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sabato 14 agosto 2021

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


Richiami morali ed ascetici da non trascurare 

Le apparizioni dicono pure che bisognerebbe impegnarsi immensamente di più per la salvezza dell'anima. E ad essa principalmente dovrebbe orientarsi l'apostolato nella Chiesa. Si parla tanto di poveri, di terzo e quarto mondo, di bambini che muoiono di fame. In proposito, si pensi a tutte le campagne umanitarie, sempre poche di fronte ai reali bisogni esistenti e sempre da incoraggiare e benedire. Si piange e ci si rattrista giustamente al pensiero che milioni di uomini muoiono di fame. Però non si piange quasi mai sui peccatori che rischiano la vita eterna. Il Papa Benedetto XVI ha detto nel suo Messaggio per la Quaresima 2006: "In nessun modo è possibile separare la risposta ai bisogni materiali e sociali degli uomini dal soddisfacimento delle profonde necessità del loro cuore". "Anche oggi – aggiunge -, nel tempo della interdipendenza globale, si può constatare che nessun progetto economico, sociale o politico sostituisce quel dono di sé all'altro nel quale si esprime la carità. Chi opera secondo questa logica evangelica vive la fede come amicizia con il Dio incarnato e, come Lui, si fa carico dei bisogni materiali e spirituali del prossimo. Lo guarda come incommensurabile mistero, degno di infinita cura ed attenzione. Sa che chi non dà Dio dà troppo poco, come diceva la beata Teresa di Calcutta: 'La prima povertà dei popoli è di non conoscere Cristo'. Perciò occorre far trovare Dio nel volto misericordioso di Cristo: senza questa prospettiva, una civiltà non si costruisce su basi solide". Le parole del Papa spaziano certamente su un più vasto orizzonte, ma sono tali che comprendono anche lo stato di povertà di coloro che, per il peccato, sono a rischio continuo di eterna salvezza. E perciò bisogna senz'altro ammettere che a vincere questa rovinosa povertà si fa troppo poco, se non niente addirittura. La Madonna di Fatima dice che molte anime vanno all'inferno perché nessuno prega per loro. Non ignoriamo che ci sono nella Chiesa tante anime eroiche che offrono la propria vita, che si immolano per implorare misericordia. Ma, data la tremenda realtà dell'inferno, bisognerebbe fare immensamente di più e ogni anima dovrebbe prodigarsi per i poveri peccatori. È soprattutto questo l'amore del cristiano autentico. 

"Quando ritornai in me, - dice Suor Faustina - non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la Misericordia di Dio per loro. O mio Gesù, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo nelle più grandi torture, piuttosto che offenderti col più piccolo peccato". 

Padre Antonio Maria Di Monda

giovedì 8 luglio 2021

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


Richiami morali ed ascetici da non trascurare 


Le suddette visioni dei Santi costituiscono un invito a parlare del peccato, di quello impuro soprattutto. Almeno in alcune di esse, si insiste a denunciare il triste ruolo che ha l'impurità nella dannazione delle anime: sono tanti a dannarsi per questo peccato. Bisogna insistere nella predicazione sul peccato perché se n'è perduto del tutto il senso. Il che significa che niente più è peccato per la mentalità corrente; e in niente più si vede il peccato. Trasgredire allegramente i precetti di Dio e della Chiesa; favorire e soddisfare le tendenze anche più abnormi; porre come metro assoluto il proprio io; accogliere e propalare le dottrine più strampalate e in pieno contrasto col Vangelo, ecc. ecc., tutto è niente. Per cui né ci si pente né si ritiene materia di confessione. Se ne può avere un'idea da certe confessioni: anime cariche di peccati gravissimi e mortali riducono la loro confessioni - quando si degnano di confessarsi - a... qualche parola...; a qualche bugia e... basta! È lo stato d'animo di innumerevoli uomini e donne che, immersi fino al collo nel disordine morale, vivono tranquilli e sicuri, contenti magari di vedersi "buoni" nel fondo del cuore e di non far male a nessuno. Le visioni dei Santi spingono a parlare del peccato e soprattutto del peccato impuro, generalizzatosi nelle sue forme anche più repellenti e portato addirittura in trionfo come una conquista di libertà. Se ne deva parlare, non perché il peccato impuro è il più grave, ma perché è certamente quello in cui incorre la quasi totalità degli uomini, ed è quello che più facilmente fa perdere la fede e trascina all'inferno. Una situazione morale, quella odierna, disastrosa. E tuttavia gli annunciatori della Parola di Dio, vescovi e sacerdoti e cristiani impegnati esitano più che mai a parlarne. È questo - oltre tutto - uno dei tanti segni di una crisi tremenda della Chiesa di oggi, crisi avvertita anche da laici. Uno di questi, Sergio Quinzio, mette in bocca ad una sua creatura letteraria, Papa Pietro, queste parole: "Dobbiamo prendere atto dell'apostasia della Chiesa che elude lo scandalo della fede, che lo stravolge in ciò che fede non è, riducendo a etica la salvezza escatologica, e perciò se ne fa un'opera ragionevolmente umana". E conclude: "Bisogna avere il coraggio di riconoscere che in tempi recenti la verità cristiana non è stata più annunciata nella sua integrità, ma via via ne sono stati accentuati sempre più marcatamente i risvolti e le implicazioni compatibili con la sensibilità degli uomini ... moderni. Il cristianesimo si è praticamente ridotto così, agli occhi dei più, ad una forma di umanesimo (...). Dai supremi pastori della Chiesa fino alle più umili omelie che si pronunciano tutte le domeniche nelle nostre Chiese, il discorso che viene proposto è ormai, quasi sempre, un discorso soprattutto etico, sociale, politico, economico. Non è esagerato dire che, in questo senso, il Magistero ha abdicato al proprio compito. La Chiesa, in quanto istituzione, sembra non avere più il coraggio di proclamare la propria fede. Tutto fa pensare che se ne vergogni, o addirittura finga di credere ancora ciò in cui in realtà non crede più". Come non vedere pure che la scomparsa completa del peccato nell'annuncio della Parola è certamente una delle cause più importanti del generale abbassamento di tono e di fervore della vita cristiana e del rilassamento, sempre più preoccupante, dei costumi? Sì, lo sappiamo bene, le polemiche nel mondo riguardo al sesso sono tante da tutte le parti e da tutti i settori. La Chiesa è accusata di essere sessuofoba; ci si scaglia contro teologi e moralisti accusati di esagerare su questo peccato; si reclama libertà assoluta in fatto di contraccettivi, di mode, di tutte le forme di trasgressioni del sesto comandamento. Si ha l'impressione che il mondo sia impazzito, una volta cancellata o messa da parte la prospettiva della vita o morte eterna. Le visioni dei Santi invitano energicamente a riflettere. È da ribadire ancora una volta che gli annunciatori della Parola di Dio hanno il dovere sacrosanto di predicare a tutte le creature tutto quello che Cristo ha insegnato. E noi sappiamo che nell'insegnamento del Cristo, il peccato, i novissimi, in particolare l'inferno, hanno un posto di tutto rilievo. La lotta alle cattive tendenze, il peccato anche solo di pensiero, il tema della conversione radicale, la realtà dell'inferno si affermano quasi ad ogni pagina del Vangelo. Non si possono illudere le anime con le sole belle parole di amore, di misericordia, ecc. Di fronte, anzi, ad una società che sembra piombata in un coma profondo irreversibile, è più che mai urgente una terapia d'urto, un possente elettroshock che faccia aprire gli occhi su una situazione morale, che potrebbe diventare tragica. Certo, - lo ripetiamo ancora - se si vuole, si può cancellare dalla vita ogni esigenza morale; si può ostinatamente negare l'esistenza dell'inferno. Ma è questa la realtà? Non serve a niente ostinarsi pervicacemente a negare l'esistenza di un muro: andandovi a sbattervi contro, nonostante la contraria persuasione soggettiva, ci si romperà certamente la testa! È quanto, in soldoni, vogliono dirci i Santi con le loro apparizioni o visioni. 

Padre Antonio Maria Di Monda

mercoledì 5 maggio 2021

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


Richiami morali ed ascetici da non trascurare 

Le visioni dei Santi sono un grande richiamo di amore a non fare la stessa fine dei dannati. Da rilevare, che visioni o "discese" all'inferno si moltiplicano, sembra, nel secolo XX, il secolo della maledizione, del peccato e dell'apostasia generale dalla fede; o "come stato autorevolmente e insospettabilmente definito "il secolo delle idee assassine", "il secolo del male", "il secolo dei martiri", "il secolo dei genocidi". Non è soprattutto in questo secolo che l'attaccamento alla vita terrena e alla carne e al sesso hanno raggiunto punte da capogiro? Esse, perciò, sono oltre tutto grandi richiami di un amore santo che non si dà per vinto. Richiami fecondi di applicazioni morali ed ascetiche per chi vuol capire. Vediamone almeno qualcuna. 

