venerdì 10 settembre 2021

I Figli di Israele secondo Maria Valtorta.

 


"ASCOLTA, ISRAELE!"

Sappiamo che la mistica italiana Maria Valtorta, deceduta a Viareggio nel 1961, ha scritto Il Poema dell’Uomo-Dio, in dieci volumi, da considerare come frutto delle sue singolari esperienze mistiche. Tra queste ci sono molte visioni della vita di Cristo, una delle quali riguarda la discussione che Gesù all’età di dodici anni ha avuto coi dottori del Tempio di Gerusalemme. Quando Gesù si presenta a questi dottori per essere esaminato sulla legge, si accorge che i suoi esaminatori sono divisi in due fazioni opposte, e questo a causa del Messia, che non è concepito da tutti allo stesso modo. Allora come oggi, giudaismo autentico e giudaismo farisaico non corrispondono, anzi si oppongono nel modo più assoluto.  

Maria Valtorta ci descrive la sua esperienza mistica nel modo seguente:  

«Comprendo essere nel recinto del Tempio di Gerusalemme. Vedo farisei in lunghe vesti ondeggianti, sacerdoti vestiti di lino e con una placca preziosa al sommo del petto e della fronte, e altri punti luccicanti sparsi qua e là sulle diverse vesti molto ampie e bianche, strette alla vita da una cintura preziosa. Poi altri che sono meno ornati, ma devono sempre appartenere alla casta sacerdotale, e che sono circondati da discepoli più giovani. Comprendo che sono dei dottori della Legge. Fra tutti questi personaggi mi trovo spersa, perché non so proprio cosa ci sto a fare.  

Mi accosto al gruppo dei dottori, dove si è iniziata una disputa teologica. Molta folla fa la stessa cosa.

Fra i “dottori” vi è un gruppo capitanato da uno chiamato Gamaliele e da un altro, vecchio e quasi cieco, che sostiene Gamaliele nella disputa. Costui, che sento chiamare Hillel (metto l’h perché sento un’aspirazione in principio al nome) mi pare maestro o parente di Gamaliele, perché questo lo tratta con confidenza e rispetto insieme. Il gruppo di Gamaliele ha vedute più larghe, mentre un altro gruppo, ed è più numeroso, è diretto da uno che chiamano Sciammai, ed è dotato di quell’intransigenza astiosa e retriva che il Vangelo tanto bene ci illustra. 

Gamaliele, circondato da un folto gruppo di discepoli, parla della venuta del Messia e, appoggiandosi alla profezia di Daniele, sostiene che il Messia deve ormai essere nato, perché da una decina d’anni circa, le settanta settimane profetate sono compiute da quando era uscito il decreto di ricostruzione del Tempio. Sciammai lo combatte asserendo che, se è vero che il Tempio è stato riedificato, è anche vero che la schiavitù di Israele è aumentata, e la pace, che avrebbe dovuto portare seco colui che i Profeti chiamavano “Principe della Pace” è ben lontana d’essere nel mondo e specie a Gerusalemme, oppressa da un nemico che osa spingere la sua dominazione fin entro il recinto del Tempio, dominato dalla torre Antonia piena di legionari romani, pronti a sedare con la spada ogni tumulto di indipendenza patria. 

La disputa, piena di cavilli, va per le lunghe. Ogni maestro fa prova di erudizione, non tanto per vincere il rivale, quanto per imporsi all’ammirazione degli ascoltatori. È palese questo intento.  

Dal folto del gruppo dei fedeli esce una fresca voce di fanciullo: “Gamaliele ha ragione”.  

Movimento della folla e del gruppo dottorale. Si cerca l’interruttore. Ma non occorre cercarlo. Non si nasconde. Si fa largo da sé e si accosta al gruppo dei “rabbi”. Riconosco il mio Gesù adolescente. È sicuro e franco, con due sfavillanti occhi pieni di intelligenza.  

“Chi sei?” gli chiedono.  

“Un figlio di Israele venuto a compiere ciò che la Legge ordina”. 

La risposta ardita e sicura piace e ottiene sorrisi di approvazione e benevolenza. Ci si interessa al piccolo israelita:  

“Come ti chiami?”  

“Gesù, di Nazaret”. 

La benevolenza si smorza nel gruppo di Sciammai. Ma Gamaliele, più benigno, prosegue il dialogo insieme ad Hillel. Anzi, è proprio Gamaliele che con deferenza dice al vecchio: “Chiedi al fanciullo qualcosa”.  

