giovedì 19 dicembre 2019

GESU’ OSTIA



LA «PRESENZA» IN NOI


Gli effetti

Chi riceve l'Eucaristia viene alimentato direttamente da Dio. È un cibo speciale, che entra nella bocca e nel cuore, mangiato e assimilato dal corpo e dall'anima.
«Vieni a mangiarmi; non sarai però tu a trasformarmi in te, ma io a trasformarti in me»: sono parole che Sant'Agostino fa dire a Gesù rivolto a chi si comunica.
Nutriti, ci trasformiamo, e diventiamo ciò che mangiamo: da umani in divini, da mortali in viventi, da infermi in sani, da disperati in fiduciosi, da deboli in forti...
«L'anima di Gesù - spiega San Massimiliano Maria Kolbe - si unisce con l'anima nostra e diventa l'anima della nostra anima. Non possiamo capire tutto questo, solo possiamo sentire gli effetti».
E chi lo ha sperimentato se ne fa portavoce.
L'autore de "L'Imitazione di Cristo" confessa: «Questo sublime e divino Sacramento è salvezza dell'anima e del corpo, è medicina per ogni infermità spirituale; per suo mezzo vengono curati i miei vizi, le passioni sono frenate, le tentazioni sono sconfitte o almeno diminuite, viene aumentata la grazia, rafforzata la virtù ricevuta, rinsaldata la fede, rinvigorita la speranza e l'amore fatto più ardente e più grande» (Lib. IV; cap. 4).
La Beata Angela da Foligno indica quattro effetti della Comunione: «purifica, santifica, conforta e conserva l'anima»8. Per la Beata Maria dell'Incarnazione, la prima religiosa missionaria, rinvigorisce pure il corpo: «Dopo tutte le fatiche accumulate nel servizio del prossimo, il mio corpo, spossato dalle penitenze, ritrovava le sue forze nutrendosi di questo pane divino»9.
Anche Santa Teresa d'Avila assicura: «Pensate forse che questo sacratissimo Pane non sia di sostentamento per i nostri miseri corpi e di medicina efficace ai nostri disturbi corporali? So invece che è così. Conosco una persona (probabilmente parla di se stessa) che nelle sue gravi infermità andava spesso soggetta ad atrocissimi dolori, ma quando si accostava alla comunione, le pareva che per incanto le sparisse ogni male, rimanendo completamente guarita. Questo le accadeva assai spesso, e si trattava di malattie così evidenti che le simulazioni non parevano possibili»i°.
Nello scritto "I Sacramenti", Sant'Ambrogio ricorda: «Chi è stato ferito va a farsi curare. La nostra ferita è questa, che siamo sotto il peccato, e la medicina è il celeste e adorabile sacramento».
L'Eucaristia fa nascere nell'anima di Santa Teresa di Lisieux il perfetto abbandono: «L'Ostia divina è piccola come me... ma la sua fiamma celeste, il luminoso suo raggio, mi fa nascere nell'anima il perfetto abbandono»".
Per San Giovanni Crisostomo, ci difende dal maligno: «Quando vedono, dentro di noi, il sangue di Cristo, i demoni fuggono, gli angeli accorrono. Quando usciamo dalla cena del Signore è come se le fiamme che escono da noi mettano in fuga i diavoli».
La Beata Geltrude Comensoli vi trova la via della santità: «Se i peccatori gustassero la Divina Eucaristia! Se avessero provato ciò che provai io... Se avessero inteso quel che sentii io... certo che si farebbero santi».
È un richiamo a San Cirillo di Gerusalemme, che così, nelle "Catechesi", istruisce i catecumeni: «Nel Nuovo Testamento c'è un pane celeste e una bevanda di salvezza, che santificano l'anima e il corpo».
San Pio X - citato da Paolo VI in: "Mysterium Fidei" - invita i fedeli ad accostarsi quotidianamente alla mensa eucaristica, perché «ne attingano forza per dominare l'impurità, per purificarsi dalle lievi colpe quotidiane e per evitare i peccati gravi, ai quali è soggetta l'umana fragilità».
Quali e quanti effetti produce l'Eucaristia! Effetti che la rendono indispensabile per la pienezza della vita cristiana: vita di grazia, vita in unione d'amore, vita di pace, vita di risurrezione.
Ci meraviglieremo ancora, nel sapere che «i primi cristiani - come predica S. Gaspare del Bufalo - ne erano famelici ...»? 

