L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio.
Sull'Unità Cattolica di Firenze, del 26 ottobre 1922, si leggeva questo articolo:
UNA VISITA A PADRE PIO DA PIETRELCINA_
Un nostro amico carissimo EUGENIO LUPERINI ha fatto tre volte il pellegrinaggio al convento del Padre Pio: gli è amico, ed il buon servo di Dio lo accoglie con affetto. Ora il LUPERINI ci favorisce queste note, oggettive, serene, che venendo da un vero cattolico, hanno il valore di documento spirituale. Per questo le pubblichiamo.
Chi aveva mai sentito parlare prima del 1918 del piccolo paese di S. Giovanni Rotondo, situato sulle brulle pendici del monte Gargano? Eppure oggi esso è divenuto celebre in Italia e all'estero per le virtù di un povero figlio di S. Francesco, ormai conosciutissimo anche in Firenze: il Padre Pio da Pietrelcina, di cui anche alcuni giornali liberali ebbero quattro anni fa ad occuparsi, cosa rara, con imparzialità e rispetto.
Questo paesetto, è abitato in maggior parte da buoni montanari, dediti alla pastorizia e al lavoro dei campi. Nessuna comodità offre al visitatore. È privo di sorgenti d'acqua, di fognature e di luce. Un unico piccolo albergo è sorto poco dopo che incominciarono ad affluirvi i forestieri, che si recano a visitare Padre Pio, ma non è sufficiente per alloggiarli tutti; e allora i buoni montanari offrono le loro assai modeste casette, ove alla meglio si può riposare e anche alla meglio mangiare, poiché trattorie là non ve ne sono.
Per accedere a S. Giovanni Rotondo è necessario usare dell'automobile, che parte nel pomeriggio da Foggia e giunge al paese, dopo circa due ore di viaggio, in maggior parte fatto percorrendo gran parte dell'immensa pianura pugliese, spoglia di alberi e di piante di qualsiasi specie. Dopo una ventina di chilometri la strada apparisce, ai due lati, fiancheggiata da una estesissima zona di stupendi uliveti. Poi si presenta una ripida salita: da ogni parte si ammirano folte e bellissime piante di fichi d'India; quindi ancora ulivi, e infine gran quantità di mandorli.
Da s. Giovanni occorrono circa trenta minuti di strada a piedi per giungere al bianco e solitario convento francescano, tutto contornato da cipressi.
In quest'angolo dì tranquillità e di pace, lontano dal tumulto del mondo, dimora il Padre Pio da Pietrelcina, del quale io desidero brevemente parlare, poiché da lungo tempo gli professo la massima filiale devozione, giacché io fermamente lo stimo e considero un uomo di Dio.
Tralascio la narrazione di numerosi fatti straordinari, che si dicono avvenuti ovunque per merito delle sue preghiere, perché è bene intendersi chiari: su tale delicatissima materia solo l'autorità suprema della Chiesa, che nei riguardi del Padre Pio non ha creduto né poteva intervenire, ha essa sola il diritto e il potere di giudicare. Mi atterrò quindi alla semplice narrazione di una parte soltanto di ciò che è ormai di dominio pubblico.
Qualcuno domanderà: come si presenta Padre Pio? Come il più umile e modesto frate cappuccino. Eppure dinanzi a lui le più alte personalità del mondo civile e religioso provano una impressione così profonda da rimanere interdetti anche nella parola nonostante il dolcissimo sorriso.
Nessun apparato intorno a lui e nessuna cerimonia. Padre Pio si incontra in sacrestia o nel convento come uno qualunque degli altri padri e non c'è bisogno alcuno di presentazioni.
Nei brevi giorni in cui ho avuto, per la terza volta, la fortuna di stare presso Padre Pio ho potuto avvicinare alcuni paesani dell'esile fraticello, anch'essi come me pellegrini, da poco preceduti dalla buona madre di lui; da loro ho appreso che Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, è nato a Pietrelcina in provincia di Benevento, nel 1887 da modesti contadini. L'Arciprete e tanti altri paesani lo ricordano quando era ancora giovinetto tutto dedicato alla pietà e all'esercizio del culto divino, da destare in ognuno la più viva ammirazione.
A Foggia nel 1910 celebrò la sua prima messa nel convento dei cappuccini. Per due volte fu necessario farlo tornare al proprio paese nativo a causa della sua malferma salute.
Nel 1915, fatto abile al servizio militare, venne assegnato ad un ospedale di Napoli e vi prestò servizio per circa due mesi.
