VI PRESENTO L'AMORE
FULTON J. SHEEN
VI PRESENTO L'AMORE
FULTON J. SHEEN
IL CRISTIANO RICONOSCE OTTO OGGETTI DA RISPETTARE
Rispetto per coloro che noi consideriamo come inferiori e che mettiamo in ridicolo come minorati, perché non appartengono alla nostra classe o al nostro colore. Parole severe del Maestro: «Io dico a voi: chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà tradotto in tribunale. Chiunque al suo fratello dirà: stolto, sarà condannato. Chiunque dirà al proprio fratello: — tu sei pazzo — meriterà il fuoco dell'inferno» (S. Matteo, 5, 22).
Rispetto per le donne, secondo le forti parole del Maestro : « avete udito che fu detto agli antichi: — non commettere adulterio. — Ma io dico a voi: chiunque guarda una donna con desiderio impuro, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (S. Matteo, 5, 27-28).
Rispetto per la purezza della nostra mente e del nostro cuore, secondo le tremende parole del Maestro : « Se il tuo occhio destro ti è occasione di peccare, strappalo e buttalo via da te. E' meglio, infatti per te che perisca uno dei tuoi membri piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nell'inferno; e se la tua mano destra ti è occasione di peccato, tagliala e buttala via da te. E' meglio, infatti, per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che tutto il tuo corpo vada nell'inferno ». (S. Matteo, 5, 29-30).
Rispetto per la moglie.
E' vano aspettare che le nazioni si uniscano con trattati internazionali, se viene spezzato il trattato domestico del matrimonio che per i cristiani è un sacramento. « Ciò che Dio ha unito insieme, l'uomo non osi separare» (S. Matteo, 19,6). «Io vi dico: chiunque rimanda la propria moglie, eccetto che si tratti di concubinato illecito, la costringe a commettere adulterio; e chi sposerà la donna mandata via, commette adulterio » (S. Matteo, 5, 32).
Rispetto per la pace.
« Avete udito che fu detto (nella legge ebraica) : - occhio per occhio e dente per dente - ma io dico a voi di non resistere al male; ma, se uno ti colpisce nella guancia destra, porgigli anche la sinistra» (S. Matteo, 5, 38-39). Questa è una parabola per dire: le guerre finiscono, prima ancora di cominciare, quando uno dei due non raccoglie l'offesa; ma perdona.
Rispetto per chi ha diritto di comandare.
« Servi, ubbidite a coloro che sono vostri superiori nell'ordine naturale, con ogni rispetto e riverenza, nella semplicità del vostro cuore come se ubbidiste a Cristo» (Agli Efesini, 6, 5).
Rispetto per i bisognosi.
« Date a quelli che vi domandano e date a colui da cui non aspettate il contraccambio » (S. Matteo, 5, 42).
Rispetto per i nemici,
«Udiste che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico, ma io vi dico, amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano; e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano, affinché siate figli del vostro Padre che è nei cieli, il quale fa splendere il suo sole sopra i buoni e sopra i cattivi e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti» (S. Matteo, 5, 43-45).
Le mani di coloro che noi abbiamo rifiutato di stringere, faranno una barriera per impedirci di entrare nel Regno dei Cieli, il giorno del Giudizio.
La vera grandezza cristiana si misura non nella superiorità ma dal servizio : « Chi vuole essere il primo fra voi, diventi il vostro servo ». (S. Matteo, 20, 27). La razza più grande sulla terra è la razza che fa il massimo servizio agli altri nel nome di Dio.
Booker Washington, il grande capo dei popoli neri dell'America, disse a uno che odiava la sua razza: «Non permetterò a nessun uomo di degradare la mia vita col costringermi a odiarlo », Questo è vero Cristianesimo. Leggete il cantico che l'apostolo S. Giovanni udì nell'estasi dell'Apocalisse: «E cantavano un nuovo cantico dicendo: degno sei tu, o Signore, di ricevere il libro, e di aprire i tuoi sigilli. Tu, infatti, sei stato ucciso e ci hai ricomperati a Dio col sangue tuo da tutte le tribù, da tutti i linguaggi, da tutti i popoli e da tutte le nazioni. Tu ci hai fatti re e sacerdoti per il nostro Dio e regneremo sopra la terra» (5, 9-10).
Conclusione del Pontefice Pio XII nella lettera alla gerarchia americana : « Noi sentiamo uno speciale paterno affetto, certamente ispirato dal cielo, per la popolazione di color nero che abita in mezzo a voi. Nel campo della religione e dell'educazione, i neri hanno bisogno di cure speciali e di aiuti affettuosi. Noi pertanto, invochiamo l'abbondanza delle benedizioni di Dio sopra coloro che si adoperano a loro vantaggio ».