1. Dette visioni sono richiami a non lasciarsi illudere da mode e correnti di pensiero che si allargano sempre più, fino a far credere vero quello che è solo una colossale menzogna. E cioè, a coloro che si illudono che Dio, essendo amore e misericordia infinita non dannerà nessuno all'inferno, le visioni dei Santi - anche di Santi che magari più hanno parlato di amore e di misericordia divina (si pensi soprattutto a Santa Faustina Kowalska) - ribadiscono le tremende verità dell'inferno. Sr. Faustina constaterà che i dannati visti da lei erano, in gran parte, quelli che non credevano all'inferno. I Santi fanno risuonare alto il monito che l'inferno esiste per davvero: illudersi è da pazzi. La semplice prospettiva di correre rischio di dannarsi, sempre possibile, dovrebbe spingere ad evitarlo con tutte le forze. E di fronte alla prospettiva di un naufragio totale si accetteranno pure tutte le sofferenze e le umiliazioni e le miserie, che può riservare il percorso terreno. I Santi dicono che è necessario persuadersi che questa vita che meglio si direbbe, secondo S. Agostino, una vita che muore o una morte che vive, non è la vita vera, ma solo un percorso per arrivare al porto della eternità. La Madonna lo dirà chiaramente a Medjugorje: "Molta gente sulla terra è ormai convinta che, dopo la morte, sia tutto finito. Ma questo è un grande errore. Qui siete solo di passaggio. Dopo la morte c'è l'eternità". È significativo che Dio e la Madonna facciano vedere a veggenti e a Santi, oltre al purgatorio e al paradiso, anche l'inferno. Non è un chiaro segno che tutta la vita - vissuta più a livello materiale o più a livello spirituale - ha come traguardo la vita eterna, che può diventare morte eterna? Oggi si crede così poco all'inferno, con quali conseguenze è facile immaginare. E sono non pochi ad insegnare o a seminare dubbi su questa tremenda e misteriosa realtà. Ma i Santi vi credevano - ce lo dicono le testimonianze addotte - e come! Mi piace, anzi, concludere questo punto con un'altra testimonianza di S. Giovanni Bosco, di cui pure qui si è parlato. Non tenendo conto della "ininterrotta tensione escatologica che emerge violenta dai Vangeli e che per quasi venti secoli ha dominato nella cultura cattolica, compendiata nei 'novissimi' - morte, giudizio, inferno o paradiso - (...) si ecclissa il sensus stesso del cristianesimo tradizionale, che ruotava attorno a queste quattro impressionanti meditazioni. Era talmente forte questa trepidazione del poi, che don Giovanni Bosco, il fondatore dei Salesiani, dedicava sei su sette delle meditazioni che proponeva ai suoi ragazzi durante la settimana alla contemplazione della morte, del giudizio di Dio e della dannazione eterna ...una sola al paradiso. Oggi i reverendi salesiani riderebbero di queste truculente ingenuità cui il loro Fondatore dava tanto rilievo". E tuttavia, con tutte le perplessità o obiezioni che può suscitare detto dogma, il meglio sarebbe sempre schierarsi dalla parte più sicura. E la parte più sicura non può essere quella degli intellettuali o presunti tali o quella dei viziosi e superficiali della vita. Forse non aveva torto Baudelaire. "Baudelaire, uno che di demoni se ne intendeva - ci dice Messori - voleva denunciare ai giudici di Parigi (per interesse personale mascherato, in modo truffaldino, da difesa della civiltà e da lotta contro la superstizione) i gazzettieri del suo tempo: Questi signori, i quali giurano che inferno e diavoli non esistono e che inveiscono contro chi ci crede ancora, hanno, con tutta evidenza, buoni motivi personali per farlo. Se non temessero nulla, riderebbero. Se si arrabbiano, è perché temono".

 2. Dette apparizioni o visioni sono un richiamo a salvare soprattutto l'anima. Esse ci dicono implicitamente: a che serve possedere il mondo intero se si dovesse perdere l'anima? A Suor Consolata Betrone che, nella guerra 40-45, supplicava incessantemente perché mettesse fine all'orrenda carneficina soprattutto di giovani generazioni, Gesù le rispose: "Vedi, Consolata, se oggi Io concedessi la pace, il mondo ritornerebbe nel fango... la prova non sarebbe sufficiente... ". Quanto ai giovani inviati al macello: "Oh, non è meglio due, tre anni di acerbe, intense, inaudite sofferenze e poi un'eternità di gaudii; che una intera vita di dissolutezze e poi l'eterna dannazione? (...) Oh, quanta gioventù ringrazierà in eterno Dio per essere periti in questa guerra, che li ha salvati eternamente". Salvare prima di tutto l'anima propria e adoperarsi a salvare pure quelle dei fratelli. "L'anima è l'unica cosa - scrive P Faber - che meriti cura. Pensate un istante al significato di esser dannato, e dannato eternamente! Chi può approfondirne l'orrore? Chi può dipingersi adeguatamente la grandezza della rovina, la vastità della sciagura, gli insopportabili tormenti, l'irrimediabile ferocia della disperazione? Pure S. Teresa vide le anime umane quotidianamente affollarsi sulla soglia dell'inferno, e cadervi fitte come cadono le frondi per vento autunnale. Gesù stette tre ore pendente dalla sua croce per ciascuna di quelle anime perdute! Esse potrebbero ora essere tutte fulgidamente raggianti e belle nella corte celeste! Forse esse ci amarono, furono da noi riamate, e v'era molto di amabile in esse. Un dì furono generose, affabili, disinteressate; ma esse amarono il mondo e furono padroneggiate dalle loro proprie passioni; e benché non ci pensassero, crocifissero di nuovo Nostro Signore; ed ora sono perdute, dannate eternamente!" 

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Padre Antonio Maria Di Monda

lunedì 12 aprile 2021

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


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10. La visione di satana forma il tormento dell'inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Ritorna qui - soprattutto nella visione della Emmerick - il confronto col cielo: i beati sono felici nella visione di Dio che è la fonte e la radice di tutti i loro beni; i dannati sono tormentati incredibilmente nella loro visione del loro massimo nemico e artefice in parte della loro dannazione. 11. L'inferno è il luogo della giustizia: "Mira e guarda bene questo luogo - dice il Signore a S. Veronica Giuliani - che non avrà mai fine. Lì sta per tormento la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno". E tuttavia, anche nell’inferno, secondo S. Caterina da Genova, splende in qualche modo la misericordia di Dio, perché: "La pena dei dannati non è già infinita in quantità, imperciocché la dolce bontà di Dio spande il raggio della sua misericordia anche nell'inferno. Perché l'uomo morto in peccato mortale, merita pena infinita, e tempo infinito di essa pena. Ma la misericordia di Dio ha fatto solo il tempo della pena infinito, e la pena terminata in quantità: imperciocché giustamente gli avrebbe potuto dar molto maggior pena che non gli ha dato. Oh quanto è pericoloso il peccato fatto con malizia! Perché l'uomo con difficoltà se ne pente, e non pentendosi esso, sempre sta la colpa, la quale tanto persevera, quanto l'uomo sta nella volontà del peccato commesso, o di commetterlo" (n.9). 12. L'inferno è eterno soprattutto perché nessun dannato chiederà mai perdono a Dio. La Madonna dice ai veggenti di Medjugorje: "L'inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere (siamo noi a sottolineare) ricevere più niente da Dio, hanno scelto liberamente di essere lontani da Dio, per sempre!". L'inferno è una scelta libera dei dannati. Ancora la Madonna di Medjugorie dice ai veggenti: "Dio ha donato a ciascuno la libertà. Sulla terra ognuno può decidersi per Dio o contro Dio. Certe persone sulla terra fanno sempre tutto contro Dio, contro la sua volontà, pienamente consapevoli: cominciano così l'inferno nel loro cuore; quando viene il momento della morte, se non si pentono, è lo stesso inferno che continua". 13. I dannati, appena morti, si precipitano da se stessi nell' inferno, vi si gettano come se desiderassero sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire. Anche qui si trova riscontro in S. Caterina da Genova che così scrive: "Siccome lo spirito netto e purificato non trova luogo, eccetto Dio, per suo riposo, per essere stato a questo fine creato, così l'anima in peccato non ha altro luogo se non l'inferno, avendole ordinato Dio quel luogo per fin suo. Però, in quell'istante che lo spirito vien separato dal corpo, l'anima va all'ordinato luogo suo senz'altra guida, eccetto quella che ha la natura del peccato; partendosi però l'anima dal corpo in peccato mortale. E se l'anima non trovasse in quel punto quella ordinazione, procedente dalla giustizia di Dio, rimarrebbe in maggiore inferno che non è quello, per ritrovarsi fuori di essa ordinazione, la quale partecipa della divina misericordia, perché non dà all'anime condannate tanta pena, quanta esse meritano. Perciò, non trovando luogo più conveniente, né di minor male per loro, spinte dall'ordinazione di Dio, vi si gettan dentro, come nel suo proprio luogo" (n.12). Di fronte alla luce possente di Dio e alla sua Maestà il dannato si vede tanto abietto e miserabile da non poterne assolutamente sopportare la vista e la presenza, e perciò fugge, si inabissa. Succede un po' la stessa cosa tra gli uomini. Chi, invitato a un gran banchetto, si accorgesse all'ultimo momento di aver la faccia sporca, scapperebbe via dalla vergogna. Si potrebbe dire, quindi, che non è Dio prima di tutto a scacciare il dannato, ma lui stesso: "Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre?" (2 Cor 6,14). Tenebra e luce, deformità e santità, disordine e ordine perfettissimo non possono coesistere o convivere. Il dannato fugge dalla vista di Dio e poi lo odia pure. Demoni e dannati, tutti si scagliano contro di Lui, odiandolo e maledicendolo. "La montagna viva - afferma tra gli altri S. Veronica Giuliani - era un clamore di maledizioni orribili ". Un odio spaventoso, inestinguibile e senza ragione. Il dannato mai potrà accusare Dio di essere Lui, sia pure in qualche modo, la causa della sua dannazione. L'odio allora si spiega perché strutturalmente la luce non è la tenebra, e la grazia non è il peccato. L'una nega l'altro, l'una si oppone radicalmente all'altro. Ma i dannati non possono non odiare e non maledire chi è in uno stato felice del tutto opposto al loro. Da aggiungere pure che il dannato si sente condannato e svergognato anche dalla semplice presenza di Dio, anche senza parlare. Così come un'anima santa, pur senza dire niente, accusa e condanna i cattivi. 14. I demoni dispensano pene e sofferenze inaudite nel loro odio .... Incapaci ormai di poter amare, essi non hanno altra gioia - se di gioia si può parlare - che di far soffrire al massimo tutti gli altri. Per lo più si rischia di andare all'inferno perché si vuol fare quello che si vuole, si pecca, si trasgredisce la legge con l'illusione di essere liberi e non esseri sottomessi a nessuno. Tragica illusione, l'uomo non può essere assolutamente libero. O se si è schiavi della giustizia, schiavitù che in effetti è splendida affermazione di vita e di dominio di sé e quindi di vera libertà; o si è schiavi dell'empietà che è vera e tremenda schiavitù che porta alla morte: "Non sapete voi che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell'obbedienza che conduce alla giustizia?" (Rom 6,16). "E’ sempre accaduto secondo l'eterna e giusta legge di Dio che chi non ha voluto essere governato secondo dolcezza, si governa da sé quasi come castigo, e chi di propria volontà ha respinto il giogo soave e il lieve peso della carità, ha dovuto reggere di mala voglia il peso insopportabile della propria volontà. Perciò con un criterio mirabile e giusto la legge eterna ha messo in posizione contraria a sé ed ha conservato sottoposto a sé chi l'aveva fuggita, dato che egli non ha potuto sottrarsi per le sue colpe alla severità della giustizia e, soggetto al suo potere, ma escluso dalla felicità, non è riuscito a rimanere a Dio nella sua luce, nella sua pace, nella sua gloria". E Dio fa di tutto perché le anime siano preservate da sì spaventosa sorte. Ci sono mille argomenti che provano come il Signore ricorra a tutti i mezzi per salvare gli uomini. Egli li vuole salvi e felici con Lui. Per questo egli insiste, spinge, esorta, corregge, spaventa affinché l'anima capisca ed operi secondo il suo vero vantaggio spirituale. Di questa volontà salvifica di Dio è prova anche questa stessa molteplicità di visioni. Ma, in proposito ascoltiamo anche un messaggio dato a Suor Menendez. Il 10 giugno del 1923 le apparve Gesù: aveva una bellezza celestiale improntata a sovrana maestà. La sua potenza si manifestava nel tono della voce. Queste le sue parole: "Josepha, scrivi per le anime". Voglio che il mondo conosca il mio Cuore. Voglio che gli uomini conoscano il mio amore. Lo sanno ciò che ho fatto per loro? Gli uomini cercano la felicità lontano da me, ma inutilmente: non la troveranno. A Suor Benigna Consolata Ferrero, Gesù confiderà un giorno, dopo averle mostrato l'inferno: "Vedi, Benigna, quel fuoco!... Sopra a quell'abisso io ho steso, come un reticolato, i figli della mia misericordia, perché le anime non vi cadano dentro. Quelle però che si vogliono dannare, vanno lì per aprire con le proprie mani quei fili e cadere dentro e una volta che vi sono dentro neppure la mia bontà le può salvare. Queste anime sono inseguite dalla mia misericordia molto più di quanto sia inseguito un malfattore dalla polizia, ma esse sfuggono alla mia misericordia". Sr Faustina dice: "Quando ritornai in me, non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la Misericordia di Dio per loro. O mio Gesù, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo nelle più grandi torture, piuttosto che offenderTi col più piccolo peccato". 

