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venerdì 25 ottobre 2024

Le grandezze di Gesù

 


Bontà e Unità nel mistero della Incarnazione.


Sembra che vi sia qui una lotta manifesta e una opposizione tra le due perfezioni supreme della divina Essenza: tra la Bontà e la Unità. La Unità vuole che questa opera sia unica: la Bontà invece vorrebbe estenderla e comunicarla a vari soggetti. Dio, infatti, essendo una viva fonte di emanazioni continue fuori di se stesso, la sua bontà tende naturalmente ad espandersi e comunicarsi senza fine e senza limiti. Così la luce si diffonde sino all’infinito se non trova opposizione e resistenza. Chi non crederebbe dunque che questa sublime comunicazione della divinità che rende tanta gloria a Dio e tanto onore al mondo, ed è in se stesso così amabile, ammirabile, adorabile, ed appetibile, chi non crederebbe che dovesse essere estesa a vari soggetti, del pari che la comunicazione della natura, della grazia e della gloria? Ma è pur ragionevole che si trovi la pace nel Trono di Dio stesso tra le divine Perfezioni riguardo a questo mistero che è Mistero di Pace, mistero che mette la pace tra il Cielo e la terra, tra Dio e gli uomini.

Perché Dio ha voluto in questo suo capolavoro usar riguardo alla Bontà ed alla Unità: onorare la sua Bontà compiendovi la più grande, più ricca, più intima ed abbondante comunicazione di se stesso che la sua Potenza Divina possa fare fuori di se stessa: e onorare la sua Unità risolvendo di non più fare al mondo nulla che sia simile a questo mistero singolare. Così Dio non ha voluto privare la sua Unità suprema del suo diritto e del potere di appropriarsi quest’opera grande ed ha voluto rialzare questo suo capolavoro con tale Unità che lo rende caro e prezioso, unico e incomparabilmente commendevole.

Card. Pietro de Bérulle


venerdì 7 giugno 2024

Le grandezze di Gesù



L’Incarnazione mistero di unità


Dio dunque vive, opera e regna in Unità: vive in unità di Essenza, opera in unità di principio, regna in unità di amore. Perciò non è da meravigliarsi se Egli riduce le sue opere alla unità, e se quanto più sono grandi e sublimi, tanto più Egli le compie secondo la sua unità. Dovendo quindi compiere un’Opera e un mistero supremo, come l’opera della Incarnazione, non è meraviglia se egli lo opera nella Unità in un modo eccellente, tutto nuovo e singolare e senza esempio.

Questo mistero deve essere il suo capolavoro, l’opera nella quale Egli vuole stabilire come un trionfo delle sue creature, l’opera per la quale Egli vuole trionfare di se stesso, vale a dire, delle sue divine perfezioni. In quest’opera, infatti, Dio conduce Lui stesso come in trionfo la sua Grandezza nell’abbassamento, la sua Potenza nella debolezza, la sua Sapienza nella puerizia, e alla Croce il suo Amore, la sua Giustizia, la sua Misericordia.

Egli è dunque in quest’opera come in un trionfo, nel quale non trionfa già di altri, ma di se stesso e riempie di confusione le sue creature se non gli lasciano il potere di trionfare così di loro stesse. Anzi, ciò che è degno di maggior considerazione, mentre così apertamente dimentica se stesso e la sua grandezza per abbassarsi nelle nostre miserie, Egli non dimentica la sua Unità; mentre nasconde la sua gloria per entrare in questo mistero e nobilitarlo e rialzarlo col proprio abbassamento, Egli vuole invece che la sua Unità vi si manifesti risplendente, evidente, e gloriosa più che mai, e trionfi essa pure in quel trionfo delle sue opere che è l’augusto e sacro mistero della Incarnazione. Perciò in questo mistero Egli imprime una nuova sorta e maniera di Unità che gli è propria e singolare, e non conviene né mai potrà convenire a nessun’altra delle sue opere; Egli vuole che questo grande Mistero sia una immagine viva, un perfetto esemplare e un divino soggetto della Unità divina; in quanto esso contiene l’Unità, in due nature differenti, di una Persona increata, ed è unico e senza pari nelle sue opere.

***

Card. Pietro de Bérulle

sabato 26 agosto 2023

Le grandezze di Gesù

 


Della unità di Dio in questo mistero


Coloro che dalla grazia e dalla luce della Fede sono elevati alla contemplazione delle cose divine, considerano e adorano la Maestà di Dio o nella sua esistenza, o nelle sue operazioni, o nel regno e nel suo trionfo in se medesimo e nelle sue opere, e in tutti questi aspetti, in tutte queste qualità lo riconoscono sovranamente, divinamente, e mirabilmente Uno.


1. – Unità di Dio nel suo essere

Nella sua esistenza, Dio ha questo di particolare e singolare, ed è il primo punto e fondamento della grandezza del suo Essere, che la sua Esistenza è la sua Essenza stessa. Ora nella sua Natura e Essenza Egli è uno e principio di ogni Unità, anzi l’Unità stessa; Egli ha dunque Unità nella sua Esistenza.

Le prove di questa verità sono così frequenti nella Sacra Scrittura, che, per allegarle, dovrei trascriverla per intero; gli indizi ne sono sì universalmente impressi nella natura, che bisognerebbe esporne tutti gli effetti per attestare questa verità con altrettante testimonianze. L’Unità di Dio è in tanti modi e così vivamente espressa, rappresentata e dipinta in tutte le cose naturali, come in altrettanti specchi che non la si può ignorare né misconoscere senza ignorare e misconoscere se stesso: grande voce della Natura, voce muta ma potente, che si fa chiaramente sentire da chi la vuole udire.

Quando pure le più dense tenebre dell’errore oscuravano le migliori intelligenze, la Natura universale parlava con tale forza e uniformità della Unità del suo Dio e suo Autore, con la voce dei suoi primi e più insigni filosofi, che tutti erano d’accordo nel riconoscerla e proclamarla

Ci basti dunque di adorare l’Unità di Dio, ascoltando con umiltà di spirito quell’oracolo di Dio che parlava al suo popolo per mezzo di Mosè: «Audi Israel: Dominus Deus tuus, Deus Unus est (Dt 6, 4). Ascolta, o Israele, il Signore Dio tuo è Uno». Ma ciò che devesi attentamente considerare è l’eccellenza e la potenza di questa Unità in Dio medesimo. La sua Essenza, infatti, ha una fecondità ineffabile nella sua Unità, fecondità dalla quale necessariamente in Lui proviene la pluralità di Persone e di Persone divine, infinite e increate; fecondità che non divide la Unità. Al contrario la perfezione della Unità è appunto la ragione di tale fecondità; essa rimane inviolabile pure nella pluralità delle Persone e ne risulta tanto più ammirabile, ineffabile e adorabile.


Unità di Dio, nelle sue operazioni ad extra

Se noi consideriamo Dio, non in quanto esiste in sé, ma in quanto opera in se stesso o fuori di sé con due sorte di operazioni che da Lui procedono, nell’una e nell’altra Egli opera come Uno, e in unità, non ostante la pluralità delle sue Persone. Dalla Unità della sua Essenza, della sua intelligenza, della sua potenza il mondo viene prodotto; perché il mondo porta l’immagine della Unità di Dio come la marca del suo Autore, come il distintivo e lo stemma del suo Signore. Per la stessa ragione Dio deve ricevere l’omaggio del mondo non solo per il suo Essere, che è l’Essere primo, divino e sovrano; ma ancora per la sua Unità suprema dalla quale l’universo ha la sua origine, perché Dio ne è il principio, non solo come Dio, ma pure come Unità.


