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giovedì 23 maggio 2024

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA SCHIAVITU’ DEL DENARO 


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In una nuova fase di rigenerazione si dovrebbe modificare profondamente l’attività dell’uomo. Egli si trova oppresso dall’orgoglio e dalla materia. Per questo c’è in lui una tendenza assorbente a percepire di preferenza i valori materia- li rispetto a quelli spirituali. Non è che il progresso materiale sia illecito, ma a causa della limitatezza dell’essere umano, orientato com’è puramente al naturale, è andato a detrimento del suo progresso spirituale, divino. Così vediamo l’uomo maneggiare i valori materiali con una spietata crudeltà, mancando ai principi più elementari della giustizia: la materia l’ha reso cieco verso il prossimo; la materia isola, solo l’amore è principio di unità. 

Il “primordiale” lavoro che l’uomo dovrebbe imporsi sarebbe di liberarsi dalla materia, arrivando a comprendere che essa non ha l’importanza che egli le dà e che, quando lo spirito non ne usa con scrupolosità, è fonte di tenebre e di abbrutimento. Deve mettersi in contatto con Dio, il supremo Spirito, che ha creato tutte le cose e ha dato loro un ordine, che la libertà dell’uomo ha scombussolato. Mettersi in contatto con Lui, che è luce, è essere disposto a scacciare le tenebre che l’orgoglio e la materia hanno messo nella sua anima. Affrontare le tenebre e annientarle, collaborando con la grazia, è “nascere di nuovo”. È la “rinascita” di cui ha parlato Gesù a Nicodemo. Ciò comporterebbe un ritardo in ciò che è materiale: come un bambino non si preoccupa dei progressi materiali, così anche in questa “rinascita” misteriosa l’uomo ad essi non darebbe più importanza. In questo primo lavoro rigeneratore la principale attività sarebbe la contempla- zione: Chi è Dio? Chi sono io...? Che valore ha la materia che mi opprime...? Solo quando l’uomo si sarà liberato dalle catene della materia, avrà fatto un passo verso la sua vera libertà e potrà liberare la materia dall’azione del “Male”, sublimandola. 

È la limitatezza dell’essere umano che impone che il progresso materiale sia posteriore e minore, in rapporto al progredire nello spirito. Diversamente tale progresso non esiste, ma esiste il pericolo di ritornare alla barbarie e alla distruzione di grandi masse umane. La materia tende alla decomposizione e alla morte; così pure quelli che la soprav- valutano. Solo lo Spirito è vivificante e se l’uomo si fa uno con Lui, vivrà e trasmetterà questa vita nuova alla materia che gli è soggetta. 

JOSÉ BARRIUSO 


venerdì 25 agosto 2023

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA SCHIAVITU’ DEL DENARO 

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Quelli che si trovano sotto la schiavitù del denaro si troveranno coinvolti in una lotta implacabile e costante, perché esistono altri che cercano la stessa realtà, nella quale gli interessi degli uni urtano con gli interessi degli altri. Ecco che il denaro porta fra gli uomini qualcosa che è proprio dell’inferno: l’odio. Questa sarebbe una ragione in più per provare come il denaro è una invenzione esclusiva del demonio. 

Il denaro non ha altro valore che quello di rappresentare un’altra realtà: la proprietà. La proprietà è un altro dei tanti lacci nel quale è caduto l’uomo nel suo orgoglio, desideroso di stabilirsi confortevolmente in questo mondo. Non è forse lecita la proprietà, frutto di un lavoro onesto? In parole semplici, no. L’unico proprietario è Dio, perché Suo è non solo ciò che possediamo, ma anche le facoltà con le quali abbiamo lavorato. Sentire profondamente questa espropriazio- ne radicale è mettersi, l’uomo, nel vuoto di una umiltà simile a quella dalla quale lo trasse Dio: il nulla. Sentire che le sue facoltà naturali sono un dono di Dio e vivere in questa convinzione è il giusto sentire di una creatura razionale in grazia. Tutto ciò che si allontani da questo è opera dell’orgoglio umano che, come il demonio, pretende appro- priarsi di cose che non sono sue. 

Ecco perché la proprietà, in un senso puro e profondo, è un furto fatto a Dio. Si dice che l’uomo è un amministratore di Dio, ma in pratica si vive con tutti i diritti di reclamo di un autentico o proprietario.

Uno sguardo profondo che sia riuscito a vedere le esigenze di questa vera espropriazione si farà questa domanda: come si può vivere allora in questo mondo, se la proprietà raggiunta con mezzi legittimi diventa illegittima? È necessario sentire profondamente queste difficoltà, per vedere quanto lontano sia caduto l’uomo e per sentirsi estranei in un mondo che è stato usurpato dal demonio, e in cui questi cerca di far partecipare gli uomini a quel furto, facendo loro credere che sono “proprietari assoluti” del mondo. 

Ma non è questione di termini giuridici: solo chi senta e viva che il suo non gli appartiene, ma che egli è semplice amministratore di Colui al quale il Padre assoggettò tutte le cose, sarà disposto a fare tutto quello che gli chieda il suo Proprietario. Perché tanto la proprietà privata quanto quella comune portano questa conseguenza gravissima: impediscono di ascoltare Dio; l’impegno si incentra nel difendere i propri interessi, e si dimenticano in parte o totalmente gli interessi di Dio. Più ancora, siccome non si vuole rinunciare ai propri interessi, si arriva all’autosuggestione di credere che i propri interessi sono gli “interessi” di Dio. Il riconoscere questo inganno, in ciò che si è vissuto con maggiore o minore rettitudine, è opera della grazia e dell’umiltà. 

Una delle difficoltà che il demonio può suggerirci è questa: la preoccupazione di come si dovrà svolgere la nostra vita nel futuro. Se abbiamo vissuto in modo sbagliato, come sarà la nostra vita per l’avvenire? E siccome può darsi che Dio non ci faccia conoscere il futuro nello stesso momento in cui ci fa vedere l’errore del nostro passato, noi ci rifiutiamo di ricono- scerlo. La natura umana ha orrore del vuoto; rinnegare il passato senza avere un futuro certo, non è possibile all’orgoglio umano. Esso pretende una sicurezza; da ciò deriva che si aggrappi al passato e al presente, benché questo sia errore; e cercherà di giustificarsi convincendosi che il contrario è temerità. Conclusione: secondo l’orgoglio, i propri interessi sono l’unica verità pratica. 

Contro l’orgoglio che ha diviso il mondo in compartimenti di proprietà privata o nazionale, non c’è che l’umiltà e la fede per riconoscere Colui che è il suo vero proprietario per natura e per conquista: Gesù. «Perché in Lui sono state create tutte le cose del cielo e della terra, le visibili e le invisibili, i troni, le dominazioni, i principati e le potestà: tutto è stato creato per mezzo di Lui e per Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutto sussiste in Lui. Egli è il capo del Corpo della Chiesa, Egli è il principio, il primogenito fra i morti, affinché abbia il primato su tutte le cose. E piacque al Padre riconciliare tutte le cose in Lui, pacificando col sangue della sua croce quelle della terra, come quelle del cielo». 

Quando queste parole di San Paolo cessino di essere soltanto una bella teoria, per diventare viva pratica, compren- deremo che ogni proprietà è una specie di sacrilegio, un furto fatto a Colui cui appartengono tutte le cose, tanto «quelle del cielo come quelle della terra», «perché in Lui sono state create»; e inoltre «per Lui sono state riconciliate, purificando col sangue della sua croce tutte le cose, quelle del cielo, come quelle della terra». 

Qualcuno può pensare: se le cose della terra sono state « create in Cristo» ed Egli le ha purificate col suo sangue, come mai continuano ancora ad appartenere agli uomini? La domanda è fatta con realismo. La risposta non può essere compresa, se quel realismo materiale non riesce a vedere il realismo della fede: le cose della terra sono nelle mani degli uomini fino a che sia completato il numero degli eletti, il cui Primogenito  è  Gesù.  «La  creazione  stessa  attende  con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla vanità – non per suo volere ma per volere di colui che l’ha sottomessa e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto». 

Questo stato di violenza in cui la creazione si trova, descritto chiaramente da San Paolo, si deve a che essa «è sottomessa alla vanità, non per suo volere ma per volere di colui che l’ha sottomessa, e attende con impazienza la manifestazione dei figli di Dio», il cui Primogenito è Gesù. E fino a che quel numero di anime non abbiano la libertà dei figli di Dio, non si realizzerà la manifestazione attesa con impazienza», e le cose della terra continueranno ad essere « sottomesse alla vanità». 

Difficile in questo stato di cose comprendere le parole di Dio al suo Popolo Eletto: «Le terre non le cederete in pro- prietà, perché la terra è mia e voi siete, sul mio, pellegrini e stranieri». 

