domenica 8 agosto 2021

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà

 


Delasuss, Henri; 

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà  

(I Parte - Guerra alla civiltà cristiana) 


LA FRAMASSONERIA SOTTO IL GOVERNO DI LUGLIO 

La mano della framassoneria è palese nella Rivoluzione del 1830 "Non istate a credere - disse  Dupin il maggiore, alto massone della loggia dei Trinosofi - che siano bastati tre giorni a far tutto.  Se la Rivoluzione fu sì pronta ed improvvisa, se l'abbiam compiuta in pochi giorni, si fu perché noi  avevamo una chiave di volta, ed abbiamo potuto sostituire immediatamente un nuovo e completo  ordine di cose a quello che era stato distrutto". La setta non poteva tollerare più a lungo sul trono il  ramo primogenito dei Borboni; d'altra parte erano troppo recenti gli orribili ricordi della prima  Repubblica per osar d'affrontare il sentimento pubblico proclamando una nuova Repubblica. Perciò  essa prese un mezzo termine e pose "come chiave di vôlta" dell'edificio che da quindici anni andava  preparando, "il figlio del regicida".(1) 

Alla società Aide-toi, le ciel t'aidera (chi s'aiuta, il ciel l'aiuta), presieduta da L. Guizot, era stato  affidato l'incarico di preparargli le vie. Lo confessò Didier alla Camera dei deputati, il 18 maggio  1833: "Fu per le cure della nostra società che furono pubblicati e distribuiti gli opuscoli contro la  ristaurazione, che furono organizzate le sottoscrizioni in favore dei condannati politici, che fu data  la parola d'ordine di lagnarsi dei Gesuiti e di gridare nelle sommosse: Il Viva la Charta!".  Bisognava approfittare di tutte le occasioni per iscreditare il potere, per creargli imbarazzi ed  accrescere sempre più quelli che l'occasione potesse far nascere".(2) 

Questa società, propriamente parlando, non era framassonica, ma sotto la direzione della  framassoneria. Un'altra che era al di sopra delle Loggie e degli Orienti si travagliava collo stesso  intento. Era l'Ordine del Nuovo Tempio, fondato prima della grande Rivoluzione, e uno de' suoi  membri, Asved, così ne indicava il carattere: "Un solo odio accende il cuore de' suoi adepti, l'odio ai  Borboni ed ai Gesuiti ... Prima della Rivoluzione del 1789, i nuovi Templari non aveano altro scopo  dichiarato, che annientare il cattolicismo ... Al tempo in cui le orde straniere vennero ad imporre i  Borboni, i Templari si limitarono a sollecitare l'espulsione della razza asservita, e noi ci tenemmo  fedeli, fino al 3 agosto, a questo patriottico dovere ... L'odio si calmava col disprezzo e sonnecchiò  parecchi anni; ma il giorno in cui ci sentimmo oppressi, scoppiò come folgore ... L'irritazione  calmata ha ceduto il posto al bisogno di lavorare con perseveranza all'intento propostosi da tutte le  frazioni del Tempio: l'emancipazione assoluta della specie umana; il trionfo dei diritti popolari,  dell'autorità legale; la distruzione di tutti i privilegi senza eccezione, ed una guerra a morte contro il  dispotismo religioso o politico di qualsiasi colore. Un'immensa propaganda è ora organizzata a  questo scopo generale". 

Il Nuovo Tempio, come l'Alta Vendita che gli succedette, era una di quelle società più  profondamente misteriose, che il Consiglio supremo crea secondo i bisogni del momento, con  elementi scelti, ai quali rivela per quanto è necessario, il segreto delle sue ultime intenzioni. Noi le  troviamo espresse in questi termini: "Guerra a morte all'autorità civile e religiosa; annullamento di  tutti i privilegi (leggi private) specie di quelli che regolano il corpo ecclesiastico e dì quelli che  fanno della Chiesa cattolica una società distinta, autonoma; diritti da concedere alla cieca  moltitudine onde farcela docile strumento di guerra contro le due autorità e le due società; arrivare  infine all'emancipazione assoluta della specie umana", anche e soprattutto rispetto a Dio. Come  mezzo ad ottener tutto questo: "La più estesa propaganda" d'idee rivoluzionarie ... 

Tale fu lo scopo della Rivoluzione del 1830. Essa fu un punto di partenza e servì di punto  d'appoggio a tutto il movimento antisociale ed anticattolico che da Parigi si estese a tutta l'Europa. Il  Governo di Luglio lo favorì in Italia coll'occupazione di Ancona, nella Spagna e nel Portogallo  collo stabilimento di regimi consimili e soprattutto negli Stati del Papa col Memorandum. 

All'interno, uno dei primi atti del Governo di Luglio fu di far fare un nuovo e gran passo alla libertà  dei culti e all'indifferenza religiosa. La perfidia giudaica fu messa alla pari delle comunioni  cristiane. L'articolo VII della Charta del 1830 diceva: "I ministri della religione cattolica, apostolica  e romana, professata dalla maggioranza dei Francesi, e quelli degli altri culti cristiani, ricevono  assegni dal Tesoro pubblico". Con una derogazione espressa a questo articolo, i rabbini furono  inscritti nel bilancio del prossimo anno.(3) "Al giorno d'oggi - dice a questo proposito il rabbino  Astruc nel suo libro Entretiens sur le judaïsme, son dogme et sa morale - nei nostri paesi  l'eguaglianza è completa: il nostro culto cammina accanto agli altri. I nostri templi non sono più  nascosti; ma si adergono agli occhi di tutti, costrutti dagli Stati e dai comuni come da noi medesimi.  Altro più non desideriamo che di adorare liberamente il Dio della libertà universale". 