Unità di Dio nelle sue operazioni ad intra

Parimenti, le operazioni interne e le Emanazioni divine si compiono in Unità, mistero tanto più ammirabile che esse procedono da Persone alle quali appartiene la pluralità, come alla Essenza appartiene la Unità: eppure nelle Persone divine, in quanto operano e in quanto producono, noi riconosciamo e adoriamo una ammirabile Unità. Dio non è Uno soltanto come Dio, ma Uno ancora come Padre, ed Egli è Principio unico del suo Figlio dilettissimo: il Padre e il Figlio, producendo assieme lo Spirito Santo, lo producono non in diversità né in pluralità, ma in Unità di origine, uniti come un solo principio in questa adorabile e ammirabile operazione.


Unità di Dio nel suo regno o riposo

Se noi passiamo a contemplare Iddio nel suo riposo, noi lo troviamo ancora e lo adoriamo nella Unità; perché la dottrina della Fede e le preghiere pubbliche e solenni della Chiesa ci insegnano ogni giorno che Dio vive e regna nella Unità del suo Spirito, nel quale Egli ha la sua vita e il suo riposo, la sua gloria e il suo amore, nel quale hanno il loro termine e il loro felice compimento l’Unità, la Fecondità e la Società perfetta delle divine Persone.

Card. Pietro de Bérulle


domenica 26 febbraio 2023

Le grandezze di Gesù

 


f) Riassunto e adorazione

Voi siete, o Umanità Santa, quella sola fra tutte le creature che l’Eterno Padre ha scelta per esistere e sussistere nel suo Verbo: quella sola fra tutte le creature che Egli eleva in tal modo allo stato di filiazione non adottiva soltanto, ma propria e naturale, per ricevere e portare, in forza di questo stato, di questa sussistenza e di questa filiazione divina, una comunicazione intima e segreta delle perfezioni divine per quanto lo permette il vostro essere creato. Questo significa un mondo di pregi, di perfezioni straordinarie e singolari; e siano conosciute o sconosciute, rivelate o nascoste, pubblicate in terra o riservate per la luce del Cielo, tutte io le adoro e le onoro come lo debbo e come lo volete Voi, o Gesù mio Signore!

Mi consacro e mi abbandono alla Sovranità suprema e incomunicabile ad ogni creatura, al potere eccellente, assoluto e particolare sopra ogni cosa creata che la Vostra Umanità possiede in virtù dello stato ammirabile e adorabile della filiazione divina. Mi dedico e mi consacro tutto a Voi ed alla vostra Umanità, e voglio che questa abbia un potere speciale sopra l’anima mia e il mio stato, sopra la mia vita e le mie azioni, come su cosa che le appartiene per un diritto nuovo e particolare, in virtù dell’atto di mia spontanea volontà per cui intendo dipendere per sempre dalla sua Filiazione e Sovranità.


Preghiera

E poiché il vostro potere sorpassa infinitamente il nostro, vi supplico, o Anima santa e deificata di Gesù, di degnarvi prendere per Voi stessa sopra di me qualunque potere ch’io non sono capace di darvi. Vi supplico di accettarmi come vostro suddito e vostro schiavo, sia pure in quel modo ch’io non posso conoscere e che Voi ben conoscete.

E siccome, lo voglia o no, sono lo schiavo del prezzo del vostro sangue, voglio pure essere lo schiavo della vostra grandezza, del vostro abbassamento e del vostro amore. Voglio essere vostro e servirvi secondo i vostri disegni particolari sopra di me, non solo con le mie azioni, ma ancor per lo stato e la condizione del mio essere e della mia vita interiore ed esteriore.

Vi supplico di ritenermi e trattarmi in terra non già come uno dei vostri mercenari, secondo la parola del Figlio prodigo, ma altresì come uno dei vostri schiavi, secondo l’insegnamento della vostra Chiesa, come uno che si abbandona ad ogni vostro volere e potere, e si offre a subire tutti quegli effetti della vostra grandezza e sovranità che, a vostro piacimento, vorrete esercitare sopra ciò che vi appartiene.

 

Preghiera alla Madonna

E siccome avete voluto darvi a noi e farvi nostro per mezzo della Vergine Santissima, permettetemi pure di darmi a Voi per mezzo di essa. La supplico dunque come Madre del mio Dio, di voler, per sua degnazione, essere Madre dell’anima mia. La supplico come Madre di Gesù di offrirmi a Lui e di ritenermi ella stessa e considerarmi oramai come schiavo del suo Figlio, e in questa qualità ottenermi ch’Egli mi faccia parte delle sue vie e delle sue misericordie.

Card. Pietro de Bérulle


domenica 16 ottobre 2022

Le grandezze di Gesù

 


Gesù, Tempio della Divinità

Voi siete, o Umanità santa, il Tempio sacro della Divinità, il primo per la eccellenza e l’unico per la singolarità! Tempio nel quale la divinità riposa più santamente degnamente, e mirabilmente, che nell’ordine e nello stato medesimo della gloria, il quale ha il suo Impero nel Cielo come l’ordine della grazia ha il suo regno sulla terra. Il Verbo Divino e eterno abita in quella sua Umanità come in una natura sua propria, come in una natura ch’Egli si appropria in modo unico e singolare, non già soltanto per l’infusione di qualche grazia o di qualche illuminazione accidentale, ma per la comunicazione della sua sussistenza.

Gesù medesimo applicava a se stesso questo titolo di Tempio quando chiamava il suo corpo il Tempio che gli Ebrei dovevano distruggere e che Egli doveva riedificare in tre giorni (Gv 2, 20).

Card. Pietro de Bérulle


domenica 31 luglio 2022

Le grandezze di Gesù

 


Gesù, santità per essenza.

O Gesù, o Figlio unico di Dio! O Vita, vera vita e Autore della Vita (At 3, 15)! Siate benedetto per sempre, e nella vostra Divinità, e nella vostra Umanità, e nella vostra sussistenza che collega in eterno questa Umanità alla vostra divina Essenza, e la rende santa della santità più alta e sublime che possa mai essere comunicata ad una creatura: santo, infatti, per quella santità medesima che il Padre dà al Suo Figlio, che il Padre e il Figlio danno allo Spirito Santo, per la santità della divina Essenza!

La stessa Essenza, che è comunicata per generazione e processione divina del mistero della SS. Trinità, è quella medesima che è comunicata, benché in un modo differente, nella nascita di Gesù nel mistero della Incarnazione; per questa comunicazione la Umanità viene santificata da una santità così alta e così singolare che fa Dio uomo e l’uomo Dio. Gesù ne è costituito in tale santità che lo rende assolutamente impeccabile, che lo rende Fonte di ogni santità, degno di restaurare la vita degli uomini e dare la vita agli Angeli, di placare lo sdegno di Dio ed offrirgli una soddisfazione in rigore di giustizia, un amore, un onore e un servizio infinito e degno della divina Maestà, per la infinita dignità della Persona che le rende questo omaggio e questo servizio nella sua natura umana. O Divinità! O Santità! O Umanità! Ch’io vi conosca, vi intenda e adori le vostre grandezze!

Card. Pietro de Bérulle


venerdì 17 dicembre 2021

Le grandezze di Gesù

 


c) Gesù vita

Voi siete vita, o Gesù, e la vostra vita è doppia, come avete doppia natura; poiché ciascuna delle vostre due nature è vivente, santamente e divinamente vivente. E la vostra vita è pure doppiamente nascosta: nascosta, cioè, nella sua propria grandezza e sublimità, come nel suo ammirabile abbassamento e nella sua umiltà: Vita nascosta nella Divinità, Vita nascosta nella Umanità: Vita nascosta ancora nella umiltà di una Vita viatrice e sofferente sulla terra.

Ho detto: Vita nascosta nella Divinità, perché questa Vita è nascosta nel seno del Padre, là essa esiste e abita in una luce inaccessibile, e la intensità della sua luce le serve di ombra e di velo, di tenebre e di oscurità allo sguardo di tutta la natura creata. Questa non può vedere quella Vita che per la luce della gloria, per la quale soltanto si vede la Divinità vivente e sussistente in se stessa e nella Umanità di Gesù1,

Adoriamo Gesù nella sua Vita nascosta, nella sua propria grandezza, nella sua propria luce. È la Vita della Divinità in se stessa e nel seno del Padre; è la Vita della Divinità nella sua Umanità; è la sussistenza della Umanità nella Divinità, che, senza dubbio, nessuno può vedere senza veder Dio. È ancora la Vita della sua Anima nella sua gloria, vita nascosta agli uomini ed agli Apostoli quando vivevano e conversavano con Gesù, vita conosciuta dagli Angeli e solo dagli Angeli non già nella luce della grazia bensì in quella della gloria.