FULTON J. SHEEN
FRATELLANZA CON TUTTI I POPOLI CON TUTTE LE RAZZE E CON TUTTI I COLORI DELLA PELLE
Ogni forma di odio contro ogni persona sta alla base di una deficiente religione. Odiare un compagno di umanità è un impedimento all'amicizia con Dio, perché l'amore di Dio e l'amore del prossimo sono inseparabili. Ecco le parole di Cristo esposte in forma di una parabola sbozzata, relativa all'uso ebraico di offrire al tempio di Gerusalemme una colomba, un agnello, una primizia ecc. : « Se tu stai per offrire un dono all'altare di Dio e ti viene in mente che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia là la tua offerta davanti all'altare e va' prima a ottenere la riconciliazione col tuo fratello. Ritornando poi offri il tuo dono » (S. Matteo, 5, 23-24). Bisogna notare che l'offerente non ha odio contro il fratello; ma il fratello ha odio contro di lui, per cui è più facile che l'offeso faccia il primo passo, affinché l'offensore faccia il secondo. Il Redentore nel suo insegnamento ha cancellato ogni differenza di razza, di sangue e di colore. Quando sua madre o i suoi parenti da Nazaret andarono per cercarlo a Cafarnao nella casa di Pietro e gli fu annunziato che stavano fuori ad aspettarlo, disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei parenti. Chiunque, infatti, farà la volontà del Padre mio che è in cielo, è mio fratello, mia sorella e mia madre» (S. Matteo, 12, 49-50). Dopo queste parole, le relazioni fra gli uomini debbono essere fondate sulla volontà di Dio che è padre di tutti e ama tutti.
Noi, infatti, non potremo mai considerare gli uomini come nostri fratelli, finché non riconosciamo Dio come nostro padre. Il senso umano sta morendo, perché ha staccato il proprio sentimento d'umanità dalle sue radici, che sono in Dio.
Il vero Cristiano vede l'incarnazione del Redentore prolungata in ogni bisogno umano, secondo le parole già citate : « Io ero ammalato, ero in carcere ecc. e mi avete aiutato ». Considerate ogni essere umano, chiunque esso sia, comunista, maomettano, negro, buddista, giapponese, ecc. come una persona per la quale Cristo è morto, anche se quella persona non lo sa.
Un giorno i nemici del Redentore andarono a lui e gli chiesero: «Maestro, noi sappiamo che tu parli e insegni rettamente; non guardi in faccia a persona ma insegni la dottrina di Dio in tutta verità»; (S. Luca, 20, 21). Da queste parole risulta che anche i suoi nemici riconoscevano il fondamentale principio del suo insegnamento: ogni persona nel mondo ha un valore sovrano. Carlo Marx diceva che ogni individuo non ha valore finché non appartiene alla classe rivoluzionaria. Il Redentore, invece disse che ogni uomo ha valore, indipendentemente dalla classe cui appartiene, perché insegnò una preghiera, che, di proposito non contiene nessun dogma e che quindi può essere ripetuta da chiunque ammetta Dio creatore e se stesso creatura: «Voi dunque pregherete così: «Padre nostro che sei nei cieli» (S. Matteo, 6, Sì)
Il suo grande apostolo Paolo, nell'Areopago di Atene, sacro a Marte, dio della guerra, disse ai Greci che si credevano superiori agli altri popoli: «Dio ha creato il mondo e tutte le cose che sono in esso... Da un uomo solo ha fatto tutti gli uomini, affinché abitassero sulla faccia della terra, secondo i tempi e secondo ì luoghi ». (Atti apostolici, 17, 24-26).
Anche da un. punto di vista scientifico, è provato che i quattro tipi di sangue, quando sono mescolati, non generano uomini differenti sostanzialmente gli uni dagli altri.
Cinque criteri per l'unificazione degli uomini secondo il Cristianesimo.
Abolizione di ogni distinzione razziale, secondo la forte parola di S. Paolo : « non c'è più né pagano né abreo».
Abolita ogni distinzione fisiologica: secondo lo stesso Apostolo: «Non ci sono più i circoncisi e gli incirconcisi».
Abolita ogni distinzione culturale: « né uomo barbaro, né uomo scita (poco colto)».
Abolita ogni distinzione sociale: «Né schiavo nè libero ».
Affermata una sola unificazione: «Cristo è tutto in tutti». (Ai Colossesi, 3, 11).
