Settembre 23, 1929
Chi vive nella Divina Volontà, nella sua piccolezza racchiude il Tutto e dà Dio a Dio. I prodigi divini.
(…) Stavo facendo il mio solito giro nella Creazione, per seguire tutti gli atti che il Supremo Volere aveva fatto in tutte le cose create, ed il mio dolce Gesù uscendo dal mio interno mi ha detto: “Figlia mia, quando la creatura percorre le opere del suo Creatore, significa che vuole riconoscere, apprezzare, amare, ciò che Dio ha fatto per amor suo, e non avendole che dare per contraccambio, mentre percorre le sue opere prende tutta la Creazione come nel suo proprio pugno e la ridà a Dio, integra e bella per sua gloria ed onore dicendogli: ‘Ti riconosco, Ti glorifico per mezzo delle tue stesse opere che solo sono degne di Te’.
Ora è tale e tanto il nostro compiacimento nel vederci riconosciuti dalla creatura nelle opere nostre, che Ci sentiamo come se la Creazione si ripetesse di nuovo per darci doppia gloria, e questa doppia gloria Ci viene data perché la creatura riconosce le opere nostre fatte per amor loro e date a esse come dono nostro perché Ci amassero. La creatura col riconoscere il nostro dono, racchiude nel Cielo dell’anima sua il Tutto, e Noi vediamo nella piccolezza di essa il nostro Essere Divino, con tutte le nostre opere. Molto più che stando il nostro Fiat Divino nella piccolezza di questa creatura, tiene capacità e spazio di racchiudere il Tutto; ed oh! il prodigio: veder racchiuso nella piccolezza umana il Tutto e che ardita dà il Tutto al Tutto solo per amarlo e glorificarlo! Che il Tutto del nostro Essere Supremo sia il Tutto, non è da meravigliarsi, perché tale è la natura nostra divina: essere tutto; ma il Tutto nella piccolezza umana è la meraviglia delle meraviglie. Sono prodigi del nostro Voler Divino che dove regna non sa fare del nostro Essere Divino un Essere a metà, ma tutto intero. E siccome la Creazione non è altro che uno sbocco d’amore del nostro Fiat Creante, dove Esso regna racchiude tutte le opere sue e perciò la piccolezza umana può dire: ‘do Dio a Dio’.
Ecco perciò, quando Ci diamo alla creatura, vogliamo tutto, anche il suo nulla, affinché sul suo nulla venga ripetuta la nostra parola creatrice, e formiamo il nostro Tutto sopra del nulla della creatura; se non Ci dà tutto, la sua piccolezza, il suo nulla, la nostra parola creatrice non viene ripetuta né è decoro ed onore per Noi ripeterla, perché quando Noi parliamo vogliamo disfarci di tutto ciò che a Noi non appartiene, e quando vediamo che non si dà tutta, non la facciamo roba nostra, ed essa resta la piccolezza e il nulla che è, e Noi restiamo col nostro Tutto che siamo”. (…)
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