JOSÉ BARRIUSO 

venerdì 27 gennaio 2023

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA SCHIAVITU’ DEL DENARO 


Dopo il peccato l’uomo dovette sentire un abbandono interiore simile a quello di Cristo sulla croce. Non per nulla Cristo stava pagando alla giustizia divina la pena del peccato dell’uomo. Perciò quell’abbandono, che doveva indirizzare l’uomo a chiedere l’aiuto del Dio oltraggiato, avrebbe mantenuto il contatto tra il Creatore e la creatura. Ora possiamo comprendere meglio le parole di Gesù sulla Croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» . – Non dimentichiamo che sulla croce veniva crocifisso l’“uomo vecchio” dell’umanità – . L’abbandono era qual cosa come la grazia al contrario; ciò che la grazia faceva positivamente prima del peccato, cioè mantenere l’unione con Dio, l’abbandono dopo, lo fa negativamente, creando nell’anima una necessità di Dio; era, questo, qualcosa come una “grazia nera”. Questa situazione, certo, portava con sé una insicurezza dolorosa, ma non gli avrebbe fatto dimenticare mai la sua colpa e gli avrebbe fatto aspettare con ogni ansietà Colui che doveva venire. 

L’uomo non ha accettato questa insicurezza purificatrice (« II Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo») e per insinuazione del demonio cerca di costruire in questo mondo un paradiso simile a quello dal quale fu espulso. Riuscendo ad avere questa sicurezza nel mondo, l’uomo cessa di vedere la necessità di ricorrere a Dio, e di aspettare nessun Redentore che lo liberi da una colpa che si allontana sempre più nel ricordo della storia. Molte cose hanno contribuito a conferire all’uomo questa sicurezza intraumana; una di esse, e non quella di minore importanza, fu ed è il denaro. 

La paura dell’uomo per l’insicurezza non si può vincere se non con una fede viva ed operante nell’amore di un Dio, Padre e Provvidente. Le parole con le quali Gesù ci consiglia la fiducia nella bontà del Padre, non possono essere comprese in tutta la loro forza, fino a che non ci siamo spogliati di quell’“uomo vecchio”, che portiamo incrostato nel più profondo del nostro essere. “Gli uccelli e i gigli”, nutriti e adornati dalle mani amorose del Padre, sembrano a quell’“uomo vecchio”, che portiamo dentro, pura poesia, ma senza nessuna risonanza nella vita pratica. E tuttavia, le parole di Gesù sono certe: «Chiunque lasci padre e madre, fratelli... avrà il cento per uno di questa vita, e poi la vita eterna». Ai seguaci di Gesù non mancherà niente, ma Egli non toglierà loro l’insicurezza: «Il discepolo non sarà in condizione migliore del Maestro» si potrebbe dire anche qui. 

E la situazione del Maestro fu descritta da Lui stesso: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». È più santificante confessare un’incapacità naturale a seguire la parte più profonda del Vangelo, che professarci suoi seguaci quando in realtà ignoriamo le sue più elementari esigenze. Allora, chi potrà seguire sinceramente il Vangelo? Quel che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio. Ciò di cui abbiamo bisogno è confessare la nostra incapacità ed invocare l’aiuto della grazia divina. Poiché certamente questo è l’aspetto del Vangelo che rimane ancora il più ignorato: l’insicurezza che un distacco totale dalle ricchezze comporta. Da sé, questo è impossibile, senza una grazia che spinga verso un Padre che è AMORE. 

Tutto ciò non vuol dire che non si debba lavorare « perché gli uccelli del cielo non lavorano» ed esiste un Padre provvidente che guarda alle nostre necessità. Questo sarebbe un nuovo inganno del “nemico”. Gli uccelli del cielo non devono riparare una colpa come l’uomo; e un modo di riparare è il lavoro. Ma d’altra parte, né il lavoro, né, tanto meno, il denaro, devono costituire la nostra sicurezza. Perché allora la nostra fiducia starebbe nel lavoro per sé stesso; e quel che è stato un mezzo di riparazione diventerebbe un idolo: aspetteremmo tutto dal lavoro. E quando si arrivi ad una età nella quale non si possa più lavorare, in che cosa metteremo la nostra fiducia? Pertanto non nel denaro – poiché è un’invenzione del demonio – e neppure nel lavoro – perché è solo un mezzo di riparazione – si deve mettere la fiducia. La nostra fiducia si deve mettere in Dio, che ci ha creati. 

Questa fiducia in Dio non si oppone alla insicurezza di cui abbiamo parlato prima: è insicurezza umana perché non sappiamo e non possiamo contare su niente di concreto; ma nello stesso tempo è sicurezza, perché dipendiamo dal- l’Onnipotente. Orbene, per fare assegnamento su questa sicurezza da parte di Dio, dobbiamo vivere secondo le sue leggi: una di esse è il lavoro, che può essere materiale o spirituale – è la sua divina Volontà che designerà il lavoro che ci purificherà – e soprattutto l’amore di Dio, il quale ci ha imposto amorosamente ciò che esigeva la giustizia di un ordine infranto. E così, come Dio nutre gli uccelli che cantano, nutrirà anche gli uomini che lavorano e amano. Questa è la sicurezza promessa da Gesù; chi la raggiungerà avrà ottenuto di liberare la sua anima dalla schiavitù del denaro e vivere nella vera libertà dei figli di Dio. 

JOSÉ BARRIUSO 


venerdì 29 luglio 2022

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LO SPIRITO DEL MONDO 

Come affrontare a fondo una vera purificazione dallo spirito del mondo per restituire la libertà alle anime? È certo che quei generosi tentativi di perfezione per tagliare alla radice i contatti con lo spirito del mondo, anche se provengo- no da una volontà decisa ad unirsi allo spirito di Dio, hanno in sé la vanità di vedersi liberi da certi difetti che si riconosco- no tali proprio per una grazia. Ma questa grazia non è penetra- ta tanto da far scomparire non solo i difetti, ma anche la vanità di essere migliori. 

Esiste una via più umile e più pratica: creare nella nostra anima, con la preghiera e la fiducia in Dio, un atteggiamento di disponibilità. Riconoscere i lacci che ci legano ancora allo spirito del mondo, e chiedere a Dio che venga a tagliarli. Tutto ciò comporta una serietà nella vita: questa serietà la dà la speranza che Egli un giorno arriverà alle nostre anime per spezzare quei lacci, creando in noi una attitudine completa- mente opposta: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete»: è la vera purificazione che solo Lui può realizzare. Rompendo in noi i lacci dello spirito del mondo, Egli crea in noi un’incapacità a gustare le cose del mondo. Questa trasformazione è un vero “dono di Dio”. Ciò è qualcosa di incomprensibile per chi ancora continua ad essere legato allo spirito del mondo in un qualsiasi modo. Quel “dono” Dio lo concede a chi glielo chiede e si dispone sinceramente a riceverlo. Quel “dono di Dio”, all’inizio, non richiede santità - questa è conseguenza di esso - ma umiltà. Umiltà nel ricono- scimento della nostra impotenza a portare ad effetto tale purificazione, e poi essere fedeli alle continue ispirazioni della grazia. 

Esiste un aspetto doloroso in questa purificazione: l’anima che abbia ricevuto questo “dono di Dio”, sentirà attorno a sé la solitudine, perché gli esseri che le stanno attorno continua- no ad essere legati allo spirito del mondo; non vivono di quella “fonte segreta” che la grazia, il “dono di Dio”, ha fatto sgorgare nella sua anima. Una solitudine simile a quella di Gesù in mezzo agli uomini. Questi si muovevano, compresi gli Apostoli, attorno a Gesù, con mire meschine, mentre Egli era assorto nella Volontà del Padre. La solitudine di Gesù nell’umano fu infinita. Così l’anima nella quale Gesù abbia “aperto” la fonte di “acqua viva” sentirà le conseguenze: la gioia di aver trovato il suo centro e, nel contempo, la solitudi- ne, perché gli esseri che le stanno attorno non comprendono la ragione della sua vita. Pertanto non possono comprendere neppure le sue espressioni e rischia sempre di essere male interpretata. In lei il “dono di Dio” ha creato un’incapacità di godere di altre gioie, o di altra “acqua”, che non sia quella che sgorga dalla fonte segreta che Lui ha aperto nel suo cuore; guarda tutto a partire da Lui e con destinazione Lui. 

È questa l’autentica purificazione dallo spirito del mondo, che ci restituisce la perfetta libertà, e che noi non otterremo se non ci disporremo a ricevere il “dono di Dio” che ci trasfor- merà in creature nuove. 

«Se tu conoscessi il dono di Dio!». 

JOSÉ BARRIUSO

lunedì 13 settembre 2021

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LO SPIRITO DEL MONDO 

Altra arma che utilizza lo spirito del mondo è lo scherzo, e questo ha diversi gradi, dalla barzelletta apertamente oscena, fino a quella che tocca le cose spirituali; questa è usata perfino da persone religiose. Non ci tratterremo sullo scherzo animale perché non è difficile vedere in esso l’impronta dello spirito del mondo, in aperta collaborazione col demonio e con la carne. Coloro che non sentono una ribellione intima contro questo tipo di scherzi, già sappiamo a quale categoria di esseri appartengono. Gli altri scherzi, quelli che toccano oceano le realtà spirituali, sono un laccio più sottile del “nemico” affinché le cose di Dio non si prendano troppo sul serio; creerà così un ambiente di frivolezza intorno alle cose più sante, che gli permetterà di realizzare più facilmente i suoi piani di distruzione. 