E questa doppia vita di Gesù, vita divina e vita gloriosa, è nascosta ancora nella umiltà della sua vita mortale e viatrice sulla terra.

O Gesù, voi vivete nella gloria e nella Divinità, e questa gloria e questa Divinità sono nascoste nella Umanità, nell’infanzia, nella fuga in Egitto, e nelle ignominia della Croce. Voi siete Dio e si nota in Voi la natura e l’apparenza di uomo, come dice il vostro Apostolo (Fil 3, 8). Voi siete glorioso e vi vedo soffrire! Siete Vita e vi vedo morire! Siete Re, e Re di gloria, e vi vedo fuggire! Siete Figlio e Figlio unico di Dio, e vivete per trent’anni come figlio di un falegname, come un falegname, come un operaio ordinario! O Vita umana di Gesù! Vita umile, Vita impotente, Vita sofferente, Vita agonizzante, Vita morta su di una croce e chiusa in un sepolcro!

Ma Vita altissima nella sua umiliazione! Vita potente nella sua debolezza! Vita gloriosa nella sua croce, Vita sussistente pure nella morte e nel sepolcro! Vita allora pure adorata e dagli Angeli gloriosi, e dai demoni disperati, i quali sono maggiormente tormentati da questa Vita nascosta nella Croce, nella morte e nella tomba, da questa Vita sepolta nella terra e dalla potenza di questo nuovo Re del Cielo e del Regno dei cieli annunciato sulla terra e in quel mentre sepolto nella terra!

O quanti segreti, quante grandezze, quante meraviglie! Quanti misteri nascosti al nostro spirito e ai nostri lumi! al nostro spirito che apporta e riceve ombra più che luce ed è adatto, in questa vita, ad adorare nella riverenza piuttosto che a penetrare col suo ingegno sia nell’Essenza, sia nei disegni di Dio, nelle sue opere e nella più grande delle opere divine che è Gesù.

Eleviamoci dunque a Lui, nei misteri che abbiamo considerati e offriamogli le nostre adorazioni. O Vita nascosta nella Umanità! O Vita nascosta nella sublimità! O Vita umile! O Vita grande! O Vita umana! O Vita divina! O Vita increata! O Vita incarnata! O Vita sofferente! O Vita gloriosa! O Vita schiava! O Vita dominatrice! O Gesù vivente, potente e sovrano in Cielo e in terra, secondo quella parola uscita dalle vostre labbra sacratissime, sullo stato della vostra gloria e del vostro Impero: «Data est mibi omnis potestas in Cœlo et in Terra (Mt 28, 18)»: Ogni potere mi è dato in Cielo e in Terra!».

Ch’io vi conosca, o mio Signore e mio Dio, che vi ammiri, vi adori e accetti tutti i vostri poteri sopra di me; che abbracci tutti i vostri voleri! A voi dedico e consacro ciò che è già vostro per tanti titoli e che voglio sia vostro ancora per questo nuovo titolo della mia elezione e della mia volontà, per la offerta che ora intendo di farvi e di rinnovarvi. A voi dedico e consacro la mia vita e tutti gli istanti della mia vita, in onore degli stati e momenti della vostra vita! E voglio che, in virtù della mia presente intenzione, ogni momento e ogni atto della mia vita a Voi appartenga, o Gesù mio Signore, ed alla vostra sacratissima Umanità, con altrettanto diritto e potere che se ve li offrissi tutti e ciascuno in particolare.

Card. Pietro de Bérulle


sabato 30 ottobre 2021

Le grandezze di Gesù

 


Gesù Figlio e Servo; Servo eletto

Grande e ammirabile Gesù, io vi ho contemplato e adorato nella vostra grandezza! Che vi contempli e vi adori altresì nel vostro stato di abbassamento e di servitù! Voi siete Figlio e Servo tutt’assieme, senza pregiudizio né dello stato della vostra Filiazione propria e naturale, né del vostro stato di servitù.

Come la natura divina non altera né diminuisce in Voi la natura umana nella sua propria essenza, ma invece, conservandola intatta, la rialza e la eleva sino ad uno stato e ad una dignità infinita: così la vostra nascita e grandezza eterna rialza e rende tanto più ammirabile ed adorabile lo stato di abbassamento e di servitù al quale è piaciuto a Voi e al Padre Eterno di ridurvi per la nostra salvezza.

Voi siete dunque, o buon Gesù, nella casa dell’Eterno Padre, Figlio e Servo tutt’assieme, sempre Figlio e sempre servo, Figlio unico e servo pure unico, solo Figlio proprio e per natura tra tutti i figli di Dio, solo Servo eletto e singolare tra tutti i servi di Dio! Voi siete quel Servo eletto di cui l’Eterno Padre parla nel Profeta: « Ecce servus meus, suscipiam eum; electus meus, complacuit sibi in illo anima mea» (Is 42, 1; Mt 12, 18). Solo siete il Servo eletto, quindi, unicamente in Voi il Padre prende la sua compiacenza, e in noi pure si compiace per mezzo di Voi.

Voi siete quel Servo eletto che solo prestate a Dio un servizio che non appartiene che a Voi, per cancellare i peccati del mondo, soddisfare alla sua giustizia e riconciliarlo perfettamente col genere umano, ciò che sorpassa il potere di qualsiasi creatura priva della grazia increata.

 

 Gesù solo, perfetto adoratore.

Voi siete ancora quel Servo eletto che solo presta a Dio un servizio degno di Lui e proporzionato al suo merito, cioè, un servizio infinito; solo lo adorate con una adorazione infinita, come è infinitamente degno di essere servito e adorato.

Prima di Voi la Maestà suprema non poteva né dagli Angeli, né dagli uomini essere servita e adorata con un tale servizio degno della infinità della sua grandezza, della divinità della sua Essenza, della Maestà delle sue persone.

Da tutta l’eternità vi era bensì un solo Dio infinitamente adorabile ma non si era mai visto un Adoratore infinito: vi era un Dio degno di essere infinitamente amato e servito, ma non vi era ancora nessun uomo né servo infinito che potesse prestargli un servizio ed un amore infinito.

Voi siete ora, o Gesù, questo adoratore, questo uomo, questo servo infinito nel potere, nella qualità, nella dignità, per soddisfare pienamente a questo dovere e rendere questo divino omaggio. Voi siete questo uomo che ama, adora e serve la Maestà suprema come Essa merita di essere amata, adorata e servita. Come vi è un Dio degno di essere adorato, servito e amato, così in Voi, o Gesù mio Signore, vi è un Dio che lo adora, lo serve e lo ama per tutta la Eternità nella natura che è stata unita alla Vostra Persona nella pienezza dei tempi.

O grandezza di Gesù, anche nel suo stato di abbassamento e di servitù! Egli solo è degno di rendere alla Divinità un omaggio perfetto. Grandezza del mistero della Incarnazione che stabilisce entro l’Essere creato uno stato e una dignità infinita! O funzione divina di questo divino mistero e di questo umile stato di servitù, poiché per mezzo suo noi abbiamo oramai un Dio servito e amato senza nessuna sorta di deficienza, e un Dio che adora senza pregiudizio della sua divinità!

In tal modo, la Maestà suprema di Dio è sì degnamente, perfettamente, e divinamente servita e adorata da un soggetto divino e infinito nella sua Persona, e con un servizio così alto e sublime, che deve pure essere adorato in Lui da ogni creatura. Così tutto è divino, tutto è infinito, tutto è adorabile nell’oggetto, nello stato e nella funzione di questo altissimo e divinissimo mistero.

