giovedì 11 agosto 2022

SACRIFICIO – CONSACRAZIONE – SACERDOZIO

 


1-  Tutto ciò che Dio ha fatto è perfetto, tutto è SACRO e SANTO. Nell’ordine primordiale della  Creazione tutto, e in primo luogo l’uomo stesso, era “sacro”, che vuol dire vincolato a Dio,  destinato a Dio, e “santo”, che significa che era secondo l’ordine perfetto voluto da Dio. 

L’opposto di “sacro” è “profano”, “profanato”, cioè privo di Dio, falsificato, deviato dallo  scopo per cui è stato creato. Dal momento che “tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo    è di Dio” (1 Cor 3,22-23), il peccato dell’uomo ha profanato lui stesso, in primo luogo, e tutte    le cose. Perciò “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio;   essa infatti è stata sottomessa alla caducità –non per suo volere, ma per volere di colui che  l'ha sottomessa– e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della  corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che  tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rom 8,19-22). 

Da questo risulta evidente il significato del titolo dato da Gesù agli Scritti di Luisa: 

“Il Regno della mia Divina Volontà in mezzo alle creature – Libro di Cielo –  

Il richiamo della creatura nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio”. 

 

2-  L’opera della Redenzione comporta la necessità di offrire un sacrificio. Il sacrificio comporta  la necessità di un sacerdote e di una vittima, vale a dire, di qualcuno che abbia qualcosa da  offrire a Dio. 

Consiste in offrire a Dio, ma più che di offrire si tratta di ridare, di restituire, di ricambiare   e  di ripristinare un ordine infranto, di riparare un’ingiustizia fatta a Dio. 

Se non ci fosse stato il peccato, senza l’ingiustizia del peccato, l’offerta a Dio sarebbe stata  un puro ricambio di amore, di riconoscenza, di gratitudine. Ma col peccato, la doverosa offerta   è dovuta anche al bisogno di riparare un’ingiustizia, di restaurare una situazione di grave  disordine. 

Il sacrificio è perciò rendere sacro (appartenente a Dio) ciò che è stato reso profano dal  peccato, deviato dalla Volontà di Dio. E ciò che si offre è una vittima. 

E così come il sacrificio può essere (a seconda del motivo per cui si offre): olocausto,  espiatorio, di comunione, di ringraziamento, ecc., così ci sono diversi tipi di vittime: vittima   di  espiazione, di riparazione, d’onore, di amore, ecc. Sono i vari uffici ai quali possono essere  destinate. 

Dopo il peccato l’uomo istintivamente incominciò ad offrire a Dio sacrifici ed ostie pacifiche,  privandosi di qualcosa di suo, di qualche cosa importante, più significativa, di ciò che per lui era  più prezioso.  

In che modo? Distruggendola per sé, in particolare mediante il fuoco, affinché per sé non  restasse nulla (e allora si trattava di un olocausto o di un sacrificio di espiazione), oppure   distruggendola solo in parte, cioè una parte veniva offerta a Dio e una parte –trattandosi di un  animale– lasciandola per sé, per mangiarla, e in questo modo era una sacrificio di comunione  con Dio: condividere con Dio ciò che nutre e serve per la vita. 

Ad un certo punto della storia dei rapporti dell’uomo con Dio appare la figura di Melchisedek, re e sacerdote del vero Dio, che offriva a Dio pane e vino (il cibo umano, pacifico), e ne  diede anche ad Abramo in segno di comunione sacra, benedicendolo. 


3-  Ma Dio non cerca le nostre cose; è Lui che ce le dà. Dio vuole noi, vuole quello nostro che si  ribellò a Lui, quello che trascinò l’uomo e con l’uomo tutta la Creazione nel disordine  e  nell’abominio della profanazione: Dio vuole la nostra libera volontà. “Con che cosa mi  presenterò al Signore, mi prostrerò al Dio altissimo? Mi presenterò a lui con olocausti, con  vitelli di un anno? Gradirà il Signore le migliaia di montoni e torrenti di olio a miriadi? Gli  offrirò forse il mio primogenito per la mia colpa, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?  Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la  giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Michea 6,6-8).  

Quale vittima deve offrire il sacerdote a Dio, in riparazione dell’ingiustizia commessa? 

In Cristo si manifesta l’identificazione tra il Sacerdote e la Vittima: “per uno Spirito Eterno  offrì Se stesso immacolato a Dio” (Eb 9,14).  