“Su cosa fondi la tua sicurezza?” chiede Hillel. (Metto i nomi in testa alle risposte per abbreviare e rendere chiaro). 

Gesù : “Sulla profezia che non può errare nell’epoca e sui segni che l’hanno accompagnata quando fu il tempo del suo avverarsi. È vero che Cesare ci domina. Ma il monde era tanto in pace e la Palestina tanto in calma quando si compirono le settanta settimane, che fu possibile a Cesare ordinare un censimento nei suoi domini. Non lo avrebbe potuto se la guerra fosse stata nell’impero e le sommosse in Palestina. Come era compíto quel tempo, così si sta compiendo l’altro delle sessantadue più una dal compimento del Tempio, perché il Messia sia unto e si avveri il seguito della profezia per il popolo che non lo volle. Potete avere dei dubbi? Non vi ricordate che la stella fu vista dai Savi d’Oriente e che andò a posarsi proprio sul cielo di Betlemme di Giuda, e che le profezie e le visioni, da Giacobbe in poi, indicano quel luogo come destinato ad accogliere la nascita del Messia, figlio del figlio del figlio di Giacobbe, attraverso Davide che era di Betlemme? Non vi ricordate Balaam? “Una stella nascerà da Giacobbe”. I Savi d’Oriente, a cui la purezza e la fede rendevano occhi e orecchi aperti, hanno visto la stella e compreso il suo nome: “Messia”, e sono venuti ad adorare la Luce scesa nel mondo”. 

Sciammai , con sguardo livido: “Tu dici che il Messia nacque nel tempo della stella, a Betlemme- Efrata?”  

Gesù : “Io lo dico”. 

Sciammai : “Allora non vi è più. Non sai, fanciullo, che Erode fece uccidere tutti i nati di donna, da un giorno a due anni d’età, di Betlemme e dintorni? Tu, tanto sapiente nella Scrittura, devi sapere anche questo: “Un grido s’è sentito nell’alto... È Rachele che piange i suoi figli”. Le valli e le cime di Betlemme, che hanno raccolto il pianto di Rachele morente, sono rimaste piene di pianto, e le madri l’hanno ripetuto sui figli uccisi. Fra esse era certo anche la Madre del Messia”. 

Gesù : “Ti sbagli, o vecchio. Il pianto di Rachele s’è volto in osanna, perché là dove essa ha dato alla luce il “figlio del suo dolore”, la nuova Rachele ha dato al mondo il nuovo Beniamino del Padre celeste, il Figlio della sua destra, Colui che è destinato a riunire il popolo di Dio sotto il suo scettro e a liberarlo dalla più tremenda schiavitù”. 

Sciammai : “E come, se Egli fu ucciso?”.  

Gesù : “Non hai letto di Elia? Egli fu rapito dal cocchio di fuoco. E non potrà il Signore Iddio aver salvato il suo Emmanuele perché fosse il Messia del suo popolo? Egli, che ha aperto il mare davanti a Mosè perché Israele passasse a piede asciutto verso la sua terra, non avrà potuto mandare i suoi angeli a salvare il Figlio suo, il suo Cristo, della ferocia dell’uomo? In verità vi dico: il Cristo vive ed è fra voi, e quando sarà la sua ora si manifesterà nella sua potenza”. Gesù, nel dire queste parole, che sottolineo, ha nella voce uno squillo che empie lo spazio. I suoi occhi sfavillano più ancora e, con mossa di imperio e promessa, Egli tende il braccio e la mano destra e li abbassa come per giurare. È un fanciullo, ma è solenne come un uomo.  

Hillel : “Fanciullo, chi ti ha insegnato queste parole?”  

Gesù : “Lo Spirito di Dio. Non ho maestro umano. Questa è la parola del Signore che vi parla attraverso le mie labbra.” 

Hillel : “Vieni fra noi, che io ti veda da presso, o fanciullo, e la mia speranza si ravvivi a contatto della tua fede, e la mia anima si illumini al sole della tua.” 

E Gesù viene fatto sedere su un alto sgabello fra Gamaliele e Hillel, e gli vengono porti dei rotoli perché li legga e spieghi. È un esame in piena regola. La folla si accalca e ascolta. La voce fanciulla di Gesù legge: “Consolati, o mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme, consolatela perché la sua schiavitù è finita... Voce di uno che grida nel deserto: preparate le vie del Signore... Allora apparirà la gloria del Signore...”»  