In tal modo, o Gesù, Voi siete umile, grande e ammirabile! Voi siete Vassallo e Sovrano tutt’assieme: Figlio e Servo unico dell’Altissimo, Dio e Uomo! E le vostre due differenti nature, i vostri diversi stati e qualità non sussistono che in una stessa Persona ch’io adoro, che amo e che voglio riconoscere e servire in tutte le sue grandezze, in tutti i suoi uffizi, in tutti i suoi voleri.

Per la vostra grazia e potenza, in vostro onore e in onore dell’amore e del servizio che prestate all’Eterno Padre e che vi degnate pure di prestare agli uomini, fate che questi vi conoscano, vi amino, vi servano; fate che contemplino le vostre grandezze, che dedichino e consacrino la loro vita alla vostra vita; fate che penetrino nelle meraviglie e nei segreti della vostra vita!

Card. Pietro de Bérulle


venerdì 17 settembre 2021

Le grandezze di Gesù

 


Consacrazione al Verbo Incarnato

Onoro dunque la privazione nella vostra Umanità della sussistenza umana, o Gesù, e a vostro onore e gloria, per quanto si addice alla vostra grandezza e alla mia condizione, io rinuncio a tutto il potere, a tutta l’autorità e libertà che posso avere di disporre di me stesso, del mio essere e di tutte le sue condizioni, circostanze e pertinenze; vi rinuncio interamente e tutto rimetto nelle vostre mani, nelle mani della vostra Anima divina, e della vostra Umanità consacrata dalla Divinità alla quale è unita, vi rinuncio in onore della vostra Umanità per l’adempimento di tutti i suoi voleri e poteri sopra di me.

Voglio anzi che non vi sia Io in me; voglio poter dire con S. Paolo: Vivo ego, jam non ego, vivit vero in me Christus (Gal 2, 20). «Io vivo, ma non io, Gesù Cristo vive in me». Secondo la ragione profonda di S. Agostino, voglio che lo spirito di Gesù sia lo spirito del mio spirito, la vita della mia vita.

Come il Figlio di Dio, per diritto di sussistenza, è nel possesso della natura umana unita alla sua Persona, così voglio che, per un diritto di potere speciale e particolare, Gesù si degni entrare per sempre in possesso del mio spirito, del mio stato e della mia vita, ch’io non sia più che una semplice capacità e un puro vuoto riempito di Lui e non di me stesso.

A questa intenzione, o Gesù mio Signore, a Voi ed alla Vostra Umanità deificata, Umanità veramente vostra nella sua deificazione, ma veramente mia nella sua umiliazione, nei suoi dolori e nei suoi patimenti; a Voi e ad Essa, per quanto è in mio potere per natura e per grazia, presento e offro oblazione e donazione intera, assoluta e irrevocabile di tutto quanto vi sono debitore nell’essere e nell’ordine di natura e di grazia e di tutto quanto ne dipende, di tutte le azioni naturali, di tutte le azioni indifferenti (se pur ve ne sono), e di tutte le azioni buone e virtuose che potrò mai operare. Voglio usare nel modo più assoluto di tutto questo mio potere per rendermi vostro, per consacrarmi tutto a Voi, per riferire tutto quanto è in mia facoltà all’omaggio e all’onore della Vostra sacra Umanità. Intendo essere completamente vostro e considero ormai la Vostra Umanità come l’oggetto al quale, dopo Dio, dedico l’anima mia, la mia vita interiore ed esteriore, e in generale tutto quanto è mio.

Gesù, per la privazione della sua propria sussistenza e la intima unione delle sue due nature sussistenti nella unità della sua Persona, entra in una vita divinamente umana e umanamente divina. Il Figlio unico di Dio, il Verbo Eterno, lo splendore, la potenza e la gloria del Padre prende la forma di servo, e la prende in due maniere: l’una con l’assumere la nostra umana natura, abbassando così l’essere infinito e supremo della sua divinità sino al nulla della nostra umanità: l’altra assumendola in uno stato e nel mistero di una vita laboriosa e viatrice, abbassando quella umanità così unita a se stesso e elevata al trono e allo stato di una Persona divina, sino ad uno stato di vita umile e dipendente dalle sue creature, e infine sino all’obbrobrio ed al supplizio crudele e infame della croce.

Grandi misteri, o Gesù, che imprigionano la vostra grandezza e sovranità in uno stato di abbassamento e di servitù, coi vincoli sacri di obbedienza all’Eterno Padre e di amore verso di noi! Grandi misteri che mi impongono, per un diritto potentissimo e giustissimo, di dedicare il nulla ch’io sono, a servirvi ed adorarvi in questo vostro umile stato.

In nome di questo doppio stato e della forma di Servo in cui vedo la vostra suprema grandezza ridotta dalla vostra vita laboriosa e dalla vostra Croce, mi presento e mi offro a Voi, vi dedico e consacro la mia vita di natura e di grazia, e voglio servirvi non solo con le mie aspirazioni e le mie azioni, ma pure per uno stato ed una condizione che mi dedichi a Voi con una relazione singolare. Come Voi siete sempre mio, io pure voglio essere sempre vostro e voglio essere vostro per una qualità permanente che Vi renda un onore ed un omaggio perpetuo.

Contemplandovi, nel vostro doppio abbassamento, doppiamente schiavo del nostro amore, voglio io pure essere lo schiavo della vostra grandezza, del vostro abbassamento e del vostro amore: voglio che la mia vita e le mie azioni di natura e di grazia vi appartengano come vita e azioni di uno schiavo che è vostro per sempre.

Mi consacro dunque tutto a Voi, o Gesù, ed alla vostra sacra Umanità, con la più umile ed assoggettante condizione che io conosca, che è la condizione e relazione di schiavitù. Riconosco che è dovuta questa mia schiavitù alla Vostra Umanità, tanto per la grandezza dello stato al quale essa è elevata per la unione ipostatica, quanto per l’eccesso di abbassamento volontario nel quale, per la mia salvezza e la mia gloria, si è ridotta e annientata nella sua vita, nella sua croce e nella sua morte. Perciò depongo e stabilisco presentemente e per sempre l’anima mia, il mio stato e la mia vita in stato di assoggettamento e in relazione di dipendenza e schiavitù verso di Voi e la vostra Umanità così deificata e insieme in tal modo umiliata.

Card. Pietro de Bérulle


giovedì 16 settembre 2021

Le grandezze di Gesù

 


Elevazioni

O fortunata cessione! O onorevole privazione! O investitura ricca, regale, preziosa! O Commercio divino! O adorabile comunicazione! O ammirabile Consiglio della Sapienza increata che priva l’Umanità in Gesù della personalità umana, per conferirle la personalità divina! O privazione! O spogliazione che è tutt’assieme il fondamento della vita nuova dell’Uomo Dio e il modello della vita nuova del giusto secondo lo spirito! Come il Figlio eterno di Dio nella sua natura umana non ha personalità umana, vale a dire, sostanzialmente e personalmente non ha Io umano: così pure il figlio adottivo di Dio, sotto l’influsso della grazia, moralmente e spiritualmente non deve avere un Io umano.


Card. Pietro de Bérulle


mercoledì 11 agosto 2021

Le grandezze di Gesù

 


Intima essenza e midollo del mistero della Incarnazione


d) Cosa consacrata

Una cosa profana, quando sia offerta a Dio, consacrata con qualche cerimonia o azione mistica, ovvero dedicata per volontà degli uomini al servizio divino, resta sottratta al diritto dei suoi legittimi possessori. Se il diritto di questi, benché reale e legittimo, resta così soppresso persino presso le nazioni più barbare, non dobbiamo noi, con maggior ragione, attribuire simile soppressione a quella Umanità che il Figlio di Dio dà e offre all’Eterno Padre come saggio e primizia della nostra progenie? di quella Umanità ch’Egli ha scelta da tutta l’eternità per essere consacrata dalla divina Essenza e dedicata per volere divino ad un sì grande servizio, ad un’opera sì santa come è quella della espiazione dei peccati del mondo, della redenzione del genere umano, della soddisfazione alla giustizia di Dio? Opera e servizio che non poteva appartenere che ad una natura così santa, sacra e elevata sino al trono della divinità.