I casi della vita, come posizione politica, ricchezza, fortuna, ecc., per i veri Cristiani non sono occasioni per insuperbirsi; ma sono opportunità per servire. Così scrive S. Paolo, dapprima superbo ebreo : « quando Dio volle rivelare in me il suo Figlio, affinchè io lo predicassi tra i pagani, senza frapporre indugio, accettai la missione senza tener conto della mia razza, basata sulla carne e sul sangue». (Ai Galati, 1, 16).
Il primo « chèque » della storia.
Quando uno schiavo, Onesimo, che era fuggito dal padrone Filemone dopo aver commesso un furto, finì in prigione a Roma e incontrò S. Paolo da cui fu convertito, il grande Apostolo lo rimandò al padrone con questo capolavoro di lettera: «O fratello, ti prego per un mio figliolo che generai alla fede, mentre sono in catene. Questi è Onesimo, il quale fu di danno a te ma ora è diventato un aiuto preziosissimo per te e per me. Te lo rimando, dunque, come se ti rimandassi il mio cuore e tu ricevilo, come se ricevessi il mio cuore... Egli si allontanò da te per un breve tempo, affinché tu lo riacquistassi per l'eternità e non già come si riacquista uno schiavo, ma come si riabbraccia un fratello che è carissimo a me e tanto più deve essere caro a te, nella carne e nel Signore. Pertanto, se tu mi consideri come unito a te nella Fede, accogli Onesimo come accoglieresti me stesso. Se poi egli ti offese o è debitore verso di te in qualche cosa, metti tutto a mio conto. (A questo punto S. Paolo prese lo stilo dall'amanuense e, con un fine sorriso, scrisse) : io, Paolo, scrissi di mio pugno: pagherò. (Poi ridando lo stilo continuò a dettare) : ma che pagherò! Dovrei dirti invece che tu sei debitore a me e non debitore di danaro, ma di te stesso, (come cristiano da me convertito). 0 fratello, fa' in modo che da te io colga questo soavissimo frutto del Signore: consola le mie viscere in Cristo(Onesimo) (A Filemone, 10-20).
Ecco perché quel grande anticristiano che fu Federico Nietzke, osò scrivere queste parole blasfeme : « Il Cristianesimo ha condotto una guerra mortale contro la distanza tra uomo e uomo. Di qui tutte le rivoluzioni contro i privilegi delle classi. Il Cristianesimo è la rivolta di tutti coloro che vogliono mantenere la divisione fra uomo e uomo ». Queste parole sono blasfeme, perché l'uguaglianza fra uomo e uomo i veri cristiani non la vogliono ottenere con la rivoluzione armata, ma con la carità operante in nome dell'amore.
La ragione fondamentale che dimostra falso il comunismo sta nel suo insistere sui privilegi delle classi, come il razzismo insiste sui privilegi della razza e il fascismo insiste sui privilegi della nazione. Ecco perché questi movimenti sono tutti anticristiani. Pensate quale rivoluzione opererebbe il cristianesimo se riuscisse a convincere i sessanta milioni di intoccabili nell'India a considerarsi figli di Dio ed eredi del Paradiso.
FULTON J. SHEEN
I NON CATTOLICI AMANO I CATTOLICI?
Giudicate la Chiesa Cattolica non da coloro che vivono debolmente il suo spirito; ma dall'esempio di coloro che lo vivono al massimo grado. Ogni arte è conosciuta meglio delle sue più alte espressioni che non dalle forme dozzinali.
Ecco la giusta definizione di un buon Cattolico: « Colui che prende sul serio la salvezza della propria anima».
Il Cattolico crede che la religione non è soltanto individuale ma anche sociale, perché la fede è ricevuta dalla comunità della Chiesa, per cui non è l'opinione dei singoli elementi che fa la Chiesa ma è la Chiesa che genera, sostiene e nutre i singoli credenti.
Il cattolico crede che la vita comune religiosa non è un cameratismo umano; ma è la convivenza di persone consacrate.
Tale convivenza può essere verticale e orizzontale. Verticale perché Dio ne è l'Autore; orizzontale perché abbraccia tutti gli uomini che sono partecipi della vita divina.
In altre parole: la fratellanza fra gli uomini è impossibile senza una fratellanza con Dio. Gli uomini non possono essere fratelli, se non hanno Dio come Padre comune.
Il cattolico crede che ciò che il mondo chiama carità, o materiale gentilezza col prossimo, non diventa realmente carità, se il proprio donarsi ai fratelli non è basato sul proprio donarsi a Dio.
Per questa ragione, la carità è il prodotto diretto della sua grazia.