Sciammai : “Lo vedi, o nazareno! Qui si parla di schiavitù finita. Mai come ora siamo schiavi. Qui si parla di un precursore. Dove è egli? Tu farnetichi!”  

Gesù : “Io ti dico che a te più che agli altri va fatto l’invito del Precursore. A te e ai tuoi simili. Altrimenti non vedrai la gloria del Signore né comprenderai la parola di Dio, perché la bassezza, le superbie, le doppiezze ti faranno ostacolo a vedere e udire.” 

Sciammai : “Così parli ad un maestro?  

Gesù : “Così parlo. E così parlerò fino alla morte. Poiché sopra il mio utile c’è l’interesse del Signore e l’amore alla Verità, di cui sono Figlio. E ti aggiungo, o rabbi, che la schiavitù di cui parla il Profeta, e di cui Io parlo, non è quella che credi, come la regalità non sarà quella che pensi. Ma sebbene per merito del Messia verrà reso libero l’uomo dalla schiavitù del Male che lo separa da Dio, e il segno del Cristo sarà sugli spiriti, liberati da ogni giogo e fatti sudditi dell’eterno Regno. Tutte le nazioni curveranno il capo, o stirpe di Davide, davanti al Germoglio nato da te e divenuto albero che copre tutta la terra e si alza al Cielo. E in Cielo e in terra ogni bocca loderà il suo Nome e piegherà il ginocchio davanti all’Unto di Dio, al Principe della Pace, al Condottiero, a Colui che con Se stesso avrà inebriato ogni anima stanca e saziato ogni anima affamata, al Santo che stipulerà una alleanza fra terra e Cielo. Non come quella stipulata coi Padri d’Israele quando Dio li trasse d’Egitto trattandoli ancora da servi, ma imprimendo la paternità celeste nello spirito degli uomini con la Grazia nuovamente infusa per i meriti del Redentore, per il quale tutti i buoni conosceranno il Signore e il Santuario di Dio non sarà più abbattuto e distrutto.” 

Sciammai : “Ma non bestemmiare, fanciullo! Ricorda Daniele. Egli dice che dopo l’uccisione del Cristo, il Tempio e la Città saranno distrutti da un popolo e da un condottiero che verrà. E tu sostieni che il Santuario di Dio non sarà più abbattuto! Rispetta i Profeti!”  

Gesù : “In verità ti dico che vi è Qualcuno che è da più dei Profeti, e tu non lo conosci e non lo conoscerai, perché te ne manca la voglia. E ti dico che quanto ti ho detto è vero. Non conoscerà più morte il Santuario vero. Ma, come il suo santificatore, risorgerà a vita eterna e alla fine dei giorni del mondo vivrà in Cielo.”   

Hillel : “Ascolta me, fanciullo. Aggeo dice: “... Verrà il Desiderato delle genti. Grande sarà allora la gloria di questa casa, e di quest’ultima più della prima. Vuol forse parlare del Santuario di cui tu parli?  

Gesù : “Sì, maestro. Questo vuol dire. La tua rettitudine ti porta verso la Luce, ed Io te lo dico: quando il Sacrificio del Cristo sarà compiuto, a te verrà pace, poiché sei un israelita senza malizia.” 

Gamaliele : “Dimmi, Gesù. La pace di cui parlano i Profeti, come può sperarsi se a questo popolo verrà distruzione di guerra? Parla e da’ luce anche a me.” 

Gesù : “Non ti ricordi, maestro, cosa dissero coloro che furono presenti la notte della nascita del Cristo? Che le schiere angeliche cantarono: ‘Pace agli uomini di buona volontà’. Ma questo popolo non ha buona volontà e non avrà pace. Esso misconoscerà il suo Re, il Giusto, il Salvatore perché lo spera re di umana potenza, mentre Egli è re dello spirito. Esso non lo amerà, dato che il Cristo predicherà ciò che a questo popolo non piace. Il Cristo non debellerà i nemici coi loro cocchi e i loro cavalli, ma i nemici dell’anima, che piegano a possesso infernale il cuore dell’uomo creato per il Signore. E questa non è la vittoria che Israele si attende da Lui. Egli verrà, Gerusalemme, il tuo Re, cavalcando ‘l’asina e l’asinello’, ossia i giusti di Israele e i Gentili. Ma l’asinello, Io ve lo dico, sarà a Lui più fedele, e lo seguirà precedendo l’asina, e crescerà nella via della Verità e della Vita. Israele per la sua mala volontà perderà la pace e soffrirà in sé, per dei secoli, ciò che farà soffrire al suo Re, che sarà da esso ridotto il re di dolore di cui parla Isaia.” 

