giovedì 2 dicembre 2021

L'IMMORTALITA' DELL'ANIMA

 


Contro Alessandro: a) Permanenza e dinamismo dell'anima... 

C'è una certa forza d'attuazione dell'essere in riposo e l'essere  nel riposo non è nel divenire. Inoltre la forza d'attuazione è in  potenza ad attuare, ma quando non attua non cessa d'essere forza  d'attuazione. Ora l'attuazione implica l'esser mossi e il muovere.  Quindi non ogni essere mosso e, a più forte ragione, non ogni  essere movente è nel divenire. Soltanto l'essere che è mosso da un  altro e non muove se stesso è mortale. E non è mortale l'essere che  non è nel divenire. Quindi con certezza e senza possibilità dell'altra  parte di contraddizione si conclude che non ogni essere che muove  è nel divenire. Ma non c'è movimento senza l'essere permanente ed  esso o è vivente o non è vivente. Ma l'essere che non vive è privo  di anima e non si dà forza d'attuazione senza l'anima. Quindi  l'essere che muove senza porsi nel meccanismo non può essere che  viva esseità permanente. Ed è lei che, senza divisioni, muove il  corpo alle singole gradazioni di vita. Quindi non ogni essere che  muove il corpo soggiace al meccanismo. Inoltre il corpo è mosso  soltanto secondo tempo. Si tratta infatti di esser mossi in  successioni più lente o più celeri. Ne consegue che v'è un essere  che muove col tempo, ma non si pone nel divenire. E l'essere che  muove il corpo col tempo, sebbene tenda ad unico fine, non può  tuttavia produrre una molteplicità d'effetti contemporaneamente e  deve produrre una molteplicità d'effetti. Il corpo infatti, da  qualsivoglia forza sia mosso, non può essere completamente uno  perché può essere diviso in parti ed è assurdo un corpo senza parti.  D'altra parte non si dà tempo senza distinzioni di momenti. Anche  se si profferisce una sillaba brevissima, ne puoi udire la fine  soltanto se non odi più l'inizio. Ora per ogni atto che si compie nella  successione si ha bisogno dell'attesa, perché esso si possa  distendere, e della memoria perché si possa contrarre quanto è  possibile. L'attesa è degli avvenimenti futuri, la memoria dei  passati. Ma la coscienza d'agire è del presente. In esso appunto il  futuro diviene passato, sicché l'attesa del termine d'un attuale  movimento del nostro essere fisico si congiunge ad un atto di  memoria. Non è infatti possibile attendere il termine se può  sfuggire l'inizio e perfino la realtà del movimento stesso. Allo stesso  modo la coscienza dell'azione continuata che è presente è  impossibile senza l'attesa del termine che è futuro. Insomma è  reale soltanto ciò che ancora non è reale ovvero non lo è più. In  un'azione quindi vi possono essere momenti appartenenti alle cose  che ancora non si sono verificate. In chi compie l'azione, al  contrario, v'è simultaneamente la serie dei momenti sebbene essi non possano essere simultaneamente. Possono essere dunque in  chi muove, sebbene non possano essere in chi è mosso. Ma tutte le  cose, che non possono essere simultaneamente in un attimo di  tempo e tuttavia sono trasmesse dal futuro al passato, sono di  necessità nel divenire. 


... e quindi suo non divenire; 

3. 4. Ne deduciamo che non è assurdo che vi sia un essere il quale  muove le cose poste nel divenire, ma non è posto nel divenire.  Difatti non è posta nel meccanismo, in chi muove, la coscienza di  condurre al fine voluto l'essere sensibile che è mosso. Inoltre  l'essere sensibile usato come mezzo è posto dal movimento nel  meccanismo per momenti successivi ed è manifesto che la  coscienza di produrre l'effetto rimane fuori del divenire nell'atto che  muove le membra dell'artigiano, il legno o la pietra che egli ha  sotto mano. Non si può dunque dubitare che è logicamente  conseguente quanto è stato detto. Quindi non necessariamente la  soggezione al meccanismo nei corpi prodotta dallo spirito, anche se  esso ne è cosciente, ne comporta la soggezione al meccanismo per  cui si debba ritenere che anche esso soggiaccia a morte. Esso infatti  congiunge all'attuale coscienza la memoria del passato e l'attesa  del futuro. E questi momenti non si concepiscono senza la vita. E  sebbene non si dia corruzione senza il meccanismo né meccanismo  senza il movimento, tuttavia non necessariamente il meccanismo  causa la corruzione né il movimento il meccanismo. Non è assurdo  infatti pensare che il nostro corpo è mosso continuamente da agenti  esterni e che diviene attraverso l'età, ma non per questo che è già  morto, cioè privo di vita. È possibile quindi pensare che lo spirito  non viene perdendo vita nella successione, sebbene soggiaccia a  una certa forma di divenire mediante il movimento. 


b) Esistenza dell'idea nell'anima... 

4. 5. Se nello spirito v'è qualche cosa che non soggiace al divenire  e suppone la vita, ne consegue necessariamente che nello spirito la  vita sia indeficiente. L'argomento è tale che, posta la validità della  premessa, è valida anche la conclusione. Ora la premessa è valida.  È assurdo affermare infatti, per tacere di altri esempi, che il  pensiero matematico è nel divenire, che qualsiasi arte liberale non  è indefettibile in virtù del pensiero, che l'arte liberale non è nel  dotto anche se non la esercita, che è sua indipendentemente dallo spirito, che possa esistere dove non c'è vita, che un essere non  diveniente possa cessar d'esistere, che siano differenti l'arte liberale  e il pensiero. Infatti sebbene l'arte liberale sia definita come un  sistema di vari pensieri, essa tuttavia si può definire con tutta  verità e considerare come pensiero. Ma sia che si interpreti nell'uno  come nell'altro senso, se ne deduce egualmente che l'arte liberale  non soggiace al meccanismo. È egualmente manifesto non solo che  l'arte liberale è nella coscienza del dotto, ma che è soltanto ed  inseparabilmente nella coscienza del dotto. Se infatti essa fosse  separata dalla coscienza, o potrebbe esistere fuori della coscienza,  o non esisterebbe in alcuna parte, o potrebbe per contatto passare  da una coscienza ad un'altra. Ma come l'arte liberale implica  sempre la vita così la vita col pensiero è propria soltanto dell'anima  umana. Allo stesso modo è impossibile che un essere reale non sia  in qualche parte e che ciò che non soggiace al meccanismo cessi in  un determinato momento d'esistere. Se poi l'arte liberale passasse  di soggetto in soggetto per rimanere in uno abbandonando l'altro,  non si può insegnare l'arte liberale se non perdendola ovvero non la  si apprende se non per la dimenticanza o morte di un altro. Ma se  queste conclusioni sono assurde e false come lo sono, l'anima  umana è immortale.

Sant'Agostino

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