venerdì 3 settembre 2021

Nuovi sviluppi su Fatima: le rivelazioni clamorose del 2006-2007

 


La Battaglia  Finale del Diavolo

Il 13 febbraio 2005, all’età di 97 anni (sei settimane prima di  compierne 98) è venuta a mancare Suor Lucia di Fatima. Il 2 aprile 2005,  anche Giovanni Paolo II ha seguito l’ultima veggente di Fatima nel riposo  eterno. Diciassette giorni dopo, il Cardinale Ratzinger è stato eletto al  Soglio Pontificio, scegliendo per sé il nome di Benedetto XVI. Il 22 giugno  2006, Benedetto XVI ha nominato l’ex Arcivescovo Tarcisio Bertone, ora  Cardinale, come sostituto del Cardinal Sodano alla guida della Segreteria  di Stato del Vaticano, incarico che Bertone ha assunto ufficialmente il 15  settembre 2006. A seguito di questi eventi, l’intera vicenda di “Fatima”  avrebbe subito cambiamenti drammatici e la verità sul Terzo Segreto  sarebbe emersa di lì a poco grazie a nuove rivelazioni che avrebbero  scatenato un vero e proprio terremoto. 

Questo terremoto ha avuto inizio con il libro di Antonio Socci Il  quarto segreto di Fatima, pubblicato il 22 novembre 2006, un evento  che abbiamo già ricordato nel Capitolo 4 e altrove, in altri capitoli.  Famoso autore e giornalista Cattolico nonché personalità televisiva di  primo piano, Socci era una figura prominente all’interno della Chiesa mainstream ed era collaboratore e conoscente sia del nuovo Pontefice  che del Cardinal Bertone. Tutto si poteva dire, all’epoca, se non che Socci  fosse un amico dei “Fatimiti”, contro i quali, come abbiamo già visto in  precedenza, aveva iniziato il suo libro proprio con lo scopo di screditarne  le opinioni in merito a Fatima, da lui inizialmente considerate come  vuote “teorie della cospirazione”. 

Socci cominciò a sospettare che qualcosa non quadrasse quando si  vide rifiutare un’intervista amichevole proprio dal Cardinal Bertone, in  merito alla controversia sul Terzo Segreto, malgrado la loro conoscenza  e collaborazione cordiale avvenuta in passato. Dopo aver esaminato le  affermazioni dei “Fatimiti” con un atteggiamento aperto, Socci si trovò  di fronte alle stesse prove inconfutabili che abbiamo riportato in questo  libro. Il libro di Socci, in effetti, cita la prima edizione di questo libro  non meno di 32 volte, insieme ad altre 110 citazioni tratte dalle opere  di Frère Michel e altre fonti su cui si basa la battaglia finale del diavolo.  “Alla fine”, scrive Socci, “Mi sono dovuto arrendere… Qui racconto il mio  viaggio nel più grande mistero del 20° secolo ed espongo il risultato a cui  onestamente sono pervenuto. Risultato che sinceramente contraddice le  mie convinzioni iniziali…”402

Quel risultato portò Socci a concludere che c’è qualcosa di mancante  nella rivelazione del Vaticano: un testo separato del Terzo Segreto,  contenente “le parole della Madonna [che] preannuncerebbero una  apocalittica crisi fella fede nella stessa Chiesa a partire dai vertici.” Questo  secondo testo è probabilmente “anche una spiegazione della visione…  (rivelata il 26 giugno 2000).”403 È questo il testo che Socci definisce  “indicibile” e il cui occultamento, da parte dell’apparato Vaticano, lascia  quest’ultimo soggetto a “condizionamenti e ricatti molto pesanti”.404

È sorprendente anche il fatto che Socci abbia ricevuto una lettera  personale inviatagli da Papa Benedetto XVI “riguardo al mio libro,  ringraziandomi per ‘i sentimenti che lo hanno ispirato.’”405 Per di più,  il Papa non ha mai detto o scritto alcunché che vada nella direzione di  criticare le conclusioni di Socci, e cioè che l’apparato Vaticano - guidato  dal Cardinale Bertone - è impegnato in una vera e propria cospirazione  tesa a nascondere, alla Chiesa e al mondo, le preziose parole della  Madre di Dio! Anzi, la Santa Sede a tutt’oggi ha mantenuto sul libro di  Socci un silenzio ufficiale assai rivelante, che lascia il Cardinale Bertone  a difendersi da solo, in questa vicenda. 