Sciammai: La tua bocca sa insieme di latte e di bestemmia, nazareno. Rispondi: e dove è il Precursore? Quando lo avemmo?  

Gesù : “Egli è. Non dice Malachia: ‘Ecco, io mando il mio angelo a preparare davanti a Me la strada; e subito verrà al suo Tempio il Dominatore da voi cercato, e l’angelo del Testamento da voi bramato’? Dunque il Precursore precede immediatamente il Cristo. Egli già è, come è il Cristo. Se anni passassero fra colui che prepara le vie al Signore e il Cristo, tutte le vie tornerebbero ingombre e contorte. Dio lo sa, e predispone che il Precursore anticipi di un’ora sola il Maestro. Quando vedrete questo Precursore, potrete dire: ‘La missione del Cristo ha inizio.’ A te dico: il Cristo aprirà molti occhi e molti orecchi quando verrà a queste vie. Ma non le tue e quelle dei tuoi pari, che gli darete morte per la Vita che vi porta. Ma quando più alto di questo Tempio, più alto del Tabernacolo chiuso nel Santo dei santi, più alto della Gloria sostenuta dai Cherubini, il Redentore sarà sul suo trono e sul suo altare, maledizione ai deicidi e vita ai Gentili fluiranno dalle sue mille e mille ferite, perché Egli, o maestro che non sai, non è, lo ripeto, Re di un regno umano, ma di un Regno spirituale, e suoi sudditi saranno unicamente coloro che per suo amore sapranno rigenerarsi nello spirito e, come Giona, dopo essere già nati, rinascere su altri lidi: ‘quelli di Dio’ attraverso la spirituale generazione che avverrà per Cristo, il quale darà all’umanità la vera vita”. 

Sciammai ed i suoi accoliti : “Questo nazareno è Satana!” 

Hillel e i suoi : “No, questo fanciullo è un profeta di Dio. Resta con me, Bambino. La mia vecchiezza trasfonderà al tuo sapere quanto sa, e tu sarai maestro del popolo di Dio”.  

Gesù : “In verità ti dico che se molti fossero come tu sei, salute verrebbe ad Israele. Ma la mia ora non è venuta. A Me parlano le voci del Cielo, e nella solitudine le devo raccogliere finché non sarà la mia ora. Allora con le labbra e col sangue parlerò a Gerusalemme, e sarà mia la sorte dei Profeti lapidati e uccisi da essa. Ma sopra il mio essere è quello del Signore Iddio, al quale Io sottometto Me stesso come servo fedele per fare di Me sgabello alla sua gloria, in attesa che Egli faccia del mondo sgabello ai piedi del Cristo. Attendetemi nella mia ora. Queste pietre riudiranno la mia voce e fremeranno alla mia ultima parola. Beati quelli che in quella voce avranno udito Iddio e crederanno in Lui attraverso di essa. A questi il Cristo darà quel Regno che il vostro egoismo sogna umano, mentre è celeste, e per il quale Io dico: Ecco il tuo servo, Signore, venuto per fare la tua volontà. Consumala, perché di compierla Io ardo’.  

E qui, con la visione di Gesù col volto infiammato di ardore spirituale alzato al cielo, le braccia aperte, ritto in piedi fra i dottori attoniti, mi finisce la visione. (E sono le 3:30 del 29). 

DUE TIPI DI ISRAELE: Il 29 ottobre e il 2 novembre 1950 Maria Valtorta 106 scrive delle pagine che spiegano il capitolo 11 dell’Epistola di S. Paolo ai Romani, che parla del popolo ebraico. Queste pagine costituiscono le lezioni 45 e 46 del libro che in seguito ha preso come titolo: Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani”. In questo libro, dette lezioni coprono le pagine 267- 274.  

Lezione n° 45.  

La lezione n. 45 spiega l’inizio del capitolo 11 dell’epistola di Paolo. S. Paolo scrive ai Romani questo:  

Rm 11, 1-24: “Io mi chiedo: Ha forse Dio respinto il suo popolo? Certamente no. Non sono anch’io Israelita? Della razza di Abramo, e della tribù di Beniamino? Dio non ha respinto nella totalità il popolo che si è scelto. Ignorate cosa dice la Scrittura a proposito di Elia, quando si intrattenne con Dio per accusare Israele? Signore, essi hanno ucciso i tuoi profeti e abbattuto i tuoi altari. Sono rimasto solo, e cercano di togliermi la vita! Che gli rispose la voce divina? Ho riservato per me 7000 uomini che non si sono inginocchiati davanti a Baal. Così anche oggi sussiste un resto, eletto per grazia. Ma se è per grazia, non è per le opere, altrimenti la grazia non è più grazia.  

