venerdì 16 dicembre 2022

Ritorno a casa

 


Cristiani, atei ed ebrei

convertiti alla fede cattolica


DOUGLAS HYDE (1911-1981) fu un grande giornalista inglese, educato nella religione metodista dai suoi genitori, ma perdette la fede in gioventù e fu comunista per vent’anni, otto dei quali come direttore capo del giornale Daily Worker, il giornale del partito comunista inglese. Ma poco a poco rimase disilluso dal comunismo vedendo le grandi incongruenze dei comunisti sovietici, fino a che giunse a trovare un nuovo significato alla sua vita, convertendosi alla fede cattolica. Scrisse un libro Risposta al comunismo e la sua autobiografia intitolata Io credetti nella quale scrisse: Io credevo che tutti i sacerdoti, i monaci e le monache fossero immorali, che i gesuiti fossero maligni e criminali. E continuavo conservando i miei pregiudizi comunisti. Nel partito ritenevamo che la popolazione cattolica rappresentasse la parte più utopista, incolta, politicamente morente del popolo e che i cattolici fossero perduti nella superstizione e governati dai curati, senza speranza di liberazione.

Per i comunisti non esistono valori spirituali né considerazioni morali o etiche. Neppure la benché minima pietà ha influenza sul loro sentire marxista, né l’amore né la compassione né il patriottismo trovano spazio nella loro struttura.

Per loro non esiste la verità né l’onore, tranne tra il loro circolo ristretto di camerati. La coscienza si è tramutata in qualcosa che induce a mentire, ad ingannare, a tradire. Il comunismo è il fine di se stesso e questo fine giustifica sempre i mezzi.

Un giorno, uscendo dalla fabbrica, entrai in una chiesa cattolica. Rimasi un’ora seduto nell’oscurità, illuminato solo dalla fiamma dei lumi posti sull’altare. La mattina dopo tornai facendo attenzione ad entrare, di modo che nessuno mi vedesse... Quanto più vedevo quella chiesa più mi piaceva. Ma continuavo a non poter pregare. Era degrandante e ridicolo porsi in ginocchio, un gesto di sottomissione, di resa, di umiltà. Era come parlare con qualcuno che non era presente, che neppure esisteva. Ma io continuai a recarmi là giorno dopo giorno, notte dopo notte.

Una mattina successe “qualcosa”. Stavo seduto nella penombra di Santa Etheldreda nell’ultimo banco come al solito, quando entrò una ragazza di circa dicott’anni, vestita di stracci e non molto aggraziata. Mi pareva fosse una povera irlandese. Però, passandomi vicino vidi l’espressione del suo volto: era preoccupata.

Come me, evidentemente aveva qualche grave preoccupazione. Con passo deciso avanzò verso il centro della chiesa fino all’altare, poi virò verso sinistra incamminandosi verso un inginocchiatoio e li sostò dinnanzi alla Madonna, dopo aver acceso una candela e messo una moneta nella cassetta delle offerte.

Alla luce della fiamma della candela, potei vedere come le sue mani sgranassero il rosario e come di volta in volta reclinava il capo. Era una pratica cattolica che io non conoscevo. Quello era il mondo della fede. Quello era il mondo che io cercavo. Era una superstizione? Era il mondo dei salvati? Passando vicino a me, quando stava per uscire, guardai il volto della giovane. Qualunque fosse la sua preoccupazione era scomparsa. Semplicemente scomparsa. E io erano mesi e anni che portavo sulle spalle il peso delle mie.