Ecco perché Gesù non pregò per il mondo: c’era in esso troppo razionalismo e troppa frivolezza, che si opponevano alla salvezza. E non soltanto si opponevano alla salvezza, ma intraprenderebbero la persecuzione del Salvatore e di tutti quelli che avessero voluto salvarsi. «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» Queste parole di Gesù sono troppo gravi perché un suo discepolo le possa dimenticare facilmente. A misura che una persona va cessando di appartenere allo “spirito del mondo” per la sua fedeltà alla “chiamata” intima del Signore, il “mondo” comincia ad odiarla, in un modo velato prima, e apertamente poi; questo “odio” del mondo può essere un termometro per sapere se siamo già stati “scelti” da Gesù: «Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia». Finché il mondo ci stima ed è d’accordo con le nostre opere, è perché queste sono dirette dallo “spirito del mondo” e ancora apparteniamo al “mondo” e non a Gesù. 

Si possono enumerare tre fasi dello spirito del mondo in rapporto ai figli di Dio: l’inganno, il disprezzo e la persecuzione. In primo luogo cercherà di ingannare i figli di Dio con le attrattive, gli onori e i beni materiali che possiede. Quando l’uomo non si lascia ingannare, e disprezza quello che il “mondo” gli offre, allora sopravviene il secondo atteggiamento dello spirito del mondo: il disprezzo e lo scherno. Ma quando l’uomo di Dio non solo non fa caso a questo disprezzo, ma cerca di smascherare gli inganni del mondo, allora ha luogo la persecuzione e il martirio. 

JOSÉ BARRIUSO 

lunedì 19 aprile 2021

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LO SPIRITO DEL MONDO 

Abbiamo riflettuto sui due ostacoli della libertà che l’uomo porta dentro di sé: l’orgoglio e la disordinata concupiscenza. Il terzo ostacolo lo troviamo fuori dell’uomo: lo spirito del mondo. 

Quando arriva in questo mondo, l’uomo si trova ferito spiritualmente di dentro e di fuori; porta il peccato d’origine, spirito del male, che deve andar scacciando con l’aiuto della grazia. Fuori di sé stesso l’uomo trova un mondo in cui lo spirito del male che egli porta è stato accettato dalla immensa maggioranza degli uomini. Questo spirito del male accettato ha un nome, “lo spirito del mondo”. Esso ha tessuto una rete in cui la libertà dei figli di Dio trova grande difficoltà ad agire. 

Ci siamo domandati qualche volta perché Gesù non ha pregato per il mondo? E non solamente in quanto nella sua Preghiera Sacerdotale non ha menzionato il mondo, ma perché positivamente l’ha escluso: «Non prego per il mondo» Non sarà che il mondo e il demonio si identificano? Si può forse pregare per il demonio? 

Per Gesù il “mondo” si trova in una situazione identica alla situazione del demonio. C’è in essi una ribellione costante, che li rende incapaci di ricevere la preghiera di Gesù e il perdono del Padre. Non sono solo parole: il mondo è il regno del demonio. Ricordiamo che nella terza tentazione il demonio offrì a Gesù i regni di questo mondo come cosa sua 1 . Perciò lo spirito del mondo è lo spirito del demonio. Nel mondo regna la superbia e la menzogna perché il suo spirito è quello stesso di colui che è padre della menzogna. E come l’uomo ha bisogno dell’umiltà per arrivare alla verità, così la menzogna sgorga dalla superbia come suo frutto naturale. 

Basta un piccolo esame personale per comprendere questo. Perché non si dice sempre la verità? Perché non esiste l’umiltà sufficiente per sopportare le conseguenze di una verità che pregiudicherebbe la nostra persona. Diamo a questa piccola esperienza intima la massima potenzialità di aumento e vedremo come nel mondo è impiantata la menzogna diabolica che nasconde l’orgoglio di esseri che partecipano in maggiore o minor misura dello spirito del demonio. 

Queste brevi riflessioni ci hanno potuto chiarire perché Gesù non ha pregato per il mondo, quando il suo Cuore si dilatava a pregare non solo per i suoi Apostoli, «ma anche per quelli che dovevano credere per la loro parola». 

Una breve conseguenza pratica: fintanto che la menzogna sarà frequente nella nostra vita, l’orgoglio ha le sue radici nella nostra anima, e pertanto partecipiamo dello spirito del mondo; e mentre apparteniamo a quello spirito, siamo fuori dalla preghiera di Gesù: «Non prego per il mondo». 

Il demonio ha lavorato perché gli uomini non diano alla menzogna il valore che merita, e c’è riuscito; più ancora, ha battezzato alcune menzogne come “bugie pietose”. Può forse una pietà seria andar d’accordo con la menzogna? Il demonio sa molto bene che non può, ma siccome non vuol perdere ogni influenza sulle anime buone, fa loro vedere che quelle menzogne non hanno importanza. Al momento il demonio si accontenta di ottenere questa piccolissima vittoria: è la porta aperta per poter penetrare più a fondo al momento opportuno. Perché accettando queste anime qualcosa di suo, come è la menzogna, Dio, per giustizia, gli permetterà di avvicinarsi ad esse. Inoltre con ciò il “nemico” ottiene un’altra cosa: qualificando quelle menzogne come “pietose”, ottiene che le anime non scoprano il vero motivo di quelle menzogne: l’orgoglio. 

La menzogna è un termometro fedele che indica in che grado si trova incrostato l’orgoglio nella nostra anima. A prima vista sembra che non ci sia nessuna relazione tra le due cose. Per vedere questa relazione non bisogna dimenticare che il padre della menzogna è il demonio, l’orgoglio personifica- to. Ed egli ha stabilito il suo regno nel mondo per mezzo degli uomini che l’hanno accettato. Perciò il mondo è retto dallo spirito del demonio. Egli cominciò ad impossessarsi del mondo per mezzo della menzogna: «Sarete come Dio», disse ad Adamo. Ma questo regno del demonio è destinato a perire. Come la verità è una e unifica, così la menzogna è molteplice e disgrega. «Ogni regno diviso è destinato a perire». 

JOSÉ BARRIUSO 

martedì 2 marzo 2021

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA LIBERTA’ E LA CONCUPISCENZA 

Abbiamo accennato prima alla collaborazione della donna con l’uomo nella moltiplicazione dei figli di Dio. Ma non si deve dimenticare che Dio, creando la donna, l’ha fatto per eliminare la solitudine dell’uomo: «Non è bene che l’uomo sia solo» Se quella solitudine si fosse fatta notare dopo il peccato, ci sarebbe una spiegazione. Ma no, l’uomo era pieno di grazia, Dio viveva in lui e ciononostante il suo creatore trova che «non è bene che l’uomo sia solo». In ciò vediamo l’umiltà profondissima di Dio: nell’uomo che gli appartiene totalmen- te, lascia come un’apertura spirituale perché un’altra creatura lo completi. Non potrà farlo Lui stesso? Si, ma Dio ha voluto dare all’uomo la gioia di parlare con una creatura simile a sé. Per questo fa “dipendere” la donna da lui stesso, lasciando nell’uomo quell’apertura, non solo nella carne ma anche nello spirito. L’“aiuto” che Dio ha dato all’uomo è di carattere tale che tocca la radice dell’esistenza umana. Esiste un principio che dice: “La grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona”. 

Ora possiamo già tirare una conseguenza: lo sviluppo completo della personalità dell’uomo si realizza quando la sua anima s’incontra con l’anima della donna. Il sessuale è una realtà successiva, che può perfino non esistere. Guardiamo la vita dei santi. Accanto a loro c’è sempre una donna, che compie la missione di essere l’”aiuto” voluto da Dio. Questo “aiuto” spesso non è manifesto agli occhi mondani, perché lo infangherebbero; resta nascosto, realizzando la sua umile, ma sublime missione. E non pensiamo che ai santi bastasse Dio. Il primo uomo aveva più grazie che i santi e Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo». Non riconoscere questo “aiuto”, è rifiutare il piano divino. 

Nell’uomo si possono dare due diverse anormalità in relazione all’atteggiamento che assuma di fronte alla donna: l’indurimento e l’abbrutimento. L’indurimento si verifica quando egli disprezza quell’“aiuto”, l’abbrutimento quando egli abusa di esso. 

L’abbrutimento si verifica quando l’uomo fa dell’“aiuto” un dio, credendo che la soddisfazione carnale gli possa dare la felicità. E siccome quella felicità dura alcuni istanti, l’uomo pensa che, moltiplicando quegli istanti, la felicità si possa prolungare. Questo modo di pensare non porta con sé che tedio. Questo comportamento non procura alcun sviluppo della personalità umana, ciò che procura è la comparsa della bestia nell’uomo, comparsa da lui giustificata con un minimo de ragione poiché, dato il suo grado di evoluzione, gli risulta impossibile dominare le sue passioni disordinate. Il demonio ha ottenuto che l’uomo sostituisca Dio col sesso: questo è il dio le cui esigenze sono sempre più imperiose; in esso non c’è né amore, né giustizia. Esiste solo una norma: l’egoismo. Siamo nella piena schiavitù della carne, fomentata dal demonio costantemente. 