Riformato, in seguito a visita medica, i superiori lo rimandarono a S. Giovanni Rotondo. È in questo piccolo eremo che giornalmente convengono a gruppi oltre al popolo di R Giovanni Rotondo, ai pastori e ai contadini di altri lontani paesi delle Puglie, anche numerosi forestieri i quali non sono altro che la continuazione di una lunga e ininterrotta catena di persone di ogni condizione sociale che da un anno all'altro si sussegue al convento francescano, affrontando e anche ripetendo più volte un viaggio dei più scomodi e disastrosi. È la fede e il bisogno sentito da innumerevoli anime che le sospinge al modesto convento per elevare in alto, dalle miserie di questa povera e travagliata terra il proprio spirito al contatto diretto dell'uomo di Dio, dell'umile e nascosto fraticello che da ben circa quattro anni porta impresse nelle mani, al costato e ai piedi i segni visibili delle stimmate di Cristo che egli confuso studia tenere gelosamente nascoste agli occhi altrui
A tale scopo alle mani egli porta i mezzi guanti che però si toglie, solo dopo che si è rivestito degli abiti sacri, al momento di recarsi all'altare a celebrarvi la S. Messa. In compenso però allunga fino a metà delle dita bianchissime le maniche del camice. Nonostante nei movimenti che necessariamente deve fare per le cerimonie si scorgono benissimo le piaghe sanguinanti delle mani.
Dove e come le stimmate si siano manifestate, per quanto io abbia indagato non mi è stato possibile sapere perché eccettuato il suo direttore spirituale, che mantiene a tal riguardo, rigorosamente il segreto, Padre Pio a nessuno ha fatto rivelazioni in proposito.
Il popolo che vorrebbe vedere e toccare, si rassegna docilmente, contento di baciargli le mani e di udire dalla sua viva voce una sola parola di consiglio, di conforto, di incitamento al bene. E ognuno dopo essersi da lui confessato, se ne parte pienamente cambiato e riconciliato con Dio, recando seco la pace nel cuore.
Padre Pio ha i piedi calzati con stivaletti di pelle nera leggerissima. Cammina lievemente zoppicando, ma per chi non vi presta attenzione non se ne accorge facilmente
.......... le movenze incerte avanza pel dolor di cinque piaghe, com'ebbe Cristo, nella carne aperte.
Così ha cantato un poeta fiorentino, Carlo Naldi dei PP. Filippini, in una magnifica poesia scritta in onore del pio cappuccino, intitolata: «Come alla Verna» nel suo libro: Il mio canto (Libreria Mannelli, Firenze).
Padre Pio è puntualissimo al coro e a tutte le altre pratiche religiose della comunità. Egli prega con grande raccoglimento senza nessuna esteriorità di gesti e di movenze.
I buoni PP. Cappuccini elle per il loro confratello hanno una affettuosa referenza, si moltiplicano per regolare la fiumana di gente che vuole avvicinare anche per un solo istante l'umile figlio di San Francesco. Fra essi primeggia sovente la bonaria figura dell'ottimo Guardiano Padre Ignazio e quella di Padre Gaetano dalla bianchissima e fluente barba, già scolopio di Roma, da poco entrato a far parte della grande famiglia francescana attrattovi dalle virtù del novello Francesco.
Rigidi nella severa consegna superiore di non poter parlare di Padre Pio e di ciò che realmente accade di straordinario qui e altrove per non dar luogo, evidentemente, ad interpretazioni, che del resto, a mio giudizio, non dovrebbero esserci e anche per rispettare l'umiltà di lui. La posizione loro perciò dinanzi ad un tal fatto, che ha del prodigioso, è delicata assai ed essi ne sono pienamente compresi.
Nonostante però le misure di rigore, scupolosamente adottate, tutto riesce inutile! A che giova dunque continuare a nascondere? Dio pare abbia neutralizzato in tal senso l'opera degli uomini poiché la fama dell'umile frate di S. Giovanni Rotondo ha prodigiosamente ormai varcato anche i monti e i mari e sembra che nessuna forza umana possa più occultarla.
Dalle Americhe, infatti, dalla Spagna, dalla Germania, dall'Inghilterra ecc. è un continuo pellegrinaggio anche di alti personaggi che domandano di parlare a Padre Pio, ed esso pazientemente, poveri e ricchi tutti accoglie col medesimo benevolo sorriso, conforta e benedice.
Fra i numerosi forestieri convenuti presso il convento e coi quali ho avuto il piacere di conversare, ricordo: S. E. Mons. Antonio Valbonesi, Vescovo di Menfi e Canonico Vaticano, che ha per Padre Pio un affetto e una venerazione tutta speciale e ne è a sua volta meritatamente ricambiato, la vedova del poeta Morselli e figlia; la Marchesa Florencia Alli Maccarani, la gentile consorte del Console di Spagna in Firenze, il dotto medico Francesco Catalani con la madre sig.ra Teresa, di Ancona; sig. Bandini Cesare e famiglia di Prato (Firenze); sig. Sarandrea Giacomo e il figlio Latino di Alatri; ing. Annibale Mandato di Pietrelcina; il prot. Domenico Del Campana e signora, di Firenze; la marchesa De Valparaiso Y Del Merito, dama di S. M. la Regina di Spagna e tanti altri ancora.
A centinaia sono le lettere che da ogni parte e in tutte le lingue, anche dalla Cina, (in caratteri cinesi) giungono a Padre Pio. Tutta questa corrispondenza viene accuratamente sbrigata dal guardiano con l'aiuto di un altro religioso.