La conferma che, con grande apertura mentale, ha dato Socci  alle tesi presentate dai “Fatimiti” (che erano stati fino ad allora  ingiustamente disprezzati) si è rivelata uno sviluppo dalla portata  eccezionale per la causa di Fatima. I promotori della Linea di Partito  del Vaticano, infatti, non potevano sbarazzarsi di una persona della  caratura di Socci definendolo un impostore, ed il Cardinale Bertone si  è visto quindi costretto, per rispondere al libro del giornalista, a tutta  una serie di mosse che avrebbero sostanzialmente ridotto in briciole la  “versione ufficiale”. Vedremo tra poco come. 

Tuttavia, il contributo più importante che Antonio Socci ha fornito a  chi ricerca la verità in questa faccenda, è stato forse quello di aver dato  ampio risalto alla testimonianza di una fonte di primaria importanza:  l’Arcivescovo Loris Francesco Capovilla, segretario personale di Papa  Giovanni XXIII, il quale ha confermato in modo definitivo e decisivo  l’esistenza di “due testi” che comporrebbero il Terzo Segreto nella sua  integralità. Il libro di Socci riferisce l’intervista concessa dall’Arcivescovo  Capovilla, che ha 93 anni e risiede in provincia di Bergamo, ad un  “giovane intellettuale Cattolico”, Solideo Paolini, il 5 luglio 2006, per  aiutarlo in alcune ricerche che stava conducendo per il proprio libro  sulla controversia del Terzo Segreto. Durante quell’intervista, Paolini  chiese all’Arcivescovo se esistesse un testo non pubblicato del Terzo  Segreto e questi rispose: “Nulla so”. Quella risposta sorprese Paolini, il  quale si aspettava che “se il testo misterioso e mai rivelato fosse stato  una fantasia, il prelato, che è uno fra i pochi a conoscere il Segreto,  avrebbe potuto e dovuto rispondermi che era un’idea completamente  campata per aria e che tutto è già stato rivelato nel 2000. Invece,  l’Arcivescovo aveva risposto ‘Nulla so!’ un’espressione che immagino  volesse ironicamente evocare una certa omertà.”406 Sottintendendo  quindi una certa “omertà”, l’Arcivescovo stava cercando di dirci che  era costretto a negare la verità perché costretto in tal senso da una  qualche cospirazione, che non gli permetteva di fare altrimenti.  Quell’impressione sarebbe stata confermata dagli eventi successivi.

Il 18 luglio 2006 Paolini ricevette per posta, da Capovilla, una  busta contenente alcuni documenti, provenienti dagli archivi personali  dell’Arcivescovo, insieme ad una curiosa lettera d’accompagnamento,  nella quale il prelato consigliava a Paolini di procurarsi una copia del Messaggio di Fatima, un volume che, come ben sapeva l’Arcivescovo,  Paolini aveva sicuramente già da tempo, in quanto studioso e  ricercatore di Fatima. Non era forse, come pensò Paolini, “un invito a  leggere qualcosa in particolare di quella pubblicazione, in relazione ai  documenti inviati dallo stesso Capovilla?” Quell’intuizione si sarebbe  rivelata corretta. Tra i documenti inviati da Capovilla, v’erano anche  delle “note riservate”, datate 17 maggio 1967, nelle quali l’Arcivescovo  aveva annotato le circostanze in cui Paolo VI aveva letto il Terzo  Segreto. Secondo quelle note, Paolo VI lesse il Segreto il 27 giugno  1963, a soli 6 giorni di distanza dalla sua elezione e prima di essere  ufficialmente intronizzato sulla Cattedra di San Pietro durante la  Messa per l’incoronazione papale (cosa che avvenne il 29 giugno).  Tuttavia, secondo l’MDF e la “versione ufficiale”, Paolo VI aveva letto  per la prima volta il Terzo Segreto solo due anni dopo quella data:  “Paolo VI lesse il contenuto con il sostituto Sua Eccellenza Arcivescovo  Angelo Dell’Acqua, il 27 marzo 1965, e rinviò la busta all’Archivio del  Sant’Uffizio, con la decisione di non pubblicare il testo.”407