Parole forti di S. Paolo: «sia che mangiate, sia che beviate o facciate altre cose, fate tutto a gloria di Dio». (Ia Ai Corinti, 10, 31). Voi conoscete la grazia di Gesù Cristo Signore nostro, il quale, essendo ricco, si fece povero per vostro amore, affinché attraverso la sua povertà voi possiate diventare ricchi» (IIa Ai Corinti, 8, 9). Il Cattolico sa che la Chiesa non è una istituzione, ma una vita. Essa non fu fatta dall'esterno; ma dall'interno. Cristo Signore non fondò la Chiesa chiamando uomini a formare un organismo sociale, ma la fondò mandando il suo spirito e facendo di tutti i membri una cosa sola, perché una sola è l'anima, cioè lo Spirito Santo.
Il Cattolico sa che, poiché la sua Chiesa fu fatta da Cristo, non può essere disfatta dagli uomini. Sa inoltre che la Chiesa non segue le particolari mode, perché essa è fatta per tutte le età. Il Cattolico sa che, se la Chiesa sposa la moda di una data età in cui essa vive, diventa vedova per l'età che segue. Il segno della vera Chiesa è proprio questo: non legarsi alle mode passeggere del mondo.
L'adulto che si accosta alla Religione Cattolica non comincia, con la fede, ma con la ragione e la storia. Ciò che per gli affari è il credito, per un Cattolico è la fede. Come ci sono ragioni per aumentare il credito, così ci sono ragioni per aumentare la fede. Ecco perché S. Pietro dice : « Onorate il Signore Gesù nei vostri cuori, rendendovi capaci di rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi» (Ia Lettera, 3, 15).
Un Cattolico può peccare sfrontatamente come ogni altro uomo; ma non esiste un Cattolico genuino che dica di non essere un peccatore. A differenza dei superuomini o dei psicanalisti, un Cattolico non cerca di essere scusato o sublimato; ma sente il bisogno di essere perdonato.
Un Cattolico crede che il Redentore è presente nell'Eucarestia in ogni chiesa Cattolica. Ecco perché si scopre quando passa davanti a una Chiesa. Ecco anche perché, entrando in Chiesa piega il ginocchio e si inginocchia nei banchi. L'adorazione così viene espressa da questo abbassarsi e inginocchiarsi.
Un Cattolico crede che l'unico vero progresso nel mondo consiste nel diminuire le tracce del peccato originale.
Un Cattolico crede che contrarre nuove nozze dopo il divorzio e praticare il controllo fisico delle nascite è un male, non semplicemente perché la Chiesa ha così decretato, ma perché queste cose sono opposte alla legge naturale di Dio e alla legge soprannaturale di Cristo.
I Cattolici fabbricano le proprie scuole, pure contribuendo a mantenere le scuole non religiose, perché essi vogliono che i figli siano educati nell'amore di Cristo e nella sua legge morale.
Così facendo i figli salvano le proprie anime e diventano degni cittadini della loro patria.
Da ultimo, i Cattolici sanno che i peccati non possono essere perdonati dagli uomini; ma credono che Iddio li perdona attraverso i sacerdoti che ne ricevettero il potere, risalendo fino agli apostoli. A costoro Cristo comunicò tale potere con queste parole, intorno a cui invano si agitano gli assalti del mondo e della critica: «Saranno perdonati i peccati a quelli a cui voi perdonerete, e saranno ritenuti i peccati a quelli a cui voi non perdonerete » (S. Giovanni, 20, 23).
FULTON J. SHEEN
I CATTOLICI AMANO I PROTESTANTI?
Il protestantesimo cominciò quattro secoli or sono, quando era necessaria la riforma. Non una riforma della fede ma una riforma della morale che la Chiesa affermò e iniziò con il Concilio di Trento. I Cattolici fanno bene a ricordare le parole dette dal cardinale Pole, arcivescovo di Canterbury, quello stesso che abbandonò l'Inghilterra per sfuggire la persecuzione di Enrico Vili: «Possiamo desiderare di escludere d'aver dato origine a queste eresie che pullulano da ogni parte, adducendo che noi non ne abbiamo pronunciata alcuna.
« Tuttavia se noi non abbiamo bonificato i nostri campi come dovevamo, se non li abbiamo seminati, se non ci siamo sforzati di sradicare le male erbe, abbiamo parte nelle cause del loro nascere e del loro crescere... Poiché il sale ha perduto il suo sapore, noi soffriamo giustamente, anche se non soffriamo per la giustizia ».
L'atteggiamento migliore che può prendere un Cattolico nei confronti di un protestante è questo: vivere intensamente la vita spirituale della Chiesa, affinché i non Cattolici, vedendo Cristo riflesso nei Cattolici, desiderino conoscere donde venga la loro felicità.