Che dire dunque? Israele non ha raggiunto ciò che cercava, ma gli eletti sì. Gli altri, come dice la Scrittura, si sono induriti. Dio ha dato loro uno spirito di torpore: fino a questo giorno hanno occhi per non vedere e orecchi per non udire. Davide dice: che la loro mensa sia per essi un laccio, un tranello e un inciampo in giusta punizione: si offuschino i loro occhi così da non vedere, e riducili a perpetua schiavitù.  

Ancora mi chiedo: la caduta d’Israele è totale e definitiva? No! Ma dalla loro caduta ne è derivata la salvezza ai Gentili, questo per eccitare la loro emulazione. Ora, se la loro caduta ha provocato la ricchezza del mondo, e la loro perdita la ricchezza dei pagani, che mai non farà la loro pienezza!  

A voi Gentili voglio dire questo: come apostolo dei Gentili faccio onore al mio ministero nella speranza di suscitare l’emulazione di quelli del mio sangue, per salvarne almeno alcuni. Ed infatti se la loro esclusione ha provocato la redenzione del mondo, che non farà la loro riammissione se non provocare una risurrezione dai morti? Se le primizie sono sante, lo sarà anche il resto della produzione; se è santa la radice, lo saranno anche i rami. Ma se alcuni rami sono stati tagliati e tu, che eri selvatico, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell’olivo genuino, non disprezzare i vecchi rami! Se ti prende la voglia di vantarti, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. 

Dirai tu certamente: Ma i vecchi rami sono stati tagliati perché vi fossi innestato io! Bene; essi però sono stati tagliati a causa dell’infedeltà, e tu resti innestato per merito della tua fede. Ma non montare in superbia, temi piuttosto! Sappi che se Dio non ha risparmiato quelli che erano rami naturali, tanto meno risparmierebbe te!   

Considera la bontà e la severità di Dio: severità verso quelli che sono caduti, bontà verso di te; a condizione però che tu sia fedele a questa bontà. Altrimenti anche tu verresti reciso. Quanto a loro, se non persisteranno nell’infedeltà verranno innestati di nuovo; Dio ha la potenza di innestarli di nuovo! Ed infatti, se tu hai potuto essere reciso dall’olivo selvatico al quale appartenevi secondo la tua natura, e contro la tua natura hai potuto essere innestato sull’olivo genuino, a più forte ragione essi, che sono della medesima natura dell’olivo genuino, potranno essere innestati di nuovo sul proprio tronco!” 

Spiegazioni (dettate a Maria Valtorta dallo Spirito Santo).  

«La qual riprovazione (di Israele, ndr) non è totale, né perpetua. Se Dio è Giustizia, Egli è anche Misericordia. E che è Misericordia ne è testimonianza l’aver fatto del suo Verbo l’Agnello destinato al sacrificio per la redenzione degli uomini. 

Quindi per ciò non tutto Israele fu riprovato. Perché non tutto Israele era malvagio. Come in ogni società umana, anche in Israele vi erano dei giusti. I più giusti tra esso compresero, seguirono e amarono il Cristo da quando lo conobbero. Altri, meno semplici e meno giusti, attesero ad avere prove potenti per credere che egli fosse il Messia. Altri ancora furono scossi sol dagli estremi miracoli (resurrezione a ascensione). Infine, alcuni si arresero solo quando videro gli Apostoli, rozzi e incolti, mutarsi in evangelizzatori pieni di dignità e sapienza, divenire dei coraggiosi mentre prima erano dei paurosi, degli operatori di miracoli come il Maestro loro, e soprattutto così fermi nella fede da saper tener testa al Sinedrio, rispondendo una e una volta alle ingiuste ingiunzioni dello stesso: “Se sia giusto dinanzi a Dio l’ubbidire a voi piuttosto che a Dio, giudicatelo voi stessi. Per conto nostro, noi non possiamo non parlare di quanto abbiamo visto e udito (Atti 4, 19-20). Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei padri nostri ha risuscitato quel Gesù che voi uccideste appendendolo alla croce. Questo Principe e Salvatore, Iddio lo esaltò con la sua destra, per dare ad Israele penitenza e remissione dei peccati. E ne siamo noi testimoni e quello Spirito Santo che Dio ha dato a coloro che gli ubbidiscono” (Atti 5, 29-32). 