L’enorme discrepanza tra la data registrata da Capovilla e quella  pubblicata sull’MDF, spinse Paolini a telefonare a Capovilla, alle ore 18.45  del giorno stesso in cui aveva ricevuto i documenti dell’Arcivescovo, per  chiedergli spiegazioni. Capovilla protestò: “Ah, ma vede, io dico la verità.  Sono ancora lucido, sa?” E quando Paolini insistette gentilmente che vi  era, pur tuttavia, una discrepanza non ancora risolta, Capovilla all’inizio  tentò di fornire spiegazioni che sembravano implicare “eventuali lapsus  della memoria, interpretazioni di quanto si intendeva dire,” e Paolini  obiettò all’Arcivescovo che lui [Paolini] si riferiva alla data in cui Paolo  VI aveva letto il Segreto, come riportato da un documento ufficiale del  Vaticano (e cioè Il Messaggio di Fatima (MDF)) che a sua volta si basava  sulle minute ufficiali provenienti dall’archivio del Vaticano. Capovilla  fornì questa risposta: “Ma io giustifico, forse il plico Bertone non è lo stesso  del plico Capovilla…” Immediatamente Paolini interruppe l’Arcivescovo,  ponendogli la seguente domanda: “Quindi, Eccellenza, entrambe le date  sono vere perché del Terzo Segreto esistono due testi?” Dopo una breve  pausa, l’Arcivescovo dette questa risposta esplosiva: “Per l’appunto!”408,  che da sola conferma l’esistenza di un plico e di un testo mancante del  Terzo Segreto di Fatima. 

 Le “note riservate” di Capovilla corroborano la sua testimonianza  nei minimi dettagli. Secondo queste note, nella data in cui Papa Paolo  VI lesse il Segreto (27 giugno 1963), Monsignor Angelo Dell’Acqua – lo  stesso “Sostituto” cui si riferisce il Messaggio – telefonò a Capovilla per  chiedergli: “Cercano il plico di Fatima, lei sa dov’è?”409 La nota continua  con la risposta di Capovilla: “Sta nel cassetto di destra della scrivania  chiamata Barbarigo, in stanza da letto.” Quindi il plico si trovava nella  stanza appartenuta a Giovanni XXIII, che ora era diventata la stanza di  Paolo VI. Non si trovava negli archivi del Sant’Uffizio. La nota continua,  riportando che “il plico di Fatima” fu trovato in quel cassetto: “Un’ora  dopo, Dell’Acqua mi ritelefona. Tutto a posto. Il plico è stato rinvenuto.”  Infine, la nota riporta che durante un’udienza del giorno dopo, Paolo  VI aveva chiesto direttamente a Capovilla: “Perché sulla busta c’è il  suo nome?” Capovilla rispose: “Giovanni XXIII mi chiese di stilare una  nota circa le modalità di arrivo del plico nelle sue mani con i nomi di  tutti coloro i quali ritenne doveroso farlo conoscere.”410 Inoltre, Papa  Giovanni gli aveva anche ordinato di scrivere sull’esterno del plico o involucro: “lascio ad altri commentare o decidere”411. 