Padre Antonio Maria Di Monda

domenica 24 gennaio 2021

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


Anche nell'inferno esiste un ordine e una gerarchia: 

Anche nell'inferno c'è un ordine: chi ha peccato di più e più gravemente, soffre più spaventosamente degli altri che hanno peccato meno e con meno responsabilità. E più grande è il peccato commesso, più mostruosi si è: nella visione dei tre fanciulli di Fatima "I demoni si distinguevano per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti". Le differenze notate (i dannati erano come braci trasparenti e nere o abbronzate) rispondono molto probabilmente alle diverse forme di tormenti dati per i peccati specifici, oppure vogliono sottolineare che non tutti sono colpevoli allo stesso modo e nella stessa misura. Per questo perciò esistono nell'inferno vari reparti, raffigurati forse in quelle montagne, l'una diversa dall'altra dalla quale i dannati si precipitano nell'abisso. Spalancatasi infatti la montagna e apertisi i suoi fianchi, Santa Veronica vede una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestano le anime le quali urlano disperate. A questa montagna seguono altre montagne più orride, le cui viscere sono teatro di atroci e indescrivibili supplizi. Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. "E a quest'arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati". In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (son quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l'inferno. All'improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell'altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano. I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d'un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d'immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero.  "I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai vivente può immaginare". Nel fondo dell'abisso ci sono i gerarchi dell'inferno. Qui, infatti, Santa Veronica vede un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell'abisso. La Santa nota che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Alla domanda agli angeli di chi fossero quelle anime, ella riceve questa terribile risposta: "Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi". Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati. Dunque non è la stessa cosa meritare l'inferno per un solo o per molti peccati mortali. Il peccato pesa sempre spaventosamente ed è sempre gravido di conseguenze. 

Padre Antonio Maria Di Monda

giovedì 31 dicembre 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


L'inferno rinserra quanto il mondo produce di corruzione e di errore, essendo di tutto questo continuazione e sviluppo e anche rivelazione totale. Ogni dannato ha sempre presente questo pensiero: che i tormenti da lui sofferti sono il frutto naturale e giusto dei suoi misfatti. Come tanto spesso sono i peccati nel mondo a produrre paurosi disastri. Conferme a questa dottrina ce ne sono tante, specie negli scritti dei SS. Padri, come S. Agostino. Ma mi piace qui riportare una testimonianza di una Santa (o candidata alla canonizzazione) dei nostri tempi, Edvige Carboni. Prima che scoppiasse la terribile seconda guerra mondiale Edvige ne fu avvertita a più riprese. Per es., la Madonna le disse: "Verrà fra pochi mesi una terribile guerra. Io sto trattenendo il braccio del mio Figlio sdegnato per le mode immodeste e altri peccati orribili, ma non riesco a placarlo". Nel settembre 1941 in una visione Gesù così disse a Edvige: "Figliola, io agli uomini ho dato la libera volontà di operare come a loro piace. Il mondo è tanto cattivo, che sono stato costretto ad abbandonarlo a se stesso. Non sono io che ho mandato la guerra, no, no. Sono i peccati degli uomini che hanno attirato il presente pagello; sono i capi, che fanno da soli. E io interverrò, quando vedrò che gli uomini non possono fare più niente. Allora salverò la mia Sposa, la Chiesa". Nell'inferno si aduna dunque tutta la sozzura del mondo. Se in cielo gli effetti dei peccati dei salvati sono stati cancellati dalla misericordia di Dio; gli effetti invece delle iniquità dei dannati sono come accumulati nell'inferno, che appare, così, come una specie di immondezzaio dove vanno a finire tutti i rifiuti non riciclati. E così si ripresenta, una volta di più, la visione di due realtà contrapposte, di due città, la città dell'odio e della discordia, della mostruosità e dell'infelicità eterna, e la città dell'amore e della bellezza e della felicità perenne. 

Questo pensiero - che è soprattutto della beata Emmerick, Suora agostiniana - richiama istintivamente alla mente La Città di Dio di S. Agostino. "Due amori - egli dice - hanno dunque fondato due città: l'amore di sé portato fino al disprezzo di Dio, ha generato la città terrena; l'amore di Dio, portato fino al disprezzo di sé, ha generato la città celeste". Ed è sempre S. Agostino a dirci che la sede definitiva dei cittadini della Città di Dio è il cielo, il paradiso; per gli abitanti della città terrena è l'inferno. 

Padre Antonio Maria Di Monda

domenica 27 settembre 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI

 


Nell'inferno regna pure la tenebra, la notte fonda: in tutte le visioni si parla di tenebre. "Non v'era luce ma tenebre fittissime; eppure quanto poteva dar pena alla vista, si vedeva ugualmente nonostante l'assenza della luce" (S. Teresa). Luogo oscurissimo (S. Veronica). Non c'è che dire, è sempre in atto la stessa logica: il peccato è la negazione di Dio che è luce, vita, bellezza, la verità, l'amore, la fonte in una parola di tutti i valori. Coloro perciò che hanno rifiutato la luce, saranno perennemente nelle tenebre più fitte, perché l'opposto alla luce è appunto la tenebra, la notte, il simbolo di ogni negazione. Chi rifiuta la luce non può che vivere nella tenebra. Tenebra già nella vita terrena e tenebra paurosa nell'inferno. Ma pur nel buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio. 

Nell'inferno è bandito l'amore. Nelle cavernose prigioni e orrendi deserti e laghi dell'inferno - dice la Emmerick - ferve l'eterna e terribile discordia dei dannati. Nell'inferno cioè non può esistere l'amore, perché vi predomina assoluto l'odio verso tutto e verso tutti e anche tra dannato e dannato. Senza amore vi ferve la discordia. La discordia è il contrario della concordia, che è un effetto della carità, dell'amore. La concordia infatti "deriva dal fatto che la carità unisce i cuori di persone in una data cosa, che è principalmente il bene divino, e secondariamente il bene del prossimo". "La discordia è figlia della vanagloria, perché ciascuno degli oppositori si fissa sul proprio punto di vista, senza cedere all'altro; ed è una proprietà della superbia e della vanagloria cercare la propria eccellenza". Nell'inferno non può esserci né pace né amore, e perciò, non potendovi esistere né compagnia né associazione di sorta, vi regna pure la più spaventosa solitudine. Non per nulla è stato detto del diavolo che egli è l'essere non più capace di amare. Ma lo stesso deve dirsi di tutti i dannati. Deve dirsi allora che l'inferno sono gli altri, come ha scritto Sartre. Ciò è vero in pieno proprio nell'inferno dove l'inferno sono gli altri ai quali si vuol fare del male e dai quali si riceve tutto il male possibile. Che se è avvenuto, e può sempre accadere, che qualche dannato - rifacendoci a fatti storici - avverte parenti o amici e conoscenti di stare nell'inferno, esortando a cambiare la vita per non fare la stessa fine, ciò non è dettato da amore o sana preoccupazione. Si tratta solo di misteriosi interventi che i dannati spesso sono costretti a fare, solo perché così vuole Dio nei suoi imperscrutabili disegni. Anche per questo le pene dell'inferno mai potranno attenuarsi: l'amore, da solo, sarebbe già un grande lenimento alle orrende sofferenze. 