I più giusti tra i capi d’Israele, tra i quali Gamaliele, sommo tra i rabbi di quel tempo, si convertirono allora al Signore Gesù. Perché non tutto dell’uomo e nell’uomo è malvagio, anche se esso non è in tutto giusto. Il peccato d’origine e i peccati della triplice concupiscenza non distruggono tutto quanto è da Dio nell’uomo; ossia tutto quanto è buona tendenza della parte incorporea (spirito e intelletto). La ragione, che solo una demenza può completamente annullare, può sempre aprire la via della verità e della giustizia, illuminarle agli uomini perché, facendo buon uso del loro libero arbitrio, accolgano quanto in principio hanno ripudiato apertamente o stentato ad accogliere, riconoscendolo per vero e per buono, e come mezzo per andare verso la Verità.  

Gli altri d’Israele, “popolo di dura cervice”, sin dai tempi mosaici persistettero nel loro errore, rigettando la fede nel Cristo, ripudiando la sua dottrina, che è via di salute. Pur preconoscendo il Messia, predetto più volte da Dio ai suoi figli, non lo accolsero, anzi lo rigettarono come un peccatore. Perché in essi non era la carità che è vita in Dio e vita di Dio nell’uomo, ma era la superbia che è durezza di cuore e fumo che impedisce di vedere la verità.  

Dio invece, benché enorme fosse la colpa di Israele, non rigettò tutto il suo popolo avendo, come già aveva detto a Elia, riservato da esso un certo numero di uomini che non avrebbero piegato il ginocchio davanti ad idolo alcuno, e che, più o meno rapidamente, sarebbero venuti al Re dei re. A questi resti del Popolo eletto – perché gli altri s’eran fatti, da figli, figliastri di Dio, non riconoscendo il Primogenito per Natura e per Grazia – andò la Grazia, che è il dono che Dio ha predestinato per tutti gli uomini, è vero, ma che va e resta dono a chi non la respinge o se ne spoglia col peccato.  

Così Israele – per voler essere troppo “sommo”, secondo le sue viste, e per essersi assiso coi suoi grandi sulla cattedra di Mosè, senza peraltro vivere secondo la giustizia di Mosè, per volersi ritenere “maestro” al mondo, rendendo impossibile la Legge per il cumulo delle leggicole umane aggiunte e sovrapposte alla Legge, per volersi ritenere giudice anche del Santo dei santi, venuto dal Cielo per riportare Israele alla Giustizia e la Legge alla sua divina e perfetta semplicità per cui ad ogni uomo giusto è possibile metterla in pratica, sia esso giudeo o samaritano, greco o romano – non conseguì la gloria umana che cercava, non la gloria soprannaturale di cui, orgogliosamente, si giudicava già possessore, ma sebbene, meno che per i pochi Ebrei convertiti al Cristo, meritò la punizione del Cielo, l’accecamento, lo stordimento, il laccio, la rete, l’inciampo e la punizione umana che lo fece curvare al suolo sotto i colpi degli oppressori e andare disperso ed inviso, per il mondo e per i secoli.  

Hanno respinto, negato, ucciso il Re dei re, quel Re che avrebbe dato loro un regno senza fine. E re e imperatori, dominatori umani d’ogni tempo, ebbero per castigo e per umiliazione.  

Alla loro superbia fu offerto questo pane: vedersi sostituito come Popolo di Dio dai Gentili, e veder distrutti il Tempio e l’altare e la città, di cui tanto erano orgogliosi sino a mancare di carità per chiunque non ne fosse cittadino per nascita o per elezione a cariche superbe.  

Sprezzarono e si videro sprezzati. Dominarono con scettro di ferro e furono dominati con verghe e catene da quelli che avevano per tanto tempo schernito. Divennero i reietti, e gli altri presero il loro posto. Non ci fu più Gerusalemme e Sinagoga, ma Roma e la Chiesa. Loro, “i primi”, divennero “gli ultimi”, come la Parola onnisciente e onniveggente aveva detto.  

Eppure ancora, poiché Dio da ogni cosa trae un bene, anche se è cosa sostanzialmente cattiva in se stessa, eppure ancora dal delitto dei giudei è venuto il bene ai Gentili.  