Sappiamo per certo, quindi, che un testo del Terzo Segreto era  custodito nella camera da letto del papa, dove fu letto da Paolo VI  il 27 giugno 1963, e che questo era contenuto in un plico sul quale  Capovilla aveva annotato il proprio nome e quello di altri, seguendo le  istruzioni di Papa Giovanni XXIII e le parole di quest’ultimo “lascio ad  altri commentare o decidere”. Quindi non solo Giovanni Paolo II, ma  anche Paolo VI lesse due testi del Terzo Segreto in due date differenti.  È opportuno ricordare un’altra circostanza, il cui significato non era  stato colto appieno prima della pubblicazione del libro di Socci: nel 1960  Papa Giovanni lesse un testo del Segreto che non ebbe alcun problema  a comprendere, senza il bisogno d’aiuto da parte di esperti in lingua  Portoghese; tuttavia, secondo l’Arcivescovo Capovilla, nell’agosto del  1959 il Papa aveva letto un testo che conteneva invece difficili espressioni  dialettali Portoghesi, tali da richiedere la traduzione di Monsignor Paulo  José Tavares.412 Come conclude Socci: “Queste due opposte informazioni  possono spiegarsi ritenendo che si tratta di due letture e di tue testi  diversi.”413 Seguendo questa pista, Socci si è fatto aiutare da un’esperta  linguista, la Professoressa Mariagrazia Russo, la quale ha analizzato il  testo della visione pubblicata dal Vaticano nel 2000. In un’appendice al  libro di Socci, la professoressa conclude affermando che il testo della  visione non contiene alcuna espressione dialettale Portoghese di difficile  comprensione. Il testo che sarebbe stato letto con difficoltà da Giovanni  XXII, pertanto, sarebbe quell’altro, che il Papa custodiva nel cassetto della  sua scrivania. 

È quindi ormai un fatto assodato che tre Papi (Giovanni XXIII, Paolo  VI e Giovanni Paolo II) abbiano letto dei testi del Terzo Segreto in due occasioni differenti - a mesi, se non anni di distanza l’una dall’altra –  durante i loro rispettivi pontificati, mentre la “versione ufficiale” dell’MDF  riporta una sola lettura da parte di ciascun Papa.414 Difficilmente può  trattarsi di una coincidenza o di un errore degli archivi ufficiali, che  avrebbe dovuto ripetersi per ben tre volte di fila. Il fatto che questa  duplice lettura da parte dei Papi sia stata omessa dalla “versione  ufficiale” indica chiaramente che le informazioni sulle letture in due  date differenti non dovevano essere divulgate, perché esse implicavano  necessariamente l’esistenza di due testi differenti facenti parte entrambi  di un unico Terzo Segreto di Fatima. Uno di questi testi non è ancora  stato rivelato. 

Anche prendendo in esame solamente la testimonianza di  Capovilla, questa stabilisce irrefutabilmente l’esistenza di due buste  o “plichi”, all’interno dei quali era stato riposto l’intero contenuto del  Terzo Segreto di Fatima: il “plico Bertone”, custodito negli archivi del  Sant’Uffizio, i cui contenuti furono pubblicati nel 26 giugno 2000;  e il “plico Capovilla”, i cui contenuti rimangono tuttora nascosti,  che si trovava nella camera da letto del Papa. La locazione del plico  Capovilla - all’interno dell’appartamento del Papa - fu confermata dalle  fotografie pubblicate sulla rivista Paris-Match, dalle affermazioni di  Suor Pasqualina e adesso, oltre ogni dubbio, dalla testimonianza e dai  documenti privati dell’Arcivescovo Capovilla. 

A tutt’oggi il Vaticano non ha mai mostrato il “plico Capovilla” ed il  testo del Segreto contenuto in esso. Eppure, come vedremo, il Cardinale  Bertone è stato costretto ad ammettere l’esistenza del plico Capovilla, malgrado non lo abbia mai mostrato in pubblico. Questo fatto, da solo,  priva la “versione ufficiale” di qualsiasi credibilità. 