Questo può dar motivo a che altri uomini, desiderosi della libertà, per andar meglio a Dio, disprezzino l’“aiuto”, veden- dolo quasi esclusivamente come uno strumento che il demo- nio impiega per allontanarli da Dio. Con questo ragionamento si cerca di prescindere radicalmente da quel’“aiuto”, forse con buona intenzione, perché si i rede che esso sia un impedimen- to. Ma il piano di Dio non si può cambiare senza sentirne le conseguenze. Il disprezzo dell’“aiuto” voluto da Dio produce una distorsione interiore che termina nell’indurimento, causando nell’anima una freddezza simile a quella di coloro che si sono abbrutiti abusando dell’“aiuto”. Perché l’uomo che si dà sinceramente a Dio, non deve mai disprezzare ciò che Dio ha creato per lui, benché altri, abusandone, siano andati contro il piano divino. L’indurimento non avviene quando l’uomo ha cercato primariamente il servizio di Dio, ma quando invece quella priorità l’ha data al suo egoismo, al vivere più comodamente. Cioè, tanto nell’abbrutimento che nell’indurimento, abuso e disprezzo della donna, il fattore che muove ambedue gli atteggiamenti è il medesimo: l’egoismo. 

E così il demonio ha fatto vedere che il nemico dell’uomo è la donna e viceversa. Non è facile riconoscere il demonio in tutte queste valutazioni. Ma è lui che desidera ostacolare il piano divino, fin dall’inizio, poiché proprio lui si è servito della donna per introdurre il suo spirito nell’anima umana e poggiarsi sull’uomo per realizzare le sue ambizioni di essere uomo e regnare sugli uomini. Nella rigenerazione dell’uomo non si può prescindere dalla donna, perché Dio stesso, nella sua umiltà e nella sua giustizia, si è servito di lei, Maria, per introdursi in questo mondo. Spesso, data la natura caduta, si tiene in considerazione solo l’opera devastatrice che il “nemico” ha realizzato per mezzo della donna, ma è arrivata l’ora, ed è questa, in cui cuori pieni di Spirito Santo, infiam- mati nel suo fuoco purissimo, guardano dritto il modo di operare di Dio. 

Se il peccato ha lasciato la donna meno ferita dell’uomo, vuol dire che ora essa si trova “naturalmente” più vicina a Dio. Il significato di “aiuto”, per il quale è stata creata, prende ora un nuovo rilievo. Essa deve stare soggetta all’uomo (perché questo fu il decreto divino dopo il peccato). Ma questa soggezione non la esime dal-l’utilizzare tutto il meglio che possiede per portare l’uomo ad assoggettarsi a Dio. 

In realtà non sappiamo come è avvenuto il peccato origina- le, ma attraverso le conseguenze si vede che l’uomo è stato più colpevole; perché non è giusto, né ragionevole, che esista un disordine maggiore in colui che ha peccato meno. Quindi se nell’uomo c’è maggior disordine, è perché il suo peccato è stato più grande. Ebbene, se la donna ha collaborato con l’uomo – non sappiamo in che misura – nel peccato, essa deve collaborare e “aiutare” l’uomo a rigenerarsi. È certo che egli ha la grazia a sua disposizione, come aiuto, ma anche prima del peccato l’aveva e tuttavia Dio vide l’uomo solo e giudicò necessario dargli un «aiuto simile a lui»: la donna. 

Ebbene, in questa rigenerazione dell’uomo, l’elemento umano, la donna, deve responsabilizzarsi della sua altissima e delicata missione salvatrice. È certo che l’uomo deve avere la volontà decisa di sollevarsi, e in definitiva da lui dipende; ma la donna con la sua intuizione deve “aiutarlo”, perché diversamente gli sarebbe molto difficile. È proprio qui, nel disordine della concupiscenza, che la donna è più ordinata e libera, conservando meglio l’equilibrio primitivo. 

Lo squilibrio nella donna non è così profondo come nell’uomo, ma è più sottile, e può rendere infeconda la sua missione. Questo succede quando essa, approfittando dei doni e delle grazie che Dio le ha dato, li usa in una compiacenza egoistica. Allora, anziché essere un anello di congiunzione tra Dio e l’uomo, diventa un vero ostacolo, e il demonio la utilizza come strumento per abbrutire e far ancor più schiavo l’uomo. La superficialità non permette alla donna di responsa- bilizzarsi della sua missione elevata e profonda. Se Dio l’ha data all’uomo come un complemento, ciò abbraccia tutto l’essere di entrambi. L’anima della donna deve apportare qualcosa di positivo, di cui l’anima dell’uomo ha bisogno, e quel positivo è qualcosa di divino, che dopo il peccato l’uomo ha perduto. E questo la donna non riuscirà a realizzarlo con la superficialità di una vana compiacenza. 

Oltre alla grazia, sono l’amore e il sacrificio che daranno alla donna la forza e la visione soprannaturale per realizzare la sua delicata missione. Comprenderà che è un errore e una ingiustizia approfittare dei doni di Dio in una insensata e assurda compiacenza per trattenere l’uomo con sé, anziché portarlo a Dio, rendendo così infecondi i suoi doni. Essa dev’essere un punto d’appoggio che non ostacoli mai il ritorno dell’uomo a Colui che l’ha creato. La missione della donna è sublime, ma anche molto umile; perdere l’umiltà per il fatto che la sua missione è sublime, è non averla capita. Tutta la tendenza spirituale e carnale che l’uomo sente verso la donna deve essere utilizzata per dirigerlo verso Dio. Se la donna si appropria di quella tendenza per i suoi interessi egoistici, sta defraudando il piano divino. Inoltre essa ne soffrirà le conseguenze, perché volendo trattenere l’uomo in sé stessa, questi la dominerà fino a renderla schiava con una concupiscenza sempre insaziabile, portando anche lei all’abbrutimento e all’indurimento. 

Perché la donna riesca ad essere quell’“aiuto naturale” voluto da Dio per rigenerare l’uomo, essa deve raggiungere quella libertà interiore della quale abbiamo già parlato, sacrificando il suo egoismo sottile che si riassume in una parola molto significativa: vanità. Cesserà di essere vana quando cesserà di essere superficiale e cesserà di essere superficiale quando affonderà nell’amore che Dio le ha dato, che è un raggio dell’Amore infinito. Una collaborazione assidua e seria con la grazia la condurrà a scoprire la sua vera bellezza. È in questa che l’uomo si deve appoggiare per raggiungere la bellezza infinita, che è Amore e Verità nella perfetta libertà. 

JOSÉ BARRIUSO 

martedì 22 dicembre 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA LIBERTA’ E LA CONCUPISCENZA 

Dio non si disdice nelle sue opere. Ma per aiutare l’uomo a ricuperare l’antica libertà gli ha dato alcune norme esplicite: 

« Alla donna disse: Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravi- danze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». «All’uomo disse: Poiché hai ascoltato la voce della tua donna e hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetta sia la terra per causa tua! Con lavoro faticoso ne trarrai cibo per tutti i giorni della tua vita; essa ti produrrà spine e triboli e mangerai l’erba dei campi. Con il sudore della tua fronte mangerai il pane, finché ritornerai alla terra». 

Queste norme dovevano stabilire un ordine simile al primo, non uguale: la sussistenza dell’uomo non dipendeva più da Dio solo; egli doveva guadagnarsi il pane «con il sudore della sua fronte» e la donna doveva inoltre cooperare col suo dolore alla procreazione dei figli. Ogni coppia avrebbe formato una famiglia per la quale doveva assumere la respon- sabilità. L’uomo sarà tanto più uomo quanto meglio compirà il suo dovere di rappresentante di questa famiglia davanti a Dio e quanto più la sua volontà saprà dominare la sua concupiscenza entro questa famiglia. Era la prima fase della purificazione della carne. Oltretutto lo esigevano i figli nati nel peccato e più a lungo bisognosi dell’appoggio morale e materiale di una famiglia. Questa famiglia sarebbe stata come il clima spirituale che avrebbe accolto la Madre del promesso Messia e suo Figlio. 

Maria inaugurò una seconda tappa di purificazione facendo il voto di verginità; e nel contempo santificò la famiglia stessa. Le anime vergini, che hanno seguito il suo esempio, sono state un contributo santo alla purificazione per ricupera- re la libertà della carne, purificando la natura caduta. La nostra visione limitata – una delle tante conseguenze del peccato d’origine – ci impedisce di vedere la ripercussione sociale di quell’olocausto della concupiscenza, consumato da queste anime vergini. 