Non peggiori ai giudei verso il Cristo, ma pagani, i suddetti Gentili rispettava no in Lui l’uomo dotto e pacifico, l’uomo che non li disprezzava e non insegnava alle turbe a disprezzarli, ma anzi anche con loro, Gentili, era buono. Ma dopo il delitto del Golgota i loro occhi si aprirono alla verità, e nell’uomo buono, pacifico, dotto, capace di miracoli, riconobbero “il Figlio di Dio”, ed a Lui, vivente nella sua Chiesa, si volsero ed ebbero la Vita. 

Ecco dunque che il delitto dei Giudei, delitto di avari per concupiscenza di potere, divenne ricchezza di tesori spirituali ai Gentili che ne erano privi, e la loro (dei Giudei) volontaria scarsezza di comprensione e d’intelletto, che ostinatamente si chiuse respingendo la Luce, preferendo le tenebre alla Luce, fu causa che la Luce andasse ai Gentili, e da questa prima causa venissero le altre: la carità per cui uomini di nazioni nemiche tra loro, o che si odiavano perché dominatori e dominati, gente d’ogni luogo e d’ogni lingua, si riconciliarono tra loro, chiamandosi “fratelli” nel nome del Fratello santissimo venuto a morire per dar loro un’unica Vita, fossero Giudei o Gentili, Ebrei della Diaspora o Greci, Romani, Libici, Egizi, Parti, o Siri.  

Prima sorse, o risorse là dove era morta, la carità che è vita in Dio, e la carità fece sante le primizie e santa la massa, e santa tutta la mistica Vite. Dalle radici – che erano d’Israele per Maria Madre di Gesù, vergine della stirpe di Davide, e per Gesù Unigenito di Lei; per gli Apostoli figli d’Israele, e i discepoli tratti dalle dodici tribù – ai rami nuovi dati dai Gentili, innestati sul suo tronco al posto dei rami che, per non esser voluti rimanere uniti al Cristo, tronco della mistica Vite, ne furono recisi perché morti.  

Santo tutto il Corpo mistico, perché santo il Capo e santa la radice dal cui germoglio purissimo era venuto il Capo. Santi i rami, innestati su esso – anche se, avanti, santi non erano – perché non ripetessero l’antico peccato per cui Adamo perdette la Grazia, e Israele perdette la Grazia e la benedizione di Dio per la quasi totalità del suo popolo.  

Vita ai tralci novelli, vita ad ogni germoglio della Vite, è la carità, linfa divina che alimenta chi non si stacca, per superbia, dal tronco. Perché la superbia porta al dubbio, e sulle verità e sui doveri che, ove non si compiano, rendono invisi a Dio. E dal dubbio viene l’intiepidimento della fede, poscia l’incredulità, poscia la perdita del timor di Dio, poscia la convinzione che Dio è tanto buono da non saper esser mai severo.  

Dio è giusto nella sua bontà. Severo finché l’uomo persiste nel suo peccato, dolce quando l’uomo di esso si pente, pronto più a riammetterlo alla sua amicizia che a condannarlo, felice se di uno, spiritualmente morto, può farne o rifarne un vivo. Ma stolto, Dio non lo è mai.  

Ogni miracolo può operare il Signore, perché infinita è la sua potenza e la sua misericordia, ed infiniti i meriti del Cristo Redentore. Ma una cosa è necessaria per ottenere ogni miracolo: la buona volontà dell’uomo, la sua fede in Dio, la sua speranza nel Signore, la sua carità verso Dio e prossimo, la carità soprattutto, perché essa è il terreno che permette il fiorire di ogni virtù e l’unione con Dio.»  

Lezione n° 46.  

Continuazione del capitolo 11 dell’Epistola di San Paolo ai Romani. 107 

Rm 11, 25-36 «Non voglio infatti che ignoriate questo mistero, fratelli, perché non diventiate presuntuosi: l’indurimento di una parte di Israele durerà finché non saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà le empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati. 

Per quanto riguarda il vangelo, essi sono vostri nemici con vostro vantaggio, per quanto riguarda l’elezione, essi sono amati a causa dei loro padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia per la loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti in vista della misericordia usata verso di voi, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia!  

O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? 

O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.» 

Spiegazioni (dettate a Maria Valtorta dallo Spirito Santo).  

«Uno dei segni della venuta finale di Dio, e del Giudizio che seguirà alla fine del mondo, è la conversione di Israele, che sarà l’estrema conversione del mondo a Dio.  

Perché loro gli ultimi, essi che furono i primi ad essere popolo di Dio? Per decreto eterno e per decreto umano.  