Padre Pio, naturalmente, mi dicono alcuni, è anche fatto segno a delle contrarietà come, del resto insegna la storia, le incontrarono i più grandi santi. Contrarietà, soggiungono che sono quindi una delle prove che confermano ciò che concordemente da tutti si asserisce di questo figlio del Serafico d'Assisi.
In quest'uomo gracile si sono verificati dei fenomeni singolari da meravigliare gli stessi uomini di scienza. Infatti di frequente, specialmente per le festività della Madonna, gli accadde di infermarsi con febbri altissime; in tali occasioni i medici constatarono una temperatura addirittura fuori del normale raggiungendo essa circa cinquanta gradi senza per questo però perdere affatto la conoscenza, come ne fecero testimonianza molti sanitari fra i quali il Dott. Merla, Prof. Adelchi e Dott. Festa di Roma. Per più di una volta si sono perfino spezzati i termometri usuali, per l'eccessivo calore, per cui ora, all'occorrenza è necessario far uso di uno apposito.
È da notare pure il suo regime di vita ordinario. Padre Pio sta in piedi dalle cinque del mattino alle dieci e undici della sera, trascorrendo la maggior parte del tempo a confessare e ad ascoltare pazientemente chi domandava di parlare con lui.
Egli in tutta la giornata non si ciba che una sola volta, e cioè: a mezzo giorno, in refettorio, coi giovanetti studenti del noviziato dei quali è il direttore spirituale. L'unico suo pasto consiste in una minestra, sempre di magro, una minuscola porzione di erbacei e un bicchiere di birra.
Non esce mai dal convento. Il suo svago si riduce alla giornaliera ricreazione trascorsa nell'orto assieme ai religiosi coi quali conversa affabilmente.
Una cosa che ha del prodigioso, si verifica di continuo. Molti visitatori portano seco le macchine fotografiche per riprodurre le sembianze del cappuccino, non essendo possibile avere nessun ricordo di lui. Egli non vuole assolutamente essere fotografato, ma però non fugge dinanzi agli obbiettivi, poiché sa bene che le lastre non rimangono impressionate, con quanta meraviglia e stupore ognuno può immaginare. Difatti a coloro che si ostinano a fissare su di lui gli obbiettivi fotografici dice: lasciate andare, non vi confondete perché è inutile, sciupate le lastre. Persuadetevi che non ne ricavate nulla! soltanto quando gli è stato imposto per obbedienza, la lastra allora è rimasta impressionata. Però le fotografie che trovasi in vendita non lo riproducono affatto fedelmente.
Gli orfani del paese sono oggetto delle amorevoli sue cure: egli si interessa della loro sorte facendoli collocare in istituti di educazione. Anche a Firenze presso le suore stimmatine del Galluzzo due orfanelle di S. Giovanni Rotondo sono state ricoverate per le sue premure. Gli infermi pure soccorre nelle loro strettezze, come pure i poveri tutti ricevono largamente da lui.
Con le offerte che gli pervengono personalmente sta erigendo l'ospedale a San Giovanni che ne era mancante,
La vigilia di S. Francesco una persona offrì in mia presenza a Padre Pio cinquanta lire perché egli le destinasse ai bisogni del convento. Padre Pio esitava a riceverle, ma data l'insistenza del donatore finì per accettarle dicendo: “al convento ci pensa S. Francesco. Serviranno per i poveri».
Mi piace terminare riportando alcuni brani di una estesissima relazione che l'inviato speciale di un giornale liberale fiorentino pubblicò or sono quattro anni.
«Il giornalista ammesso, incontestabilmente, l'autenticità dei fenomeni, di cui egli medesimo ne è stato testimone, assieme ad egregi funzionari che in materia avevano, anteriormente, quello stesso scetticismo del quale si era ben corazzato nel partire per S. Giovanni Rotondo. Cessato, egli dice, quel certo turbamento che ogni fenomeno produce, è di logica conseguenza il chiedersi una spiegazione di quanto avviene.
Anche coloro, prosegue, cui è concessa la felicità suprema di poter credere, amare e sperare, sentono inevitabile, potente il bisogno di compiere uno sforzo della razionalità per tentare la spiegazione del fatto nuovo che si compie intorno alla persona di Padre Pio.
Una tale spiegazione forse non sarà mai possibile: oltre ai fenomeni ordinari di suggestione, di telepatia, esiste un altro ordine di fenomeni che la scienza non è riuscita ancora a chiudere nella cerchia dei suoi domini. Tutta la persona del cappuccino di S. Giovanni Rotondo anziché presentare un suggestionatore presenterebbe invece un comune oggetto passivo della suggestione».
E ancora: «Coloro che tutto riducono a semplici manifestazioni della materia sappiano, prima di abbandonarsi ad una negazione «a priori», che divino o naturale che sia, quello che dai credenti son chiamati «miracoli» di Padre Pio non sono né semplici casi di suggestione o di telepatia né invenzione né trucco: sono fatti che ognuno può contare nella loro evidenza».
E in altra parte il giornalista così definisce l'umile frate: «Padre Pio è una figura purissima, fatta di fede veramente e intensamente sentita».
EUGENIO LUPERINI
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