Il “nemico” ha tentato di ricavare la sua parte anche da questa seconda fase di purificazione: quella lotta contro la concupiscenza ha generato un’inconscia avversione al sesso, come se esso fosse opera del peccato. Ci fu perfino una setta che considerò il matrimonio come un’invenzione del diavolo. 

Per controbattere questo, basterebbe dire che il patto dell’antica alleanza, stipulato da Dio con Abramo, fu fatto per mezzo della circoncisione, prevenendo così quel che il demonio poteva suggerire molto più tardi. 

È certo che l’uomo, dopo il peccato d’origine, ha perduto quella serenità che proviene da una volontà soggetta a Dio, libera da sé stessa e dagli appetiti della carne. Tutto l’ordine “naturale”, che risiedeva nell’interno dell’uomo, dipendeva dall’ordine “soprannaturale della grazia”. Era questa la causa e il fondamento di quell’ordine “naturale”. Se si vuole ritornare a quell’equilibrio, in cui la volontà sia libera da ogni schiavitù, è necessario l’ordine soprannaturale della grazia, perché Dio volle l’uomo in questo stato e da esso dipendeva quell’equilibrio “naturale”. È la grazia, pertanto, quella che darà all’uomo quella “naturalezza” e spontaneità nel capire e nel parlare del sesso. Quanto più questa grazia va penetrando nell’anima, tanto più la va restituendo a quell’infanzia raccomandata dal Maestro. E quando mai i bambini hanno pensato che il sesso è qualcosa di misterioso? L’espressione “mistero della vita” è stata opera della concupiscenza disordi- nata. Per i bambini il sesso è qualcosa di tanto naturale come le mani, la testa e gli occhi. A questa naturalezza si può arrivare con l’aiuto della grazia. Ma lo stato attuale della società deve far ugualmente conservare il riserbo a coloro che l’hanno raggiunta. 

Bisogna notare che l’uomo di cuore puro ha un’ingenuità che può essere giudicata come mancanza di personalità. Questo crede l’uomo che ha messo la personalità in cose che non lo sono. Ciò si deve al fatto che egli non ha un cuore puro, ma macchiato; e quella macchia, che è cecità, non gli permette di vedere la realtà del piano divino. Perché la vera personalità si deve mettere in ciò che di più elevato possiede l’uomo: l’immagine che Dio ha impresso di Sé in lui: «Faccia- mo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza». L’uomo di cuore puro va acquisendo quella “somiglianza” divina, che è la sua vera personalità. 

Il santo è colui che ha raggiunto quella vera libertà divina, che Dio ha voluto per l’uomo come una partecipazione della Sua, e che niente ha a che vedere con l’indurimento che proviene dalla schiavitù della concupiscenza. 

JOSÉ BARRIUSO 

martedì 27 ottobre 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA LIBERTA’ E LA CONCUPISCENZA 

Abbiamo parlato dell’ostacolo che risiede nella volontà stessa e impedisce la libertà: l’egoismo e l’orgoglio. 

Facendo un nuovo passo, ci incontriamo con un nuovo impedimento della libertà; esso si trova entro l’uomo, ma fuori della sua volontà: è la concupiscenza disordinata della carne. Questa seconda schiavitù, come ogni schiavitù, dipende dalla prima: non essendo la volontà libera, soggetta a Dio, essa non può assoggettare e ordinare le passioni, dando luogo così alla schiavitù della concupiscenza della carne. 

In che situazione si trovava l’uomo sotto questo aspetto prima del peccato originale? Tutte le sue passioni erano ordinate in un perfetto equilibrio sotto il dominio della sua volontà, soggetta a Dio, godendo così di una autentica libertà. Perciò il nemico, spirito del male, non poteva toccare le sue passioni, perché esse erano tutte come “unte” da una volontà santificata dalla grazia. La tentazione fu diretta dal di fuori a quella volontà. Tutti gli atti dell’uomo erano purissimi, perché procedevano da un principio santo. La sua occupazione principale gliela aveva ordinata Dio: moltiplicare il genere umano, la famiglia di Dio. 

La famiglia umana, come la conosciamo oggi, non entrava nel piano divino primitivo. La famiglia, che sembra un’esigenza della stessa natura, è certamente tale dopo il peccato, in quanto tutto tende ad essere diviso e richiede un ordine; e di quest’ordine c’è bisogno ora per purificazione dell’uomo. Ma non essendoci necessità di questa purificazio- ne, nel caso non fosse esistito il peccato d’origine, la situazio- ne sarebbe stata molto diversa. Mentre l’uomo ora tende, quasi in un modo esclusivo, alla formazione di una famiglia, nel piano primitivo egli non avrebbe avuto presente che una cosa: compiere la Volontà di Dio, la quale comprendeva la collaborazione con Lui nella moltiplicazione dei suoi figli, senza separazione di razze e di frontiere, poiché queste sono conseguenza del peccato. All’uomo Dio diede il sesso per questo fine. Questo si sarebbe realizzato in un modo perfetto: il centro della vita umana era Dio. I’uomo era la creatura piena di gioia per la consapevolezza di essere al servizio del suo Creatore. Siccome Dio, nel suo infinito potere, voleva la collaborazione dell’uomo per creare altri uomini come lui 1 , gli diede una collaborazione umana: la donna. La donna, nell’ordine soprannaturale, procede dall’uomo: «Il Signore Dio, con la costola che aveva tolto all’uomo, -plasmò la donna...» e fu istituito il “matrimonio”, l’unione dell’uomo e della donna “ne” l’amore: «...e i due saranno una sola carne». L’uomo non sarebbe solo in una attività tanto divina: la moltiplicazione della famiglia di Dio. Ciò che li avrebbe portati all’unione sessuale non sarebbe mai stato l’egoismo degli istinti disordinati, ma il “servizio” al loro Signore che li aveva creati. Tanto l’uomo che la donna non si sarebbero considerati che come strumenti, pienamente sottomessi alla Volontà divina. Mai si sarebbero trattenuti in sé stessi, essendo uniti in un solo Amore: lo Spirito Santo. 

Non possiamo concepire ora come, essendo “nudi”, non si resero conto di ciò prima del peccato. Questo è un particolare illuminante, che ci rivela il loro altissimo grado di contempla-zione divina. In un tale stato di contemplazione, che impor- tanza potevano avere i loro corpi? La cosa importante era l’Amore di Dio che li univa. Non era la forza sessuale quella che dominava, ma l’Amore, la chiara visione di Dio, che aveva loro ordinato di moltiplicarsi e crescere. Il piacere sessuale, che certamente esisteva, non era paragonabile alla gioia dell’anima di sapere di star compiendo la Volontà del suo Creatore, che amava con tutto il cuore e con tutta la mente. Il corpo non era altro che un semplice supporto in cui abitava l’anima, l’ “immagine di Dio”, che avrebbe collabora- to con Lui nella creazione di altre creature. Tutte queste creature avrebbero collaborato con Dio in un modo identico. Questo non vuol dire che il fine unico dell’unione dell’uomo e della donna era la procreazione del genere umano; il fine principale di quell’unione era il compimento della Volontà di Dio, l’altro sarebbe stato una conseguenza. Da quella unione di anime e di corpi nell’Amore e nella Volontà di Dio avrebbe tratto beneficio tutta la Creazione. Così erano “immagine e SOMIGLIANZA di Dio”, un riflesso della Santissima Trinità. 

Dio stesso era il loro centro, di loro che erano “uno” in Dio. Essi, l’uomo e la donna, erano il centro della creazione. Da quella unione delle loro anime e dei loro corpi in Dio, tutta la creazione riceveva quella forza, vigore, fecondità, vita! che essi ricevevano da Dio, irradiando quel bene che penetrava fin nelle viscere di tutto il creato. E ciò mentre cooperavano col loro Creatore nella creazione dei “figli di Dio”. 

Quando è avvenuto il peccato, si è verificato un profondo sconvolgimento nell’essere umano. Venendo a mancare la libera soggezione della volontà a Dio, l’altra parte dell’essere umano, il corpo coi suoi istinti, ha cessato di stare soggetto a quella parte che si era ribellata separandosi da Dio. Questo dà origine alla schiavitù della carne: la concupiscenza non obbedisce più fedelmente alla volontà. Più ancora: questa, fatta schiava dall’orgoglio proprio, cerca anzitutto la soddisfa- zione egoistica. Il sesso, che Dio aveva dato all’uomo per collaborare con Lui, lo utilizza come fonte di piacere, passan- do ad essere collaboratore dello spirito del male. Il disordine della concupiscenza, che è una conseguenza, riafferma la schiavitù della volontà, che è la sua causa. 

Ma come Dio non ha tolto all’uomo la libertà quando questi ha usato male di essa, così non gli toglie neanche la facoltà di procreare. Neppure scioglie il matrimonio. Ce lo ricorda Malachia nell’Antico Testamento con queste parole: «Perché il Signore prende le difese della sposa della tua giovinezza alla quale sei stato infedele, mentre essa è la tua compagna e la sposa del tuo patto nuziale. Non li ha Egli fatti per essere uno solo che ha la sua carne e la sua vita? E perché questo unico essere? Per una posterità per Dio. Curatevi dunque della vostra vita; e tu non essere infedele alla sposa della tua giovinezza». E lo conferma poi Gesù nel Nuovo Testamento. Dice Gesù, rispondendo ai farisei: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi».