Socci osserva a ragione che la testimonianza dell’Arcivescovo  Capovilla fornisce “l’unica spiegazione possibile” alle tante discrepanze (molte delle quali abbiamo già esaminato nel capitolo precedente)  riguardanti la data in cui fu ricevuto il documento in questione, il suo  formato ed il luogo in cui era custodito, secondo tutti i resoconti e le  testimonianze raccolte fino ad ora. Per riassumere, abbiamo dinanzi a  noi i seguenti, innegabili fatti: 

•  un documento scritto il 2 gennaio 1944 – data in cui fu scritto il  documento pubblicato dal Vaticano nel 2000 – ed un altro che non  fu messo per iscritto prima del 9 gennaio 1944 e che non è ancora  stato pubblicato; 

•  un documento che arrivò al Sant’Uffizio il 4 aprile 1957 (è quello  pubblicato dal Vaticano nel 2000) ed un altro documento, che non fu  messo per iscritto prima del 9 gennaio 1944 e che non è ancora stato  pubblicato; 

•  un documento custodito negli archivi del Sant’Uffizio (la visione  pubblicata dal Vaticano nel 2000) ed un altro documento custodito  nell’appartamento di Pio XII; 

•  un documento che Papa Giovanni XXIII “comprese pienamente” senza  bisogno di alcuna traduzione e che non contiene alcuna espressione  dialettale di difficile comprensione (quello pubblicato nel 2000), ed  un altro le cui espressioni dialettali dovettero essere tradotte per  Papa Giovanni XXIII da Mons. Tavares; 

•  un documento letto da Giovanni XXIII e rispedito agli archivi del  Sant’Uffizio (la visione pubblicata nel 2000) ed un altro documento  che non lasciò mai l’appartamento di Papa Giovanni e che si trovava  ancora nella scrivania della sua camera da letto quando Paolo VI si  insediò al suo posto, come testimoniato dall’Arcivescovo Capovilla; 

•  un documento letto da Paolo VI il 27 marzo 1965 e poi rispedito  agli archivi del Sant’Uffizio (la visione pubblicata nel 2000) ed un  documento diverso che Papa Paolo lesse il 27 giugno 1963, dopo  averlo recuperato dalla scrivania detta “Barbarigo” nella stanza da  letto del Papa, come rivelato dall’Arcivescovo Capovilla; 

•  un documento di quattro pagine415 contenente 62 righe di testo  (quello pubblicato dal Vaticano nel 2000), ma anche un documento  scritto su di un unico foglio, sotto forma di “lettera al Vescovo di  Leiria,” contenente 25 righe di testo, come testimoniato dal Vescovo  Venancio, dal Cardinale Ottaviani e da altri, documento che non  abbiamo ancora avuto modo di vedere;

•  la descrizione di una visione, pubblicata il 26 giugno 2000, senza  alcuna traccia di parole pronunciate dalla Madonna, ed un altro  documento che contiene “le parole che la Madonna ha confidato  in veste di Segreto ai tre pastorelli alla Cova da Iria,” che è stato  occultato nel 1960 e rimane tuttora celato; 

•  un documento (secondo ciò che disse l’emissario di Pio XII, Padre  Schweigl) che “riguarda il Papa”, cioè quello pubblicato nel 2000,  ed un altro documento - tuttora inedito - che contiene “la logica  continuazione delle parole: ‘In Portogallo si conserverà sempre il  dogma della fede ecc.’”;

•  un documento nel quale la Madonna non dice niente (la visione  pubblicata), ed un documento differente che contiene, secondo il  Cardinale Ottaviani che aveva letto il Segreto, “ciò che la Madonna  le disse [a Suor Lucia] di dire al Santo Padre”;416

•  un documento proveniente dagli archivi del Sant’Uffizio letto nel luglio  1981 da Papa Giovanni Paolo II, mentre si trovava all’ospedale Gemelli  dopo l’attentato di Piazza San Pietro (e cioè la visione pubblicata nel  2000), ed un altro documento che il Papa aveva letto nel 1978, a pochi  giorni dalla sua elezione e che non era stato recuperato dagli archivi. 

Padre Paul Kramer

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