È un problema che direi “teologico”, sia perché non ci possono essere delle “guerre sante”, sia perché la Chiesa di Cristo rifiuta ogni dottrina guerriera, come rifiuta, però, anche il “pacifismo”. C'è, dunque, una dottrina cristiana della pace e, quindi, una vera “teologia della pace”. Basta approfondire lo studio dell’Antico e del Nuovo Testamento, e si vedrà da esso scaturire una ”teologia biblica” della “pace”. Il “va in pace!”, l’andate in pace!”, detto dal sacerdote alla fine della Messa, è la “pace” del regno di Cristo! Perché non c’è pace per il peccatore, l’empio, (“non est pax impiis, dicit Deus” - Is. 22, 57-21); per ritrovarla, il peccatore deve rinnovellarsi con Cristo e riconciliarsi, con Cristo, coi fratelli. Di conseguenza, la pace, o la guerra, dipendono dalle relazioni dirette che si hanno con Dio. La pace, cioè, non dipende dai risultati di avvenimenti umani, né da sviluppi e relazioni di società umane, ma solo da un dono, da una disposizione interiore verso Dio, da un atto d’amore che si ha verso Dio! La pace, quindi, si può dire che è una emanazione della spiritualità dell’uomo!
«Principe e Fondatore della pace, tale è il carattere del Salvatore e Redentore di tutto il genere umano. La sua alta e divina missione è di stabilire la pace tra ciascun uomo e Dio, tra gli uomini stessi e tra i popoli»1. Quindi, senza LUI, il CRIST0, anche la “pace è impossibile. Lo disse pure Pio XII: «Il nodo del problema della pace è d’ordine spirituale... Ispirare una tale persuasione è, per eccellenza, un dovere della Chiesa»2. Cristo e la Pace, quindi, si identificano tra loro, perché la pace è come impregnata di LUI, per cui è da stolto laicismo cercare di accaparrare e incanalare sul proprio terreno politico l’aspirazione popolare della pace; una nozione, invece, che appartiene solo al patrimonio più prezioso della Chiesa. E la Chiesa, per questo, non ha mai mancato di parlarne chiaramente e a voce alta. È un suo dovere. E lo fece soprattutto attraverso la voce dei Papi. Da Leone XIII a Pio XII e a Giovanni Paolo II, i Papi hanno elevato la loro voce sempre più alta. I loro appelli alla pace si sono moltiplicati, sempre più pressanti. La dottrina della Chiesa sulla Pace si è fatta più precisa, e gli impulsi dati ai cattolici sono stati fatti sempre più forti. Benedetto XV, ad esempio, nella sua “Esortazione alla pace”3 del 1° agosto 1917, formulava i princìpi di un regolamento internazionale conforme alla giustizia. Al tempo della seconda guerra mondiale, Pio XII anticipò, su la “Carte de l’Atlantique”4, che è del 14 agosto 1941, e su la “Carte des NationsUnies” del 26 giugno 1945, e su la “Declaration universelle des droits de l’home”5 del 1948; ma aveva già parlato con la sua “Allocution de Noel au Collège des cardinaux” del 24 dicembre 1939 e del 24 dicembre 1940. Anche durante la guerra, e dopo, in occasione del Natale, Pio XII parlò sempre delle condizioni per la pace. Certo, questa pace cristiana non appartiene solo al mondo sopra-terrestre, perché non è estranea alle aspirazioni degli uomini. La Chiesa, per la sua essenza, è sopra-nazionale, ma questa sua sopra nazionalità non la rende inaccessibile e intangibile e al di sopra delle Nazioni; al contrario, come Cristo che scese tra gli uomini, la Chiesa pure si trova in mezzo agli uomini di tutti i popoli, e contiene in Essa tutto ciò che è autenticamente umano per farne una sorgente di forza soprannaturale che lo salva. Ma le idee penetrano lentamente, anche oggigiorno. I Papi sanno che anche tra i cristiani è lenta la loro comprensione verso i loro doveri internazionali. Il grosso della truppa, poi, non segue nemmeno! Comunque, c’è un problema della “pace” anche per i cristiani, e nessuno può sottrarsi!
LA DOTTRINA CRISTIANA DELLA PACE
La questione internazionale della “pace” e della “guerra” è una questione pratica, ma che, tuttavia, non può essere disgiunta dalla metafisica, né tanto meno dalla dottrina religiosa. E questo anche perché il detto problema, come un qualunque altro problema morale, oltre che metafisico è pure frutto delle circostanze in cui è nato, per cui è impossibile ignorarne l’esistenza e neppure sbarazzarsene. Ora, “il problema della pace”, o “la pace come problema”, è nato nel VI° e V° secolo avanti Cristo, nel periodo della democrazia greca, formulato dai sofisti. Infatti, indebolitasi la gerarchia tradizionale, Atene si trovò nelle mani di faziosi, e le altre città, private ormai di un potere centrale, capace di imporre l’unità, per evitare lo smembramento delle forze dovettero cercare un accordo pacifico tra loro per non finire con una guerra che sarebbe stata la distruzione e la rovina di tutti. In Occidente, oggi, siamo allo stesso punto: si pone il problema politico della pace; ed ecco, allora, sorgere il “Concert des Nations Européennes”; poi, la “Sociètè des Nations”; poi, le “Nations-Unies”, l’ONU... tutte, però, con la prevenzione massonica contro ogni ingerenza religiosa in quelle Organizzazioni che pretesero e pretendono tuttora di essere per la “pace”!