È certo che questa sacratissima natura, sia in se stessa, sia nella sua azione, non deve essere considerata secondo la condizione ordinaria e comune delle altre nature di tale specie, ma secondo la condizione e dignità nuova, per la quale essa entra nobilmente entro l’Essere increato, secondo il quale essa appartiene per tanti titoli e diritti al Verbo eterno e per Lui alla divinità.

Lasciamo dunque da parte gli spiriti superbi che prendono piacere ad ignorare e oscurare con le loro discussioni le verità divine; e in spirito di umiltà e di pace, le due qualità principali che si attribuiscono al nostro Salvatore, eleviamoci a contemplare, senza tanti ambagi, misteri sì degni e sì veri perché contengono la Verità stessa nella sua propria Persona. Consideriamo bene i punti seguenti:

1° Il Verbo Eterno che comunica la sussistenza alla natura umana in Gesù è Figlio di Dio, uguale a Dio e Dio stesso;

2° Quella umana natura essenzialmente sta in stato di servitù e rimane inviolabilmente e perpetuamente in tale stato verso la Divinità, per sua propria essenza e condizione;

3° Il Padre, contemplando il suo Figlio rivestito della natura umana, lo chiama, per bocca del suo Profeta, in questa occasione, suo Servo, Servus meus es tu, o Israel, quia in te gloriabor (Is 49, 3);

4° Il Figlio di Dio, sposando la natura umana, non perde nulla del diritto precedente che Egli aveva sopra di essa in qualità di Dio; ma in qualità di sposo, acquista sopra d’essa un nuovo diritto, per quella speciale alleanza in forza della quale essa appartiene a Lui ben più che a se stessa;

5° L’unità e l’intimità di questa alleanza che ne sorpassa qualsiasi altra, arriva sino alla unità personale tra due nature sì differenti, e ne deriva alla Persona divina una nuova autorità sopra l’Umanità assunta;

6° La Persona del Verbo, per la sua eccellenza, sublimità e divinità, ha sopra la sua Umanità un diritto incomparabilmente maggiore di quello che convenga alle persone umane sopra la loro propria natura;

7° Lo stato santo e sacro, nel quale la Natura assunta entra per la unzione stessa della Divinità, la applica e appropria totalmente alla Divinità;

8° Tutti questi diritti sì alti, sì santi, sì legittimi, se pur vi si può aggiungere per l’atto della volontà umana, sono con umiltà e franchezza santamente accettati dalla Umanità, la quale acconsente ad essere spogliata del diritto che avrebbe sopra le sue azioni, per abbandonarsi completamente, anche per sua propria rinuncia, al potere del Verbo Eterno; essa accetta incessantemente tutti i voleri divini sopra se stessa e segnatamente la privazione della sussistenza umana.

Questa privazione nel segreto Consiglio di Dio è ordinata dalla potenza e sapienza divina al compimento di cosa sì alta, sì grande, sì incomprensibile sopra quella Umanità e per essa sopra di noi: ordinata, cioè, a costituire sulla terra un Uomo Dio, per dare al mondo un Salvatore, e stabilire un Mistero eterno, mistero dei misteri, l’Opera delle opere di Dio che unisce la Persona divina alla natura umana.

È evidente che in questo mistero la Persona sostituita e divinamente comunicata a quella Natura umana è il fondamento, il sostegno e il compimento dell’essere umano e naturale di essa, ed esercita il suo influsso in tutte le azioni di essa nel modo che conviene ai supposti e, meglio ancora, nel modo che conviene ad una Persona divina e increata. Il suo diritto pertanto sopra quella natura umana non deve dirsi soltanto morale, ma naturale, non solo naturale ma pure soprannaturale, santo e sacro, e non solo soprannaturale, santo e sacro, ma superlativamente soprannaturale, santissimo e sacratissimo, perché fondato nella autorità santa, sacra, divina e assoluta del Verbo sopra una natura ch’Egli fa sua propria per un mezzo sì grande e sì divino che è ineffabile e degno delle adorazioni degli uomini e degli Angeli.

Per questo mistero la Umanità è costituita in una condizione sì alta e sì eminente che, per la sua unione col Verbo, essa acquista il dominio sopra tutte le cose tanto in Cielo come in terra, e riceve persino comunicazione della indipendenza che la Persona del Verbo ha riguardo alle altre Persone divine. Con maggior ragione possiamo dire ch’essa non è più sottoposta alle leggi comuni della natura, poiché, in certo qual modo, nella sua sussistenza, nella sua deificazione e nella indipendenza che riceve dal Verbo eterno, essa non dipende neppure dalle altre Persone divine, tanto è unico e singolare il modo con cui essa appartiene al Verbo. Che se essa appartiene al Verbo così propriamente anche in riguardo alle altre divine Persone, quanto più gli apparterrà in se stessa e nelle sue azioni?


Riassunto

Concludiamo dunque e riconosciamo che, per disposizione di Dio, la Umanità assunta dal Verbo è privata della sua sussistenza e personalità propria ed è dotata di quella del Verbo stesso. Essa è pienamente soddisfatta di tale privazione e fa liberissima cessione al Verbo di se stessa e delle sue azioni e di tutto quanto da se stessa procede.

Fin dal primo istante della sua creazione essa rimaneva priva della sua sussistenza e fin da quell’istante ella con trasporto accettava il Consiglio di Dio che ne la privava.

In tal modo ella perdeva pure il diritto e la proprietà che avrebbe di operare e sussistere in se medesima; e le sue azioni non possono, in diritto, esserle attribuite in proprio, poiché essa non è più proprietaria del suo stato e dei suoi atti. Tutto questo diritto veniva legittimamente trasferito al Verbo Eterno, il quale entrava in possesso dello stato, delle azioni e dei patimenti di quella Natura per disporne secondo il suo divino volere: ma reciprocamente, per uno scambio ed una comunicazione ineffabili, quella umana natura entrava pure nel felice diritto allo stato, alla grandezza e ai beni della Filiazione divina.

Card. Pietro de Bérulle

venerdì 25 giugno 2021

Le grandezze di Gesù

 


Intima essenza e midollo del mistero della Incarnazione


c) L’albero trapiantato

Secondo la legge, un albero trapiantato da un luogo in un altro, quando in questo abbia gettate le radici, più non appartiene al padrone del primo fondo, ma al padrone del secondo; perché per il nutrimento preso nel nuovo terreno, è diventato in certo qual modo un altro albero, benché sia ancora lo stesso fusto, la stessa sostanza, la stessa anima vegetativa, la stessa pianta nel suo genere, nella sua specie ed anche nella sua natura individuale e in tal modo carica delle stesse foglie e degli stessi frutti.

Quanto più dobbiamo dire lo stesso di quella natura umana assunta dal Verbo, la quale è una pianta celeste e nella sua specie un albero rovesciato, secondo una parola di Platone1, ma in un senso ben più elevato, sconosciuto a quel grande filosofo e conosciuto solo dai cristiani? Quanto più dobbiamo dire che quella Umanità, levata dal fondo sterile dell’essere comune e ordinario alla sua natura specifica, e trapiantata felicemente nel fondo proprio dell’essere divino, quanto più dobbiamo dire che essa non è più nel potere e possesso suo naturale, ma nel potere e possesso della grazia divina e increata? È questa il nuovo fondo nel quale è stata come trapiantata, per la unione personale con Colui che è la Grazia essenziale e sostanziale, con Colui che, presso gli antichi Padri e nelle scritture, porta in modo assoluto il nome di Grazia. Il Verbo, infatti, è veramente la Grazia sostanziale ed ipostatica; San Paolo, secondo tutti gli antichi Commentatori latini ed una parte dei codici greci, lo chiama con quel nome: La Grazia di Dio ha gustato la morte per tutti (Eb 2, 9), vale a dire, il Figlio di Dio, che è l’autore, l’Essenza e la fonte della grazia.