Padre Antonio Maria Di Monda

venerdì 28 agosto 2020

Se si comprendesse che, assieme a satana, è il peccato il grande nemico dell'uomo!



L'INFERNO VISTO DAI SANTI

L'inferno è lo svelamento completo del peccato. Si ripete da tutte le parti che il peccato è veleno e morte, sconquasso e squilibrio, suicidio e dannazione. Difficile però vedere sulla terra il peso del suo veleno e l'entità della sua vera essenza. È soprattutto nell'inferno che il peccato, come dice la beata Emmerick, operando in pienezza in tutta la sua virulenza, matura e sviluppa tutto il suo carico di mostruosità e di morte. "L'inferno - dice lei - rinserra quanto il mondo produce di corruzione e di errore. Quanto si sente e si vede di orribile all'inferno è l'essenza, la forma interiore del peccato scoperto". L'inferno è perciò anche la continuazione dell'inferno del cuore, voluto dai peccatori con i loro peccati. Se si comprendesse che, assieme a satana, è il peccato il grande nemico dell'uomo! Come far capire poi che arrivare addirittura ad esaltare il peccato come segno di distinzione e di grandezza, è il massimo della stupidità e della pazzia? Ma purtroppo di tali "pazzi" il mondo, in ogni epoca, ne è stato sempre pieno! 

Padre Antonio Maria Di Monda

martedì 28 luglio 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



Qualche considerazione teologica

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Nell'inferno non solo esistono mostri paurosi, ma ovunque vi predomina il mostruoso, l'orrido, perché tale è il peccato, il mostro per eccellenza, che strappa all'anima il benessere e la vita, e la deforma, facendole perdere ogni dignità. Per questo, come abbiamo visto, i dannati si gettano da soli in quel fuoco, e quando ne escono assomigliano a belve feroci, che bestemmiano e gridano il loro odio e la loro ribellione. Talmente cambiati e sfigurati che si stenta a crederli esseri umani. Santa Veronica vede i dannati apparire prima come bestie legate di diverse specie, ridiventati poi uomini, ma tanto spaventevoli e brutti, da incutere più terrore dei demoni stessi. Tali anime sono morte e divenute come bestie per il peccato. Non c'è che dire. Anche i veggenti di Medjugorje affermano: "Abbiamo visto gente assolutamente normale, come quelli che si incontrano per la strada, che si gettavano da soli in quel fuoco. Quando ne uscivano assomigliavano a belve feroci che gridavano il loro odio e la loro ribellione e bestemmiavano ... Era difficile credere che fossero esseri umani, tanto erano sfigurati, cambiati...". In effetti, l'uomo che obbedisce alle sue passioni e al demonio, non ne diventa solo schiavo, ma si degrada come lui, bestia spaventosa e deforme. D'altra parte Satana, essendo sprofondato nell'abisso di ogni degrado, non può che vedere e contattare solo dei mostri come lui. Ma qui si innesta, ancora una volta, il problema della vera libertà. Dio ha donato la libertà all'uomo non perché facesse quello che vuole, ma perché facesse liberamente quanto torna, in definitiva, a profitto e a vantaggio dell'uomo stesso. La libertà, quindi, è un dono per fare più grande l'uomo, per renderlo veramente uomo signore e re dell'universo intero. E ciò si avvera scegliendo liberamente il bene da fare. Scegliere invece liberamente di trasgredire la legge, di fare il male, non solo non è affatto un diritto da rivendicare, ma solo un tristo potere e segno aperto di imperfezione di ogni libertà creata. Il che significa pure che scegliendo il male, l'uomo non si innalza, non conquista vette immacolate di perfezione - ah le sciocchezze e le vanterie di un libero pensiero rivendicato come segno di grande dignità e nobiltà davanti a Dio e davanti agli uomini! - ma scende, si degrada al livello delle bestie che, non potendo operare con la ragione che non hanno, sono sempre pronte a cacciare unghie e artigli per sopraffare o difendersi. Che differenza tra un Santo che è arrivato ad un esercizio perfettissimo della libertà e un uomo che, pur inneggiando e gloriandosi scioccamente di essere un libero pensatore e uno che non si lascia condizionare da niente e da nessuno, in verità è solo un miserabile schiavo delle sue passioni e dei suoi istinti. Che differenza tra un peccatore impaziente, violento, passionale e un Santo dal volto sereno e giocondo, dall'animo fatto amore e bontà con tutti! "Mettere a prova la libertà anche contro Dio (= il peccato voluto e amato) - ha ricordato Benedetto XVI - non innalza l'uomo, ma lo abbassa e lo umilia, non lo rende più grande, più puro e più ricco, ma lo danneggia e lo fa diventare più piccolo".

Padre Antonio Maria Di Monda

martedì 2 giugno 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



Qualche considerazione teologica 

Sulle visioni dei Santi qui addotte si potrebbero fare parecchie considerazioni da vari punti di vita. Ci limiteremo a farne qualcuna soprattutto d'indole teologica e morale. 

1. Non sfugga all'attenzione, prima di tutto, che quanto accaduto ai Santi e qui esposto, è dovuto all'iniziativa di Dio stesso. Tutte le visioni, infatti, ci dicono che esse sono volute e permesse da Dio per ribadire e confermare questo tremendo mistero dell'inferno. In effetti, a parte ogni considerazione, i Santi sono i migliori interpreti della Rivelazione di Dio. È Lui che fa "scendere" all'inferno il veggente o la veggente o fa guidare da angeli chi ha stabilito debba subire sì straordinaria e tremenda avventura o esperienza. Ciò dice che il suo dominio si estende per davvero ad ogni realtà esistente, ed è Lui il vero Signore e dominatore di tutto, compreso l'inferno. Non è il diavolo il padrone dell'inferno, anche se egli esercita qui un dominio che è, prima per lui, fonte di inaudite sofferenze 

2. Il mistero dell'inferno, considerato soprattutto nella sua eternità, sconcerta e fa quasi smarrire la ragione. Ma esso si illumina non poco se si pensa - come hanno affermato vari dei Santi qui proposti - che esso è voluto e creato dal demonio e dal dannato stesso. I veggenti di Medjugorje, dopo aver visto l'inferno, chiedono alla Madonna se quelle persone dannate, potranno un giorno, uscire dall'inferno - e la Madonna risponde: "L'inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere più niente da Dio, hanno scelto liberamente di essere lontani da Dio, per sempre! Dio non vuole forzare nessuna ad amarlo". Dio, sommo amore, mai avrebbe voluto l'inferno. In un esorcismo fatto a Roma dal P Candido, a questi che aveva detto con ironia al demonio: "Vattene da qui, tanto, il Signore te l'ha preparata una bella casa, ben scaldata!", il demonio avrebbe risposto: "Tu non sai niente. Non è Lui che ha fatto l'inferno. Siamo stati tutti noi. Lui non ci aveva neppure pensato". 

3. L'inferno è prodotto ed esiste per il peccato, e perciò è il peccato il vero creatore dell'inferno, quel peccato sul quale tanto si scherza e si ironizza, e che lo si vuole in nome della vita e della felicità da godere. L'inferno è la mercede del peccato, di ogni peccato che offende gravemente il Signore: mercede, conseguenza e frutto del peccato, soprattutto del peccato impuro sessuale in tutte le sue forme. Ne sono convinti e consenzienti tutti i Santi che presentano l'inferno. Si rilegga quanto detto ed esortato dall'Angelo a S. Giovanni Bosco, parole confermate non meno da Giacinta, la piccola veggente di Fatima che, prima di morire, dirà tra l'altro: "I peccati che portano più anime all'inferno sono i peccati della carne. Verranno certe mode che offenderanno molto Gesù. Le persone che servono Dio non devono seguire la moda. La Chiesa non ha mode. Gesù è sempre lo stesso". Tutti i dannati, nella visione di S. Giovanni Bosco avevano scritto in fronte il proprio peccato. In effetti è il peccato che danna l'anima. La visione di Don Bosco vuol dire pure forse che ognuno si può dannare anche per un solo peccato mortale, se la morte dovesse accadere senza aver potuto liberarsi da tale stato. Ma generalmente ci si danna soprattutto per un peccato predominante nella vita terrena, dal quale proliferano tante altre male erbe. L'affermazione che l'inferno è il prodotto dell'inferno, non è inficiata da quanto afferma S. Veronica Giuliani, che si va all'inferno soprattutto per l'ingratitudine all'amore di un Dio appassionato, flagellato e coronato di spine e morto per noi. In effetti, ogni peccato è un gesto di ingratitudine allo sconfinato amore di Dio. In pratica l'inferno è la ricompensa di chi non ha voluto capire e apprezzare e accettare l'infinita follia di un amore divino donatosi tutto. E sull'infinita misericordia di Dio ha prevalso, se così ci è lecito esprimerci, l'infinita giustizia di Dio: "Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Vi sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno" (S. Veronica). Il fatto che l'inferno sia originato dal peccato spiega tante cose! Ma, pur con queste luci, il mistero si chiarisce fino a un certo punto. Ci si domanda, infatti, subito: come può l'uomo volere veramente l'inferno? La risposta di S. Tommaso illumina fino a un certo punto. Egli dice che i dannati sono ostinati come i demoni e perciò il loro volere non potrà mai essere buono. E spiega così la cosa: "... il valore deliberativo deriva da loro stessi (cioè dagli spiriti dannati stessi), in quanto è in loro potere inclinare con l'affetto verso questa o quell'altra cosa. E tale volere in essi è solo cattivo, questo perché essi sono del tutto stornati dall'ultimo fine del retto volere; e d'altronde non può esserci un atto buono di volontà, se non in ordine alfine predetto. Quindi anche se vogliono un bene, lo vogliono non bene, cosicché il loro volere anche in tal caso non può dirsi buono". E ciò perché la volontà degli angeli buoni (e quindi anche delle anime umane con la morte del corpo) è confermata nel bene, mentre la volontà dei demoni (e anche di tutti i dannati) è ostinata nel male. La causa di questa ostinazione non proviene dalla gravità della colpa, bensì dalla particolare condizione della loro natura e del loro stato. Mentre infatti l'uomo, nel conoscere, procede discorrendo e cioè passando gradatamente da una verità all'altra, l'angelo invece - e similmente l'uomo con la morte - percepisce col suo intelletto in modo irremovibile. E perciò la volontà dell'uomo aderisce ad una cosa in modo instabile, conservando il potere di staccarsi da essa per aderire ad una cosa contraria; la volontà dell'angelo, invece, aderisce stabilmente e irremovibilmente al suo oggetto. 

