venerdì 12 febbraio 2021

Le Profezie di Teresa Neumann

 


TERESA NEUMANN E IL PITTORE FEDERICO VON RIEGER 

Un'altra testimonianza di grande interesse su Teresa Neumann ci viene dal pittore bavarese Federico von Rieger, nato nel 1903 e morto nel 1988, famoso ritrattista le cui opere figurano in molti musei, tra cui la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, la casa di Dùrer a Norimberga, il museo di guerra di Rovereto, i musei di Como, Seveso, Bra, Ingolstadt e Wùrzburg.  

Von Rieger è vissuto a lungo in Italia, e fu appunto dopo una permanenza di quattro mesi nel nostro paese che fu invitato dal sindaco di Wùrzburg a recarsi ad Eichstàtt per fare un ritratto al vescovo di quella città, che desiderava averlo prima di essere trasferito a Berlino, e alla badessa del convento delle Benedettine della stessa città. Von Rieger rimase ad Eichstatt dal settembre al dicembre, e in quel periodo ebbe occasione di incontrare più volte Teresa Neumann, che come abbiamo visto era buona amica della badessa Benedikta von Spiegel. Ecco dunque il racconto del pittore: «Nel settembre del 1934 mi recai ad Eichstàtt per fare il ritratto di Sua Eccellenza Conrad von Preysing e della badessa Benedikta von Spiegel.  

Nella casa per gli ospiti dove abitavo avevo a mia disposizione una bellissima sala arredata con mobili di stile barocco, che mi serviva da studio. La superiora - una donna che per età poteva essere mia madre - venendo a posare portava spesso con sé dei visitatori, curiosi di conoscere il giovane pittore. Avevo allora 31 anni. Un giorno di novembre la badessa venne accompagnata da una donna di bell'aspetto e vestita di scuro alla moda campagnola.  

Le due donne si avvicinarono a me sorridendo e la badessa mi domandò: "Signor Rieger, ha mai sentito parlare di Teresa Neumann?". "Certo", risposi, "e ho letto anche degli articoli che parlano di lei". In un primo momento trovai la domanda singolare, poi il sorriso della badessa si accese ancora di più e disse: "Eccola qui". Nonostante la curiosità rimasi senza parole e senza saper cosa fare. Ricordo che mi tirai un po' indietro e feci cenno a Teresa di avvicinarsi ai due cavalletti sui quali erano i quadri non ancora finiti; lei li osservò a lungo.  

Approfittai di quel momento per fare un cenno alla badessa, senza che Teresa mi vedesse, affinché convincesse Teresa a farmi vedere le stigmate. La madre badessa disse: "Teresa, fai vedere le stigmate al pittore". Teresa mi guardò con due occhi straordinariamente limpidi e con espressione accondiscendente. Portava dei guanti di lana nera senza le dita, li tirò indietro e mi fece vedere le stigmate sia sul palmo che sul dorso della mano. Teresa non parlava un tedesco elegante, ma semplicemente un dialetto che io conoscevo molto bene poiché era il mio stesso dialetto; inoltre dava del tu a tutti. Mi disse: "Tu sei ancora così giovane e sei già così bravo!". "Ho studiato dieci semestri all'Accademia di Monaco", risposi.  

Prima di andarsene Teresa mi disse: "Domani ritorno", e mi porse le dita della mano destra: se infatti, salutandola, uno le avesse stretto tutta la mano, lei avrebbe sentito dolori atroci. Questo fu il nostro primo incontro. Il giorno dopo ritornò con la badessa e mi salutò come se ci conoscessimo da tempo. Mentre la badessa posava per il ritratto, io ero abbastanza distratto: pensavo infatti al racconto delle visioni che Teresa mi andava facendo, visioni che si ripetevano ogni venerdì, a meno che non ricorresse la festa di qualche santo. Teresa si mise a raccontare un'infinità di particolari sugli apostoli; per due di essi aveva una netta preferenza, mentre san Pietro le era meno simpatico perché violento e rude. Smisi di lavorare e cominciai a tempestarla di domande. La pregai di posare per un disegno, ma lei rifiutò, schiva com'era di qualsiasi pubblicità. Pian piano il suo racconto si spostò su Gesù. Alle mie domande sull'aspetto fisico di Gesù, guardandomi rispose: "Press'a poco come te, non più alto.  