LA “PACE” NELLA BIBBIA
È ovvio che la “pace”, nell’idea cristiana, è di tutt’altro genere di quello in senso laicale. La Bibbia, infatti, pur parlando molto della pace, non è mai sulla linea della democrazia greca. La parola è la medesima, ma il contenuto, no! Quella laica è più astratta, superficiale; essa corrisponde a uno stato d’equilibrio che è raro e precario, perché deve subire tutti gli impulsi che hanno i Partiti, non sempre equilibrati. Le forze che generano le guerre, sono sempre in attesa di esplodere, sia per le aspirazioni dei popoli, i bisogni materiali e non, le rivendicazioni, le passioni e le varie civilizzazioni che vogliono vivere o sopravvivere. Quindi, non è solo questione di discutere, né di buon senso. Il problema politico della pace, cioè, ha sempre di fronte aspetti morali e religiosi, per cui le ricette, solo pratiche e tecniche, non hanno sufficiente presa per arrivare a una pace vera, giusta e definitiva. Per questo, la pace cristiana deve contemplare anche la pace temporale e politica. L’oggetto proprio della teologia della pace, perciò, è il pensiero che Dio ha su tale soggetto, ed è sul “come” Dio agisce sul mondo da Lui creato.
Ora, la Chiesa, che Egli ha introdotto nel corso della storia, è l’espressione del Suo disegno che la modifica e la trasforma. La Sua Chiesa, quindi, deve influenzare, necessariamente, le relazioni internazionali. Essa deve aggiustare le altre forze umane. Solo il giorno in cui il mondo intero sarà cristiano, tutte le questioni saranno risolte, in chiave evangelica. La Chiesa, perciò, deve apportare i suoi orientamenti e i suoi impulsi per la realizzazione del “Regno di Dio” attraverso la realizzazione concreta della Volontà divina, come Pio XII l’aveva ripetuto con insistenza. La nostra Fede in un solo Dio, Creatore e Redentore, ci obbliga a cercare e trovare ogni convergenza tra le aspirazioni umane autentiche e le parole del Vangelo. Quindi, tra la dottrina della Chiesa e i movimenti della storia non ci può essere che complementarietà, non solo nel credere ma anche nell’agire.
IL SENSO DELLA PAROLA “PACE”
Solo nella Bibbia la parola “pace” ha il significato di “shalôm” e di “eiréne”, come abbiamo già detto. La versione latina si è allineata al termine ebraico-greco, ed anche le versioni moderne hanno usato il termine “pace” in tale senso: “Va in pace!”, “La pace sia con te!”, “l’alleanza della pace”, ecc. Ma questa “pace” significa uno stato di tranquillità, di riposo, di calma, uno stato d’animo: la pace dell’anima, la pace eterna. I moralisti definiscono la “pace” sulla scia di Sant’Agostino: “la tranquillità nell’ordine”, ossia nella giustizia, e “la concordia nell’ordine”8. Ora, questa è una definizione di pace ideale, di pace da considerare come valore. Il linguaggio corrente, però, non è così preciso, perché esso impiega il termine “pace” per indicare solamente uno stato di tranquillità e nient’altro, uno stato, in fondo, di natura politico, non di grazia, non un “dono”. Ricorda quella “Pax Romana” che era piuttosto un simbolo dell’unità dell’Impero Romano. Nella Bibbia, invece, si trova che questa idea di una pace definitiva, stabile, perpetua, è una possibilità, e non costituisce affatto un accessorio della religiosità, benché intimamente legato al dinamismo della religione biblica. Il libro del “Deuteronomio” è il più incisivo su questo: l’ideale della “pace”, cioè, farebbe parte della costituzione stessa d’Israele9. Nelle sue pagine, possiamo dire che vi si trovano, però, se non il contenuto, almeno le strutture fondamentali dell’idea cristiana della pace. Il Nuovo Testamento s’appoggia, quindi, sull’Antico con le stesse forme di pensiero. Esso, infatti, parla di pace, sia pure senza definirla, ma ne parla come di una cosa ben conosciuta, riferendosi, in effetti, alla pace dell’Antico Testamento10. Da notare, poi, che la pace della Bibbia è una pace nella storia, ma non una pace della storia. La Bibbia, cioè, non si aspetta la pace né dalla politica, né dalla evoluzione dei fattori storici, ma bensì solo da Dio, quale Maestro della storia e di tutti i popoli. Perciò, la Bibbia ammette e conferma il pessimismo profondo dell’antichità, dove trasuda dappertutto l’aspirazione alla pace come una nostalgia inestirpabile, anche se smentita di continuo dall’esperienza di una serie di cadute, di miserie, di rovine11. Da dove arriva, allora, questa idea della “pace” se non da un tempo irrimediabilmente passato? Il “Paradiso terrestre” ha lasciato nell’uomo la sua traccia di ogni bene perduto!.. La Storia, perciò, è divenuta tragica, dominata da queste fatalità d’una “caduta” (il “peccato originale”) che si trascina dietro, causa di tutte le sue personali “cadute” nel peccato, che può portare fino all’empietà, sì che la divina Rivelazione ebbe a dire: “Non est pax impiis!” (Is. 22, 57- 21). Per questo, l’ideale della “pace” biblica non potrà mai avere una qualsiasi realizzazione storica; resterà sempre e solo un futile progetto e, soprattutto, un desiderio e una continua speranza.
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