Contro Alessandro: a) Permanenza e dinamismo dell'anima...
C'è una certa forza d'attuazione dell'essere in riposo e l'essere nel riposo non è nel divenire. Inoltre la forza d'attuazione è in potenza ad attuare, ma quando non attua non cessa d'essere forza d'attuazione. Ora l'attuazione implica l'esser mossi e il muovere. Quindi non ogni essere mosso e, a più forte ragione, non ogni essere movente è nel divenire. Soltanto l'essere che è mosso da un altro e non muove se stesso è mortale. E non è mortale l'essere che non è nel divenire. Quindi con certezza e senza possibilità dell'altra parte di contraddizione si conclude che non ogni essere che muove è nel divenire. Ma non c'è movimento senza l'essere permanente ed esso o è vivente o non è vivente. Ma l'essere che non vive è privo di anima e non si dà forza d'attuazione senza l'anima. Quindi l'essere che muove senza porsi nel meccanismo non può essere che viva esseità permanente. Ed è lei che, senza divisioni, muove il corpo alle singole gradazioni di vita. Quindi non ogni essere che muove il corpo soggiace al meccanismo. Inoltre il corpo è mosso soltanto secondo tempo. Si tratta infatti di esser mossi in successioni più lente o più celeri. Ne consegue che v'è un essere che muove col tempo, ma non si pone nel divenire. E l'essere che muove il corpo col tempo, sebbene tenda ad unico fine, non può tuttavia produrre una molteplicità d'effetti contemporaneamente e deve produrre una molteplicità d'effetti. Il corpo infatti, da qualsivoglia forza sia mosso, non può essere completamente uno perché può essere diviso in parti ed è assurdo un corpo senza parti. D'altra parte non si dà tempo senza distinzioni di momenti. Anche se si profferisce una sillaba brevissima, ne puoi udire la fine soltanto se non odi più l'inizio. Ora per ogni atto che si compie nella successione si ha bisogno dell'attesa, perché esso si possa distendere, e della memoria perché si possa contrarre quanto è possibile. L'attesa è degli avvenimenti futuri, la memoria dei passati. Ma la coscienza d'agire è del presente. In esso appunto il futuro diviene passato, sicché l'attesa del termine d'un attuale movimento del nostro essere fisico si congiunge ad un atto di memoria. Non è infatti possibile attendere il termine se può sfuggire l'inizio e perfino la realtà del movimento stesso. Allo stesso modo la coscienza dell'azione continuata che è presente è impossibile senza l'attesa del termine che è futuro. Insomma è reale soltanto ciò che ancora non è reale ovvero non lo è più. In un'azione quindi vi possono essere momenti appartenenti alle cose che ancora non si sono verificate. In chi compie l'azione, al contrario, v'è simultaneamente la serie dei momenti sebbene essi non possano essere simultaneamente. Possono essere dunque in chi muove, sebbene non possano essere in chi è mosso. Ma tutte le cose, che non possono essere simultaneamente in un attimo di tempo e tuttavia sono trasmesse dal futuro al passato, sono di necessità nel divenire.
... e quindi suo non divenire;
3. 4. Ne deduciamo che non è assurdo che vi sia un essere il quale muove le cose poste nel divenire, ma non è posto nel divenire. Difatti non è posta nel meccanismo, in chi muove, la coscienza di condurre al fine voluto l'essere sensibile che è mosso. Inoltre l'essere sensibile usato come mezzo è posto dal movimento nel meccanismo per momenti successivi ed è manifesto che la coscienza di produrre l'effetto rimane fuori del divenire nell'atto che muove le membra dell'artigiano, il legno o la pietra che egli ha sotto mano. Non si può dunque dubitare che è logicamente conseguente quanto è stato detto. Quindi non necessariamente la soggezione al meccanismo nei corpi prodotta dallo spirito, anche se esso ne è cosciente, ne comporta la soggezione al meccanismo per cui si debba ritenere che anche esso soggiaccia a morte. Esso infatti congiunge all'attuale coscienza la memoria del passato e l'attesa del futuro. E questi momenti non si concepiscono senza la vita. E sebbene non si dia corruzione senza il meccanismo né meccanismo senza il movimento, tuttavia non necessariamente il meccanismo causa la corruzione né il movimento il meccanismo. Non è assurdo infatti pensare che il nostro corpo è mosso continuamente da agenti esterni e che diviene attraverso l'età, ma non per questo che è già morto, cioè privo di vita. È possibile quindi pensare che lo spirito non viene perdendo vita nella successione, sebbene soggiaccia a una certa forma di divenire mediante il movimento.
b) Esistenza dell'idea nell'anima...
4. 5. Se nello spirito v'è qualche cosa che non soggiace al divenire e suppone la vita, ne consegue necessariamente che nello spirito la vita sia indeficiente. L'argomento è tale che, posta la validità della premessa, è valida anche la conclusione. Ora la premessa è valida. È assurdo affermare infatti, per tacere di altri esempi, che il pensiero matematico è nel divenire, che qualsiasi arte liberale non è indefettibile in virtù del pensiero, che l'arte liberale non è nel dotto anche se non la esercita, che è sua indipendentemente dallo spirito, che possa esistere dove non c'è vita, che un essere non diveniente possa cessar d'esistere, che siano differenti l'arte liberale e il pensiero. Infatti sebbene l'arte liberale sia definita come un sistema di vari pensieri, essa tuttavia si può definire con tutta verità e considerare come pensiero. Ma sia che si interpreti nell'uno come nell'altro senso, se ne deduce egualmente che l'arte liberale non soggiace al meccanismo. È egualmente manifesto non solo che l'arte liberale è nella coscienza del dotto, ma che è soltanto ed inseparabilmente nella coscienza del dotto. Se infatti essa fosse separata dalla coscienza, o potrebbe esistere fuori della coscienza, o non esisterebbe in alcuna parte, o potrebbe per contatto passare da una coscienza ad un'altra. Ma come l'arte liberale implica sempre la vita così la vita col pensiero è propria soltanto dell'anima umana. Allo stesso modo è impossibile che un essere reale non sia in qualche parte e che ciò che non soggiace al meccanismo cessi in un determinato momento d'esistere. Se poi l'arte liberale passasse di soggetto in soggetto per rimanere in uno abbandonando l'altro, non si può insegnare l'arte liberale se non perdendola ovvero non la si apprende se non per la dimenticanza o morte di un altro. Ma se queste conclusioni sono assurde e false come lo sono, l'anima umana è immortale.
Sant'Agostino
Nessun commento:
Posta un commento