A un affamato non si dice: « Stà attento contro il veleno ». Bisogna dargli il nutrimento, lasciando che le leggi di natura facciano il resto. Nel campo religioso è metodo sbagliato fissarsi soltanto sugli errori. E' molto meglio parlare della ricchezza che sta nel vivere con Cristo, lasciando che la grazia di Dio faccia il resto.
Non dobbiamo essere più Cattolici della Chiesa, la quale ufficialmente insegna : « L'ignoranza dei protestanti quando è moralmente invincibile fa sì che non devono essere chiamati eretici o colpevoli agli occhi di Dio. L'unico giudice dei segreti del cuore è Dio ».
Ecco perché la Chiesa Cattolica ufficialmente chiama i protestanti con una bella espressione che dovrebbe diventare universale: 1 nostri separati fratelli.
Un cattivo Cattolico che non dia gloria a Dio e Io offenda, corre verso l'eterna dannazione. Un non Cattolico che dia gloria a Dio, e segua i dettami della coscienza, va verso la salvezza. Opera malamente quel Cattolico che imita il fratello maggiore della parabola del figliol prodigo. Dio è più ansioso di noi nel desiderare che tutte le sue pecore facciano un solo ovile.
I Cattolici debbono essere intolleranti riguardo alle verità della Fede, perché esse appartengono a Dio; ma devono essere molto tolleranti con coloro che non partecipano a tali verità. Dio solo è giudice delle coscienze. Questa affermazione fu fatta da Pio IX nel 1863.
Nessun cattolico può rallegrarsi, vedendo aumentarsi l'indifferenza religiosa, perché non è permesso desiderare l'impoverimento altrui, quasi che tale impoverimento arricchisca noi. Se un uomo ha fame, possiamo mai desiderare che egli muoia di fame? Ogni abbassamento nella Fede della dottrina di Cristo fra i nostri separati fratelli è sempre un aumento di perdita per la Chiesa e per il mondo. Se noi Cattolici credessimo a tutte le calunnie e menzogne, che sono dette della Chiesa, la dovremmo odiare dieci volte più che non gli avversari. I nemici della Chiesa, infatti, spesso non odiano la Chiesa, ma odiano ciò che essi erroneamente credono essere la Chiesa.
I Cattolici spesso commettono questo grave errore: credere di aver ragione perché la sanno più lunga in fatto di fede. No! Se i Cattolici godono la pienezza della fede, è un dono di Dio. Dall'altro lato, i Cattolici possono erroneamente credere che gli altri siano fuori di strada per loro colpa. No! Molti di essi vivono secondo i dettami della coscienza.
Davanti a Dio non c'è religione che non contenga qualche verità. Invece di puntare sugli errori, i Cattolici dovrebbero puntare su quel piccolo segmento di verità, per completare il cerchio, facendo conoscere la pienezza della verità e dell'amore di Cristo. L'umorista Chesterton disse una volta: nessun protestante potrebbe tirarmi fuori dalla Chiesa Cattolica; mentre questo lo potrebbe fare un cattivo Cattolico che dia scandalo.
I Cattolici non devono compromettere anche una sola verità della propria Chiesa, appunto perché la verità è di Dio e non nostra. Devono essere intolleranti riguardo alle verità cristiane come sono intolleranti riguardo al due più due fa quattro; ma devono essere comprensivi, gentili e caritatevoli con le persone che non accettano la stessa fede oppure vi si oppongono. Il fondamento della tolleranza cattolica non è indifferenza verso la verità; ma è Fede, Speranza, Carità.
Noi siamo venuti al mondo non per condannare, ma per condurre tutti a Cristo mediante l'amore. Nessun ostinato protestante può essere considerato incapace di conversione. S. Paolo era ostinato Ebreo, eppure si convertì. Nessun peccatore può essere considerato indegno di unirsi al Redentore. La Maddalena era peccatrice e diventò santa.
La conclusione sta nelle parole del Maestro: « A questo segno gli uomini conosceranno che voi siete miei discepoli, se vi amerete l'un l'altro ». (S. Giovanni, 13, 35).
FULTON J. SHEEN
GLI EBREI AMANO I CRISTIANI?
«Io ho venduto il Signore, io l'ho tradito; io l'ho crocifisso ».
Come gli Inglesi non odiano gli Americani per aver essi proclamato la propria indipendenza, i cristiani non odiano gli Ebrei per aver fatto crocifiggere quel Cristo da cui venne la nostra libertà spirituale...
Ogni Ebreo sa che quando un cristiano odia, non è più cristiano.
Ogni Cristiano sa che oggi tutte le religioni sono perseguitate, nessuna razza o nessuna fede ha il monopolio della persecuzione, per cui ogni persecuzione, prima di essere antisemita o anticristiana, è antiumana.
