giovedì 16 ottobre 2025

CROCIFISSO - II -

 


CAPITOLO II


Un'anima da apostolo, quel padre Delbour, con le industrie di zelo che spaventavano i timidi e disorientavano gli spiriti meschini. Era l'uomo delle opere, pensando che la Chiesa Cattolica è l'istituzione viva per eccellenza, la società ideale la cui bellezza suprema è costituita da molteplici attività e grandi devozioni. Aveva consumato metà della sua esistenza a fondare scuole cristiane nei luoghi più refrattari. Lo avevano visto stabilire sorelle di carità in una regione che dicevano più empia della Cina. E lo stupore dei primi giorni si era trasformato in ammirazione, poiché le opere di Dio portano con sé tale splendore, che si fanno ammirare anche da coloro che hanno il maggiore interesse a sminuirle. Ma, tra esse ce n'era una, in cui egli riversava tutte le originalità della sua fede e tutte le risorse della sua carità. Si era detto un giorno: "Perché lasciare sempre agli esploratori dell'idea religiosa, ai mercanti di oggetti pii, il commercio audace delle sacre immagini della nostra fede, particolarmente dei crocifissi? Si trovano mercanti che si dedicano al vergognoso traffico del segno venerato dai cristiani. I Cristi adornano i negozi e sono esposti, accanto ai peggiori emblemi, insieme a immagini ridicole e talvolta oscene."

E da dignità! Da così audace commercio, nacque una grande opera: quella che si imponeva il compito di diffondere in profusione l'immagine del Cristo Redentore, mescolarla nelle famiglie, nelle fabbriche, nei laboratori, cercare un posto accanto al cuore degli umili e dei grandi, farla diventare un oggetto familiare. La provvidenza ha protetto fin dall'inizio, in modo molto visibile, la nuova istituzione. Una santa cristiana, tanto ricca d'oro quanto di fede, volle associarsi al progetto. Dopo le prove, le difficoltà, le meschine persecuzioni, l'idea trionfò, uscì radiosa e forte dalle tribolazioni, e l'Opera dei Crocifissi, figlia generosa di uno zelo indomabile, iniziò il compito fecondo e meraviglioso di evangelizzare il paese con il segnale della redenzione. Essa fulgura oggi in Europa e nel Nuovo Mondo, si estende sempre di più, come i rami di una pianta vivace, penetra in Inghilterra, accompagna i missionari nelle selve delle regioni inesplorate. Semina Cristi, spargendoli per il mondo intero, li raccoglie da lontano come un seminatore di fede, da cui devono germogliare conversioni e miracoli di grazia. E era strano e infinitamente curioso vedere quel padre, dall'aspetto così modesto, aprire ogni giorno la corrispondenza che gli veniva dagli incaricati delle ramificazioni della sua opera; lanciando sulla tavola, con un gesto disinteressato, quell'oro giunto da ogni parte, quel potere della materia che egli andava a mettere nel crogiolo per fondere in crocifissi. Una grande gioia gli era giunta la mattina di quel giorno. Un missionario del Canada gli chiedeva gli statuti dell'Opera, parlava di stabilirla in grande scala, e menzionava i meravigliosi risultati che essa aveva già prodotto