Quando fui sicuro che nessuno mi vedesse, mi incamminai verso il centro della chiesa come un cane, come la giovane aveva fatto. Arrivato all’altare, girai a sinistra, gettai una moneta nella cassetta, accesi una candela, mi accostai all’inginocchiatoio e iniziai a pregare la Madonna. Ma era come se mi avessero stretto una corda intorno al collo, come una pecora, come un agnello. Se avvessi cominciato ad essere superstizioso e avessi cominciato a pregare qualcuno che non era lì, avrei ben potuto rinforzare le mie superstizioni e pregare un’immagine. Ma come si pregava la Madonna? Io non lo sapevo. Ci si rivolgeva a lei o si pregava attraverso di lei come se fosse un’intermediaria? Si contemplava l’immagine per contemplare la verità attraverso di lei o si dovevano indirizzare le parole direttamente all’immagine? Non lo sapevo. Cercai di ricordare qualche preghiera rivolta a lei tratta dalla letteratura medievale o qualcosa tratto dai poemi di Chesterton o Belloc. Ma fu inutile... Fuori dalla Chiesa cercai di ricordare le parole che avevo pronunciato e quasi mi venne da ridere. Erano le parole di una musica da ballo degli anni Venti di un disco per grammofono che avevo comprato durante la mia adolescenza: Oh dolce e ammaliante signora, sii buona. Oh Signora, sii buona con me.

Alle otto e mezzo della notte del 17 gennaio del 1948 telefonai al collegio dei gesuiti del nostro quartiere per far battezzare i nostri due figli... e il nostro catechismo cominciò sotto la guida di padre Joseph Corr, un anziano gesuita santo e colto del nord dell’Irlanda, che cominciò il suo compito senza porci alcuna domanda. Rimandò settimane prima di sapere chi io fossi. Dopo essermi convertito, mi misi a scrivere per i giornali di tutto il mondo, ma mantenendo la mia indipendenza. Cominciai una serie di articoli per il Catholic Herald spiegando in brevi abbozzi la mia conversione dal comunismo al cattolicesimo e raccontando alcuni aneddoti. I miei articoli sollevarono grande interesse e ancora più importante servirono da orientamento per molti, come dimostrò la corrispondenza che ricevevo. Alcuni dei miei opuscoli furono distribuiti tra i guerriglieri comunisti greci e altri nella Cina rossa. Un opuscolo fu tradotto in indonesiano per essere distribuito tra i comunisti di quel paese... Da tutte le parti dell’Inghilterra mi arrivavano inviti di organizzazioni politiche e, da ogni luogo, da migliaia di società cattoliche, inviti per tenere conferenze... Correvo da tutte le parti, non importava che dovessi parlare a sei monache in un piccolo convento o a cinquemila persone in una grande sala cittadina. In due anni parlai in cento regioni e percorsi migliaia di miglia. La prima e principale impresa era risvegliare la coscienza dei cristiani, non perché divenissero anticomunisti, piuttosto perché dovevo far capire loro che le loro azioni erano quelle che decidevano il corso della storia per i secoli a venire. In quei due anni, parlai probabilmente a mezzo milione di persone almeno... Dormii sui treni, nei monasteri, negli hotel, e scrissi ovunque.

Douglas Hyde fu un grande convertito, un grande paladino della causa di Dio contro i comunisti, che gli avevano mentito e lo avevano ingannato per vent’anni, inculcandogli l’odio contro Dio e i reazionari credenti. Per questo, non poteva calmarsi, ma doveva far conoscere l’amore che Dio era venuto a portare sulla terra. A volte, diceva di scurirsi in volto quando parlava ai suoi amici e compagni di fede, e quelli lo trattavano come fosse un fanatico.

Racconta che, quando era comunista cercava di stare ogni giorno a raccontare ai suoi amici quanto scopriva di nuovo nel comunismo e, quando faceva lo stesso come cattolico, pareva che questi si burlassero di lui, come se molti cattolici stessero vivendo una fede superficiale senza base né fondamento, di routine, che era inutile e non li soddisfava. E diceva: Se realmente credono che Gesù è vivo come possono essere così indifferenti dal comunicare questa grande notizia a tutti?

E conclude con queste parole il suo libro: Io credetti: Non mi fu facile giungere a conoscere il mio nuovo Dio. L’amore di Dio non mi investì automaticamente... Lentamente io arrivai a conoscere l’amore di Dio. Ma una cosa è certa: il mio Dio non mi ha “rovinato”. 

Padre ángel Peña


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