Gabriele Amorth racconta...
Non era facile neanche per i confratelli di Padre Pio, credere, all’epoca, a quanto avveniva. Il protagonista di queste vicende straordinarie era ai loro occhi soltanto un giovane frate come molti altri, e di cui si sapeva solo che aveva vissuto molto tempo fuori del convento, con il permesso dei superiori, per una malattia grave, che probabilmente lo avrebbe presto portato via.
In seguito furono raccolte altre testimonianze. Per esempio, padre Nazareno D’Arpaise, che all’epoca era padre Superiore del Convento di Sant’Anna, ha descritto così ciò che accadde una sera in cui Padre Pio, all’ora di cena, si era ritirato nella sua celletta mentre la comunità sedeva ancora in refettorio: «Si intese una forte detonazione nella sua stanzetta, ch’era sulla volta del refettorio. Mandai fra Francesco da Torremaggiore alla stanza di Padre Pio, immaginando che avesse bisogno di qualche cosa e avendo chiamato invano pensai avesse lanciato una sedia in mezzo alla stanza per essere inteso. Il fratello andò su e domandò di che cosa avesse bisogno, ma Padre Pio rispose: “Non ho chiamato, né ho bisogno di niente”.
Assicuratomi che non aveva bisogno di niente, si continuò a cenare. Nelle sere successive la detonazione avveniva egualmente. A refettorio i frati incominciarono a immaginare e a fantasticare».
Aggiunge padre Nazareno nella sua relazione: «Una volta mi raccontò che il demonio lo tentava con tutte le forze e avveniva tra loro una forte colluttazione ma egli mi diceva: “Grazie a Dio vinco sempre”». Un’altra annotazione riporta a quello che ha testimoniato padre Paolino da Casacalenda: «Dopo la detonazione, cioè la “lotta” tra il maligno e Padre Pio, si trovava in un bagno di sudore e bisognava cambiarlo da capo a piedi. Ricordo, e non esagero, che una volta con le sole mutande riempii quasi un bacile d'acqua».
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