La grande barriera contro le relazioni fraterne fra uomini viene dall'attribuire a tutti gli Ebrei il male commesso da qualche Ebreo e di attribuire a tutti i Cristiani il male commesso da qualche Cristiano.
Gli Ebrei sanno che i Cristiani onorano Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Davide ecc. I Dodici Apostoli non erano forse Ebrei e non era forse Ebreo il primo Papa? Non è forse vero che la Chiesa Cristiana fa uso dell'Antico Testamento come faceva la Sinagoga? Gli studiosi Cristiani non hanno forse difeso l'autenticità dell'Antico Testamento?
Udite il filosofo Giacomo Maritain: «L'odio contro gli Ebrei e l'odio contro i Cristiani nasce da una comune sorgente: dalla repugnanza che ha il mondo verso il potere economico degli Ebrei e verso la Croce del Cristo ».
Tanto i Cristiani quanto gli Ebrei cominciano a odiarsi, quando considerano le cause esterne della propria miseria, quando cioè gli Ebrei e i Cristiani si palleggiano la responsabilità della crocifissione. Ma quando gli Ebrei e i Cristiani considerano le cause interne delle loro miserie, cominciano ad amarsi pensando ai propri peccati commessi contro la legge morale di Dio.
Non c'è Ebreo nel mondo che ami Dio e odi i Cristiani, come non c'è Cristiano nel mondo che ami Dio fatto uomo e odi gli Ebrei.
L'anticristianesimo e l'antisemitismo sono due manifestazioni del fallimento in fatto di religione.
Noi desideriamo assistere a un corteo duplice: degli Ebrei che protestano contro la persecuzione dei Cristiani e dei Cristiani che protestano contro la persecuzione degli Ebrei.
Nel Cristianesimo, gli Ebrei hanno una grande parte, rappresentata dalla legge ricevuta da Dio e trasmessa alla Chiesa. I dieci comandamenti sono il più grande vincolo di unione fra Ebrei e Cristiani.
FULTON J. SHEEN
AMARE ANCHE GLI EBREI?
L'albero e l'innesto.
La fede cristiana si può paragonare a un innesto che cresce sull'albero della religione ebraica. I cristiani quindi non possono odiare quel popolo, dalla cui radice venne la salvezza del mondo, S. Paolo, nella lettera ai Romani, così parla degli Ebrei che la comunità romana era tentata di accusare per aver rifiutato il Cristo : « Se le primizie cristiane sono sante, santa è pure la pianta; e se santa è la radice, santi sono anche i rami. Se poi alcuni rami sono stati stroncati e tu, che prima eri ulivo selvatico (pagano) sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa, non voler vantarti contro quei rami. Se ti vien voglia quindi di vantarti, ricorda che non tu porti la radice ma la radice porta te. Tu però dirai: — quei rami furono stroncati, affinché io fossi innestato. E' vero, rispondo; ma ricorda che essi sono stati stroncati, perché non vogliono credere e allora bada anche tu a star saldo nella fede. Non levarti, dunque, in superbia, ma sta' vigilante, perché se Dio non perdonò ai rami naturali, tanto meno perdonerà a te ». (11, 16-21).
Per un cattolico essere antisemita è essere anticattolico. Pio XI, commentando le parole che si trovano nel Canone della Messa II sacrificio del nostro patriarca Abramo, dice: «notate che Abramo è chiamato nostro antenato, per cui l'antisemitismo è incompatibile con quella sublime realtà che è espressa in questo passo. L'antisemitismo non può trovare accoglienza tra i cristiani. Noi tutti siamo spiritualmente semiti».
Fra le molte menzogne sparse contro gli Ebrei, grande parte nella campagna contro i semiti ebbe il libro inventato e falsificato : I protocolli degli anziani dì Sion. In quel libello, perfidamente inventato dal russo Sergio Nilio, a sua volta copiato dal libro del Francese Maurizio Joli: Dialoghi in inferno, pubblicato nel 1865, Napoleone è presentato come il primo che pensò a dominare il mondo, per ispirazione degli Ebrei. Che cosa sarebbe stata la religione cristiana, senza quel Gesù che venne dal mondo Ebraico?
Che sarebbe stata la Chiesa, senza quei dodici Ebrei che furono gli apostoli del Messia?
Cosa sarebbe il Cristianesimo senza il sottosuolo di Abramo, di Isacco, di Mosè e di Giovanni Battista e di tutti quei profeti che annunziarono il Messia?
Cristo Signore stesso disse: «Non pensate che io sia venuto per abolire la legge e i profeti. Non sono venuto per abolire, ma per portare a compimento. Vi dico in verità che, finché dura il cielo e la terra, non una vocale e non un segno ortografico passerà, senza avere il suo pieno svolgimento » (S. Matteo, 5, 17-18).