1  L’uomo, per la sua natura spirituale, ha le radici in cielo, mentre la pianta le ha nella terra. Se non erriamo, l’autore allude al seguente passo di Platone, nel Timeo: "La gentilissima specie di anima che è dentro di noi, abita in su la sommità del corpo e leva noi da terra, per la parentela ch’ella ha con il cielo: imperocchè non siamo piante terrene, ma sì celesti, e ciò noi diciamo molto dirittamente. E per fermo là (in cielo) sospese Iddio il nostro capo o radice, e drizzò tutto il corpo, di dove trasse 1’anima suo principio». Platone, Dialoghi volgarizzati da Francesco Acri, 3a edizione Milano, pag. 585. (N. d. T.).

Card. Pietro de Bérulle


domenica 2 maggio 2021

Le grandezze di Gesù



Intima essenza e midollo del mistero della Incarnazione


b) Vari paragoni; lo schiavo

Uno schiavo, avendo ceduto o perduto la propria libertà, perde il diritto e l’autorità che la nascita gli dava sulle sue azioni e l’uso della sua propria vita, diritto che è legittimamente trasferito alla persona del padrone: tanto più dobbiamo affermare che la Umanità in Gesù è destituita del diritto e potere di disporre di sé e delle sue azioni, diritto che trovasi legittimamente trasferito alla persona divina che la sostiene.

Vedendosi poi la santa Umanità spogliata della sua sussistenza sì eminente come quella del Verbo Eterno, non solo essa gli cede ben volentieri la sua indipendenza come felice schiava della potenza, della grandezza, dell’amore di Lui, ma essa gli cede ancora il diritto suo naturale di sussistere in sé medesima, per non sussistere che nella persona divina di Lui e rimanere nel di Lui potere e possesso non solo morale, volontario e transitorio, come quello di uno schiavo riguardo al suo padrone, ma pure personale, perpetuo e come naturale, se ci è lecito di così esprimerci.

Ora è evidente che la mancanza della sussistenza propria è una privazione di cosa ben più legata inseparabilmente, propria o intrinseca alla natura che non sia la indipendenza o la libertà; poiché la natura non può essere separata dal suo essere personale se non dall’Autore stesso della natura, mentre la indipendenza e la libertà si perdono per mille incidenti umani.

L’essere personale entra nei confini della natura, ne è il termine come il compimento, e in certo qual modo entra a far parte della propria sostanza delle cose, mentre la indipendenza e la libertà non sono che una semplice modalità transitoria e si perdono senza pregiudizio del soggetto, poiché non entrano che nelle condizioni dello stato e non della persona.

L’Umanità dunque in Gesù, essendo priva di cosa sì grande e sì intima alla sua essenza qual è la sussistenza, ed anche secondo il Dottore Angelico, priva della sua esistenza, trovasi in potere e possesso del Verbo eterno che la riceve e la sostiene nel proprio essere, molto più che lo schiavo non si trovi soggetto al potere e possesso del suo padrone.

Card. Pietro de Bérulle

venerdì 12 marzo 2021

Le grandezze di Gesù

 


a) Il Verbo divino è proprietario della natura assunta

Colui che con tre dita sostiene tutto il mondo è Colui pure che sostiene la Umanità in Gesù, ma in un modo più potente e più singolare; Egli la fa sua; la santifica e la deifica nella sua persona. Donde segue che la vita e le azioni di quella natura umana non le appartengono più; benché da essa procedano sempre come dal loro principio, non sono più di sua proprietà né in termini di logica, né in termini di diritto e di morale.

Mi rincresce dovermi trattenere in questo soggetto e usare espressioni che si addicono alla scuola ed alle tesi scolastiche meglio che al pulpito e a istruzioni sulla fede. Ma il lettore vorrà perdonarmi, perché vi sono obbligato dalla necessità di ovviare per modo di precauzione, alle difficoltà che ci muovono alcuni. E a questi vorrei fare una preghiera, ed è che o per modestia osservino il silenzio, o almeno si compiacciano di considerare attentamente e di approfondire le verità che la fede ci insegna, affinché si riconosca che abbiamo tutti uno stesso sentimento accompagnato dalla carità, come ci comanda 1’Apostolo (Rm 12, 16; Fil 2, 2).

Non si accorgono che, contestando le verità qui esposte, sconvolgono il fondo del cristianesimo, il quale ha per suo tesoro e per sua sostanza le azioni e le sofferenze della Umanità di Gesù, non già semplicemente in quanto umanità, ma in quanto umanità del Verbo: umanità la quale, e nella sua natura e nelle sue azioni e nelle sue qualità, appartiene ad un Essere divino, increato, infinito, che ne rialza l’Essenza, lo stato, il merito sino ad una esistenza e sussistenza increata, sino ad una condizione e dignità divina, sino ad un prezzo e valore inestimabile.

Le azioni della Umanità assunta non possono in termine di logica essere attribuite a lei medesima come proprie. Non convengono, infatti, esclusivamente ad essa sola, come richiede ciò che logicamente è stimato proprio; poiché convengono pure ad un supposto che è estraneo a questa Umanità, se la consideriamo semplicemente nello stato e nei limiti della natura.

E ciò è pur vero ancora secondo ogni diritto sia comune e naturale, sia divino e soprannaturale. Il Verbo eterno, sostituendosi al diritto della natura umana come persona e Persona divina, per un potere e un amore infinito si appropria quella Umanità, la unisce a se stesso, la fa sua, vi abita e vi riposa come in una natura sua propria, la tira fuori dei limiti dell’uso comune e naturale, la consacra con la unzione della sua divinità, e assume diritto e autorità sopra di essa, sopra le sue azioni e in generale sopra tutto quanto le appartiene.

Tutto quanto è in Gesù poggia sulla ipostasi della sua divinità: il Verbo eterno, come supposto e supposto divino della umana natura, è il proprietario di tutte le azioni e sofferenze di essa; Egli le porta, le eleva; le deifica nella sua propria Persona, portando, elevando, deificando la sostanza di essa natura umana, per mezzo della quale sono aderenti alla Divinità come per un comune legame di inerenza ipostatica.

È dunque evidente che il Verbo in tal modo ha diritto e autorità legittima di usare e disporre dello stato, della vita, dei patimenti della sua umanità come di cosa che gli appartiene ed è veramente, santamente e divinamente sua, per il potere ammirabile ed il possesso singolarissimo che si è degnato prendere di quella natura e di tutto quanto le spetta, essendo essa spogliata di se stessa e degnamente rivestita di Lui medesimo.

Card. Pietro de Bérulle


giovedì 7 gennaio 2021

Le grandezze di Gesù

 


Intima essenza e midollo del mistero della Incarnazione

A voi mi rivolgo, Sapienza essenziale, e adorando il vostro essere nella unità di Dio e nella sussistenza del Verbo al quale siete singolarmente appropriata, adorando pure le vostre vie ammirabili nella condotta e nel compimento delle opere vostre, vi domando questa grazia di penetrare nel segreto ammirabile del capolavoro delle Opere vostre, perché possa pubblicare e manifestare il Ritrovato divino per il quale Voi avete saputo congiungere il Verbo eterno colla umana natura nel Mistero della Incarnazione.

