IL DISEGNO DIVINO NELLA NOSTRA PREDESTINAZIONE ADOTTIVA IN GESÙ CRISTO
Infatti ogni gloria deve ritornare a Dio, questa gloria è il fine fondamentale dell’opera divina (3). S. Paolo ce lo dimostra terminando con queste parole la sua esposizione del disegno divino (4).
Se Dio ci adotta come suoi figli, se egli realizza questa adozione per mezzo della grazia, la cui pienezza è in suo Figlio Gesù, se vuole farci partecipare alla beatitudine dell'eredità eterna di Cristo, tutto ciò è per l'esaltazione della sua gloria.
Osservate con quale insistenza S. Paolo, esponendoci il disegno divino, nelle parole che vi ho citate in principio, insiste su questo punto: «Dio ci ha eletti... a lode della gloria della sua grazia» (1).
Più avanti, egli riprende due volte: «Dio ci ha predestinati affinché noi serviamo di lode alla sua gloria» (2).
La prima espressione dell'apostolo soprattutto è notevole. Egli non dice: «in lode della sua grazia», ma «in lode della gloria della sua grazia»; ciò vuol dire che questa grazia sarà circondata dallo splendore che si unisce ai trionfi.
Perché S. Paolo parla così? Por renderci l'adozione divina, Cristo ha dovuto trionfare degli ostacoli creati dal peccato; ma questi ostacoli hanno servito solamente a far risplendere di più, agli occhi del mondo intero, le meraviglie divine nell'opera della nostra restaurazione soprannaturale. Ognuno degli eletti è il frutto del sangue di Gesù e delle mirabili operazioni della sua grazia; tutti gli eletti sono altrettanti trofei acquistati da questo sangue divino e perciò essi sono tutti come una lode gloriosa a Cristo e a suo Padre.
Vi diceva, incominciando, che la perfezione divina particolarmente cantata dagli angeli, è la santità.
Ma qual è l'inno di lode, che si eleva al cielo dal coro degli eletti? Qual è il cantico di questa folla immensa, che costituisce il regno di cui Cristo è il Capo? «O Agnello immacolato, voi ci avete riscattati, voi ci avete resi i titoli all’eredità, voi ce ne avete fatto parte; a voi e a colui che è seduto sul trono, lode, onore, gloria e potenza!» (1). È il cantico di lode, che il cielo fa risuonare per esaltare i trionfi della grazia di Gesù.
Unirci fin da quaggiù a questo cantico è dunque entrare nel pensiero eterno. Guardate S. Paolo: quando scrive quella ammirabile epistola agli Efesini, è prigioniero; ma nel momento in cui si prepara a rivelar loro il mistero nascosto da secoli è talmente rapito dalla grandezza di questo mistero dell’adozione divina in Gesù Cristo, è talmente abbagliato dalle «inscrutabili ricchezze» portate da Cristo, che non può impedirsi, malgrado le privazioni, di innalzare, fin dal principio della sua lettera, un grido di lode e di ringraziamento: «Sia benedetto Dio, il Padre di Nostro Signor Gesù Cristo, che ci ha benedetti in Cristo con ogni sorta di benedizioni spirituali» (2). Sì, sia benedetto il Padre Eterno che ci ha chiamati a sé da tutta l'eternità, per renderci suoi figli e farci partecipi della sua vita e della sua beatitudine; che, per effettuare i suoi disegni, ci ha dato in Gesù Cristo tutti i beni, tutte le ricchezze, tutti i tesori, in modo che «niente ci manca in lui» (3).
Ecco il disegno divino.
Tutta la nostra santità consiste nell'approfondire, alla luce della fede, questo Sacramentum absconditum, l'idea intima di Dio, nell’entrare nel pensiero divino, nell’effettuare in noi l'economia eterna. Colui che vuol salvarci, renderci santi, ne ha tracciato il disegno con una saggezza che ha di uguale soltanto la sua volontà. Adattiamoci a questo pensiero divino, che vuole che noi troviamo la nostra santità nella nostra conformità a Gesù Cristo. Non ce n'è un'altra.
Noi piaceremo al Padre Eterno - e non è il fondamento della santità «piacere e Dio?» - soltanto se egli riconoscerà in noi i lineamenti di suo figlio. Bisogna che siamo, per la grazia e le nostre virtù, talmente identificati con Cristo, che il Padre, guardando le anime nostre, ci riconosca come suoi figli, vi si compiaccia, come faceva contemplando Gesù Cristo sulla terra. Cristo è il suo Figliolo diletto, e in lui noi saremo colmati di tutte le benedizioni, che ci condurranno alla pienezza della nostra adozione nella beatitudine celeste.
È bene ripetere ora, alla luce di queste verità così elevate e così benefiche, la preghiera che Gesù stesso, il Figlio beneamato dal Padre, ha messo sulle nostre labbra e che, venendo da lui, è la preghiera del Figlio di Dio per eccellenza: «O Padre santo, che vivete nei cieli, noi siamo i vostri figli, poiché voi volete essere chiamato Padre nostro!
Che il vostro nome sia santificato, onorato, glorificato; che le vostre perfezioni siano lodate ed esaltate ognor più sulla terra; che noi manifestiamo in noi, per mezzo delle nostre opere, lo splendore della grazia vostra; - estendete dunque il vostro regno; si accresca continuamente questo regno, che è anche di vostro Figlio, poiché voi lo avete costituito capo; vostro Figlio sia veramente il re delle anime nostre; - che - noi esprimiamo questa regalità in noi con l'adempimento perfetto della vostra volontà; e continuamente «cerchiamo, come lui, di aderire a voi, realizzando ogni vostro desiderio» (1), il vostro pensiero eterno su noi, a fine di essere simili al vostro Figlio Gesù in ogni cosa e di essere, per opera sua, degni figli del vostro amore!».
Beato Dom COLUMBA MARMION
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