ILDEGARDA DI BINGEN
La ricchezza del mondo naturale è strettamente collegata alla vita della grazia. La creazione del mondo porta il sigillo della Trinità. La decisione per l’incarnazione, secondo Ildegarda, fu presa prima del tempo, prima della creazione. Il Figlio è l’immagine del Padre e Dio nel Figlio creò la sua opera, il cosmo. Ildegarda collega l’insegnamento dei quattro elementi all’opera della Trinità: la terra è la materia per l’opera di Dio all’uomo, nel fuoco dello Spirito Santo sono purificati i sensi. Il forte soffio dello Spirito ravviva il desiderio del cibo di vita. Con le forze dell’acqua, lo Spirito ravviva il calore, si scioglie il coagulo del peccato, fa affluire le correnti della verità sull’anima dell’uomo. Così accanto alla struttura cristologica c’è anche quella trinitaria: su questo Ildegarda insiste. Le parole tolte dalla sua terza opera che ora citerò riassumono le dieci visioni che compongono l’opera.
“Dall’operazione di Dio nasce l’uomo, che opera adoperato da Dio: egli nel suo operare deve operare secondo la similitudine di Dio. L’uomo sta ritto davanti al Creatore nel centro del cosmo, a braccia aperte in forma di croce, il capo rivolto in alto alle stelle, guarda verso oriente” –
l’oriente è sempre il segno della salvezza, come il settentrione della rovina; ogni punto cardinale ha un significato simbolico. “La terra è circondata dall’aria lieve e mite, tenuta insieme dall’aria forte e irrorata dalle acque. L’uomo, nel mezzo del cosmo, è circondato dal puro etere ed illuminato dal fuoco, come da un arredo di stelle. Il cosmo stesso è mosso da quattro forti venti spirituali”. Così dice nella terza opera, Le operazioni di Dio. L’uomo è posto nel cuore di Dio, al centro, con le braccia aperte, e intorno a lui, tutto l’universo.
Ogni cosa nel mondo è secondo ordine e misura; non c’è nulla di superfluo o inutile. L’uomo è come uno specchio dell’universo e deve compiere la sua opera insieme alle creature del mondo e con esse deve mantenere un dialogo continuo, un rapporto; è responsabile del mondo e della sua integrità. Tutto quello che vi è nella natura egli deve conoscere e comprendere, non solo in sé, ma anche nel suo valore di segno, di simbolo, e conversando con le cose deve ricevere il loro messaggio. Ogni cosa, oltre al suo fine pratico, ha un significato che l’uomo deve cercare di cogliere, un messaggio: una cosa creata è una parola di Dio, quindi un suo messaggio. Il Cantico delle creature di San Francesco, in una forma più semplice, è molto simile a quello che dice Ildegarda.
L’uomo, che esiste in anima e corpo, è il centro vitale della grande costruzione dell’universo ed in ogni particolare n’è influenzato. Le forze della natura e le leggi che regolano il mondo vanno interpretate a misura dell’uomo. Che noi siamo influenzati dall’universo e da quello che succede attorno a noi, possiamo vedere purtroppo anche in maniera negativa; e non soltanto attraverso il mondo creato, ma anche attraverso il “mondo”, opera dell’uomo. Creazione e redenzione mirano all’uomo, hanno entrambi la stessa realtà salvifica. L’uomo è immerso nel mondo, il quale partecipa con lui alla storia della salvezza. Egli, come pure la natura, non può sfuggire alla sua fondamentale costituzione: la creazione dell’uomo da parte di Dio è chiamata da Ildegarda constitutio, homo constitutus, l’uomo costituito da Dio. Ma con il peccato l’uomo, insieme al mondo, partecipa esistenzialmente al dolore e questa è la situazione dell’homo destitutus, l’uomo decaduto, la
destitutio. C’è per sua grazia l’opera di Dio nell’uomo e quindi il ritorno all’originale struttura: questo sarebbe la restituzione. Ci sono sempre tre passaggi: constitutio, destitutio, restitutio. Possiamo costatare in noi stessi questa situazione: constitutio, siamo noi con la nostra natura così com’è, destitutio, scopriamo i nostri lati difettosi, restitutio, a mano a mano che la grazia di Dio ci conduce alla conversione.
Lo scorrere di tutta la creazione attraverso i tempi, fino alla fine del cosmo e al suo compimento nella parusia del Messia, è visto da Ildegarda in una visione divina. Compendio delle creature, l’uomo deve servire Dio nella creazione del mondo; in un certo senso, deve diventare “creatore” del mondo. Ognuno di noi deve “creare” di nuovo, restituire il proprio mondo in cui vive. Quindi la nostra è una funzione di restituzione: siamo mandati nel mondo, nel piccolo mondo in cui viviamo, la famiglia, il lavoro, la società, per creare ordine, non disordine. L’uomo è insieme opera ed operaio attivo e responsabile, opus operis Dei (=opera dell’operare di Dio), ma nello stesso tempo è l’operaio di Dio, il suo collaboratore.
Sr. ANGELA CARLEVARIS osb
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