Il segreto di questo profondo e stupendo mistero, il movente più intimo di questa opera grande, che è l’opera delle opere di Dio, il mezzo singolarissimo e sconosciuto alle celesti intelligenze, che la Sapienza divina ha trovato per congiungere così la terra col Cielo come in un punto e in un centro solo, l’invisibile col visibile in un solo soggetto, l’essere creato con l’essere increato in una stessa persona, e questo senza miscuglio né confusione di due esseri e di due creature così distanti e insieme così congiunte: questo segreto, questo movente, questo mezzo, questo ritrovato divino, è la privazione nella Umanità di Gesù, della sussistenza naturale, propria e ordinaria alla quale essa aveva diritto, e questo perché essa, nel primo istante della sua creazione, fosse felicemente rivestita di una sussistenza estranea e straordinaria. Come il giardiniere divide e apre con un taglio il tronco che deve ricevere l’innesto, e il frutto ne sarà straordinario per l’albero selvatico nel quale viene inserito; così il Padre eterno, il divino agricoltore del Vangelo, ha scelto sulla terra una pianta selvatica, se noi la consideriamo nella sua origine e nella sua natura: l’umanità, che porta la somiglianza della carne di peccato; in essa ha separato la natura della persona che le sarebbe stata propria e connaturale e doveva naturalmente fluire dalla sua essenza esistente e attuata, e vi ha sostituito l’innesto celeste, la sussistenza divina, la Persona propria del suo Figlio, al posto della sussistenza umana che in essa è stata impedita e proibita.

In tal modo, questa pianta così divisa e come scemata, diminuita, tronca in ciò che è così intimo, così proprio e così connaturale al suo essere, porta frutti differenti e che non appartengono ad essa, ma all’innesto che vi è inserito.

La natura umana priva della sua sussistenza e rivestita della sussistenza del Verbo ha oramai un essere nuovo e differente; non già nella sua essenza, ma nella sua esistenza e nella sua sussistenza. La sua vita, i suoi atti, le sue azioni, non le appartengono più in proprio ma appartengono a Colui che divinamente la sorregge. Vi è, infatti, questa notevole differenza tra l’innesto del giardiniere e l’innesto divino di quel celeste giardiniere che è l’Eterno Padre, che mentre l’innesto naturale è portato e sorretto dalla pianta selvatica, il Verbo invece, innesto divino, è Egli stesso il sostegno di quella pianta selvatica che è l’umanità portante la somiglianza del peccato.

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Card. Pietro de Bérulle


venerdì 6 novembre 2020

Le grandezze di Gesù

 


In forma di elevazione a Dio sopra il mistero della incarnazione


Le tre vite di Gesù

Nella creazione del mondo Dio, che è vita, ha voluto come tale imprimervi un’ombra e una immagine di se stesso, quindi ha voluto stabilire tre vite che si muovono sulla terra, tre vite ch’Egli ha riunite e congiunte in Adamo e nei suoi discendenti: la vita vegetativa, la vita animale e la vita umana. Ma nel secondo Adamo, oltre queste tre vite come in tutti gli uomini, Egli ha stabilito e organizzato, sulla terra, tre altre sorte di vite, tutte nuove, tutte sante, tutte divine e tutte degne di un uomo nuovo e di un novello Adamo: la Vita divina in virtù della unione della Essenza e della persona divina alla umana natura; la Vita viatrice e di merito per la salvezza del mondo, in virtù della unione dell’anima al Verbo eterno e ad un corpo deificato ed insieme passibile; la Vita gloriosa per la unione di quest’anima alla gloria della divina Essenza e delle persone divine. Tre unioni e tre vite tutte celesti, divine, incomprensibili, miracolose.

Chi ci introdurrà nella contemplazione di queste tre vite di Gesù, l’una divina, l’altra viatrice, l’altra gloriosa? Chi ce ne aprirà i tesori e i segreti, le grandezze e i misteri? Chi ci rivelerà gli effetti della divinità gli uni operati, gli altri sospesi, per un tempo, nella sua Umanità?

 a) Vita divina

La Vita divina di Gesù è fondata sul miracolo dei miracoli, sul mistero della Incarnazione, assolutamente superiore alla potenza ed alla intelligenza di qualsiasi natura creata, il capolavoro della Divinità, la meraviglia delle meraviglie, in confronto della quale tutti gli altri prodigi non sono che ombre e conseguenze o preparativi di questo primo miracolo. In questo mistero, infatti, Dio non trionfa soltanto del nulla, come nelle creazione; o della polvere e della cenere, come nella Risurrezione; ma, ciò che sorpassa tutti i pensieri degli Angeli e degli uomini, Egli trionfa di se stesso, fa una specie di violenza alla sua propria Persona ed alla sua grandezza per abbassarsi sino alla nostra piccolezza e rialzare la nostra bassezza, e con questi due movimenti differenti congiungere l’Altissimo alla polvere e al fango e costituire sulla terra un Uomo Dio.

b) Vita viatrice e mortale

Come in questa vita divina Dio ha voluto congiungere due nature sì differenti, così nella vita del Figlio di Dio vivente in mezzo agli uomini passibile e mortale, Egli si è compiaciuto di congiungere due parti e due vite molto differenti, di cui l’una è vita di gloria, l’altra di travagli; l’una di felicità, l’altra di merito; l’una di gaudio, l’altra di sofferenza; l’una di grandezza, l’altra di abbassamento; due Vite legate assieme, e inseparabilmente, nella stato del Figlio di Dio, dalla sua nascita nella Vergine sino alla sua morte

O stato singolarissimo, o vita considerevolissima! O stato che richiede uno sforzo del Figlio di Dio sopra se stesso e sulla propria vita! Sforzo assiduo e perpetuo per lo spazio di trentaquattro anni, senza l’interruzione di un solo istante! Sforzo, non già sullo stato di natura o di grazia, ma sullo stato di gloria, il quale sembra pur così alto da non poter mai soffrire violazione dei suoi diritti e privilegi! Stato, sforzo e miracolo del Figlio di Dio sopra se medesimo che non conviene che a Lui, che è proprio e singolare in Lui, che non è che per Lui e per nessuno fra tutti i Santi, neppure per la sua Santissima Madre.

Mistero che ci insegna e ci impone di fare uno sforzo salutare per trionfare della nostra vita difettosa, miserabile ed imperfetta e così onorare Colui che per la nostra salvezza fa uno sforzo, e quale sforzo! sullo stato potente, felice e ammirabile della sua gloria.

Due stati differenti e opposti nella vita mortale di Gesù

Il corso della vita mortale e viatrice del Figlio di Dio è diviso in due sorte di stati ben differenti e come opposti l’uno all’altro: stato di infusione e comunicazione di grazie, effetti e qualità singolari, preziose, divine che l’Umanità riceve dalla Divinità in lei occulta e nascosta; stato di sospensione e privazione di altre grazie ed effetti che la Divinità, secondo la sua grandezza e la sua unione strettissima con quella Umanità, doveva operare in questa e per questa sulla terra: grazie ed effetti singolari che erano dovuti alla Umanità dalla sua entrata nello stato della unione ipostatica e che le sono abbondantemente restituiti in Cielo, dopo di essere stati sospesi nel tempo della sua vita mortale.

Sospensione della gloria di Gesù nella vita mortale e contrasti di grandezza e di debolezza

Ammirabile degnazione! benché possedesse la pienezza della Divinità, sì intimamente congiunta alla sua natura umana, Gesù Cristo nostro Signore ha voluto comparire in mezzo agli uomini in forma di peccatore. Per l’economia della nostra salvezza, Egli ha voluto, alla vista degli Angeli, subire sulla terra, quale contrassegno della somiglianza con la carne di peccato, la privazione della gloria dovuta alla sua Umanità e così espiare in se medesimo la privazione che i peccatori subiscono di tante grazie che riceverebbero da Dio se non fossero in stato di inimicizia con Lui; e inoltre onorare sulla terra, con questo stato di privazione santa e divina, Colui che i peccatori disonorano in terra e sotto terra con la privazione maligna e miserabile della grazia e dell’amore di Dio.

Questi due stati di privazione e di abbondanza di grazie e di effetti, di gloria e di debolezza, sono degnissimi di considerazione nel corso della vita del Figlio di Dio e dell’uno e dell’altro abbiamo chiari indizi nel Santo Vangelo.