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Padre Antonio Maria Di Monda

sabato 23 maggio 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



Uno sguardo d'insieme 

1. Per i Santi, dunque, l'inferno è una terribile realtà e non una favoletta per bambini! In pratica è il tragico fallimento di creature, che, create per la felicità e la vita eterna, si ritrovano - e per di più eternamente - nell'infelicità più totale. Uno sciagurato fallimento, e per di più irreparabile, nessuno più può annullare o modificare. Come si fa a vivere lontano da Dio, nel fuoco e in mille altri tormenti?... E come si fa a vivere, sapendo che questa tremenda situazione sarà sempre così, senza mai mai mai mutare?... Mistero sconcertante! Alle barzellette e ironie sciocche, i Santi oppongono descrizioni che fanno fremere di terrore e di spavento. Ed essi, senza dubbio, sono infinitamente più credibili di tutti gli sciocchi che popolano il mondo. Credibili per la loro santità che è dirittura di anima e di mente, che mai si presterebbe ad ingannare qualcuno. E credibili per il favore che godono presso Dio, che si serve volentieri di loro per operare meraviglie e inviare agli uomini i suoi messaggi di salvezza e di misericordia. Se si riflettesse un pochino soltanto, molto probabilmente tanti sfuggirebbero a questo supremo e definitivo fallimento della vita. 

2. Per tutti i Santi, passati qui in rassegna, l'inferno è l'esatto opposto del paradiso. L'inferno è il carcere di eterna ira, dove si sprofondano cavernose prigioni, si estendono orrendi deserti e si scorgono smisurati laghi rigurgitanti di mostri paurosi, orribili. Là dentro si dibattono esseri discordi e disperati, vi ferve cioè l'eterna e terribile discordia dei dannati. In cielo invece si gode la gioia e si adora l'Altissimo dentro giardini ricchi di bellissimi fiori e di frutta squisiti che comunicano la vita. E qui tutto è gioia, ordine, bellezza, incanto per gli occhi e per l'anima. Qui regna l'unione dei Santi eternamente beati. Ed è questa la ricompensa data da Dio ai suoi fedeli servitori. 

3. Per tutti i Santi l'inferno è qualcosa di sì orrido da superare ogni umana immaginazione. In esso vi regna - come si deduce dall'insieme delle visioni - il mostruoso, tutto ciò che fa paura e atterrisce (l'arido deserto, abissi senza fondo, mostri, serpenti, ecc.). Le pene dei dannati, quelle del danno e del senso, - inesprimibili e tali da non poter trovare, per esse, paragoni o analogie - sono presentate in tutta la loro crudezza in una certa varietà che, però non crediamo porti danno agli elementi essenziali che, come si è detto, sono in perfetta e totale sintonia con la Rivelazione. Qui interessano soprattutto i contenuti delle visioni con tutte le conclusioni e conseguenze che se ne possono trarre. Tutti parlano di fuoco e di altri orrendi castighi. Esse sono quelle elencate dalla Menendez e che si ritrovano, più o meno in tutte le altre apparizioni, e cioè: La perdita di Dio: la pena che costituisce propriamente 1'infemo, I continui rimorsi di coscienza, La consapevolezza che quella sorte non cambierà mai, Il fuoco che penetra l'anima senza annientarla, un fuoco puramente spirituale acceso dall'ira di Dio, L'oscurità continua e un fetore soffocante, La compagnia continua di Satana, La disperazione con l'odio a Dio, e con le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. I dolori che vi si soffrono sono spaventosi e intollerabili. Al confronto i dolori più atroci della terra, come dice la stessa S. Teresa "non sono nemmeno da paragonarsi con quanto allora ho sofferto, specialmente al pensiero che quel tormento doveva essere senza fine e senza alcuna mitigazione. Ma anche questo era un nulla innanzi all'agonia dell'anima. Era un'oppressione, un'angoscia, una tristezza così profonda, un così vivo e disperato dolore che non so come esprimermi. Dire che si soffrano continue agonie di morte è poco..." (S. Teresa d' Avila). 

Ma il supplizio maggiore è il fuoco e la disperazione interiore, che non si sa descrivere. 

4. Tutti parlano pure dei supplizi riservati ad alcuni vizi. "Queste sono pene che tutti i dannati soffrono - aggiunge la Menendez ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro". S. Teresa parla, in merito, di "spaventosissimi castighi". Ogni vizio ha i suoi castighi particolari. C'è chi accusa le mani che hanno rubato, o la lingua e gli occhi con i quali hanno peccato. Tra le pene del dannato ci sono ancora quelle inflitte dallo stesso satana e dai diavoli. Perché? Perché il dannato, consapevolmente o inconsapevolmente, li ha scelti in vita e li ha serviti come suoi signori e padroni. E il diavolo, il maligno per essenza, non può dare e non sa dare che umiliazioni e sofferenze. Stando così le cose viene da chiedersi: come è possibile che ci sia chi adori il diavolo e ad esso si appoggi? È pazzesco confidare nel proprio acerrimo nemico che vuole solo la dannazione eterna di tutti. Come è ugualmente incomprensibile che si possa diffidare di Dio, che ha dato mille prove del suo amore, e che per salvare l'uomo dalla schiavitù di satana e dal rischio tremendo dell'inferno, si è incarnato e ha dato il proprio sangue in riscatto. 