JOSÉ BARRIUSO 

domenica 6 settembre 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



LA LIBERTA’ DELL’UOMO 

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Possiamo anche farci un’altra domanda: chi si d ecide a cercare Dio, lo fa per servire Dio o perché quel servizio gli porta un vantaggio? Non sarebbe ciò una forma di egoismo sottile, che cerca anzitutto la propria felicità, come altri la cercano in altra direzione? Questa felicità dev’essere una conseguenza, non un fine, di quel servizio libero e disinteres- sato al loro Creatore. L’uomo trova la felicità perché ha raggiunto il centro e la ragione della sua esistenza. Non è schiavo di nessuno, neppure di sé stesso; la sua libertà gli viene perché l’amore l’ha fatto schiavo del suo Signore, raggiungendo la meta per la quale è stato creato. Quanto più la creatura eserciterà la libertà in quella direzione, tanto più sarà perfetta sia la libertà come la creatura. Il contrario di quel che fece Lucifero e poi il primo uomo: una ribellione nella quale la libertà non seppe decidersi per la perfezione di sé stessa. Forse che il demonio è più libero per il fatto di voler tutto il contrario di quel che vuole Dio? È molto istruttiva la sua rappresentazione in catene. Forse che le catene gliele ha messe Dio? No, gliele ha messe il suo orgoglio; il demonio è l’eterno incatenato dal suo “amor-proprio”. Gli uomini, quanto più “amano” sé stessi disordinatamente, più vanno assomigliando al demonio. La vera libertà sarà sostituita da una schiavitù satanica, nella quale l’orgoglio li tiene prigio - nieri come in un inferno. 

Il servizio di Dio non deriva da nessun complesso – benché il demonio faccia credere questo agli uomini per farli suoi schiavi – ; il servizio di Dio deriva da un ordine giuridico e razionale reclamato dal diritto, per essere noi sue creature. 
È vero che Dio creò l’uomo libero, ma questa libertà, preceduta dalla conoscenza e dall’amore, gli è stata data affinché riconosca e abbracci liberamente quella dipendenza giuridica e razionale. Il contrario è ribellione, quindi una falsa libertà che tenta di instaurare un ordine antigiuridico. 

Ora ci si può domandare: come può esistere l’esercizio di una libertà, quando esiste un’unica direzione? Questo è radicato nell’essenza stessa della volontà, che tende natural- mente verso il Bene e quando sceglie il male lo fa sotto l’aspetto di bene. La libertà non si decide per un male o per un bene; essa decide tra due realtà che appaiono sotto l’aspetto di bene, benché una di esse non lo sia. Quando l’uomo cerca anzitutto il suo proprio bene, posponendo il Bene, allora, presto o tardi, sperimenterà che si è deciso per il male – questo è agire per “convenienza” – . Solo quando si agisce con una coscienza retta si sperimenta la sensazione di aver operato bene, perché se si è scelto una cosa cattiva, è stato perché in coscienza la si è vista come Bene. La tentazione del demonio al primo uomo in parte era vera: «Sarete come Dio, conoscitori del bene e del male». L’uomo non conosceva il male finché non l’ha sperimentato. I santi hanno conosciuto il male, ma l’hanno superato indirizzando la loro libertà al conseguimento del Sommo Bene. 

Il dolore, che è un male, come conseguenza del peccato, non entrava nella prima economia; ora la libertà non si purificherà se non attraverso il dolore, che è un male relativo, ma apre la via verso il Sommo Bene. Il ribellarsi contro il dolore è un nuovo peccato che fa scendere più in basso l’uomo. La libertà deve accettare il dolore come medicina di salvezza. Se lo rifiuta, sta rifiutando la cura, il che non è altro che ostacolare il ritorno al Paradiso perduto. Per condurci ad esso è venuto il Figlio di Dio e ci ha detto che Lui era la Via per andare al Padre: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». E a quel Padre, che abbiamo perduto nel Paradiso, non potremo tornare se non rassomigliamo al suo Figlio Unigenito. È dentro di Lui che dobbiamo vivere, perché il Padre ci veda attraverso suo Figlio. Vedendoci così identificati, possa Egli esclamare di ciascuno di noi: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto». Ma non possiamo stare entro suo Figlio se non percorrendo la via che Egli percorse: «Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato». La Volontà del Padre stava nella Croce, nel Calvario e nella Morte, per redimerci dai nostri peccati; non che la Volontà del Padre avesse scelto per suo Figlio la croce, il calvario e la Morte; fu l’uomo che fece questa scelta e la giustizia del Padre l’accettò. Rifiutare la croce che la giustizia del Padre stabilisce per ciascuno di noi è rifiutare la “Via” che ci conduce al Padre. Il Figlio Unigenito l’ha percorsa per nostra salvezza; noi dobbiamo percorrerla, non tanto per nostra salvezza, ma perché Lui l’ha percorsa per ciascuno di noi. Che profonde le parole di Gesù, attraverso queste considerazioni: «Io sono la via»! Mai saremmo usciti da noi stessi, neppure con la parte migliore della nostra volontà. Solo l’Amore di Gesù ci tirò fuori dalla condizione di ripiegamento su noi stessi in cui vivevamo, aprendoci la via – «facendo di una via ignominiosa, che gli diedero gli uomini, via di salvezza» – che percorriamo quando, spinti dall’amore, ci decidiamo a seguirlo. L’amore a noi stessi non avrebbe mai accettato il dolore per ritornare al Padre. Ma suo Figlio si fece dolore per ciascuno di noi perché, vedendolo, abbracciassimo il dolore. 

Qui la libertà ha un ruolo di somma importanza, deve decidersi per realtà profonde che le propone la fede, e non lasciarsi soggiogare dalla resistenza di una natura decaduta, utilizzata costantemente dal demonio. Se nel Paradiso l’uomo ha abbracciato il male senza conoscerlo, ora deve abbracciare il dolore, coscientemente, perché nasconde un bene: la sua purificazione e la sua salvezza. Questo è ciò che hanno fatto i santi. Quando, per mezzo del dolore, sarà stato purificato il nostro egoismo, l’anima uscirà dalla sua schiavitù, l’attaccamento a sé stessi, ricuperando la sua autentica libertà: la perfetta scelta del Bene. 

JOSÉ BARRIUSO

lunedì 3 agosto 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



LA LIBERTA’ DELL’UOMO 

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Ricordiamo testualmente le parole del popolo ebreo a Mosè: «Non ti dicevamo in Egitto: lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire in Egitto, che morire nel deserto?». Analizziamo queste parole e la situazio- ne di questo popolo per comprendere quel fondo che esiste nell’anima umana, che tende alla schiavitù e che sembra unito all’istinto di conservazione. Il popolo ebreo stette in Egitto quattrocentotrenta anni. Appena morto il Faraone che cono- sceva Giuseppe, gli ebrei vengono sottoposti a dura schiavitù, schiavitù «dura e amara» 2 ma che ad ogni modo dava loro una sicurezza. Dio li vuole liberi da quella schiavitù, ma al primo pericolo – stanno tra il mar Rosso e l’esercito del Faraone – essi preferiscono la servitù d’Egitto. Si dimenticano dei prodigi che Dio ha operato per mezzo di Mosè. Le dieci piaghe prodigiose non significano più niente. L’istinto di conservazione sospira allora la schiavitù d’Egitto, schiavitù che non li liberava certo dalla morte, ma preferiscono morire schiavi in Egitto, piuttosto che correre il rischio della libertà. 

Alla luce di questo fatto storico, non possiamo negare che nell’anima umana esiste uno spirito di schiavitù; si preferisce la schiavitù alla autentica libertà, perché questa sembra mettere in pericolo la vita stessa. Il fatto è che la vera libertà deve passare prima attraverso la morte; deve morire tutto quello che è un legame, che ci rende sicuri in questo mondo, certamente, ma che insieme ci fa schiavi. A questo l’uomo si oppone, come si oppone alla morte. Morire a quella schiavitù è doloroso, all’inizio, perché ci toglie la sicurezza che la schiavitù ci dava. La sicurezza dataci dalla schiavitù può essere di carattere spirituale o materiale. Coloro che sono nella schiavitù materiale, è perché in precedenza si sono determinati per la schiavitù spirituale; la loro coscienza riposa comodamente in altri. È più facile non pensare con la propria testa, giacché questo è rischioso; il più sicuro è ciò che comunemente si dice e si crede. Ma si son fermati a pensare se quel che comunemente si dice è verità perché è verità, oppure perché lo dicono gli altri? O hanno riflettuto se, pur essendo verità, lo vuole Dio in quel caso particolare? Questa mancanza di riflessione rivela una schiavitù amata, schiavitù che gli uomini, mentre gli va bene, non pensano di abbando- nare. Essa li protegge nella società; per che cosa avrebbero bisogno di essere liberi? 