L'apostolo Filippo disse a Natanaele: «Abbiamo trovato colui di cui parla Mosè nella legge e di cui scrissero i profeti: Gesù, Figlio di Giuseppe di Nazareth ». (S. Giovanni, 1, 45).
La promessa del Salvatore fu fatta agli Ebrei e non ai pagani.
— Ma gli Ebrei sono odiati da tutti — potrebbero dire taluni cristiani.
— Ma i veri cristiani, se sono tali, devono essere anch'essi odiati dal mondo, secondo la parola dei Maestro: «Vi ho tolti fuori del mondo e per questo il mondo vi odia» (S. Giovanni, 15,19).
— Ma gli Ebrei sono nostri nemici.
— Supposto che siano tali, un cristiano deve amarli, secondo la parola del Maestro: «Amate i vostri nemici. Fate del bene a quelli che vi odiano. Pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano. Così facendo potete essere figli del Padre vostro che è nei cieli, il quale fa sorgere il sole sopra i buoni e i cattivi, manda la pioggia sopra i giusti e gli ingiusti. » (S. Matteo, 5, 44-45).
Durante l'ultima guerra, nessun popolo sofferse quanto soffrirono gli Ebrei. Di dodici milioni che erano, sei milioni furono uccisi barbaramente con le forme più crudeli. Qual cristiano potrà disprezzare coloro che, attraverso tanti tormenti si sono fatti simili al divino Maestro, assai più e assai meglio che mediante il loro criticismo, spesse volte violento?
Il Redentore nella parabola del buon Samaritano, presenta questo caritatevole viaggiatore che ama efficacemente colui che sapeva essere suo nemico. Io non posso quindi odiare colui che Cristo Signore mi ha comandato di amare.
Come i Cristiani possono sperare che gli Ebrei accettino la loro religione, se essi non agiscono come cristiani? Odiare gli Ebrei è fare il massimo male al Cristianesimo, appunto perché, ogni odio è anticristiano.
Se i cristiani amano la Terra Santa che fu santificata dai piedi del Salvatore, devono anche amare quel popolo da cui venne il Salvatore stesso. Il 25 settembre 1928, il dicastero romano chiamato Santo Ufficio affermò: «La Chiesa Cattolica prega abitualmente per il popolo ebreo che conservò la legge divina fino a Cristo... La sede apostolica, ispirata a questo amore, ha sempre protetto gli Ebrei contro l'ingiusta oppressione e quindi essa disapprova in modo speciale tutto ciò che si raccoglie intorno al cosiddetto antisemitismo ».
Il Divino Maestro non ha escluso gli Ebrei quando annunciò quella regola che poi prese il nome di regola d'oro: «Tutto quello che voi volete che gli altri facciano a voi, voi fatelo a loro. Qui si compendia tutta la legge e tutti i profeti ». (San Matteo, 7, 12).
Il tentativo di distruggere il cristianesimo non è venuto dagli Ebrei. Coloro che più si sono lanciati contro la divinità del Cristo, mediante il ridicolo e la calunnia, fino al punto di negarne l'esistenza, non furono Ebrei: Voltaire, Rousseau, Hume, Kant, Hegel, Schlaiermacher, Schopenhauer, Feurbach, Strauss, Neitzche, Buchner, Haekel, Drews, e i mille di minor importanza. L'antisemitismo, quindi è anticristiano. La Germania che eliminò tanti milioni di Ebrei non si è fatta con questo più cristiana. Vengono a questo proposito le parole che il grande Shakespeare mette in bocca all'Ebreo Shylock, mercante di Venezia, perseguitato dai Cristiani: «Sì: io sono un giudeo. Un giudeo non ha forse gli occhi? Un giudeo non ha le mani, gli organi vitali, la corporatura, i sensi, gli affetti, le passioni, non è egli nutrito dallo stesso cibo, ferito dalle stesse spade; soggetto alle stesse malattie, guarito dalle stesse medicine, scaldato dalla stessa estate e colpito dal freddo dello stesso inverno, come ogni cristiano? ».
FULTON J. SHEEN
COME S. PAOLO CANTA L'AMORE
Tre generi di amore.
Quell'amore istintivo che l'uomo possiede in comune con gli animali, e che con parola moderna si chiama « sesso », consiste nell'amare non una persona, ma il piacere che essa procura.
Il secondo genere di amore nasce dall'apprezzare la bellezza e la bontà di una creatura umana. In certo modo questo amore è orizzontale, perché si muove sullo stesso piano.