in quelle regioni d'oltre Atlantico. Ciascuna di queste notizie era generalmente per lui come l'annuncio di una vittoria, di un trionfo, per il quale felicitava il buon Dio, perché nel costante oblio della parte che gli spettava, egli stesso si considerava come il piccolissimo operaio di una grande cosa. Dimenticava, di buon grado, che era lui l'autore di quella grande impresa, e che il minore artigiano, scelto da Dio per realizzare i disegni della Sua Provvidenza, è l'architetto incomparabile di un monumento imperituro. Quel nuovo trionfo della sua opera lo lasciò quasi indifferente. Il suo cuore era dolorosamente toccato dallo stato del suo vecchio amico Riscai. L'aspetto del deceduto di Cecilia aveva cominciato a fargli sognare quel giorno. Quella conquista per le anime era imperativa per dominare la profonda tristezza che lo assorbiva. E anche lui si chiedeva, con amarezza: - Morirà senza Dio? Questa preoccupazione lo tormentava. Arrivando al presbiterio, rivide Cecilia prostrata davanti al crocifisso, subitamente trasfigurata dalla fervente fede della sua anima, e precipitando, folle di dolore, tra le braccia di Dio, per consegnargli il cuore sanguinante, inviargli le sue suppliche e conquistare la conversione del padre. Un presentimento lo assalì. Pensò che quella notte, che doveva essere l'ultima, secondo quanto disse il dottore, gli riservava qualche strana sorpresa. Risolse di pregare mentre aspettava... Era già notte, verso le dieci, quando la campanella suonò violentemente. Il sacerdote si alzò e prese la valigetta delle visite ai malati, con la decisione che ci dà la certezza di un presentimento. - Stanno chiamando, Padre. Rapido, si precipitò, corse verso la casa in cui Riscai agonizzava. Sulla soglia, Cecilia, pallida, più abbattuta che mai. - Mi ha chiamato; sia lodato il Cielo! La ragazza gli fece segno di entrare. - No, disse lei... Il buon Dio vuole farmi soffrire fino alla fine. Ho intravisto sulle sue labbra la parola suprema. Niente! Dopo aver pregato, pensai che fosse atteso. Entrai nella stanza e lo sentii mormorare: "Cecilia". Mi precipitai: pensai, infine, che quello sarebbe stato il momento atteso. Egli mi prese la mano, la mantenne per un po' tra le sue. Ma non disse nulla. Allora, curvandosi verso il suo volto, reprimendo le lacrime, gli parlai: - Padre! mio buon padre!... vuoi riconciliarti con il buon Dio? Egli rimase immobile, il petto oppresso, il respiro affannoso. La sorella era appena arrivata e stava al suo fianco. - Aspettiamo ancora, mia figlia, disse il padre Delbour; aspettiamo e preghiamo anche noi... - Aspettare? replicò Cecilia, no, Padre; è necessario prendere immediatamente una risoluzione. I momenti sono contati. - Una risoluzione, ma quale?... disse il padre, con esitazione. - Sì, rispose la ragazza, ci resta un mezzo. Pensai a questo, poco fa, davanti a Dio. Forse era Lui stesso a ispirarmelo! Prese in un armadio un astuccio di velluto rosso, lo aprì, mostrò un piccolo crocifisso d'argento, molto vecchio, attaccato a una catena.