In che modo? “…Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né  offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il  peccato. Allora ho detto –poiché di me sta scritto nel rotolo del Libro– eccomi che vengo per  fare, o Dio, la tua Volontà. Dopo aver detto: Non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né  offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la  legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua Volontà.  Così Egli abolisce il primo ordine di  cose per stabilire il secondo. Ed è appunto per quella Volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Cristo, fatta una volta per sempre” (Eb 10,5-10).  Anche il discepolo di Cristo, il cristiano, deve offrire se stesso a Dio: “Vi esorto, fratelli, per la  misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: è  questo il vostro culto spirituale” (Rom 12,1). 

E’ un “sacrificio vivente”: non si tratta di uccidere il proprio corpo, immolare se stesso,  perché è un “culto spirituale”, non materiale. Ma in che modo lo si deve offrire e sacrificare?  Facendo che sia “consacrato” (= “sacrificato”), reso sacro, appartenente a Dio, al servizio di  Dio, dedicato a fare la sua Volontà. 

Chi è che deve “sacrificare”, cioè rendere sacra la vittima? Colui che è sacro, vale a dire, il  sacerdote. Il sacerdote “sacrifica”, ovvero “consacra” la vittima. Ma come Cristo offrì Se stesso,  così il cristiano (che per il battesimo è unito a Cristo e sacerdote di se stesso) non deve offrire  vittime altrui, ma la propria vittima, se stesso. Precisamente la propria libera volontà, quello che  chiamiamo  “il cuore dell’uomo”. Solo così diventa santo. 


4-  Orbene, un’ostia non può consacrare se stessa, ci vuole un sacerdote che la consacri nella  Messa. E pronunciando le parole di Cristo, compie il Suo sacrificio in modo incruento e l’ostia  all’istante viene trasformata: di colpo lascia di essere farina di grano e diventa il Corpo, Sangue,  Anima e Divinità di Gesù Cristo, vivente sotto i veli accidentali dell’ostia.  

Invece, trattandosi dell’uomo, per il Battesimo diventa abilitato ad offrire il sacrificio di sé e  quindi può consacrare se stesso, “in virtù di quella Volontà Divina” che, fatta da lui, gli dà il  potere di trasformare se stesso in Cristo: “noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno  specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella sua stessa immagine, di gloria  in gloria (a poco a poco), secondo l’azione dello Spirito del Signore”  (2 Cor 3,18). 

Inoltre, se l’ostia viene consacrata o trasformata all’istante, è perché non ha una sua volontà  con la quale possa interferire nell’azione della Volontà Divina che la consacra. Invece nell’uomo,  avendo una sua volontà propria, questa consacrazione o trasformazione in Cristo avviene –se  avviene– poco per volta, nella misura che il suo volere umano cede il posto al Volere Divino.  


5-  Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, è per Se stesso sacro e santo: non dev’essere reso sacro da  nessuno, è Lui che rende sacro l’uomo e l’intera Creazione, cioè la riporta a Dio, la ripristina  nello stato originale di giustizia o santità. È Lui che toglie il peccato del mondo, cioè cancella  ogni profanazione: “non chiamare immondo (profano) ciò che Dio ha purificato”, disse  l’Angelo a Pietro (Atti, 10,15). Egli è il Sommo ed eterno Sacerdote: “Il Signore ha giurato e non  si pente: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek.” (Salmo 109,4). 

Egli rende partecipi del suo Sacerdozio tutti i suoi fratelli, membri del suo Corpo Mistico, in  un duplice modo: mediante il Battesimo e mediante il sacramento dell’Ordine Sacerdotale. 

 

6-  Per il Battesimo, l’uomo è in grado di ricollegare a Dio tutte le cose, di rendere sacro tutto  ciò che Dio ha creato, l’intera Creazione. Vivere la spiritualità del “sacerdozio regale” ricevuto  nel Battesimo è la vera ed unica soluzione al problema dell’ecologia: “sia che mangiate, sia che  bevete, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1 Cor 10,31).   Tutto dev’essere occasione di fare comunione con Dio, comunione di riconoscenza, di lode, di  benedizione, di amore; comunione con la Sua adorabile Volontà. 