Indizio segnalato di questo contrasto è la Trasfigurazione, stato che durò così poco e che avrebbe dovuto durar sempre; non era soltanto un raggio della gloria dell’anima di Gesù, ma un raggio e una manifestazione della Divinità sempre vivente in quell’anima e in quel corpo, come dice S. Giovanni Damasceno. Eppure vediamo la sua Umanità, spogliata di questo splendore, rientrare subito nel suo stato precedente, stato comune e ordinario per la umiltà di quella santa Umanità ma altamente straordinario per la grandezza e dignità di essa.

Troviamo del pari un indizio di quell’altro stato di abbondanza di grazie ed effetti nella emanazione di tante meraviglie rapportate dal Vangelo, nelle quali, per lo spazio di tre anni, Gesù si è compiaciuto di imprimere nel mondo i segni della sua grandezza e della sua potenza, sulla terra, sulle acque, sulle cose animate e inanimate, sulle intemperie e gli uragani, sugli uomini e sugli stessi Demoni, sulle anime e sui corpi, sui vivi e sui morti e sopra ogni sorta di malati da Lui guariti.

Ammirabili guarigioni operate da Gesù le une per la semplice sua parola, altre per l’imposizione delle sue mani sante e potenti, altre per il tocco della sua carne sacratissima e deificata, e qualcuna col semplice tocco della sua veste. In questi prodigi non v’era soltanto un segno del suo potere sulle cose animate e inanimate, ma ancora un segno della virtù che risiedeva in quella Carne deificata e preziosa e ne emanava, virtù ben più efficace di tutti i rimedi della terra, virtù divinamente efficace per la guarigione di ogni sorta di infermità. Per farci entrare nella conoscenza delle Emanazioni sante e divine che da Lui uscivano, il Figlio di Dio si è compiaciuto, in una di quelle miracolose guarigioni, di proferire queste parole degne di grande considerazione: Chi mi ha toccato? Perché so «che una forza è uscita da me» (Lc 8, 46). Ed Egli ha pure ispirato ad uno dei suoi Evangelisti di dire in altra occasione: Una forza da Lui usciva e guariva tutti (Lc 6, 19).

Potere ed efficienza della Umanità di Gesù

L’Umanità di Gesù, essendo il sacro domicilio della Divinità che contiene in eminenza ogni cosa, è pure 1’Oceano e il tesoro di ogni sorta di grazie, di virtù, di proprietà singolarissime, da cui possono emanare una infinità di effetti prodigiosi, eccellenti e divini, in Cielo e sulla terra, negli uomini e negli Angeli, e sopra tutti i soggetti dove gli piacerà di esercitare la sua potenza e la sua virtù.

Come le creature sono emanate da Dio, e Dio produce continuamente nuovi esseri che da Lui escono come dalla viva sorgente di ogni realtà: così dall’Uomo Dio deve emanare continuamente un mondo di effetti preziosi di vita, di grazia, di gloria, di splendore, degni della Divinità, e degni di una Umanità che sussiste nella Divinità, che vive nella Divinità.

Il sole ha soltanto una o due emanazioni che ci siano conosciute, e sono continue emanazioni, cioè, incessanti di luce e di influenza: e non vorremmo noi che quel Sole del sole, che è Gesù Uomo Dio, viva sorgente di grazia e di gloria, che ha tutto in se stesso e tutto contiene in realtà o in eminenza, abbia una emanazione continua di grazia, di luce, di vita, di santità e di amore, e di ogni altra sorta di qualità e di operazioni insigni e divine? E non vorremmo che Egli abbia tale emanazione con una potenza, una continuità, una attività molto maggiore di quelle del sole visibile, semplice ombra e figura di Gesù?

Gesù è dunque in uno stato di pienezza, d’infusione e di comunicazione di grazie e di effetti emanati dalla Divinità della Umanità, e dalla Umanità deificata fluenti sopra le creature, come da una pienezza di vita e di grazia, alla quale partecipano Angeli e uomini, secondo la testimonianza dell’Apostolo prediletto (Gv 1, 16). E questa infusione e abbondanza è dovuta a Gesù fin dal primo momento della Incarnazione, ma nella sua vita mortale venne in diverse circostanze divinamente sospesa e arrestata per divina disposizione. Così la sua vita mortale e viatrice è a buon diritto distinta in quei due stati, l’uno di privazione, l’altro di pienezza e di infusione di grazie e effetti, di cui gli uni furono per divina potenza sospesi, e gli altri divinamente operati e comunicati alla umanità.

Ma in Gesù, Soggetto eminentemente e divinamente alto e grande, tutto è grande, tutto è divino, tutto è ugualmente ammirabile; tanto gli effetti divinamente operati come gli effetti divinamente sospesi, tanto la sospensione di questi effetti come la loro comunicazione, tutto in Gesù deve esserci egualmente prezioso e venerabile; nello stesso modo che nella Divinità tanto il produrre come il non produrre è egualmente divino, e adorabile nelle Persone della SS. Trinità.

Ora il Cielo non è ornato di tante stelle, né la terra di tanti fiori, come la Umanità di Gesù è abbellita, ornata e variata di un numero incalcolabile di effetti divini e soprannaturali che la Divinità, come prova della sua presenza e della sua sussistenza, continuamente in essa operava o sospendeva. Non vi è momento, luogo o circostanza nella vita di Gesù che non abbia il pregio o della operazione, o della sospensione di qualche grazia o effetto ammirabile che la Umanità doveva avere in se stessa, o operare fuori di sé come segno di uno splendore sì vivo, di una grandezza sì potente, di una Maestà sì augusta egualmente presente e permanente in tutti i suoi differenti stati.

Conchiudiamo dunque questo punto con l’ammirare ciò che non possiamo né esprimere con sì deboli parole, né intendere con sì scarsa luce, e contentiamoci di esprimere al Signore la nostra ammirazione. O quanti effetti o operati o sospesi nella Santa Umanità di Gesù! Quali effetti di una Divinità così presente, potente, e attiva in una Umanità resa così degna e capace delle divine operazioni! E la sua capacità non proveniva soltanto dalla grazia, ma dalla Essenza e Persona increata che le era unita e che in essa abitava, viveva e personalmente sussisteva.

 c) Vita gloriosa

Dalla terra passiamo al Cielo e dalla vita umana di Gesù alla sua vita gloriosa: chi ci farà intendere l’alto grado di gloria che nella sua sapienza e bontà infinita Dio ha riservata a un’Anima tutta sua, a una Umanità elevata all’onore più sublime, alla alleanza più stretta e più intima che la potenza di Dio possa operare in una natura creata, la unione personale con la Divinità? O prezioso! O singolarissimo stato della gloria di Gesù che dobbiamo adorare senza pretendere di intenderlo, che sorpassa tutta la gloria e degli uomini e degli Angeli assieme, e la sorpassa incomparabilmente!

 a) Vita intima di Gesù

Rivolgendo lo sguardo a tutto ciò che avviene nell’anima, nel corpo e nel Cuore di Gesù nei diversi stati delle sue tre vite differenti, chi mi farà conoscere le particolarità della sua vita interiore e esteriore, sulla terra e in Cielo? Quale vita! Quali godimenti! Quali pensieri! Quali sentimenti! Quali illuminazioni! Quali elevazioni! Quali abbassamenti! Quali lodi! Quale omaggio! Quali azioni di grazie e quale Amore in un’Anima che nell’atto stesso in cui era tirata dal nulla, veniva colmata di gloria, elevata, in un attimo, al disopra di tutto quanto può essere creato, e unita personalmente a Dio stesso!

O Vita! O Potenza! O Maestà derivante dalla Divinità vivente e sussistente in quella natura creata! O splendore dell’eterna luce! O Re di gloria! O Sole di giustizia! Sole che eclissate le luci del Cielo, e che, nell’ultimo dei vostri giorni avete oscurato in terra il Sole medesimo, Illumina tenebras meas(Sal 17, 29); degnatevi rivolgere uno sguardo alle mie tenebre, e fate che vi ami e vi conosca! Fate ch’io abbia parte alla fortuna dei vostri lumi, che ammiri e contempli le vostre grandezze, e penetri nei vostri misteri.

Card. Pietro de Bérulle