La sua barba e i suoi capelli sono color ramato, la barba non folta e il mento come il tuo. La voce baritonale". Il terzo giorno che venne a trovarmi, mentre lei chiacchierava con la badessa, feci a sua insaputa uno schizzo del suo viso che ancora conservo tra i miei disegni. Quel giorno mi parlò per la prima volta della scena del Calvario e della crocifissione. "Devi sapere", disse, "che Gesù trascinava per la Via Crucis tre pesanti pali legati insieme, non la croce già fatta, e cadde tante volte". Io ribattei: "Non ci hanno insegnato che Gesù è caduto tre volte?". "Tre volte in cui non riusciva ad alzarsi", disse, "c'era un uomo che lo aiutò a portare i pali". Teresa descrisse la Via Crucis e la sua descrizione corrisponde perfettamente alla topografia di Gerusalemme di allora. Lei non era mai stata in quella città.  

"Arrivato sul Golgota", continuò Teresa, "Gesù si afflosciò per le fatiche fisiche e morali, e nel frattempo i boia montarono la croce certamente non fatta su misura". Mi descrisse poi la forma della croce, tutta diversa da quella tradizionale. "Finito questo lavoro", disse poi, "i soldati aiutarono Gesù ad alzarsi e gli sfilarono dalla testa il camice bianco che indossava; facendo questo la corona di spine che portava sul capo cadde a terra. Devi sapere che non si trattava di una corona di spine come la disegnano gli artisti, era come un grosso nido di uccelli, i soldati glielo avevano conficcato sulla testa un po' in avanti, cosicché una lunga spina trapassò la pelle sopra il naso arrivando quasi all'orecchio sinistro". Per spiegarsi meglio, Teresa mi fece vedere i segni delle spine sulla sua fronte e mi parlò di una grossa ferita sulla spalla sinistra di Gesù, con escoriazione della pelle a causa del peso dei tre pali della croce. "Cristo", disse, "si trovò nudo in piedi davanti alla poca gente radunatasi sul Calvario, una donna presente alla scena strappò un turbante dalla testa di uno dei presenti e lo diede a lui, che se lo avvolse attorno ai fianchi facendo un nodo dalla parte sinistra.  

I soldati fecero distendere Gesù sulla croce che era per terra, poi tirarono le braccia un po’ a sinistra e un po’ a destra e infine lo legarono con una corda. Legarono le braccia, il torace e le gambe" Per farmi capire meglio, Teresa si fece dare dalla badessa che stava lì vicino sferruzzando il gomitolo e fece intorno a me quell'allacciamento strano delle corde di cui aveva parlato prima, e ricordo che i capi pendevano dalla parte destra. "La croce non era alta", mi disse, "così che la Maddalena inginocchiata toccava i piedi di Cristo. Il calcagno di Gesù poggiava in un incavo fatto con uno strano strumento da quegli abilissimi crocifissori. In alto, tenuta da un grande chiodo, stava una tavoletta con su scritto 'INRI'. Dietro la croce non stava nessuno, essendoci una grossa buca piena di ossa. La testa di Gesù pendeva in avanti così che il sangue della sua testa colava sul capo della Maddalena".  

Teresa non mi parlò dei due ladroni, né della Madonna né di san Giovanni. Mi spiegò però, con una certa meticolosità, che le braccia del Cristo erano forzatamente tirate e in orizzontale, in modo che tra le sue braccia e quelle della croce si formava un triangolo. Come artista mi interessai in modo particolare alla descrizione della crocifissione. Il giorno dopo mi feci ripetere la descrizione così da impararla a memoria. Teresa raccontava con semplicità, e ricordava tutto con grande precisione, come uno che racconta un film che ha appena visto. Quello che mi stupiva erano i dettagli così difficili da immaginare anche da una persona dotata di grande fantasia. Alla mia domanda un po' audace, come mai si ricordasse di tanti particolari, mi disse: “Devi sapere che io nelle estasi vedo sempre le stesse cose, è come se sognassi sempre lo stesso sogno”. Vorrei aggiungere che quando conobbi Teresa ella aveva ancora tanti anni davanti a sé, e a lungo andare le immagini variarono un po’. Il fatto che lei fosse così aperta e comunicativa, mentre di solito provava avversione a parlare di sé e a farsi vedere da occhi curiosi, mi dava una certa confidenza, per cui le chiesi se parlasse con Gesù.  