Tutte le cose, gli animali, le piante, il sole, l’acqua, il vento, i campi, le stelle…, tutto ci sta  dicendo: “prendimi, portami con te –non nelle tue mani quanto nel tuo cuore, nel tuo spirito–  e portami al tuo e mio Creatore; Egli mi creò per te e tu non devi essere ingrato e cieco  davanti a tanta sua Provvidenza, Sapienza e Amore. Offrimi a Lui in omaggio di riconoscenza, di lode, di ringraziamento e di amore; solo questo è il motivo della mia esistenza”. 

Tutto ciò che è uscito da Dio nella Creazione deve ritornare a Dio, ma solo l’uomo, che ne è il destinatario, può farlo, dando voce, palpito e vita a tutte le cose che non possono farlo da  sole, non avendo una loro volontà responsabile, dotata di libero arbitrio, come invece può farlo  l’uomo, creato per essere il vero re e sacerdote della Creazione (galassie comprese). E il mondo  non può finire, se prima non è stato ripristinato del tutto l’ordine primordiale della Creazione:  ogni cosa del mondo e della vita umana deve essere “restaurata in Cristo”, cioè “nella Volontà  Divina”. Non finirà il mondo se non dopo che l’ultimo figlio di Dio avrà ricambiato il Creatore  con un “ti riconosco, ti adoro, ti lodo, ti benedico, ti amo” per ogni cosa creata. Solo così tutto  ritornerà a Dio.  

Sarà come dice, col suo linguaggio pittoresco, il profeta Zaccaria (14,20-21): “In quel tempo  anche sopra i sonagli dei cavalli si troverà scritto: «Sacro al Signore», e le caldaie nel tempio  del Signore saranno come i bacini che sono davanti all'altare. Anzi, tutte le caldaie di  Gerusalemme e di Giuda saranno sacre al Signore, re degli eserciti; quanti vorranno  sacrificare verranno e le adopereranno per cuocere le carni. In quel giorno non vi sarà  neppure un Cananeo nella casa del Signore degli eserciti.”  


7-  Ma gli uomini stessi, chi deve invece ricollegarli con Dio, chi può renderli sacri e santi? Un  altro uomo, “preso (scelto da Dio) fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle  cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati”. (Ebrei, 5,1). E’ il Sacerdote  “ministeriale”, che tale diventa con la imposizione delle mani di un Vescovo, successore degli  Apostoli, i primi Sacerdoti del Nuovo Testamento: quindi mediante un altro Sacramento,  l’Ordine sacro. 

 

8-  I sacerdoti dell’Antico Testamento, della tribù di Levi, come Aaronne, si trasmettevano il  sacerdozio, da padre in figlio. Quelli del Nuovo, che sono resi tali per la partecipazione al  Sacerdozio di Cristo, sono invece chiamati da Dio. E’ Dio che chiama allo stesso tempo  nell’intimo della coscienza ed esternamente, mediante l’Autorità della Chiesa.  

Gli antichi sacerdoti rappresentavano il popolo presso Dio e offrivano a Dio ciò che il  popolo aveva da offrire. I Sacerdoti della Chiesa rappresentano invece Dio presso il popolo,  sono “espropriati” volontariamente e per amore, agiscono “in Persona Christi”, nella Persona    di Cristo. Non sono soltanto un altro Cristo (alter Christus) –come lo è ogni battezzato– ma  diventano una sola cosa con Cristo (ipse Christus). Perciò possono offrire ai loro fratelli le   cose di Dio: la Via, la Verità, la Vita stessa di Dio; la luce, la consolazione, il perdono, la salvezza, il Signore stesso.  

Perciò, il Sacerdote che celebra il Sacrificio della Messa, dal momento che esce dalla  sagrestia per salire all’altare è già in profonda comunione con il Signore (sia che si renda conto,  sia che non si renda), molto prima di riceverlo lui stesso e i fedeli nella Comunione Eucaristica.  Fin dal primo momento è così unito con Cristo (dovrebbe essere così identificato in tutto,  ventiquattro ore al giorno), che può perciò ad un certo punto dire: “Questo è il mio Corpo,  questo è il mio Sangue”…  

E questa ritengo sia la più profonda ragione del celibato del Sacerdote, che la Chiesa  Cattolica considera “un valore non negoziabile”, senza con questo biasimare quelle situazioni  particolari di sacerdoti sposati (uomini sposati che diventano successivamente sacerdoti), nei  luoghi dove per ragioni storiche la Chiesa lo ammette nel rito orientale.   

P. Pablo Martín 

Nessun commento:

Posta un commento