Pertanto, non è possibile l’autentica libertà della creatura, se la realtà divina non emerge fortemente nel centro della sua vita. Solo la presenza di Dio nella esistenza dell’uomo, può aiutarlo ad abbandonare la schiavitù in cui vive. Perché se Dio non entra nella vita umana, chi può occupare il suo posto se non il nostro “io”? Ma dietro questo “io” c’è un “altro” che si nasconde e pretende occupare presto o tardi il posto di Dio: il demonio. 

Per uscire dalla schiavitù dell’”io”, non è sufficiente l’esistenza della collettività. La collettività, in fondo, interessa in quanto protegge e promuove il benessere, benessere amato dalla schiavitù dell’egoismo proprio. La società non è sufficiente a staccare l’uomo da sé stesso, dalla sua schiavitù. Anzi, al contrario, gli impone un’altra schiavitù: quella che esige servizi a favore della società o della patria. Il soldato che muore per la patria, in fondo muore perché nella patria ci sono i suoi interessi minacciati. 

Solo Dio può restituirci l’autentica libertà: al sacrificarci per Lui troviamo la pienezza della nostra libertà, perché questa esercita le sue funzioni nella direzione perfetta. Questo ci pone in uno stato di insicurezza nel mondo. Al non guarda- re verso noi stessi, ci sentiremo liberi per cercare quale sia la volontà di Dio; vivremo in una insicurezza mondana; non sapremo quel che mangeremo domani, come vestiremo, ecc.; questo lo lasceremo nelle mani del Signore a cui serviamo. In questo modo verrà raggiunta quella sicurezza che procede dalla perfetta libertà: la sicurezza che dà Dio a quelli che lo servono fedelmente. 
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JOSÉ BARRIUSO

mercoledì 17 giugno 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



LA LIBERTA’ DELL’UOMO 

Dato che la grazia di Dio è sempre a disposizione dell’uomo per ritornare a quello stato perduto, bisogna cercare la causa che ci trattiene; e questa causa è il cattivo uso della nostra libertà. 

Siamo veramente liberi? In quale senso? Chi fa quel che vuole è veramente libero? Bisogna rispondere che esiste una falsa libertà, che nasconde una schiavitù: la libertà esterna d’azione può nascondere una schiavitù interiore; è l’uomo ostinato che ha potere e facoltà di operare a proprio arbitrio. Egli è schiavo dello spirito del male che risiede in lui. Perché non si deve dimenticare che non esiste solo la schiavitù ad altri uomini, ma anche la schiavitù a sé stesso, che in definiti- va non è cosa diversa dalla schiavitù allo spirito del male. Infatti il vero “io” dell’anima tende sempre a Dio solo, perché l’anima fu creata a sua “immagine e somiglianza” e per ciò stesso deve identificarsi con Lui. Qualunque altra meta, fuori di questa unione con Dio, che l’uomo si proponga di raggiun- gere, è dovuta ad un cattivo uso della libertà, che origina in lui la schiavitù che abbiamo detto. 

Ecco una schiavitù ignorata dall’immensa maggioranza degli uomini, i quali si credono liberi. Esiste un motivo che genera questa confusione: nell’intimo della volontà risiede l’autodeterminazione, ma quando essa accetta le insinuazioni dello spirito del male, infrangendo la verità e la giustizia, quell’autodeterminazione nasconde una schiavitù, attacca- mento a sé stesso. 

Il peccato ha rimosso Dio dal centro della vita dell’uomo, e ha messo l’uomo stesso come punto centrale dei suoi pensieri e delle sue decisioni. Questo cambiamento di “cen- tro” è stato l’opera primordiale del nemico, per poter egli governare l’uomo più facilmente. Gli ha fatto vedere la soggezione a Dio come schiavitù, allo scopo di poterlo ridurre lui in schiavitù valendosi delle sue passioni disordinate; disordine dovuto al cambiamento di “centro”. Questa è la schiavitù del peccato d’origine; i peccati personali possono aumentare questa schiavitù. 

È vero che il battesimo ci perdona il peccato originale, ma ciò che ci viene dato è il germe di una vita veramente libera, che ogni anima deve andar sviluppando, mettendo nuovamen- te Dio al centro della propria vita Quanto più si allontanerà dai peccati personali e vivrà della grazia del battesimo, tanto più diventerà libero. L’uomo, nonostante il battesimo, tende alla schiavitù, e tende ad essa invocando nientemeno che la stessa libertà. Non potremmo trovare la radice da cui proviene questa tendenza fatale? 

Da quando l’uomo ha peccato, egli si è allontanato da Dio, suo principio e suo fine. Non lo sente più come il protettore della sua vita. Quella insicurezza e quella lontananza rispetto a Dio, le ha utilizzate il “nemico” per fare schiavo l’uomo in questo mondo, ove egli regna, facendogli vedere come fine ciò che dovrebbe essere un mezzo per il suo ritorno a Dio. Così l’uomo mette tutto il suo impegno nell’ottenere una sicurezza in questo mondo, e quel che pensa, ama e progetta, non è altro che ricerca di protezione di sé stesso e dei propri interessi personali. Questa schiavitù intra-mondana dà una certa sicurezza, sicurezza dolorosa, ma che l’uomo preferisce all’insicurezza che deve attraversare per ottenere la vera sicurezza in Dio, autentica libertà. 

JOSÉ BARRIUSO 

giovedì 28 maggio 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



L’ANGELO CADUTO, CONTRO LA CHIESA 

«Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe». Gesù è il Primogenito tra molti fratelli. Con Lui comincia il trionfo della stirpe della donna contro il suo “nemico”. Questi non ha prevalso contro Gesù, che fedele alle sue promesse ha mandato colui che aveva promesso, lo Spirito Santo, l’Avvocato, spirito di Amore, di Verità e di Unità, le cui “primizie” ha ricevuto la Chiesa. Questo Spirito è così forte che ha realizzato un miracolo che Gesù non poteva realizzare nei suoi Apostoli, benché lo desiderasse vivamente: quella unità tanto richiesta al Padre nell’ultima Cena: «Io in loro». In realtà, lo Spirito Santo ha realizzato un miracolo più grande del dono delle lingue: per mezzo di questo Spirito esiste ora un’unità tra Gesù già in cielo e i suoi Apostoli, come quella esistente tra il capo e le membra, o per dirla con un’espressione di Gesù stesso, come quella che esiste tra la vite e i tralci. È la stessa vita quella che circola nella testa e nelle membra; la stessa linfa quella che scorre dalla vite ai tralci. È lo stesso Spirito di Gesù quello che parla attraverso i suoi Apostoli. E quando il demonio, valendosi della rettitudine di Paolo, si lancia contro il resto della stirpe della donna, Gesù dal cielo si lamenta, come si lamenterebbe il capo se gli si ferisse una parte del corpo : «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Lo Spirito Santo ha realizzato questo miracolo intimo e nascosto: l’unione della stirpe della donna, che viene ad essere il Cristo Mistico di cui parla San Paolo, la Chiesa. 

La persecuzione della Chiesa nascente, dopo la Risurrezio- ne di Gesù, potremmo chiamarla “pazzia diabolica”. Il demonio vedendo discendere lo Spirito Santo perse quella fredda serenità che aveva quando offrì denaro ai soldati perché non rendessero pubblica la Risurrezione del suo Nemico. Adesso la situazione peggiorava per il suo regno, in un modo che egli probabilmente non si immaginava. Perciò tenta di schiacciare la Chiesa nascente servendosi della Sinagoga, come tentò di uccidere Gesù Bambino servendosi di Erode. Comprende che il suo regno si sgretola, poiché il seme che Gesù ha lasciato, irrigato col suo Sangue, comincia repentinamente a fiorire e a dar frutto. Il nemico, tentando di sradicare quel seme che è cresciuto, diventa, per la permissio- ne del Padre, un vero potatore. Così si adempiono le parole di Gesù: «E ogni tralcio che porta frutto, il Padre mio lo poterà perché porti più frutto» 1 . Dal sangue e dalla preghiera del protomartire Stefano, nasce l’infaticabile apostolo Paolo. La persecuzione del demonio contro «la stirpe della donna», sia per mezzo della Sinagoga, sia per mezzo dell’Impero Roma- no, non produce altro che questo effetto: «Il sangue dei martiri è seme di cristiani». Le catacombe furono il terreno che nascose per diversi secoli “il grano di frumento”, che a forza di morire – «Se il grano di frumento non muore...» – finì per esplodere in un immenso albero «su cui sono venuti gli uccelli del cielo a rifugiarsi». La lettura degli atti dei martiri rivela tutto il satanico che c’era in certi martiri. Considerarli semplicemente come avvenimenti storici, dovuti a divergenze di pensiero, è ignorare totalmente l’essenziale del vero dramma per il quale dovette passare il «seme del regno di Dio». La conoscenza di quest’essenziale si deve ad una grazia, che ci dà una visione “divina” e molto più ampia di quella che è racchiusa nei libri di storia. 