A) VITA DI GRAZIA
La grazia, meritata per noi da Cristo con la sua passione e morte, è il soccorso gratuito che Dio ci mette a disposizione per farci nascere e crescere nella vita soprannaturale, rendendoci degni della gloria del Cielo.
Fra i diversi tipi di grazia, vi è la «grazia santificante»: è ricevuta nel battesimo, infusa dallo Spirito Santo nell'anima, per purificarla e santificarla; di natura permanente, si perde solo col peccato mortale.
Tutti i Sacramenti incrementano la grazia santificante. Tale incremento è un'altra grazia, quella che la teologia definisce «grazia sacramentale».
Per meglio comprendere la differenza, pensiamo alla grazia santificante come ad un tesoro posseduto dall'anima, e alla grazia sacramentale come a tutto ciò che fa aumentare questo tesoro. Risulta chiaramente, quindi, che la grazia sacramentale esige l'esistenza della grazia santificante: non si può far accrescere quello che non si ha!
La grazia santificante dà la vita, mentre la grazia sacramentale mantiene in vita. Con l'Eucaristia, questo avviene in particolar modo: ci nutriamo, infatti, col corpo e col sangue dell'Autore stesso della grazia.
Le parole di Santa Caterina da Siena, che dà voce a Dio, rendono 'visibile' la relazione tra Eucaristia e grazia: «Nell'anima permane la grazia, e vi rimane perché essa ha ricevuto questo pane della vita in stato di grazia; dopo che si è consumata la specie del pane, Io vi lascio l'impronta della mia grazia, come il sigillo che si imprime sulla cera calda: quando il sigillo vien tolto, la sua impronta rimane.
Nello stesso modo vi rimane nell'anima la forza di questo sacramento, ossia il calore della mia divina carità, clemenza dello Spirito Santo. Vi rimane il lume della sapienza del Figlio mio unigenito, nella quale l'occhio dell'intelletto viene illuminato. E l'anima rimane fortificata partecipando della mia fortezza e potenza, che la rende forte e potente contro la propria passione sensibile, contro i demoni e contro il mondo».
La grazia, quindi, comunicata all'anima dal Dio trinitario, mediante l'Eucaristia, produce un triplice effetto: l'amore dello Spirito, la sapienza del Figlio, la fortezza e potenza del Padre.
Una mistica francese, Madre Mectilde de Bar, si chiede: «Un Dio viene Lui stesso nel più intimo del nostro cuore. Perché?». E ne dà la risposta: «Per farci piccoli déi e renderci mediante la sua grazia ciò ch'Egli è per natura. Cosa volete di più grande, di più santo, di più divino?».

