La Battaglia Finale del Diavolo
Prima del Vaticano II i Papi avevano difeso unanimemente, contro l’innovazione, l’antica liturgia Latina della Chiesa, riconoscendo all’immutabile lingua Latina la funzione di baluardo contro le eresie, come insegnò Papa Pio XII nella sua monumentale enciclica sulla liturgia Mediator Dei. In effetti, i “riformatori” Protestanti del 16° secolo odiavano con tutte le loro forze proprio la Messa Cattolica tradizionale in Latino, cioè la liturgia Gregoriana che era stata il cuore della vita della Chiesa sin dal 4° secolo (e probabilmente da prima ancora), fino alla “riforma” liturgica di Papa Paolo VI, avvenuta nel 1969.
Per comprendere questo desiderio di distruggere, questa voglia di abbattere gli antichi bastioni, non vi sono parole più adatte di quelle usate da Papa Paolo VI per spiegare la sua decisione di cancellare la Messa tradizionale in Latino, a distanza di più di 1500 anni dalla sua introduzione, rimpiazzandola con un nuovo strano rito in lingua parlata – un’azione assolutamente senza precedenti e che i predecessori di Paolo VI avrebbero considerato del tutto impensabile:
Qui, è chiaro, sarà avvertita la maggiore novità: quella della lingua. Non più il latino sarà il linguaggio principale della Messa, ma la lingua parlata. Per chi sa la bellezza, la potenza, la sacralità espressiva del latino, certamente la sostituzione della lingua volgare è un grande sacrificio: perdiamo la loquela dei secoli cristiani, diventiamo quasi intrusi e profani nel recinto letterario dell’espressione sacra, e così perderemo grande parte di quello stupendo e incomparabile fatto artistico e spirituale, ch’è il canto gregoriano. Abbiamo, sì, ragione di rammaricarci, e quasi di smarrirci: che cosa sostituiremo a questa lingua angelica? È un sacrificio d’inestimabile prezzo. E per quale ragione? Che cosa vale di più di questi altissimi valori della nostra Chiesa?
Esattamente, cosa può esservi mai di più prezioso di questi “altissimi valori della nostra Chiesa”? Secondo Paolo VI è più prezioso essere apprezzati “dall’uomo moderno”, il quale è visto probabilmente dal Papa come ottuso ed incapace di comprendere le preghiere in latino contenute nel Messale Romano, malgrado lo stesso Messale contenesse la traduzione in lingua parlata di tali preghiere, accanto alla versione in latino. Paolo VI, rispondendo da solo alla propria domanda, prosegue in questo modo:
La risposta pare banale e prosaica; ma è valida; perché umana, perché apostolica. Vale di più l’intelligenza della preghiera, che non le vesti seriche e vetuste di cui essa s’è regalmente vestita; vale di più la partecipazione del popolo, di questo popolo moderno saturo di parola chiara, intelligibile, traducibile nella sua conversazione profana.211
Il discorso di Paolo VI è una cartina tornasole di ciò che è avvenuto nella Chiesa sin dal Concilio. I cambiamenti conciliari e post conciliari, tutti senza precedenti nella storia della Chiesa, sono il lavoro di intrusi profani, che operano per distruggere qualcosa dal valore incommensurabile, per abbattere i bastioni rimasti in piedi da secoli, non solo nella liturgia, ma anche negli immutabili insegnamenti della Chiesa. Non è un caso che il Vaticano II abbia causato una devastazione senza precedenti, perché proprio questo era l’obiettivo che si erano prefissi i primi attori del Concilio.
