

Non temi la mia vendetta?...” 

“No, perché so che sei nobile e buono e mi ami. No, perché so che non osi condannare senza prova di colpa. Io non ho colpa...”. 

“Tu menti dicendo di angeli e dèi. Come posso credere a questo? Dovrei vedere e se vedessi... se vedessi ti rispetterei  come angelo. Ma per ora sei la mia sposa. Non vedo nulla. 

Vedo te sola”. 

“Valeriano, puoi credere che io menta? Lo puoi credere,  proprio tu che mi conosci? Sono dei vili, Valeriano, le menzogne. Credi a quanto ti dico. Se tu vuoi vedere l’angelo mio, credi in me e lo vedrai. Credi a chi ti ama. Guarda: sono  sola con te. Tu potresti uccidermi. Non ho paura. Sono in tua  balìa. Mi potresti denunciare al Prefetto. Non ho paura. 

L’angelo mi ripara delle sue ali. Oh! se tu lo vedessi!...” 

“Come potrei vederlo?” 

“Credendo in ciò che io credo. Guarda: sul mio cuore è un piccolo rotolo. Sai cosa è? È la Parola del mio Dio. Dio non  mente, e Dio ha detto di non avere paura, noi che crediamo in  Lui, ché aspidi e scorpioni saranno senza veleno per il nostro piede...”.76 

“Ma pure voi morite a migliaia nelle arene...” 

“No. Non moriamo. Viviamo eterni. L’Olimpo non è. Il Paradiso è. In esso non sono gli dèi bugiardi e dalle passioni  brutali. Ma solo angeli e santi nella luce e nelle armonie celesti.  Io le sento... Io le vedo... O Luce! O Voce! O Paradiso! Scendi!  Scendi! Vieni a far tuo questo tuo figlio, questo mio sposo. La  tua corona prima a lui che a me. A me il dolore d’esser senza il suo affetto, ma la gioia di vederlo amato da Te, in Te, prima del  mio venire. O gioioso Cielo! O eterne nozze! Valeriano, saremo uniti davanti a Dio, vergini sposi, felici di un amore perfetto...” 

Cecilia è estatica. 

Valeriano la guarda ammirato, commosso. “Come potrei... come potrei avere ciò? Io sono il patrizio romano. Sino a ieri gozzovigliai e fui crudele. Come posso esser come te, angelo?” 

“Il mio Signore è venuto per dare vita ai morti. Alle anime morte. Rinasci in Lui e sarai simile a me. Leggeremo insieme la sua Parola e la tua sposa sarà felice d’esserti maestra. E poi ti condurrò meco dal Pontefice santo. Egli ti darà la completa luce  e la grazia. Come cieco a cui si aprono le pupille tu vedrai. Oh!  vieni, Valeriano, e odi la Parola eterna che mi canta in cuore”. 

E Cecilia prende per mano lo sposo, ora tutto umile e calmo  come un bambino, e si siede presso a lui su due ampi sedili e  legge il I capitolo del Vangelo di S. Giovanni sino al v. 14, poi il  cap. 3° nell’episodio di Nicodemo. 

La voce di Cecilia è come musica d’arpa nel leggere quelle pagine e Valeriano le ascolta prima stando seduto col capo  appuntellato alle mani, posando i gomiti sui ginocchi, ancora un  poco sospettoso e incredulo, poi appoggia il capo sulla spalla  della sposa e a occhi chiusi ascolta attentamente e, quando lei smette, supplica: “Ancora, ancora”. Cecilia legge brani di Matteo e Luca, tutti atti a persuadere sempre più lo sposo, e  termina tornando a Giovanni del quale legge dalla lavanda in  poi.77 

Valeriano ora piange. Le lacrime cadono senza sussulti dalle  sue palpebre chiuse. Cecilia le vede e sorride, ma non mostra notarle. Letto l’episodio di Tommaso incredulo78, ella tace... 

E restano così, assorti l’una in Dio, l’altro in se stesso, sinché Valeriano grida: “Credo. Credo, Cecilia. Solo un Dio vero può aver detto quelle parole e amato in quel modo. Portami dal tuo  Pontefice. Voglio amare ciò che tu ami. Voglio ciò che tu vuoi.  Non temere più di me, Cecilia. Saremo come tu vuoi: sposi in  Dio e qui fratelli. Andiamo, ché non voglio tardare a vedere ciò che tu vedi: l’angelo del tuo candore “. 

E Cecilia raggiante si alza, apre la finestra, scosta le tende perché la luce del nuovo giorno entri, e si segna dicendo il Pater  noster: adagio, adagio perché lo sposo possa seguirla, e poi con  la sua mano lo segna in fronte e sul cuore e per ultimo gli  prende la mano e glie la porta alla fronte, al petto, alle spalle nel  segno di croce, e poi esce tenendo lo sposo sempre per mano,  guidandolo verso la Luce. 

Non vedo altro. 

 

Ma Gesù mi dice: 

«Quanto avete da imparare dall’episodio di Cecilia! È un vangelo della Fede.79 Perché la fede di Cecilia era ancor più  grande di quella di tante altre vergini. 

Considerate. Ella va alle nozze fidando in Me che ho detto: 

“Se avrete tanta fede quanto un granello di senapa, potrete dire  a un monte: ritirati, ed esso si sposterà”.80 Vi va sicura del triplo  miracolo di esser preservata da ogni violenza, di esser apostola  dello sposo pagano, di esser immune per il momento, e da parte  di lui, da ogni denuncia. Sicura nella sua fede, ella fa un passo  rischioso, agli occhi di tutti, non ai suoi, perché i suoi fissi in Me  vedono il mio sorriso. E la sua fede ha ciò che ha sperato. 