B) VITA IN UNIONE D'AMORE
L'Eucaristia ci comunica la perfetta unione d'amore esistente fra le tre Persone divine.
La comunione con Cristo, infatti, che «non è - come precisa Sant'Alfonso de' Liguori, nella "Pratica di amar Gesù Cristo" - di mero affetto, ma è vera e reale», in virtù dello Spirito Santo, ci unisce al Padre.
L'anima si fonde in Dio, come l'oro nel crogiolo; diventa un cuore nel cuore. Santa Teresa di Gesù Bambino, in una poesia, esclama: «Quale divino istante quando, o beneamato, nella tua tenerezza, vieni a trasformarmi in te! Questa unione d'amore ed ineffabile ebbrezza, ecco il cielo ch'è mio!».
L'unione d'amore fra Dio e l'anima produce unione d'amore fra le anime. Dopo la comunione, i partecipanti alla mensa eucaristica sono come frammenti del pane spezzato e gocce della bevanda versata: è la figliolanza divina, la fraternità in Cristo, l'unità nello Spirito.
Nel commentare le parole di San Paolo: "Perché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1 Cor 10,17), Sant'Agostino spiega «che il pane non è fatto di un solo chicco, ma di un gran numero», e che tutti noi, nel battesimo, siamo «stati impastati con l'acqua» e, riscaldati al «fuoco dello Spirito», siamo poi «passati alla cottura». Per questo «siamo un solo pane, un solo corpo», quindi «unità, verità, pietà, amicizia».
Anche San Giovanni Crisostomo ci offre un'espressiva immagine dell'unità contenuta nel pane: »II pane è fatto da molti grani. Non li vediamo, ma scorgiamo solo il pane senza distinzione; i grani sono già uniti. Così anche noi siamo uniti con Cristo e fra di noi».
Cristo, nell'Eucaristia, è il costruttore dell'unità: prima, operando sulla disarmonia individuale tra spirito-carne, poi, su quella collettiva tra uomini.
Così facendo, realizza - secondo una bella espressione di San Giovanni Eudes, contenuta nel trattato "L'ammirabile Cuore di Gesù": «Uno stesso spirito, una stessa anima, una stessa vita, una stessa volontà, uno stesso sentimento, uno stesso cuore». 

C) VITA DI PACE
«Come il pesce sta nel mare e il mare nel pesce, così lo sto nell'anima e l'anima in me, mare di pace».
È questa una suggestiva immagine della comunione eucaristica, illustrata da Dio a Santa Caterina da Siena.
La Comunione trasmette la pace.
La Beata Angela da Foligno scrive: «Quando mi comunicai, feci un'inenarrabile esperienza di Dio ed egli lasciò in me una pace con cui sono in grado di comprendere e meglio sperimentare che ogni tribolazione presente, passata e futura è per il mio bene».
Santa Margherita Maria Alacoque rivela: «Dopo la comunione non avrei voluto né bere, né mangiare, né vedere, né parlare tanto la consolazione e la pace che sentivo erano grandi».
Anche la Beata Geltrude Comensoli esclama: «Quanta pace interna provai stamane nella Santa Comunione!! !»2°.
«La pace - per il domenicano Padre Giocondo Lorgna - è equilibrio di tutte le nostre forze in Dio, poiché nulla all'infuori di Lui, può contenere e soddisfare l'uomo. "O Dio, grida sant'Agostino - ci hai fatti per Te e il mio cuore è inquieto finché non si riposi in Te". Facciamolo nostro questo grido, realizziamolo davvero e non dimentichiamo che la pace, questo tesoro inestimabile, è l'accordo di tutte le nostre forze, di tutte le nostre potenze in Dio, che solo può saziare il nostro cuore e renderlo pienamente felice».
Nella Comunione ritroviamo la pace, dentro e fuori di noi, perché riceviamo Cristo, il "Principe della pace" (Is 9,5).
Egli ci fa entrare nel suo regno di pace, per esserne sudditi amati e ambasciatori fidati.
La pace che abbiamo ricevuto, infatti, dobbiamo viverla, mantenerla e diffonderla.