Il Governo di Luigi Filippo non si accontentava più di misconoscere, come quello di Napoleone I,  l'origine divina della Chiesa cattolica, ma dichiarava di misconoscere la divinità di N. S. Gesù Cristo, accordando favori del tutto indebiti a quelli che fanno professione di negarla e di  bestemmiarla. 

In pari tempo una guerra sorda fu diretta contro il cattolicismo. Non era più colla pena dell'esiglio e  del patibolo, ma col disprezzo pubblico provocato con tutti i mezzi. La religione veniva insultata  sopra quasi tutti i teatri, il clero vi era rappresentato sotto gli aspetti più odiosi; l'orgia, l'assassinio,  l'incendio gli erano attribuiti come azioni ordinarie. In pari tempo l'amministrazione d'ogni grado si  accaniva a maltrattarlo in ogni maniera come può rilevarsi dall'Ami de la Religion che registra le  vessazioni che gli si facevano giornalmente soffrire. 

In quell'epoca nacque la questione operaia che dovea ben presto, sotto il nome di questione sociale,  preoccupare così vivamente operai e padroni, governati e governanti, e persino il Sommo Pontefice.  Ne rivelò l'esistenza e ne fu il primo atto la formidabile insurrezione di Lione. 

La Ristaurazione aveva inaugurato il grande movimento industriale che doveva svilupparsi sotto i  regimi successivi. Durante quei quindici anni non vi fu uno sciopero di qualche importanza;  dappertutto regnava l'accordo tra padroni ed operai. "Nell'inverno del 1829 al 1830 - dice Le Play -  ho constatato nella maggior parte delle officine di Parigi, tra il padrone e gli operai, un'armonia pari  a quella che avea testé ammirata nelle miniere, nelle officine e nelle masserie dell'Annover".(4) Ma,  nel 1830, uno spirito nuovo si fe' sentire nel campo industriale. Gli economisti ufficiali  accreditarono la teoria secondo la quale il lavoro non è che una mercanzia come un'altra. Molti  padroni l'adottarono con premura, non pensarono più che a far fortuna, e sfruttarono i loro operai  invece di studiarsi a renderli migliori colle loro istruzioni e coi loro esempi. Era la conseguenza  necessaria del diminuito spirito di fede e del progresso delle dottrine naturalistiche che non veggono  altro fine per l'uomo che il godimento e l'agiatezza. Dal canto loro gli operai prestavano orecchio a  quelli che loro predicavano il progresso, dopo che glielo aveano fatto vedere nella facilità e  moltiplicazione dei godimenti, a quelli che li eccitavano al disprezzo del clero e li mettevano in  sospetto contro la dottrina che solleva gli animi mettendo dinanzi, come fine supremo dei loro  sforzi, le ricompense eterne. Quello che noi oggi vediamo non è che lo svolgimento di quanto si  fece allora. 

Intanto i cattolici non se ne stavano, come oggi, inerti e passivi, ma reagivano con tutti i mezzi.  Incominciarono col fondare l'Agenzia generale per la difesa della libertà religiosa, poi le Conferenze di San Vincenzo de' Paoli; si stabilirono in quasi tutte le grandi città di Francia delle Accademie religiose; si inaugurarono le Conferenze di Notre-Dame; ed infine e sopratutto il Partito  cattolico bandì la crociata per la libertà d'insegnamento. 

La Charta del 1830 avea consacrato come principio la libertà d'insegnamento, introdottovi non si sa  come. Il primo a rivendicarne l'applicazione, ad impegnarvi con lettera pubblica la lotta che dovea  divenire sì ardente, fu il vecchio vescovo di Chartres, seguito quindi dai grandi campioni, Mons.  Parisis, il C. di Montalembert e L. Veuillot. 

Questa rivendicazione della libertà d'insegnamento sollevò altre questioni: il diritto pel clero di  manifestare il proprio parere sulle grandi questioni sociali, e quello dei vescovi di potersela  intendere e concertarsi insieme per la difesa degli interessi religiosi; l'uso della stampa nella  discussione di questi interessi, e il concorso che i laici possono e devono recare al clero nella difesa  o nella conquista delle libertà della Chiesa; l'iniquità degli attacchi contro la vita religiosa ed in  particolare contro l'Istituto dei Gesuiti. 

In questa grande lotta, vediamo il Governo francese cercare un punto d'appoggio a Roma. Vi mandò  il conte Rossi, nato in Italia, venuto in Francia dopo la rivoluzione del 1830, nominato successivamente decano della Facoltà di diritto in Parigi, membro dell' Istituto Pari di Francia. È la  fortuna ordinaria che incontrano coloro sui quali le società segrete hanno gettato gli occhi per farli  strumenti di particolari missioni; come pure la morte del Rossi sotto il pugnale d'un assassino è la  fine ordinaria di quelli che non obbediscono sino al termine alla consegna loro affidata. 

Inviato straordinario presso la Corte pontificia, ricevette, malgrado le ripugnanze manifeste di  Gregorio XVI, il titolo e l'ufficio di ambasciatore. Era suo mandato di ottenere, per mezzo del  segretario di Stato, le concessioni di cui aveva bisogno il Governo per giungere a' suoi fini. Si può  vedere nel libro di Follioley, Montalembert et Mons. Parisis, con qual arte seppe condurre i  negoziati e il successo che ne ottenne. L. Veuillot ne espresse il carattere, e ne fece la difesa con  queste parole: "Vi furono tra noi dei cuori timidi per cui il Papa credette prudente di pregare e di  aspettare".(5) 

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