Come va al cimento? Corroborata di Me. Si alza da un altare  per andare alla prova. Non da un letto. Non parla con uomini.  Parla con Dio. Non si appoggia altro che a Me. 

Ella lo amava santamente Valeriano, lo amava oltre la carne.  Angelica sposa, vuole continuare ad amare così il consorte per  tutta la vera Vita. Non si limita a farlo felice qui. Vuole farlo  felice in eterno. Non è egoista. Dà a lui ciò che è il suo bene: la  conoscenza di Dio. Affronta il pericolo pur di salvarlo. Come madre, ella non cura pericoli pur di dare alla Vita un’altra creatura. 

La vera Religione non è mai sterile. Dà ardori di paternità e  maternità spirituali che empiono i secoli di calori santi. Quanti  coloro che in questi venti secoli hanno effuso se stessi,  facendosi eunuchi volontari81 pur di esser liberi di amare non  pochi, ma tanti, ma tutti gli infelici! 

Guardate quante vergini fanno da madri agli orfani, quanti  vergini da padri ai derelitti. Guardate quanti generosi senza  tonaca o divisa fanno olocausto della loro vita per portare a Dio  la miseria più grande: le anime che si sono perdute e impazzano  nella disperazione e nella solitudine spirituale. Guardate. Voi  non li conoscete. Ma Io li conosco uno per uno e li vedo come  diletti del Padre. 

Cecilia vi insegna anche una cosa. Che per meritare di vedere  Iddio bisogna esser puri. Lo insegna a Valeriano e a voi. Io l’ho  detto: “Beati i puri perché vedranno Dio”.82 

Esser puri non vuol dire esser vergini. Vi sono vergini che  sono impuri, e padri e madri che sono puri. La verginità è l’inviolatezza fisica e, dovrebbe essere, spirituale. La purezza è  la castità che dura nelle contingenze della vita. In tutte. È puro  colui che non pratica e seconda la libidine e gli appetiti della  carne. È puro colui che non trova diletto in pensieri e discorsi o  spettacoli licenziosi. È puro colui che, convinto della  onnipresenza di Dio, si comporta sempre, sia che sia con sé  solo che con altri, come fosse in mezzo ad un pubblico. 

Dite: fareste in mezzo ad una piazza ciò che vi permettete di  fare nella vostra stanza? Direste ad altri, coi quali volete  rimanere in alto concetto, ciò che ruminate dentro? No. Perché  su una via incorrereste nelle pene degli uomini e presso gli  uomini nel loro disprezzo. E perché allora fate diversamente  con Dio? Non vi vergognate di apparire a Lui quali porci, mentre vi vergognate di apparire tali agli occhi degli uomini? 

Valeriano vide l’angelo di Cecilia e ebbe il suo e portò a Dio Tiburzio. Lo vide dopo che la Grazia lo rese degno, e la volontà insieme, di vedere l’angelo di Dio. Eppure Valeriano non era vergine. Non era vergine. Ma quale merito sapersi strappare, per  un amore soprannaturale, ogni abitudine inveterata di pagano! 

Grande merito in Cecilia che seppe tenere l’affetto per lo sposo in sfere tutte spirituali, con una verginità doppiamente eroica;  grande merito in Valeriano di saper volere rinascere alla purezza dell’infanzia, per venire con bianca stola nel mio Cielo. 

I puri di cuore! Aiuola profumata e fiorita su cui trasvolano  gli angeli. I forti nella fede. Rocca su cui si alza e splende la mia  Croce. Rocca di cui ogni pietra è un cuore cementato all’altro nella comune Fede che li lega. 

Nulla Io nego a chi sa credere e vincere la carne e le  tentazioni. Come a Cecilia, Io do vittoria a chi crede ed è puro  di corpo e di pensiero. 

Il Pontefice Urbano ha parlato sulla riverginizzazione delle  anime attraverso la rinascita e la permanenza in Me. Sappiatela  raggiungere. Non basta esser battezzati per essere vivi in Me.  Bisogna sapervi rimanere. 

Lotta assidua contro il demonio e la carne. Ma non siete soli  a combatterla. L’angelo vostro ed Io stesso siamo con voi. E la  terra si avvierebbe verso la vera pace quando i primi a far pace  fossero i cuori con se stessi e con Dio, con se stessi e i fratelli,  non più essendo arsi da ciò che è male e che a sempre maggior  male spinge. Come valanga che si inizia da un nulla e diviene  massa immane. 

Tanto dovrei dire ai coniugi. Ma a che pro? Già ho detto83.  Né si volle capire. Nel mondo decaduto non soltanto la  verginità pare mania ma la castità nel coniugio, la continenza, che fa dell’uomo un Uomo e non una bestia, non è più riputata che debolezza e menomazione. 

Siete impuri e trasudate impurità. Non date nomi ai vostri  mali morali. Ne hanno tre, i sempre antichi e sempre nuovi: 

orgoglio, cupidigia e sensualità. Ma ora avete raggiunto la perfezione  in queste tre belve che vi sbranano e che andate cercando con  pazza bramosia. 

Per i migliori ho dato questo episodio, per gli altri è inutile  perché alla loro anima sporca di corruzione non fa che muovere  solletico di riso. Ma voi buoni state fedeli. Cantate con cuore  puro la vostra fede a Dio. E Dio vi consolerà dandosi a voi  come Io ho detto. Ai buoni fra i migliori darò la conoscenza  completa della conversione di Valeriano per il merito di una  vergine pura e fedele.» 

A cura di Mario Ignoffo 

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