5. In piena conformità al Vangelo e al Magistero della Chiesa, in tutte le visioni si insiste sull'eternità dell'inferno e sulla disperazione che la certezza di tale terribile realtà provoca nei dannati. Nessuna mitigazione, quindi, o evasione, tanto meno una loro soppressione. Purtroppo alla unanimità espressa dai Santi sulle verità dell'inferno, non sembra che vogliano sempre adeguarsi teologi, letterati e opinionisti anche di grido. Anche se, ad onore del vero, è, forse, la stessa grandezza del mistero che spinge a "sognare" uscite e soluzioni impossibili. A riguardo scelgo solo due esempi. Il primo riguarda i dannati all'inferno. Tutti i Santi vedono innumerevoli dannati all'inferno. Vari di loro anzi affermano di averli visti cadere nell'abisso. Così, per es., S. Veronica Giuliani: "La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili. Essa era l'inferno superiore, cioè l'inferno benigno. Infatti la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlavano disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi. E in quell'abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime... ". S. Giovanni Bosco vede precipitare nell'inferno giovani da lui conosciuti, ecc. Non potendosi negare l'esistenza dell'inferno - una verità così chiaramente espressa dalle Scritture e dai Santi -, si è ipotizzato che esso sia vuoto. L'inferno, perciò, di cui tante volte ha parlato soprattutto il Signore in persona, non sarebbe che uno spauracchio da non prendere troppo sul serio o uno spaventapasseri che fa paura solo agli ignari e ingenui! È chiaro che, con tutto il rispetto e la stima che abbiamo soprattutto per i teologi, preferiamo credere ai Santi che, prescindendo anche dalla concordanza con le Scritture, sono, come già detto, immensamente più credibili degli stessi grandi teologi e letterati. Altro esempio riguarda l'eternità dell'inferno e delle sue pene. Tutti i Santi citati ci parlano di eternità delle pene con l'esclusione anche di qualsiasi attenuazione. Ed ecco che, oggi, anche dopo la condanna dell'apocatastasi di Origene, viene a dirci il contrario il Maritain in un volumetto dell'età senile dal titolo Le Cose del cielo, a cura di Nora Possenti Ghiglia, ediz. Massimo, Milano. I dannati nell'inferno - dice il Maritain - lavorano a costruire edifici che crollano a causa delle loro divisioni e odi. "Essi faranno delle città nell'inferno, delle torri, dei ponti, vi condurranno battaglie... nel male stesso manifestano i doni e le energie ontologiche di cui la creatura non sarebbe sprovvista se non quando cessasse di essere" (p. 77). C'è il fuoco, ma "poiché l'anima resta rivolta contro Dio e fissata nell'odio, il fuoco non le serve a nulla e le brucia eternamente" (p. 75). Eternamente di sicuro, dal momento che le anime sante protestano contro l'eternità dell'inferno. Il nostro amore, questo amore che (Dio) ci ha dato, come potrebbe essere soddisfatto di vedere Dio odiato senza fine, e senza fine bestemmiato da esseri usciti dalle sue mani? Vedere il crimine aggiungersi al crimine? E tra i maledetti ce n'è di quelli che amiamo [...]. "No, noi non cesseremo mai, continueremo a pregare e a gridare per il Sangue del Salvatore, ah!, senza avere, lo sappiamo bene, il minimo diritto di essere esauditi, e lasciando solamente la follia dell'amore esalare da noi liberamente, gratuitamente" (p. 78). Maritain spera che Dio cambi la volontà dei dannati "fissata nel male in virtù dell'ordine della natura in maniera assoluta e immutabile", con un "miracolo". Per farla breve, ogni dannato viene "perdonato (sempre dannato ma perdonato)" e così "lascia i luoghi bassi, viene fuori dal fuoco, è trasportato nel limbo. Egli gioirà, benché rimanga ferito, di quella felicità naturale" di cui godono i bimbi morti senza battesimo, "e che è ancora un inferno rispetto alla gloria" (p. 79). "Il fuoco dell'inferno resta eterno in se stesso, continua a bruciare senza fine (...) ma coloro che vi erano stati immessi ne sono stati tratti fuori per miracolo" (p. 80). Resta per Maritain, che "questi perdonati sono dei perduti. Non sono stati salvati, non sono riscattati"; solo, "la loro anima è tratta fuori dalla pena del senso in quanto causata dal fuoco" (ibidem). Commenta il Blondet: "Spero si capisca l'enormità di quel che viene qui elucubrato. E che si veda la radice torbida di quella malattia del cattolicesimo che - in mancanza di migliori approfondimenti - s'è chiamata buonismo, e di cui Maritain è stato uno dei massimi diffusori". Il buonismo che è una forma del sentimentalismo, rivela qui che la radice di ogni sentimentalismo è la sensualità, il materialismo sensuale. Maritain infatti suppone che il destino dei dannati possa essere migliorato sottraendoli al fuoco; è il dolore fisico, la "pena del senso" quello che per lui pesa davvero. La pena del danno, è qualcosa che si può sopportare, non è vero? Tutto ciò è ovviamente insensato. Se, come dice Maritain, "la giustizia di Dio è la sua pazienza" (p.74), ossia se fosse vero che Dio "soffre che delle creature formate a sua immagine lo rifiutino... eternamente", sarebbe più coerente ipotizzare che, per porre fine alla propria sofferenza, Dio concedesse anche ai dannati la salvazione, ossia la visione di sé; perché il `fuoco' non è che un ‘simbolo’ del dolore della mancata visione: anche se un simbolo radicalmente concreto, che realmente brucia ogni fibra dell'essere umano, anima e corpo. Ma pretendere la salvazione finale dei dannati è palesemente eretico, e Maritain se ne astiene". Come si vede, proprio perché le visioni dei Santi qui presentate, non sono immaginazione o pura fantasia, offrono tutte un quadro sostanzialmente identico dell'inferno, perché riflettono verità oggettive. Ciò che le Sacre Scritture, i Santi Padri ci dicono sinteticamente o anche velatamente, viene qui squadernato e approfondito nei suoi particolari, anch'essi differenti solo in dettagli che non distruggono affatto una omogenea visuale d'insieme. 

Padre Antonio Maria Di Monda

sabato 9 maggio 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



 TERESA MUSCO 

Nacque a Caiazzo (CE) il 7 giugno 1943 e morì a Caserta il 19 agosto 1976. Ebbe innumerevoli fenomeni mistici tanto che P Roschini l'ha detta la più grande mistica del secolo scorso. Pare che non una volta sola abbia visto l'inferno o vi ci sia portata in qualche modo. Il 29 novembre 1961 Teresa si lagna dolcemente con Gesù, dicendo: "Io quel poco che sto facendo, lo faccio di vero amore, ma Tu perché mi hai mostrato l'inferno e mi hai fatto scendere nell'abisso? Mi è sembrato di esservi da secoli ed ho subìto tutti i tormenti, tra cui non è stato il minimo quello di ascoltare le sterili confessioni dei dannati e le grida di odio, di dolore e di disperazione. Perché mai, Gesù, mi hai mostrato ciò? Forse io sono una di quelle anime? Quanto orrore sento nella mia anima! "Un'altra volta, Teresa sogna di essere in un grande prato con tante margherite bianche. Ad un bel momento il grande fabbricato è scomparso e Teresa si è ritrovata a guardare una cosa spaventosa, in una grande luce: questa era piena di fuoco e di demoni che, con le loro mani misteriose afferravano giovani, vecchi, bambini, signorine, trascinandoli giù, mentre venivano divorati dalle fiamme e le loro braccia scarnite, trasparenti erano alzate in alto, verso il cielo. Quel grande vuoto era divenuto un mare di fuoco, che ondeggiante cercava di prendere qualche anima, che passava di lì". Un altro giorno, alle ore 11,25, Teresa, avvertendo molta stanchezza, si è appoggiata sul letto. Ma come se lì fosse stato qualcuno ad attenderla, si sente fermata sul letto da due mani, come inchiodata in croce, e due persone hanno cominciato a percuoterla come se le strappassero la carne. Poi si sente come trasportata in un deserto dove vi erano innumerevoli serpenti di ogni colore. Vi era pure un serpente di mille colori, lungo dieci metri e con sette teste che sbranava ogni persona che passasse per quel deserto. Teresa cerca di rendersi conto di dove si trovi, lotta tanto, ma quando vede scritto su un cartello "luogo di dannazione" le viene la forza di pregare l'Angelo Custode a salvarla. Si ritrova sul letto tutta coperta di lividure: erano le ore 2 di pomeriggio. Un altro giorno si ritrova di fronte ad un deserto da attraversare. Camminò a lungo e poi senti lunghi lamenti e poi ancora fortissimi lamenti, e vede in una stanza il grande demonio, Lucifero, che prendeva quelle anime, erano ragazze e ragazzini, e le metteva nel fuoco, facendo sentir loro grandi dolori e, poi comandava la loro volontà. Quando le anime non obbedivano, la bocca del demonio si legava al cuore delle persone e ne beveva tutto il sangue. Ancora. È il 10 gennaio 1975. All'improvviso Teresa è portata fuori dal suo corpo, mentre accanto ad esso lo guardano due angioletti. Si è ritrovata, assieme al suo Angelo Custode come in un grande deserto. Arrivati in mezzo ad esso, l'Angelo scompare ed ella si è trovata in mezzo a due crepacci di montagna che doveva attraversare. Riesce a passare a fatica e si ritrova ancora in un deserto dove vi era un pagliaio con dentro tanti uomini, simili a vampiri con tutti i denti fuori della bocca. Va a chiedere a loro dove si trovasse la strada, ma essi l'afferrano e la colpiscono con un frustino. Teresa cade per terra sotto le loro mani e non ha la forza di rialzarsi, mentre quelli continuavano a menarla. Invoca aiuto dalla Madonna e quegli esseri scompaiano. Teresa si alza e vede il suo corpo tutto sporco di sangue e pieno di lividure. Ha cominciato a camminare e la strada si apriva da sola davanti, chiudendosi di nuovo dietro le sue spalle. Arriva in un piazzale dove era il suo Angelo Custode che le dice: "Teresa, io ero con te e tu non mi hai sentito, ma ora ti dirò che verrà un giorno che gli abissi dell'inferno si apriranno sotto i piedi dei dannati, mentre nel cielo vi sarà un gran trionfo di Santi. Con orrore gli abissi si spalancheranno davanti, per poi chiudersi sopra di essi, senza scampo e per tutta l'eternità". L'Angelo l'invita poi a tornare a casa e Teresa si ritrova di nuovo davanti al letto col suo corpo lì disteso. Rientrata in se stessa trova il suo corpo, vivo e vero pieno di lividi. Anche quanto segue deve riferirsi a una visione dell'inferno del 27 dicembre 1974: "... sola qui? Sola no, non voglio restare sola! Il fuoco, il fuoco! Ah, quante anime che si disperano! Gesù, senti che grida disperate? Aiutale, Gesù, ti prego! Non puoi aiutare, Gesù? Perché? Com'è terribile, Gesù! Non permettere a nessuno che ci possa andare. Che cosa è quello? No, è il fuoco! Che calore! D'inverno non l'ho mai sentito un calore simile! O Gesù, io mica ci voglio andare in quel posto, aiutami, perché voglio aiutare gli altri a non andarci. Nulla si può fare per non farli urlare così, Gesù? ". A solo titolo di curiosità riportiamo qui anche quanto visto da una veggente di Lucera, dove ha lasciato un nome e una fama non comune: Rosa Lamparelli (n. 6.3.1910 +12.6.2000). La Madonna le descrisse il paradiso, l'inferno e il purgatorio. Così lei racconta: "Vuoi vederlo? Mi disse. Mi prese per mano e mi condusse. Il primo a visitare fu l'inferno; era composto di un gran sotterraneo con una grande porta all'entrata e di dentro formato come tanti archi tutti affumicati. Un calore immenso e una puzza insopportabile vi era. Dal fondo venivano grida disperate di tanti dannati. Quello che potei vedere mi è sempre impresso; da una parte vi erano tanti uomini che si dibattevano disperatamente e vicino vi era una donna di una forma orribile coi capelli scarmigliati, gli occhi fuori dalle orbite, nera come un carbone, faceva orrore. Non dico poi di tanti altri dannati trasformati in tanti animali spaventosi che non posso ricordare senza rabbrividire. Non volli andare più avanti e pregai il mio angelo e la Madonna di condurmi indietro. Mi portarono al Purgatorio... ". Che dire delle visioni di Teresa Musco? Ecco qualche considerazione: a) L'inferno è il luogo di dannazione: un mare di fuoco, pieno di demoni, presentati questi anche sotto l'immagine di serpenti dai mille colori. b) I dannati sono divorati dalle fiamme, dal fuoco di cui è impossibile dire il calore e l'intensità: "P. Franco, che fuoco, che fuoco! No, Gesù, abbi pietà di noi, Signore. Gesù non puoi buttarmi così. È terribile! Quanto fuoco". Assieme al fuoco, mille altri tormenti (inutili confessioni= rimorsi di coscienza, rimpianti di non aver corrisposto alle grazie, ecc.) che strappano loro grida di odio, di dolore e di disperazione. c) Assieme a tutto ciò, i dannati sono tormentati dai diavoli (i serpenti dai mille colori) e da Lucifero (il serpentaccio lungo dieci metri). "I demoni che, con le loro mani misteriose afferrano giovani, vecchi, bambini, signorine, trascinandoli giù, mentre venivano divorati dalle fiamme e le loro braccia scarnite, trasparenti erano alzate in alto, verso il cielo. Lucifero, che prende ragazze e ragazzini, e le mette nel fuoco, facendo sentir loro grandi dolori e, poi comandava la loro volontà. Quando le anime non obbedivano, la bocca del demonio si legava al cuore delle persone e ne beveva tutto il sangue". 
d ) Nessuno, neanche Gesù, può aiutare i dannati divorati dal fuoco: "Il fuoco, il fuoco! Ah, quante anime che si disperano! Gesù, senti che grida disperate? Aiutale, Gesù, ti prego! Non puoi aiutare, Gesù? Perché? Com'è terribile, Gesù! Non permettere a nessuno che ci possa andare". e) Sono tante le anime che vanno a finire nel fuoco eterno: "Quante anime che si disperano! Quanto fuoco, quante anime! Non ne ho visto mai così, mi sento scoppiare. Attento! Attento! No, come può finire così tanta gente? Gesù non vuole questo. Allora preghiamo tutti". f) La visione finale dopo il giudizio universale: non ci sarà che paradiso e inferno. Così parla a Teresa il suo Angelo Custode: "Teresa (...) ora ti dirò che verrà un giorno che gli abissi dell'inferno si apriranno sotto i piedi dei dannati, mentre nel cielo vi sarà un gran trionfo di Santi. Con orrore gli abissi si spalancheranno davanti, per poi chiudersi sopra di essi, senza scampo e per tutta l'eternità".

