“ Rendi conto della tua amministrazione” (Lc 16,2)
Fratelli miei, potremmo mai meditare sulla severità del giudizio di Dio, senza sen - tirci penetrare dal più vivo timore? Pensate, fratelli miei, i giorni della nostra vita sono tutti contati; e per di più, ignoriamo l’ora e il momento preciso in cui il no- stro sovrano Giudice ci citerà per comparire davanti al suo tribunale, e forse quel momento sarà proprio quello che meno immaginiamo, allorché saremo meno pronti a rendere un conto tanto temibile!... Vi assicuro, fratelli miei, che quando ci si pensa bene, ci sarebbe motivo di cadere nella disperazione, se la nostra religione non ci insegnasse che noi possiamo addolcire quel momento per mezzo di una vita vissuta in modo tale da nutrire fondati motivi di sperare che il buon Dio avrà pietà di noi. Stiamo bene attenti, fratelli miei, di non farci cogliere impreparati quando arriverà quel momento, come quell’amministratore di cui Gesù Cristo ci parla nel vangelo. Perciò, fratelli miei, vi mostrerò:
1° : che esiste un giudizio particolare, in cui renderemo un conto molto preciso di tutto il bene e di tutto il male che avremo fatto;
2° : quali sono i mezzi a nostra disposizione per prevenire il rigore di questo conto.
Sappiamo tutti, fratelli miei, che saremo giudicati due volte: una volta, nel gran giorno della vendetta, cioè alla fine del mondo, in presenza di tutto l’universo. In questo giudizio, tutte le nostre azioni, sia buone che cattive, saranno manifesta- te agli occhi di tutti. Ma prima ancora di questo giorno terribile e infelice per i peccatori, noi subiremo un altro giudizio al momento della nostra morte, appena avremo esalato l’ultimo respiro. Sì, fratelli miei, possiamo dire che l’intera condi- zione dell’uomo può essere racchiusa in queste tre parole: vivere, morire, essere giudicati. E’ questa una legge fissa e invariabile per ogni uomo. Nasciamo per morire, moriamo per essere giudicati, e tale giudizio deciderà della nostra felicità o della nostra infelicità eterna. Il giudizio universale, davanti al quale dobbiamo tutti comparire, sarà soltanto la pubblicazione della sentenza particolare che sarà stata pronunciata nell’ora della nostra morte. Sapete tutti, fratelli miei, che Dio ha contato i nostri anni, e fra tutti questi anni che egli ha deciso di accordarci, ne ha segnato uno che sarà l’ultimo per noi; in quest’ultimo anno ha segnato l’ultimo mese; in quest’ultimo mese, ha segnato l’ultimo giorno; e, infine, in quest’ulti- mo giorno, l’ultima ora, dopo la quale non ci sarà più tempo disponibile per noi. Ahimè! Che ne sarà di questo peccatore e di questo empio che ogni giorno si ripromettono una vita sempre più lunga? Si illudano pure finché vogliono, questi poveri disgraziati; ma dopo quell’ultima ora, non ci sarà più nessuna possibilità di ritorno, niente più speranza e niente più risorse! Nel medesimo istante, fratelli miei, (ascoltate bene voi che non temete di trascorrere i vostri giorni nel pecca- to!) nel medesimo istante in cui la vostra anima uscirà dal vostro corpo, ella sarà giudicata.
Ma, mi direte voi, lo sappiamo bene. Sì, ma non ci credete affatto. Ditemi, se lo credeste seriamente, come potreste resistere in uno stato che vi espone continua- mente al pericolo di cadere eternamente nell’inferno? No, no, amico mio, tu non ci credi affatto, perché se tu ci credessi sul serio, non ti esporresti a un simile rischio. Tuttavia, arriverà il momento in cui il buon Dio applicherà il sigillo della sua immortalità e il marchio della sua eternità sul tuo debito, nel punto preciso in cui si troverà in quell’istante; e questo sigillo e questo marchio non saranno mai rotti. O momento terribile! Ma tanto poco meditato! Così corto e così lungo, che scorre con tanta rapidità e che trascina con sé una sequenza terribile di secoli! Che cosa dunque ci succederà, in quel momento fatidico, tanto capace di terrorizzarci? Ahimè! Fratelli miei, accadrà che compariremo, ognuno in particolare, davanti al tribunale di Gesù Cristo, per essere giudicati e rendere conto di tutto il bene e di tutto il male che abbiamo compiuto.
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Omelia S. Giovanni Maria Vianney
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