Tuttavia, in questa seconda edizione de La battaglia finale del diavolo possiamo riportare almeno l’inizio di un tentativo di restaurazione. Il motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI, promulgato il 7 luglio 2007, ha infatti dichiarato che ogni sacerdote e ordine religioso della Chiesa ha il diritto di celebrare la Messa tradizionale in Latino, che “non è mai stata abrogata” da Paolo VI. Nel suo motu proprio e nella sua lettera ai vescovi mondiali che l’accompagnava, il Papa fece le seguenti, scioccanti ammissioni:
Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto.212
Quanto all’uso del Messale del 1962, come forma extraordinaria della Liturgia della Messa, vorrei attirare l’attenzione sul fatto che questo Messale non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso.213
Non fu mai giuridicamente abrogato. Restò sempre permesso. Con queste frasi, il Papa in persona ha dato ragione ai “tradizionalisti” e a ciò che avevano detto sin da subito, e cioè che Paolo VI non aveva “abrogato” - anche perché non poteva - il tradizionale rito della Messa. Grazie al Motu proprio di Papa Benedetto, è stata finalmente smascherata questa truffa del “rinnovamento liturgico” che aveva fatto seguito al Vaticano II. Senza alcuna vera autorità, la Messa tradizionale in Latino era stata effettivamente messa all’indice e la liturgia della Chiesa era stata rivoltata da cima a fondo da quella stessa banda di incompetenti iconoclasti, la cui “opera” distruttiva era stata predetta da Pio XII alla luce di Fatima.
C’è un’altra ammissione chiave, sulla stessa falsariga, emersa dai “meandri del Vaticano” dopo la pubblicazione della prima edizione di questo libro. In una sorprendente intervista a due giornalisti Cattolici italiani, Mons. Domenico Bartolucci - niente meno che il Maestro Perpetuo della Cappella Sistina sotto cinque Papi consecutivi e recentemente onorato da Papa Benedetto per i suoi servigi resi alla Chiesa durante tutti questi anni – ha parlato in assoluta franchezza, anzi quasi brutalmente, della nuova liturgia e del tentativo fraudolento di “proibire” la Messa tradizionale. Mons. Bartolucci – ricordiamolo ancora: Maestro della Cappella Sistina! – rivelò ai giornalisti di non aver mai celebrato in vita sua la nuova Messa, ma solamente quella Tradizionale in Latino, affermando: “…avrei delle difficoltà, non avendola mai detta, a celebrare la Messa del rito moderno”. Quando gli fu chiesto se la “riforma liturgica” fosse stata fatta da gente consapevole e dottrinalmente formata, Bartolucci fornì questa tagliente risposta:
Scusate, ma la riforma è stata fatta da gente arida, arida, ve lo ripeto. E io li ho conosciuti. Quanto alla dottrina, il Cardinal Ferdinando Antonelli, di venerata memoria, mi ricordo che diceva spesso: “che cosa ce ne facciamo di liturgisti che non conoscono la teologia?”214
Lo storico Motu proprio del Papa non può che essere il frutto della campagna mondiale dei rosari, condotta dalla Società di San Pio X, teoricamente “scismatica”, che aveva chiesto la “liberazione” della Messa in Latino come prerequisito per continuare i propri colloqui con le autorità del Vaticano, in relazione alla crisi nella Chiesa e al ruolo della Società di San Pio X nell’affrontarla.
La difesa della Tradizione Cattolica da parte della Società di San Pio X, è stata convalidata in modo quasi drammatico quando il Papa ha esaudito anche il secondo prerequisito della Società, sospendendo (con grande clamore e polemiche, sia dentro che fuori la Chiesa) la presunta “scomunica” del 1988 contro i suoi quattro vescovi, grazie ad un decreto della Congregazione per i Vescovi promulgato il 21 gennaio 2009 (Festa di Sant’Agnese, Vergine e Martire, nel calendario liturgico Romano Tradizionale). In una lettera ai vescovi del mondo, nella quale difendeva la sua decisione di fare un passo in avanti per “regolarizzare” la Società di San Pio X, il Papa ha fatto forse la più devastante ammissione tra tutte quelle “uscite dal Vaticano” sin dalla pubblicazione della prima edizione di questo libro:
Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio.215
Che commento, e proprio durante la “Primavera del Vaticano II” che avrebbe dovuto essere inaugurata teoricamente dalle “riforme” del Vaticano II! Non desta stupore il fatto che il Papa abbia collegato queste sue parole riguardo allo spegnimento della fiamma della fede in vaste zone della terra - perché rimasta senza più nutrimento –ai numeri che la Società di San Pio X aveva fatto pervenire alla Chiesa: “Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli?”
