lunedì 2 maggio 2022

«Il Padre nostro, chiave di lettura della vita»

Tante sono le riflessioni sulla vita in questa vita, se abbiamo come “chiave di lettura” il  Padrenostro, alla luce del quale trova sufficiente comprensione il mistero dell’uomo con i  suoi molteplici paradossi e contraddizioni (cfr Constituzione del Concilio Vaticano II  “Gaudium et Spes”, n. 10). 

Si tratta, in effetti, di un percorso di ritorno del figliuol prodigo alla Casa del Padre. In essa  quel figlio –che era Adamo ed è l’umanità intera– era felice, era ricco, di nulla aveva  bisogno, per lui non vi era né ignoranza, né debolezza, né sofferenza, né morte. Questo è di  fede. La sua rovina fu il peccato, il voltare le spalle a Dio suo Padre col fare qualcosa contro  la Volontà di Dio che gli dava la vita e tutto. 

Quindi Dio stesso, il Padre infinitamente buono, quando giunse “la pienezza dei tempi”,  gli venne incontro per abbracciarlo e salvarlo, con le braccia aperte di Cristo in Croce. Ed  Egli ci ha insegnato a pregare, la Sua preghiera, cioè, il nuovo atteggiamento di cuore verso  Dio, il nuovo rapporto di fiducia e di amore verso di Lui. Non più servi, ma figli amati. 

È da notare che nel dire il Padrenostro ci sembra di ripercorrere appunto la figura di Cristo crocifisso: 

“Padre nostro che sei nei cieli”: e pare che il Padre Divino stia proprio lì, poco al di sopra  della Croce, guardando… “Sia santificato il tuo Nome”: e lo sguardo va al Volto di Cristo. “Chi  vede Me –ha detto– vede il Padre”… “Venga il tuo Regno”: ma dove è questo Regno? Ecco il  petto, ecco il Cuore di Gesù… “Sia fatta la tua Volontà…” –e le sua braccia sono distese– “come in Cielo, così in terra”, da un estremo all’alto, quanto dista la destra dalla sinistra, da  oriente ad occidente, da nord a sud. 

Fino a questo punto abbiamo chiesto “il tuo, la tua”… Ma nella seconda parte della  preghiera chiediamo invece “il nostro” o comunque “per noi”.  

Proseguiamo contemplando: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: e guardiamo il ventre  del Crocifisso. “Rimetti a noi i nostri debiti…”, ed ecco le ginocchia contuse di Gesù. Ma a  questo punto, Egli, che ha detto ogni frase insieme a noi, dalla parte dell’uomo, passa dalla  parte di quel Dio che è, ed insieme al Padre ed allo Spirito Santo aggiunge: “…come Noi li  rimettiamo ai nostri debitori”. Come avrebbe potuto porre il nostro modo di perdonare come  modello e misura del perdono divino? È proprio il contrario. Ma noi lo diciamo insieme a Lui  per imparare a perdonare come Lui: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. 

“E non ci indurre –o meglio– e non ci lasciar cadere nella tentazione”: lo sguardo va ai piedi  trafitti e contorti del Crocifisso. “Ma liberaci dal male”: e lo sguardo scende sotto la Croce, nel  profondo. Dal male e dal maligno. 

Anche questo è un percorso. 

Dio è semplice ed è un solo Dio. Così queste varie frasi esprimono in realtà un’unica  petizione –che pronunciata da Gesù è anche una promessa–, una sola cosa con alcune  conseguenze. Come Egli ha detto: “Cercate innanzi tutto il Regno di Dio e la sua Giustizia, e  tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”. 

Il Padre Divino sarà onorato e glorificato dai suoi figli, che come tali sentiranno e  vivranno, quando verrà il suo Regno: “sia santificato (da noi) il tuo Nome”. E in che consiste il  suo Regno? Che la sua Volontà sia per noi quello che è per Lui: la sorgente della vita,  delle opere e di ogni bene e felicità. Che sia per noi quello che è per Gesù: il Pane, il cibo che  non conosciamo, come disse ai suoi discepoli nell’episodio della Samaritana. 