--- Signor Padre, è l'unica reliquia, l'unico ricordo che lui ha conservato della sua infanzia... Quante volte non l'ha baciato con tenerezza, con quel rispetto pietoso che abbiamo per coloro che amiamo? Ancora l'anno scorso, un giorno in cui ero solo con lui, mi mostrò questo crocifisso: -··· Vedi, è un ricordo di mia madre; lei mi ha lasciato questa croce sul letto di morte; mi sembra che in essa abbia lasciato l'ultimo bacio. - E, dicendo questo, lui piangeva ancora. - Vai, Signor Padre, con questo ricordo, prova l'ultimo sforzo. Sono prostrata dal dolore, ma spero. Il Signore, che è l'apostolo del Crocifisso, prenda questo qui... Converta mio padre... è necessario. Il padre Delbour comprese che la mano di Dio si manifestava in modo visibile. Perciò non esitò. Baciò l'emblema sacro con devozione, lo considerò in silenziosa contemplazione: - Sì, disse lui, Gesù vuole che la salvezza provenga dalla sua immagine dolorosa. Lui, l'amico di coloro che se ne vanno. Entrò nella stanza del moribondo, seguito da Cecilia. Al rumore dei suoi passi, il malato aprì gli occhi e li guardò, con quello sguardo fisso che caratterizza i malati. Il padre si avvicinò al letto, mostrò il crocifisso con un gesto brusco, lo posò sotto lo sguardo ammirato di Riscai, e disse, con voce forte: - Il crocifisso di tua madre! Ci fu un momento solenne. Un silenzio pesante si fece sentire. Cecilia, in ginocchio, presa da un'emozione intensa, ma dominando la perturbazione della sua anima, aspettava la risposta di Dio. Il padre ripeté: - Il crocifisso che il Signore ama tanto! Il moribondo allungò le braccia verso la santa reliquia, articolò una parola molto debole, uscita dal petto inarcato: - Dammi! Il ministro di Dio lo depositò nelle mani di Riscai. Ci fu un'improvvisa mutanza in tutto quel corpo e si direbbe che a quel corpo, scosso dall'agonia, la vita tornava con la fede. Lacrime scorsero da quegli occhi pronti a estinguersi, e le labbra inaridite baciavano diverse volte l'immagine del divino Martire. - Mi sembra che lei mi guarda... mi ascolta... mia madre, e che mi fa segno di andare al suo fianco... nella dimora del buon Dio... La ragazza, come unica risposta, singhiozzò, baciò quel crocifisso, mentre il padre si preparava a dare a quell'anima il supremo passaporto per l'altra vita. E, lì, in quella stanza in cui la morte aleggiava, spiando la sua vittima, una dolcezza infinita passò come un profumo miracoloso. Il padre Delbour aveva impulsi di riconoscenza verso Dio, mentre nello spirito si confermava la certezza che Gesù attribuisce un valore di grazia supremo all'immagine della sua passione. Cecilia e l'infermiera si allontanarono, e il convertito, con il cuore trasformato dal ricordo, mosso da Dio, che lo aspettava nell'ora suprema, aprì la sua anima all'ultimo perdono... Poi iniziarono le cerimonie dell'estrema unzione, il sacramento di coloro che partono, addio sublime del corpo a questa terra di miseria, forza divina che ci viene data davanti all'abisso in cui naufraga l'esistenza qui sotto. Una grande calma si impadroniva del cuore del Signor Riscai. La terribile malattia continuava la sua invasione, le labbra si aprivano in movimenti che non producevano più suoni, ma lo sguardo traduceva la pace immensa che era entrata in quell'anima con la grazia celeste. Alle due del mattino, l'agonizzante allungò il Crocifisso a Cecilia, e mormorò, con una voce quasi estinta, ma ancora intellegibile: - Hai qui, è per te. Ti porterà felicità. Cecilia lo posò vicino alle labbra scolorite del padre, che si contrassero per un bacio... poi si distesero e rimasero immobili. La ragazza, che non aveva mai visto nessuno morire, ebbe un presentimento che era giunto il fine. Si curvò verso il moribondo: - Pace, disse lei, raccomanda la tua anima a colui che ti accoglierà là nel regno celeste... Pregherai per la tua Cecilia e parlerai alla mia buona madre che tu andrai a vedere. Il Signor Riscai ebbe un sobbalzo, e poi diede un grande sospiro. - La sua anima è già davanti a Dio! disse a voce bassa il padre, che chiuse gli occhi del cadavere. Cecilia si chinò. - Salvo! disse ella. E, in seguito, si abbandonò tutta nel silenzio del suo dolore. Ma, in tutta quella immensa tristezza, aleggiava una luminosa speranza. Così come il brillante e candido bagliore del sole calante che bagna con la sua pura luminosità la cima delle grandi foreste che si abissano nell'ombra. Con il padre, con il crocifisso, il raggio della luce eterna penetrava nelle oscurità di quell'anima; e il faro della fede, illuminandosi nelle tenebre, aveva guidato la barca indecisa sull'abisso. Il padre Delbour recitava il De profundis, e con quel canto funebre, come un filo di speranza si elevava nelle parole: "Apud Dominum misericordia et copiosa apud eum redemptio. - Presso il Signore vive la misericordia; in essa, la sovrana redenzione." Beati coloro che muoiono nella pace del Signore!

R.Gaell


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