Ma non si tratta di una semplice e isolata affermazione del Santo Padre. Nel settembre 2009 il Papa ha ripetuto questo tema di un disastro post-conciliare, nella Chiesa, durante un discorso ai Vescovi del Brasile, durante la loro visita ad limina Apostolorum:
Amati Fratelli, nei decenni successivi al Concilio Vaticano II, alcuni hanno interpretato l’apertura al mondo non come un’esigenza dell’ardore missionario del Cuore di Cristo, ma come un passaggio alla secolarizzazione … ma si è smesso di parlare di certe verità fondamentali della fede, come il peccato, la grazia, la vita teologale e i novissimi.
Inconsciamente si è caduti nell’auto-secolarizzazione di molte comunità ecclesiali; queste, sperando di compiacere quanti erano lontani, hanno visto andare via, defraudati e disillusi, coloro che già vi partecipavano: i nostri contemporanei, quando s’incontrano con noi, vogliono vedere quello che non vedono in nessun’altra parte, ossia la gioia e la speranza che nascono dal fatto di stare con il Signore risorto.
Attualmente c’è una nuova generazione nata in questo ambiente ecclesiale secolarizzato che, invece di registrare apertura e consensi, vede allargarsi sempre più nella società il baratro delle differenze e delle contrapposizioni al Magistero della Chiesa, soprattutto in campo etico. In questo deserto senza Dio, la nuova generazione prova una grande sete di trascendenza.216
Con buona pace del “rinnovamento del Vaticano II”! È chiaro che l’uomo che siede attualmente sul Soglio di Pietro non è lo stesso che parlava quand’era ancora il Cardinale Ratzinger. Egli, adesso, è un uomo che ha ricevuto le grazie del suo ufficio Petrino, e per mezzo di esse è in grado di riconoscere i nemici della Fede che lo circondano. Come ha dichiarato nella sua prima omelia in qualità di Pontefice, il 24 aprile 2005. “Pregate per me, perché io non fugga per paura, dinanzi ai lupi.” Ma Papa Benedetto XVI non sarebbe il primo Papa a subire una trasformazione in chiave conservatrice. Anche il Beato Pio IX era stato un “liberalista” all’inizio del suo lungo pontificato, ma alla fine egli era diventato l’arcinemico del Liberalismo e del “mondo moderno”, dopo essere scampato per un soffio alla morte ed aver dovuto fuggire dal suo palazzo apostolico, mascherato da semplice sacerdote, quando i “patrioti” massonici avevano invaso Roma in nome della Libertà.
Eppure, malgrado questi segni incoraggianti nel pontificato di Benedetto XVI, la crisi della Chiesa continua. Persino il motu proprio del Papa non fa altro che ridurre l’antico rito della Messa a “forma straordinaria” della liturgia, elevando al tempo stesso un nuovo rito, concepito poco meno di quarant’anni fa da un comitato, allo stato di “forma ordinaria”. Quest’orribile scambio tra una novità creata dall’uomo e una tradizione perenne, che giungeva a noi sin dai tempi degli Apostoli ed era stata forgiata dall’influenza stessa dello Spirito Santo, è assolutamente emblematica di quel “disorientamento diabolico” nella Chiesa, di cui parlò più e più volte Suor Lucia, nella sua corrispondenza e durante le sue conversazioni. Inoltre, il motu proprio che ribadisce con chiarezza il diritto dei sacerdoti di celebrare la Messa tradizionale senza alcun permesso preventivo da parte del Vescovo, viene tuttavia ignorato e talvolta addirittura disubbidito platealmente da molti vescovi, che continuano ad imporre ridicole restrizioni al patrimonio liturgico stesso della Chiesa.
Anche la crisi teologica (la discussione sulla quale costituiva il terzo prerequisito chiesto dalla Società di San Pio X) continua imperterrita. Nel momento in cui viene pubblicato questo libro, sono appena iniziate le discussioni teologiche richieste al Vaticano dalla Società di San Pio X. Ci sembra quindi opportuno, nel contesto di queste nuove e sorprendenti ammissioni provenienti dal Vaticano, ribadire le preoccupazioni di carattere teologico che avevamo già espresso nella prima edizione.
Padre Paul Kramer
Nessun commento:
Posta un commento