La risposta fu pronta: "Sì, una volta. Era la notte che precedeva il giorno della crocifissione. Gesù era seduto; solo in una specie di cantina, aveva il manto rosso 'regale' sulle spalle, la corona di spine in testa, lo scettro nelle mani legate e piangeva. Io ero davanti a lui, e prese a parlarmi, però non ricordo che cosa mi abbia detto. Ricordo che a un certo punto arrivò un ragazzino che cominciò a prendere in giro Gesù e infine gli sputò sulla faccia. Adirata diedi al ragazzino un solenne ceffone e lo cacciai via". Sappiamo che durante le estasi Teresa parlava in aramaico. Il professor Wutz, noto teologo e docente dilatino, greco ed ebraico antico, andò a trovarla e ne rimase profondamente colpito. Vi tornò più volte e assunse la sorella di Teresa come governante. Sapendo che mia madre desiderava vedere Teresa, le scrissi invitandola ad Eichstàtt; dopo qualche giorno mia madre arrivò e insieme un pomeriggio andammo a prendere il caffè dal professor Wutz. Teresa e sua sorella ci servivano. Mentre Teresa versava il caffè nella tazzina, mia madre le domandò: "Teresa, questo buon profumo di caffè non ti fa gola?". Per tutta risposta Teresa fece con la testa un cenno di grande disgusto. Già da allora Teresa non beveva e non mangiava la minima cosa. Era tuttavia di florido aspetto e recuperava facilmente le gravi perdite di sangue che aveva durante le estasi. Teresa in genere non parlava mai di religione, e durante le nostre conversazioni non mi domandò mai se fossi cattolico e se fossi praticante.  

Mi raccontò anche come aveva ricevuto le stigmate. La prima ad apparire era stata quella della lancia. Lei non sapeva che cosa fosse quella piccola ferita e con l'aiuto di sua sorella cercava di medicarla, ma la ferita divenne sempre più grande fino alla misura normale di una ferita di lancia. Dopo vennero quelle dei piedi, e anche queste nonostante le cure si svilupparono rapidamente. A causa di queste ferite soffriva pene terribili e per questa ragione calzava sempre scarpe di panno. Poi si formarono le ferite delle mani e infine quelle piccole e non profonde della corona di spine. Ricordo che l'ultima volta che la badessa venne per posare per il suo ritratto le chiesi come mai Teresa, in genere così chiusa, taciturna e persino seccata quando qualcuno le faceva delle domande sulle sue visioni, si fosse mostrata con me così gentile e aperta. La badessa con un sorriso materno disse: "Se non la conoscessi così bene non glielo direi. Teresa mi ha detto: 'Il pittore è un uomo puro'; e se lo dice la Resl, lei può esserne fiero. Si sapeva che Teresa emanava un fluido speciale ed era capace di conoscere le persone a distanza; molti che si erano recati da lei con sicurezza o per metterla in imbarazzo ne erano ritornati indietro sconfitti. Dovendo Teresa tornare a Konnersreuth, venne a salutare me e la badessa. Bisogna sapere che nel tabernacolo dell'altare maggiore del convento delle Benedettine c'è una lastra di marmo sulla quale secoli fa fu posato il cadavere di san Willibaldo: questa pietra trasuda un liquido oleoso.  

Teresa espresse il desiderio di vedere la lapide, e siccome neppure io l'avevo mai vista, insieme alla badessa e a Teresa andai in chiesa. Presi uno sgabello con tre scalini e lo tenni fermo affinché le due donne potessero salire sulla mensa dell'altare. Prima che la badessa mettesse la chiavetta per aprire la porticina del tabernacolo, le due donne, come si usa fare davanti al santissimo sacramento, si fecero il segno della croce. Io ero rimasto dietro a loro, per cui non mi vedevano, e non mi feci il segno della croce. Improvvisamente Teresa, senza girarsi, mi disse in tono di rimprovero: "Potresti anche tu farti il segno della croce!"  

Io rimasi mortificato. È un fatterello semplice, ma lo ricordo sempre e mi ha rivelato tanto di Teresa Neumann...»  

In seguito, nel 1947, il pittore von Rieger dipinse il Crocifisso secondo Teresa Neumann: un crocifisso unico nel suo genere, col Cristo legato alla croce con le corde, il cielo scuro, sullo sfondo un paesaggio collinare. Tutto secondo le indicazioni della Resl. 

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