D) VITA DI RISURREZIONE
Il destino eterno non appartiene solo all'anima, ma anche al corpo.
«Se la carne non viene salvata - ammette Sant'Ireneo nel trattato "Contro le eresie" -, allora né il Signore ci ha redenti col suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del suo corpo».
Sarebbe vana la morte in croce, sarebbe vana l'Eucaristia, sarebbero vane le parole di Cristo: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6,54).
La carne che risorgerà è una verità sconcertante, difficile da accettare. Come potrà un corpo che non esiste più, ridotto in polvere, risorgere? Se crediamo che Dio, nel tempo della creazione, plasmò Adamo con la polvere della terra, perché non credere che, nel tempo della risurrezione, Dio plasmerà a nuova vita polveri di corpi senza vita?
L'anima, essendo immortale, nella risurrezione finale attirerà a sé quella materia necessaria alla formazione della nostra personalità di esseri completi e perfetti. Il corpo 'nuovo', diverso da quello posseduto sulla terra, sarà 'spiritualizzato' perché governato pienamente dall'anima, quindi dotato di quelle facoltà superiori già in parte riscontrate nel corpo del Risorto.
Per dare completezza alla nostra fede, comunque, non è essenziale sapere come Dio farà, ma è essenziale sapere che lo farà.
Gesù Cristo, morto e risorto, è il capo immortale di un corpo immortale, ch'è la Chiesa, le cui membra, che siamo noi, non possono che essere immortali: "Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione", scrive San Paolo nell'epistola ai Romani (Rm 6,5).
La nostra natura umana, come quella di Cristo, è fin d'ora presso Dio. Ciò è possibile solo perché l'Eucaristia, corpo e sangue divini, divinizza: «Questo sacramento ci trasforma nel corpo di Cristo - scrive Sant'Alberto Magno -, in modo che siamo ossa delle sue ossa, carne della sua carne, membra delle sue membra».
Sant'Ireneo ci invita a vivere questa vita terrena con la fiduciosa speranza del destino eterno di tutto il nostro essere: «Anche i nostri corpi quando ricevono l'Eucaristia, non sono più corruttibili, poiché hanno la speranza dell'eterna risurrezione». E Leone XIII scrive che l'Ostia mette nella nostra bocca «il fermento della vita immortale e semina il seme dell'incorruttibilità».
La carne rimasta incorrotta dopo la morte, è un anticipo visibile della sua futura risurrezione.
E corpo di Santa Rita, da più di cinquecento anni, è sempre perfettamente conservato in un'urna tuttora esposta nella basilica di Cascia. Anche il corpo di Santa Maria Maddalena de' Pazzi, morta nel 1607, è perfettamente conservato, ben visibile nella chiesa delle Carmelitane a Firenze.
È un prodigio manifestatosi sui resti mortali di tante creature: Teresa d'Avila, Caterina Emmerich, Caterina Labouré, le pastorelle Bernardetta di Lourdes e Giacinta di Fatima...
Questi corpi, appartenuti ad anime intimamente legate a Dio sulla terra, sono un segno tangibile di quella realtà futura promessa a tutti i credenti.
Mons. Luigi Novarese (1914-1984), il fondatore del "Centro Volontari della Sofferenza", insegna in modo convincente: «Se con Cristo viviamo, siamo sicuri che nutriti e sorretti delle carni del Cristo risorto, con Cristo risorgeremo.
Se Egli è in noi e vive in noi è materialmente impossibile morire eternamente. Egli ha espiato il peccato, ha sconfitto la morte e ci dona il cibo della vita perenne: vita dell'anima con il suo nutrimento e vita del corpo al momento della nostra futura risurrezione».
A conclusione dell'argomento sugli effetti dell'Eucaristia, una riflessione di Madre Mectilde de Bar chiarisce: «Cosa diventa quest'anima, mediante la Santa Comunione? Un altro Gesù Cristo. "Ma come, un altro Gesù Cristo? Io non sento nulla, non vedo nulla, non provo nulla!". Certo, niente di tutto questo, perché questa trasformazione avviene nell'essenza dell'anima, e benché anche il vostro corpo resti trasformato, tuttavia non potete né vedere, né gustare una simile trasformazione e neppure questa divina operazione, a meno che Dio voglia rivelarvelo, come so che l'ha fatto ad alcune persone. Ma anche se non la vedete e non 1'esperimentate, pure si tratta di una vera e sicura trasformazione, che deve essere creduta.
L'anima è felice, comportandosi con fede, anche se non sente, né prova nulla. In tal modo, la sua sottomissione a questi incomprensibili misteri è più profonda»'.
Sono gli effetti trasformanti dell'Eucaristia, dunque, che fanno della vita cristiana una vita in continua trasformazione, simile a quella del nascituro nel grembo materno.
Con l'Eucaristia, nel grembo dell'intimità divina, la creatura per tutta la vita terrena riceve nutrimento, amore, protezione sino al parto della vita eterna, dove potrà finalmente contemplare il volto del Creatore in un abbraccio senza fine.

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