Abbiamo detto che il « seme del regno di Dio» è cresciuto in tal modo che è diventato un albero, ove, secondo l’espressione di Gesù «verrebbero a rifugiarsi gli uccelli del cielo». Bisogna anche far notare che altri “uccelli” hanno causato un gran danno all’“albero” perché sono stati attratti dal suo splendore esterno e dalla loro propria comodità. Questo comincia a succedere quando Costantino il Grande mette fine allo stato di agonia in cui viveva il primitivo Cristianesimo. Il regno di Cristo comincia ad aver contatto coi regni di questo mondo. Il demonio usa una tattica nuova: da furioso diventa politico-religioso. Se prima si serviva delle passioni disordinate di re e imperatori, ora utilizzerà la pietà dei convertiti; e comincia così la venerazione e la stima verso gli uomini che compongono il “regno di Cristo”. Cessa l’attenzione e vien meno l’idea che il regno di Dio non è di questo mondo. Quando viene loro dato il certificato di cittadinanza come a qualsiasi altro uomo, si comincia a pensare che si può vivere molto bene in questo mondo, e allo stesso tempo appartenere al regno di Cristo. Il “nemico” ha gettato il ponte: i seguaci di Gesù d’ora in poi vorranno installarsi in questo mondo, che è il suo regno. Con questa tattica otterrà di più, benché impieghi certamente più tempo. Non analizzeremo tutte le fasi per le quali è passata la storia del “seme del regno di Dio”. Basti dire che il “nemico”, Satana, si è valso di tutto per umiliarlo e allontanarlo dallo Spirito di Gesù, che è Spirito di Amore, di umiltà e di sacrificio. E tutto questo è avvenuto attraverso i secoli, e molti, veramente molti, hanno passato il “ponte” che il “nemico” ha teso loro, intendendo fare del regno di Cristo, un regno di questo mondo, ove la forza, il diritto e il potere sostituiscano l’amore, l’ umiltà e il sacrificio voluti da Gesù. 

“Permettendo” Dio che si formasse il “potere temporale” della Chiesa, potere che non è del-l’essenza della Chiesa, esso poteva essere utilizzato come un “mezzo” temporaneo o transitorio perché la Chiesa potesse compiere la sua missione salvifica in circostanze storiche di difficoltà per la penetrazio- ne del vangelo. Nella misura in cui gli uomini si vanno elevando moralmente il potere temporale della Chiesa sui suoi fedeli diventa meno necessario; una maggiore età dell’umanità rende più superflua l’azione di questo potere temporale e lascia un ampio margine alle decisioni personali. Diremmo che così ha operato Dio nello sviluppo progressivo del suo rapporto con gli uomini nella Rivelazione: dalle Leggi del Sinai fino al Sermone della Montagna c’è una differenza come dall’infanzia all’età matura. C’è senza dubbio una gran differenza in alcune situazioni e in altre; ma questa differenza non dipende da un cambiamento di Dio; chi è cambiato, chi si è evoluto, è l’uomo. 

Qualcosa di simile è successo per il potere temporale della Chiesa: man mano che gli uomini si sono educati nei concetti della libertà della persona, sempre meno ha ragione di essere questo potere temporale. 

Restando chiaro questo, che nei suoi piani Dio si avvale di mezzi tanto “umani”, non possiamo passare sotto silenzio che molti hanno potuto utilizzare quel “mezzo” per le proprie ambizioni personali, anziché servirsene per comunicare la salvezza. Basta leggere la storia della Chiesa del secolo X per vedere a che grado di abiezione cadde il potere temporale dei Papi, desiderato avidamente da diverse famiglie romane. 

Forse il potere temporale dei Papi era cattivo? In primo luogo diremo che quel “potere temporale” della Chiesa, come abbiamo detto prima, fu “permissione” e non VOLONTÀ di Dio. Quanto poi se era cattivo o no per i Papi, dipende dall’uso che essi hanno fatto di questo “potere temporale”. A parte quel che abbiamo detto, di essere un potere condizionato da alcune circostanze storiche, esso procurava anche alla Chiesa una grande indipendenza nella sua azione spirituale, perché essa non dipendeva da nessun re o imperatore. La lotta per le Investiture tra il Papa e l’Imperatore tendeva a raggiun- gere questa indipendenza. Che alcuni Papi abbiano utilizzato male il “potere temporale” non ci deve meravigliare, perché se si può utilizzare male il potere spirituale, quanto più il temporale! Pensiamo alla distribuzione delle indulgenze. 

Una meditazione profonda della parabola del grano e della zizzania ci porterebbe a quell’essenziale che abbiamo bisogno di conoscere e di non dimenticare tanto facilmente: che nello stesso campo in cui Uno seminò il grano, il “nemico” seminò zizzania, e che questo accadde «mentre i suoi uomini dormiva- no». Riflettere su questo sonno più o meno colpevole è trovare la misura della responsabilità di ciascuno. Pensiamo al rispetto umano, alle convenienze personali, a una falsa prudenza, ecc. Tutto ciò il nostro “nemico” l’ha utilizzato per continuare a seminare la zizzania. 

«Vigilate – ci dice San Pietro – perché il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare; resistetegli, saldi nella fede». Per disgrazia, dopo tanti secoli di lotta del “nemico” contro il genere umano, manca proprio la fede nella sua esistenza e nella sua nefasta influenza. Come gli resisteremo se non crediamo che esiste? Praticamente si vive senza tener in nessun conto questo formidabile nemico. La sua vittoria passata e presente sta nel passare inavvertito, facendo credere agli uomini “intelligenti” che è stupidità e mancanza di cultura pensare a lui come principio causale dei mali che l’umanità soffre. In questo modo egli ha più libera la via per la sua opera devastatrice. Solo i santi e le anime che si sono decise ad andar verso Dio, hanno conosciuto le insidie segrete che il demonio ha loro teso. Per conoscerlo è necessaria una vita spirituale seria; la sua conoscenza esatta richiede una maturità spirituale. San Paolo ci ha avvertito molti secoli fa: «Rivestitevi di tutta l’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo, perché noi non abbiamo da combattere contro sangue e carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominato- ri di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti». 

Dobbiamo riconoscere che non ci sappiamo armare “total- mente” – «rivestiti di TUTTA l’armatura di Dio» – usando degnamente il dono divino della libertà. Della nostra irrespon- sabilità approfitta il “nemico” per fomentare in noi una falsa libertà. Qui sta la radice di un male tanto antico come il peccato. Frequentemente le lettere degli Apostoli ci racco- mandano la libertà dei figli di Dio. Forse prima di conoscere in che consistono le virtù dei figli di Dio, sarebbe necessario conoscere, a fondo, in che consiste la vera libertà umana, che è il dono che più ci fa somigliare a Dio. Il non curarsi di questa conoscenza è utilizzato dal “nemico” per colpirci costantemente. 

JOSÉ BARRIUSO 

martedì 12 maggio 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



L’ANGELO CADUTO, CONTRO GESÙ 

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Se desiderassimo una prova dell’irreparabilità del peccato dell’angelo caduto, la troveremmo nella Risurrezione di Gesù. Non sono propriamente gli uomini, è il demonio quello che davanti all’evidenza della Risurrezione non si dà per vinto. Perché il suo peccato fu commesso nella luce dell’evidenza totale; per questo non si piegherà mai col pentimento; il suo peccato rimane per sempre. Davanti all’evidenza della Risurrezione utilizza il denaro come arma della menzogna; ove sta questa, lì si nasconde il padre della menzogna: «Diedero ai soldati una forte somma di denaro, dicendo loro: “Dite: i discepoli di Lui sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”». La vittoria personale di Gesù fu confermata nel giorno della Pentecoste con la venuta dello Spirito Santo. Anche qui ci sono fatti evidenti: un vento impetuoso, lingue di fuoco e soprattutto alcuni uomini rozzi e timidi che parlando nella propria lingua sono capiti da « Parti,  Medi,  Elamiti,  abitanti  della  Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia...». Un fatto tanto straordinariamente divino, il demonio, valendosi degli uomini, lo interpreta nel suo modo caratteristico: «Sono pieni di vino nuovo», gli uomini pieni dello Spirito Santo. 
Forse sembrerà strana questa attribuzione al demonio di avvenimenti nei quali gli uomini appaiono come unici autori. In realtà ci siamo abituati a questo modo di pensare, dimenticando troppo il nemico della nostra salvezza. L’uomo caduto ordinariamente non si chiude davanti all’evidenza; si chiude contro di essa solo il demonio e coloro che hanno accettato totalmente il suo spirito. I nemici di Gesù hanno udito il racconto degli impauriti soldati romani. Ma in quella apparente imperturbabilità di coloro che ascoltano c’è lo spirito del male, che sa quel che deve fare perché alcuni soldati conservino il silenzio sulla verità. È il demonio che offre quel denaro, come fu il demonio in Giuda che contrattò la vendita di Gesù per trenta denari.

JOSÉ BARRIUSO