Né paia ingiusto il decreto eterno. Essi, che già primi – anzi: unici – erano nel conoscere le verità soprannaturali, avrebbero dovuto essere i primissimi nel nuovo popolo di Dio: il popolo dei Cristiani; così come Adamo e la sua compagna avrebbero dovuto essere i primissimi del popolo celeste. Ma la volontà non buona fece dei primi gli ultimi. E mentre è detto nella Scrittura che Enoc ed Elia furono, viventi, rapiti da Dio fuor dal mondo, in un altro mondo migliore, per tornare, al giusto tempo, a predicare penitenza e combattere l’Anticristo quando il mondo sarà fatto Babilonia e Anticristo – e ciò per la loro giustizia straordinaria – altrettanto nella Scrittura è detto che per i suoi peccati Israele sarà riprovato da Dio, e da primo diverrà ultimo ad entrare nel Regno di Cristo. 

Adamo è ben figura di ciò che vuol dire cadere nella riprovazione di Dio. Ben egli dovette attendere secoli e millenni negli inferi, nonostante avesse già lungamente espiato sulla Terra il suo peccato, avanti di rientrare nel Paradiso almeno terrestre, dove Enoc ed Elia già da secoli godevano della letificante amicizia di Dio.  

Anche per il popolo ebraico, pur non essendo per esso inesorabilmente chiuso il Regno di Dio per averlo respinto quando poteva accoglierlo, dovranno passare secoli e millenni prima che Israele torni amico di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Prima diverranno “Popolo di Dio” gli altri popoli. Ultimi essi: i giudei. Ultimi, anche se sempre da Sion verranno coloro che saranno salvezza. 

Sion sta qui per dire Israele, e Israele sta qui per dire “popolo dei figli di Dio”. Da Israele venne Gesù. Da Israele vennero Enoc ed Elia, e torneranno. A preparare, questi, il ritorno del Figlio di Dio: il Cristo, perché alla sua venuta l’empietà o l’abominio della desolazione, secondo la parola evangelica, non siano come palude corrotta su tutta la terra e in tutti i luoghi di essa, e perché tutti, anche quelli che per secoli furono protervi, tutti i predestinati alla Vita, l’abbiano prima che il tempo non sia più.  

Tutti, anche Israele. Perché se, come è detto da Colui che è l’incarnata Parola e Sapienza del Padre, i giorni della desolazione saranno accorciati in grazia dei meriti degli eletti, altrettanto è da credersi che non tutto Israele sarà riprovato ed escluso, e ciò in grazia dei meriti dei suoi padri: (i patriarchi, i profeti e i giusti del popolo ebraico). Per la giustizia di questi, Dio userà misericordia e non cancellerà l’elezione degli Ebrei a suo popolo per non separare i padri dai figli e perché Dio non è mutevole nei suoi disegni.  

Pieno di misericordia anche per i pagani e gli idolatri, pieno di misericordia anche per i peccatori che si pentono, non potrà cessare di essere Padre di misericordia per coloro che erano suo popolo e che, per uno zelo non più giusto, perché non misurato, non ordinato – uno zelo che voleva e si riteneva più perfetto dello stesso decreto e volere e disegno di Dio – non seppero credere, accettare, accogliere il Cristo così come Dio Padre lo aveva mandato. 

Anche per gli Ebrei è morto il Cristo. Anzi, nelle sue estreme preghiere dalla Croce raccomandò al Padre gli Ebrei più d’ogni altro popolo, perché erano coloro che più avevano meritato la riprovazione di Dio, e che pertinacemente avevano persistito nel loro errore. 

Perché proprio il Popolo eletto doveva essere il più colpevole? Non poteva Dio impedire che tale divenisse? Come ha folgorato Saul, non poteva folgorare i Principi dei Sacerdoti, i Farisei e Scribi, per convertirli alla Verità e Giustizia? Certo che avrebbe potuto. Ma dove il merito, allora, della loro conversione, non spontanea ma forzata dal potere e dal volere divino?  

Vi fu o non vi fu un motivo imperscrutabile in questa condotta di Dio? Certo che vi fu, perché Dio non fa nulla senza uno scopo ed un fine. Ed ogni fine è giusto, anche se misterioso per i mortali.  

Verrà il momento in cui tutte le cose operate da Dio, incomprensibili ora, vi si sveleranno. Ed allora, insieme a Paolo ripeterete: “O profondità delle ricchezze e della Sapienza e Scienza di Dio!”»  

Johannes De Parvulis

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