Per questo, nel chiedere che ci dia oggi “il nostro pane quotidiano” Egli intende non solo il  pane materiale –che, se ha la virtù di nutrire, è perché in esso sta la Volontà del Padre–, ma  pensa anche al Pane Eucaristico –che pur essendo Lui realmente vivo e presente, non riesce  ad essere efficace e a trasformarci, se non mangiamo anche il Pane suo, che è la Volontà del  Padre. Quindi sono tre “pani” quelli che domandiamo, ma quello decisivo è quello della  Volontà Divina in quanto sorgente e protagonista di ogni cosa nella nostra vita. 

Dobbiamo allora rimandare il tutto a dopo la morte, all’al di là? Ma allora, perché  diciamo “venga” e non invece “andiamo”? Perché diciamo che deve essere fatta “sulla terra”  come si fa in Cielo, proprio in quel modo? Insomma, chiediamo che il Padre e i figli abbiano  la stessa ed unica Volontà: questo è il riassunto del Padrenostro e di ogni vera preghiera. 

Quel giorno –che deve ancora venire– il figliol prodigo sarà di nuovo nella Casa Paterna,  nella Volontà unica delle tre Divine Persone, che forma la loro Vita e felicità. Allora sarà di  nuovo “nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui Dio lo ha creato”. Allora sarà di nuovo  ricco, felice e santo. Sarà di nuovo “a somiglianza” del suo Creatore e Padre. 

Nel frattempo stiamo vivendo le fasi decisive di un dramma, di una lotta apocalittica, di “Regno contro regno” Spettatori, attori e anche oggetto di contesa. È l’ora della Decisione! 

“Nessuno può servire due padroni”, ha detto il Signore. O Dio o il proprio io. “Sarà l’amor  di Dio portato fino al disprezzo di sé, o sarà l’amor di sé portato fino al disprezzo di Dio”, come  disse Giovanni Paolo II. Sarà la Volontà di Dio che vince (se vogliamo) o sarà la nostra  volontà che perde, quando vogliamo vincere escludendo quella Divina. Se lasciamo che  vinca in noi la Volontà di Dio, con Lui anche noi vinciamo; se facciamo che prevalga la  nostra, insieme con Lui anche noi perdiamo. “Padre, se è possibile, passi da Me questo calice;  ma non la mia volontà, ma la Tua sia fatta!”. 

E Gesù morì sulla Croce per esprimere in Sé questa opposizione. Due pali incrociati, due  tronchi…, quei due alberi reali e simbolici del Paradiso: l’albero “della Vita” e quello “della  conoscenza del bene e del male”. Figura della Volontà di Dio il primo, il palo verticale, che  unisce Cielo e terra; figura della volontà umana il secondo, il palo orizzontale, che quando  si mette in opposizione, di traverso, dicendo “non voglio” crea la croce, il dolore reciproco, la  morte!  

Quale tremendo Mistero! Dio ha voluto creare l’uomo solo per amore, affinché fosse suo  figlio, suo interlocutore, suo erede;  per fare di lui un piccolo dio creato, un altro Se stesso!  Questo Mistero, dice San Paolo, è “IL MISTERO DELLA SUA VOLONTÀ” (Ef. 1,9).  Di fronte a questo “MISTERO DELLA PIETÀ” è sorto un altro: il “MISTERO DELL’EMPIETÀ”: 

“Sì, fin da ora il mistero dell’empietà è all’opera” (2ª Tes. 2,7). Si tratta di quello che  l’Apocalisse chiama “un mistero, Babilonia la grande”, mistero di quella che è raffigurata in  una grande prostituta e nella bestia su cui essa è seduta (Apoc. 17, 5 e 7).  


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