LE PENE DEI, PURGATORIO E IL LORO RIGORE
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Pena del danno e pena del senso
V'è nel Purgatorio, come nell'Inferno, doppia pena, quella del danno, che consiste nella privazione di Dio, e quella del senso. La pena del danno è senza paragone più grande, ed è tanto più intensa in quantochè quelle anime vivendo nell'amicizia di Dio; sentono più forte il bisogno di unirsi a lui (Id.). La Chiesa non si è mai pronunziata sulla natura della pena del senso. Nel Concilio di Firenze fu lungamente dibattuta anche questa questione fra i Greci e i Latini, ma per non porre ostacolo alla desiderata unione delle due Chiese, nulla venne deciso. Però siccome tutti i teologi insegnano che questa pena è quella del fuoco, come pei dannati, sarebbe temerità allontanarsi da tale opinione.
Secondo S. Gregorio Magno, S. Agostino e S. Tommaso, questo fuoco è sostanzialmente uguale a quello dell'Inferno: la differenza consiste solo nella durata. Agli insegnamenti dei Padri e dei Teologi, fanno eco gli insegnamenti dei Mistici e le rivelazioni dei Santi. Nella storia del Padre Stanislao Choscoa, domenicano, leggiamo il fatto seguente (Brovius, Hist.Hist, de, Pologne, année 1590). Un giorno, mentre questo santo religioso pregava per i defunti, vide un'anima tutta divorata dalle fiamme, alla quale avendo egli domandato se quel fuoco fosse più penetrante di quello della terra: - Ahimè!, rispose gridando la misera, tutto il fuoco della terra paragonato a quello del Purgatorio è come un soffio d'aria freschissima. - E come ciò è possibile? soggiunse il religioso. Bramerei farne la prova a condizione che ciò giovasse a farmi scontare una parte delle pene che dovrò un giorno soffrire in Purgatorio. - Nessun mortale, replicò allora quell'anima, potrebbe sopportare la minima parte di quel fuoco senza morirne all'istante tuttavia se tu, vuoi convincertene, stendi la mano: - Il padre, senza sgomentarsi, porse la mano, sulla quale il defunto avendo fatto cadere una goccia del suo sudore, o almeno di un liquido che sembrava tale, ecco all'improvviso il religioso emettere grida acutissime e cadere in terra tramortito, tanto era grande lo spasimo che provava. Accorsero i suoi confratelli, i quali prodigarono al poveretto tutte le cure, finché non ottennero che ritornasse in sé. Allora egli pieno di terrore raccontò lo spaventoso avvenimento, di cui egli era stato testimone e vittima, conchiudendo il suo discorso con queste parole – Ah! fratelli miei, se ognuno di noi conoscesse il rigore dei divini castighi, non peccherebbe giammai facciamo penitenza in questa vita, per non doverla poi fare nell'altra, perché terribili sono quelle pene; combattiamo i nostri difetti, e correggiamoli, e specialmente guardiamoci dai piccoli falli, poiché il Giudice divino ne tiene stretto conto. La maestà divina è tanto santa che non può soffrire nei suoi eletti la minima macchia. - Dopo di che si pose in letto, ove visse per lo spazio di un anno in mezzo ad incredibili sofferenze prodottegli dall'ardore della piaga che gli si era formata sulla mano. Prima di spirare esortò nuovamente i suoi confratelli a ricordarsi dei rigori della divina giustizia, e quindi morì nel bacio del Signore.
Lo storico soggiunge che questo esempio terribile rianimò il fervore in tutti i monasteri, e che i religiosi si eccitavano a vicenda nel servizio di Dio, affine d'essere salvi da così atroci supplizi. - Un fatto quasi uguale avvenne alla beata Caterina da Racconigi (Diario Domenicano, Vita della Beata, 4 Sett.). Una sera, mentre ella assalita dalla febbre stava coricata in letto si mise a pensare agli ardori del Purgatorio, e secondo la sua abitudine, rapita di lì a poco in estasi, fu condotta da nostro Signore in quel luogo di pena. Mentre osservava con terrore quegli ardenti bracieri e quelle fiamme divoratrici, in mezzo alle quali son trattenute le anime che hanno ancora da espiare qualche fallo, udì una voce che le disse: - Caterina, affinché tu con maggior fervore possa procurare la liberazione di queste anime, sperimenterai per un istante nel tuo corpo le loro sofferenze. - In questo mentre una favilla di quel fuoco andò a colpirla nella guancia sinistra: le consorelle che si trovavano vicino a lei per curarla videro benissimo questo fatto, e nel tempo stesso osservarono con orrore che il viso di lei si gonfiò in maniera spaventosa, mantenendosi poi per più giorni in quello stato.