Padre Antonio Maria Di Monda

lunedì 20 aprile 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



Edvige Carboni 

Nacque a Pozzomaggiore, in provincia di Sassari, il 2 maggio 1880 e morì a Roma il 17 febbraio 1952. Gesù la portò un giorno a vedere le pene dell'inferno. Testimoni attestano che, durante la visione, si contorceva tutta e pronunciava parole che dicevano la sua grande sofferenza. Una conferma di più di quelle pene spaventose infernali, davanti alle quali anche i Santi tremavano di terrore. 


L'inferno visto dai veggenti di Medjugorje 

Anche i veggenti di Medjugorje videro l'inferno. I primi a vederlo furono Jakov, Vicka, e Marija. Una seconda visione l'ebbero Jakov e Vicka, guidati dalla Madonna, verso la metà di novembre 1981. "Molta gente - dice loro la Madonna - sulla terra è ormai convinta che, dopo la morte, sia tutto finito. Ma questo è un grande errore. Qui siete solo di passaggio. Dopo la morte c'è l'eternità". Ed ecco quanto essi dicono. Dopo aver visto il paradiso e il purgatorio Jakov e Vicka, presi per mano dalla Madonna, vedono l'inferno. "È un posto terribile, nel mezzo c'è un gran fuoco, ma non come quello che conosciamo sulla terra. Abbiamo visto gente assolutamente normale, come quelli che si incontrano per la strada, che si gettavano da soli in quel fuoco. Quando ne uscivano assomigliavano a belve feroci che gridavano il loro odio e la loro ribellione e bestemmiavano. Era difficile credere che fossero esseri umani, tanto erano sfigurati, cambiati. Davanti a questo spettacolo eravamo spaventati e non capivamo come una cosa così orribile potesse succedere a quella gente. Fortunatamente la presenza della Gospa [la Madonna] ci rassicurava. Abbiamo anche visto una ragazza molto bella gettarsi nel fuoco: dopo sembrava un mostro. La Gospa allora ci ha spiegato quello che avevamo visto e ci ha detto: `Quella gente è andata all'inferno di sua volontà. È una loro scelta, una loro decisione. Non abbiate paura! Dio ha donato a ciascuno la libertà. Sulla terra ognuno può decidersi per Dio o contro Dio. 
Certe persone sulla terra fanno sempre tutto contro Dio, contro la sua volontà, pienamente consapevoli: cominciano così l'inferno nel loro cuore; quando viene il momento della morte, se non si pentono, è lo stesso inferno che continua'. Gospa, Le abbiamo allora chiesto, queste persone, un giorno, potranno uscire dall'inferno? - 'L'inferno non finirà, coloro che sono là non vogliono ricevere più niente da Dio, hanno scelto liberamente di essere lontani da Dio, per sempre! Dio non vuole forzare nessuna ad amarlo'. (...) Alla fine la Gospa affida loro una missione: `Vi ho mostrato tutto questo, perché sappiate che esiste e lo diciate agli altri'. Padre Bubalo, rivolgendosi a Vicka dice: "Ad un tratto la Madonna è scomparsa e davanti a voi si è aperto l'inferno. L'avete visto tu, Jakov e Marija. Hai scritto che era spaventoso; sembrava un mare di fuoco; dentro c'era tanta gente. Tutti anneriti, sembravano diavoli. Affermi che nel mezzo hai visto una donnaccia bionda, con i capelli lunghi e le corna, e i diavoli che l'assalivano da tutte le parti. Era orribile e basta. Io ho descritto - spiega Vicka - come ho potuto; ma non lo si può descrivere". La Madonna vi ha detto perché ve lo ha mostrato? "Sì, sì; come no! Ce l'ha mostrato per farci vedere come stanno coloro che ci cadono... Chi può pensare sempre a queste cose? Però non si può neppure dimenticare quello che abbiamo visto. Verso la metà di novembre Vcka e Jakov sono stati portati dalla Madonna in cielo. La Madonna ha prima mostrato il purgatorio e poi l'inferno. Dalle parole di Vcka si direbbe che i due veggenti siano stati portati all'inferno: Fuoco... diavoli... la gente bruttissima! -ripete Vcka -. Tutti con le corna e con la coda. Sembrano tutti diavoli. Soffrono... Dio ce ne preservi e basta. Solo che ho visto di nuovo quella donnaccia bionda e con le corna". In breve cosa si afferma nelle suddette visioni? Si afferma che: 

a) L'inferno è un posto terribile con in mezzo un gran fuoco, ma non come quello che abbiamo sulla terra.

b) I dannati - gente assolutamente normale come quella che si vede per le strade - si gettano da soli in quel fuoco. Ma sono pure paurosamente tormentati dai diavoli. I veggenti hanno visto nel mezzo una donnaccia bionda, con i capelli lunghi e le corna, orribile, assalita da tutte le parti dai diavoli. La visione di anime che si gettano da sole nel fuoco e ne escono simili a belve feroci somiglia un po' a quanto dice la Emmerick. 

c) Quando i dannati escono dal fuoco assomigliano a belve che bestemmiano e gridano il loro odio e la loro ribellione. Talmente cambiati e sfigurati che si stenta a crederli esseri umani. Vedono pure una ragazza molto bella che, gettatasi nel fuoco, dopo sembra un mostro. 

d) Come ciò avvenga, lo spiega la Madonna. Questa gente è andata all'inferno di sua volontà, di propria scelta, perché Dio ha donato a tutti la libertà e ognuno può decidersi per Dio o contro Dio. Certe persone sulla terra fanno sempre tutto contro Dio del tutto consapevoli. Alla morte se non si pentono, è lo stesso inferno che continua. L'inferno, in effetti, è la continuazione dell'inferno nel cuore, voluto dai peccatori con i propri peccati. 

e) L'inferno non finirà più. Coloro che sono là non vogliono ricevere più niente da Dio. Hanno scelto liberamente di stare per sempre lontani da Dio. E Dio non forza nessuno ad amarlo. L'inferno è eterno soprattutto perché i dannati non vogliono ricevere più nulla da Dio. 

f ) Tra inferno e paradiso esiste una differenza abissale. 

Padre Antonio Maria Di Monda

sabato 28 marzo 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



L'inferno visto da Santa Faustina Kowalska 

Kowalska Elena (Maria Faustina) nacque il 25 marzo 1955 a Glogowiec, in Polonia. Entrò nella Congregazione della B. V. M. della Misericordia. Per ordine del suo Direttore spirituale scrisse il diario personale, che intitolò "La Divina Misericordia nell'anima mia". Morì a 33 anni il 5 ottobre 1938. Anche S. Faustina Kowalska, la confidente dell'Amore misericordioso di Gesù, fece l'esperienza dell'inferno. Ecco come lei racconta l'evento: "Oggi sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell'inferno. È un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho visto: la prima pena, quella che costituisce l'inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l'anima, ma non l'annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall'ira di Dio; la quinta pena è l'oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l'odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. Sarei morta alla vista di quelle orribili torture, se non mi avesse sostenuta l'onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l'eternità ". E aggiunge: "Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure che nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina Kowalska, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l'inferno". Come si presenta, allora, l'inferno nella visione di Sr. Faustina? Eccone le linee essenziali: 

a) L'inferno è un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Orribili caverne e voragini di tormenti dove ogni supplizio si differenzia dall'altro.

b) Le pene principali che straziano i dannati sono sette: La perdita di Dio: è la cosiddetta pena del danno, quella che costituisce veramente l'inferno; I continui rimorsi di coscienza. I dannati saranno torturati dal ricordo dei peccati commessi; dal ricordo dei tanti aiuti ricevuti e non accettati. Avrebbero potuto salvarsi così facilmente e invece... 
La consapevolezza che tale stato spaventoso non cambierà mai. La tremenda disperazione con l'odio contro Dio e le bestemmie e le imprecazioni. Essi saranno sempre lontani da Dio e nel fuoco. Non usciranno più da quel carcere di disperazione e di morte. Il fuoco: è la pena che riassume tutte le pene che vanno sotto il nome di "pena del senso", quel fuoco puramente spirituale, acceso dall'ira di Dio che penetra l'anima senza annientarla. Con il fuoco l'oscurità continua con un orribile fetore soffocante, la compagnia continua di satana. 

c) Queste sono pene che tutti i dannati soffrono, ma non è questa la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. E qui Sr. Faustina aggiunge: quanto rivelato e scritto sull'inferno è solo una pallida ombra della realtà. 

Padre Antonio Maria Di Monda

giovedì 12 marzo 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



L'inferno visto da Sr. Maria Giuseppa Menendez 

Suor M. Giuseppa Menendez, Religiosa del Sacro Cuore, nacque a Madrid il 4 febbraio 1890 e morì il 29 dicembre 1923. Sr. M. Giuseppa Menendez fece varie visite all'inferno. Ecco quanto vede e narra in una di queste: "In un istante mi trovai nell'inferno, ma senza esservi trascinata come le altre volte, e proprio come vi devono cadere i dannati. L'anima vi si precipita da se stessa, vi si getta come se desiderasse sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire. L'anima mia si lasciò cadere in un abisso, in cui non si poteva vedere il fondo, perché immenso ... Ho visto l'inferno come sempre: antri e fuoco. Benché non si veggono forme corporali, i tormenti straziano i dannati come se i corpi fossero presenti e le anime si riconoscono. Fui spinta in una nicchia di fuoco e schiacciata come tra piastre scottanti e come se dei ferri e delle punte aguzze arroventate s'infiggessero nel mio corpo. Ho sentito come se si volesse, senza riuscirvi, strapparmi la lingua, cosa che mi riduceva agli estremi, con un atroce dolore. Gli occhi mi sembrava che uscissero dall'orbita, credo a causa del fuoco che li bruciava orrendamente. Non si può né muovere un dito per cercare sollievo, né cambiare posizione; il corpo è come compresso. Le orecchie sono stordite dalle grida confuse, che non cessano un solo istante. Un odore nauseabondo e ripugnante asfissia ed invade tutti, come se si bruciasse carne in putrefazione con pece e zolfo. Tutto questo l'ho provato come le altre volte e, sebbene questi tormenti siano terribili, sarebbero un nulla se l'anima non soffrisse. Ma essa soffre in un modo indicibile. Ho visto alcune di queste anime dannate ruggire per l'eterno supplizio che sanno dover sostenere, specialmente alle mani. Penso che abbiano rubato, poiché dicevano: Dov'è ora quello che hai preso?... Maledette mani!... Altre anime accusavano la propria lingua, gli occhi... ciascuna ciò che è stato causa del suo peccato: ben pagate sono adesso le delizie che ti concedevi, o mio corpo!... E sei tu, o corpo, che l'hai voluto!... Per un istante di piacere un'eternità di dolore! Mi pare che nell'inferno le anime si accusino specialmente di peccati d'impurità. Mentre ero in quell'abisso, ho visto precipitare dei mondani e non si può dire né comprendere le grida che emettevano ed i ruggiti spaventosi che mandavano: Maledizione eterna! ... Mi sono ingannata!... Mi sono perduta!... Sono qui per sempre... per sempre... e non c'è più rimedio!... Maledizione a me! Una fanciulla urlava disperatamente, imprecando contro le cattive soddisfazioni concesse al corpo e maledicendo i genitori, che le avevano data troppa libertà a seguire la moda ed i divertimenti mondani. Da tre mesi era dannata. Tutto questo che ho scritto, conclude la Menendez, non è che un'ombra in paragone a ciò che si soffre nell'inferno". Quanto visto dalla Menendez si può così riassumere: a) L'inferno è un abisso di cui non si può vedere il fondo, perché immenso, con antri dappertutto e fuoco. b) I dannati cadono nell'inferno non sospinti da una forza esterna, ma da una forza misteriosa interna. Vi si precipitano, quindi, da se stessi, gettandovici come se desiderassero sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire. Questo sottrarsi da Dio equivale, in fondo, alla pena del danno consistente, appunto, nella privazione della vista di Dio: la pena più atroce anche se difficile a descriversi. c) Assieme alla privazione della vista di Dio, si aggiungono tormenti a non finire, che i dannati patiscono nell'anima e anche nel corpo come se lo avessero: è la pena del senso. e) Detta pena del senso è espressa in toni sconcertanti: la Menendez è spinta in una nicchia di fuoco e schiacciata come tra piastre scottanti e come se dei ferri e delle punte aguzze arroventate s'infiggessero nel suo corpo. Sente come se le si volesse, senza riuscirvi, strapparle la lingua, cosa che la riduce agli estremi, con un atroce dolore... Le sembra che gli occhi le escano dall'orbita, a causa forse del fuoco che li bruciava orrendamente. Ella non può né muovere un dito per cercare sollievo, né cambiare posizione; il corpo è come compresso. Le orecchie sono stordite dalle grida confuse, che non cessano un solo istante. Un odore nauseabondo e ripugnante asfissia ed invade tutti, come se si bruciasse carne in putrefazione con pece e zolfo. Tormenti terribili che sarebbero, però, un nulla se l'anima non soffrisse. f) Ma l'anima soffre in un modo indicibile. La veggente ha visto alcune di queste anime dannate ruggire per l'eterno supplizio che sanno di dover sostenere. g) Per ogni peccato ci sono pene speciali. I dannati per ladrocinio soffrono specialmente alle mani, poiché dicevano: Dov'è ora quello che hai preso?... Maledette mani!... Altre anime accusavano la propria lingua, gli occhi... ciascuna ciò che è stato causa del suo peccato: "Ben pagate sono adesso le delizie che ti concedevi, o mio corpo!... E sei tu, o corpo, che l'hai voluto!... Per un istante di piacere un'eternità di dolore!". Pare però che nell'inferno le anime si accusino specialmente di peccati d'impurità: i mondani, precipitano nell'inferno emettendo grida e ruggiti spaventosi da non potersi comprendere. Una ragazza urla disperata: "Maledizione eterna!... Mi sono ingannata!... Mi sono perduta!... Sono qui per sempre... per sempre... e non c'è più rimedio! ... Maledizione a me!". Impreca contro le cattive soddisfazioni concesse al corpo e maledice i genitori, che le avevano data troppa libertà a seguire la moda ed i divertimenti mondani. h) Per quanto si voglia, è quasi impossibile esprimersi sulla realtà dell'inferno. Quanto scritto - dice la Santa - "non è che un'ombra in paragone a ciò che si soffre nell'inferno ". 

Padre Antonio Maria Di Monda

venerdì 28 febbraio 2020

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



L'inferno visto dai tre veggenti di Fatima 

I bambini, ai quali apparve la Madonna a Fatima dal 13 maggio al 13 ottobre 1917, sono Lùcia de Jesus (nata il 22 marzo 1907 e morta il 2005), Francisco (nato l'11 giugno 1908 e morto il 4 aprile 1919) e Jacinta Marto (nata l' 11 marzo 1910 e morta il 20 febbraio 1920). Tra l'altro, la Madonna fece vedere loro l'inferno. Vedemmo, racconta Lucia, "come un grande mare di fuoco e immersi in questo fuoco i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o abbronzate, di forma umana, che ondeggiavano nell'incendio, sollevate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti - simili al cadere delle scintille nei grandi incendi - senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e di disperazione, che terrorizzavano e facevano tremare di paura. I demoni si distinguevano per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni di bracia ". Ai piccoli terrorizzati dalla paura, la Madonna dice: "Avete visto l'inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se farete quello che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace". La Madonna dirà pure: "Quando recitate il Rosario, dopo ogni mistero dite: O Gesù mio, perdonateci, liberateci dall'inferno, portate in cielo tutte le anime, soprattutto quelle più bisognose". Da notare che al tempo delle apparizioni della Madonna Lucia de Jesus aveva 10 anni, Francisco e Jacinta Marto rispettivamente 9 e 7 anni. Anche in questa visione ci sono elementi significativi da rilevare: a) L'inferno appare come un grande mare di fuoco nel quale sono immersi demoni e dannati. E nel fuoco ondeggiano nell' incendio, sollevati dalle fiamme, cadendo da tutte le parti. b) I dannati emettono grida e gemiti di dolore e di disperazione, che terrorizzano e fanno tremare di paura. c) Demoni e dannati appaiono come braci trasparenti e nere o abbronzate di forma umana. I demoni si distinguono per la forma orribile e ributtante di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti come neri carboni di bracia. Le differenze notate (come braci trasparenti e nere o abbronzate) rispondono molto probabilmente alle diverse forme di tormenti dati per i peccati specifici. Oppure vogliono contrassegnare la maggiore o minore colpevolezza dei dannati. d) Dai demoni e dannati escono fiamme e nuvole di fumo. Evidentemente il fuoco infernale permea tutto l'essere, quasi come ad identificarsi con esso. Da notare che la tenera età dei veggenti non ha impedito alla Madonna di presentare loro uno spettacolo così orrendo. Ciò dice qualcosa ad una certa pedagogia che, per risparmiare alle anime uno spavento salutare, lascia che esse corrano il rischio della dannazione eterna. 

Padre Antonio Maria Di Monda