La Beata raccontava alle sue sorelle che tutti i patimenti da lei sofferti fino a quel momento (ed erano stati molti), erano nulla a paragone di quello che le faceva soffrire quella scintilla. Fino a quel giorno erasi sempre occupata in modo tutto speciale di sollevare le anime purganti, ma da allora in poi raddoppiò il fervore e l'austerità per accelerare la loro liberazione, poiché sapeva ormai per esperienza il gran bisogno che quelle hanno d'essere sottratte ai loro supplizi.
Secondo S. Gregorio Magno, S. Agostino e S. Tommaso, questo fuoco è sostanzialmente uguale a quello dell'Inferno: la differenza consiste solo nella durata. Agli insegnamenti dei Padri e dei Teologi, fanno eco gli insegnamenti dei Mistici e le rivelazioni dei Santi. Nella storia del Padre Stanislao Choscoa, domenicano, leggiamo il fatto seguente (Brovius, Hist.Hist, de, Pologne, année 1590). Un giorno, mentre questo santo religioso pregava per i defunti, vide un'anima tutta divorata dalle fiamme, alla quale avendo egli domandato se quel fuoco fosse più penetrante di quello della terra: - Ahimè!, rispose gridando la misera, tutto il fuoco della terra paragonato a quello del Purgatorio è come un soffio d'aria freschissima. - E come ciò è possibile? soggiunse il religioso. Bramerei farne la prova a condizione che ciò giovasse a farmi scontare una parte delle pene che dovrò un giorno soffrire in Purgatorio. - Nessun mortale, replicò allora quell'anima, potrebbe sopportare la minima parte di quel fuoco senza morirne all'istante tuttavia se tu, vuoi convincertene, stendi la mano: - Il padre, senza sgomentarsi, porse la mano, sulla quale il defunto avendo fatto cadere una goccia del suo sudore, o almeno di un liquido che sembrava tale, ecco all'improvviso il religioso emettere grida acutissime e cadere in terra tramortito, tanto era grande lo spasimo che provava. Accorsero i suoi confratelli, i quali prodigarono al poveretto tutte le cure, finché non ottennero che ritornasse in sé. Allora egli pieno di terrore raccontò lo spaventoso avvenimento, di cui egli era stato testimone e vittima, conchiudendo il suo discorso con queste parole – Ah! fratelli miei, se ognuno di noi conoscesse il rigore dei divini castighi, non peccherebbe giammai facciamo penitenza in questa vita, per non doverla poi fare nell'altra, perché terribili sono quelle pene; combattiamo i nostri difetti, e correggiamoli, e specialmente guardiamoci dai piccoli falli, poiché il Giudice divino ne tiene stretto conto. La maestà divina è tanto santa che non può soffrire nei suoi eletti la minima macchia. - Dopo di che si pose in letto, ove visse per lo spazio di un anno in mezzo ad incredibili sofferenze prodottegli dall'ardore della piaga che gli si era formata sulla mano. Prima di spirare esortò nuovamente i suoi confratelli a ricordarsi dei rigori della divina giustizia, e quindi morì nel bacio del Signore.
Lo storico soggiunge che questo esempio terribile rianimò il fervore in tutti i monasteri, e che i religiosi si eccitavano a vicenda nel servizio di Dio, affine d'essere salvi da così atroci supplizi. - Un fatto quasi uguale avvenne alla beata Caterina da Racconigi (Diario Domenicano, Vita della Beata, 4 Sett.). Una sera, mentre ella assalita dalla febbre stava coricata in letto si mise a pensare agli ardori del Purgatorio, e secondo la sua abitudine, rapita di lì a poco in estasi, fu condotta da nostro Signore in quel luogo di pena. Mentre osservava con terrore quegli ardenti bracieri e quelle fiamme divoratrici, in mezzo alle quali son trattenute le anime che hanno ancora da espiare qualche fallo, udì una voce che le disse: - Caterina, affinché tu con maggior fervore possa procurare la liberazione di queste anime, sperimenterai per un istante nel tuo corpo le loro sofferenze. - In questo mentre una favilla di quel fuoco andò a colpirla nella guancia sinistra: le consorelle che si trovavano vicino a lei per curarla videro benissimo questo fatto, e nel tempo stesso osservarono con orrore che il viso di lei si gonfiò in maniera spaventosa, mantenendosi poi per più giorni in quello stato.
La Beata raccontava alle sue sorelle che tutti i patimenti da lei sofferti fino a quel momento (ed erano stati molti), erano nulla a paragone di quello che le faceva soffrire quella scintilla. Fino a quel giorno erasi sempre occupata in modo tutto speciale di sollevare le anime purganti, ma da allora in poi raddoppiò il fervore e l'austerità per accelerare la loro liberazione, poiché sapeva ormai per esperienza il gran bisogno che quelle hanno d'essere sottratte ai loro supplizi.
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Sac. Luigi Carnino
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