Questo amore, che si volge alla bontà su un piano più alto, è piuttosto astratto che concreto. Così il filantropo ama l'umanità, il comunista ama la propria classe, il razzista ama la propria razza, il rivoluzionario la propria causa, il soldato il proprio paese.
In tutti questi casi abbiamo un amore per il bene in astratto, senza esplicito riferimento alla sorgente del bene stesso.
Il terzo amore non si limita nè al disinteresse e neppure alla forma alta dell'umana bontà; ma trae la sua ispirazione dal divino amore, il quale a sua volta, trova la più alta espressione nel Cristo, morto per i peccatori. La sua morte, infatti non fu soltanto una rivelazione superlativa dell'amore umano; ma una manifestazione infinita dell'amore divino, come dice S. Paolo: «Dio non risparmiò neppure il Suo Figlio» (Ai Rom., 8, 32). Non tutti comprendono questa terza forma di amore, perché, trovandosi chiusi nel cerchio del proprio limitato egoismo, non vedono al di là del proprio interesse. Noi amiamo quelli che ci amano e facciamo del bene a quelli che ci fanno del bene; ma non riusciamo a comprendere come mai Dio sia generoso anche verso gli ingrati e verso i malvagi. (S. Luca, 6, 35). Mettendo insieme le prime due forme di amore, possiamo parlare di una doppia ispirazione per quello che si chiama cameratismo.
L'amore basato sopra le mutue affinità o interessi, da cui vengono società, unioni e altre organizzazioni, è amore naturale. L'amore soprannaturale o divino supera le caratteristiche delle persone o delle classi. Noi dobbiamo amare i nostri compagni non perché sono nobili ma perché Dio li ama.
Fraternità.
Il mettere insieme il benessere economico non produce la fraternità; ma invece la fraternità produce i vantaggi economici. I primi cristiani non formavano una cosa sola, perché avevano messo in comune i loro beni; ma avevano messo in comune i loro beni perché erano cristiani.
Un giovane ricco andò dal Redentore a domandargli: «Che debbo fare?» Un socialista invece domanda: «Che cosa deve fare la società?» E' l'uomo che fa la società e non la società che fa l'uomo. Ecco perché tutti gli schemi economici, dal comunismo di Marx alle recenti forme di socialismo democratico, non uniranno mai gli uomini, fino a che non abbiano imparato a bruciare il proprio egoismo.
Il mondo ideale non verrà da una linea ascendente di progresso; ma dal risorgere dalla tomba di migliaia e migliaia di egoismi messi in croce. La ragione per cui il Cristianesimo vive e le teorie socialiste vanno morendo è questa: il socialismo non ha mezzi per liberarsi dall'egoismo; mentre il Cristo disse: «Prendete quello che avete e datelo ai poveri» (S. Luca, 18, 22).
Gli unici posti nei quali il comunismo vive e opera sono i conventi religiosi. Essi hanno per base il possedere le cose in comune, in modo che nessuno manchi del necessario. Il comunismo non è operante nel mondo; ma è operante nei conventi. Tutto quello che possono fare le rivoluzioni economiche e politiche è questo: far passare il bottino di guerra dalla tasca di un partito alla tasca di un altro. Ecco perché nessuna rivoluzione è veramente rivoluzionaria. Esse lasciano l'avarizia nel cuore umano.
La vera sorgente della fraternità non è la legge, ma l'amore. La legge, infatti, è negativa: «tu non farai ». L'amore invece è positivo : « Ama Dio e ama il prossimo ». La legge fissa il minimo ; l'amore mira al massimo. La legge è un freno; l'amore è una generosità: «Se uno ti cita in tribunale e ti ruba il mantello, lasciagli anche la tunica. Se uno ti vuole costringere a fare un miglio, fa' con lui due miglia». (S. Matteo, 5, 40-41).
La generosità naturale è limitata dalle circostanze e dalle relazioni del proprio ambiente, fuori delle quali diventa spesso vendicativa. L'amore ignora i limiti. « Signore, quante volte al mio fratello che mi offese e mi domanda perdono, io debbo perdonare? Fino a sette volte? » « Io ti dico: non fino a sette volte ma fino a settanta volte sette » (S. Matteo, 18, 21-22). Prendendo le mosse da una piccola metafora, per arrivare a una grande verità, il Redentore viene a dire: è impossibile limitare il perdono; lascialo all'amore e non errerà e non si abbasserà.
L'amore di cui parliamo non è naturale, ma soprannaturale, perché con la fede e con le buone opere, aiutati dalla Grazia di Dio, nutriti dalle preghiere e dai sacramenti, noi siamo guidati all'intima unione con Cristo.
Amore soprannaturale.
Dopo aver istituito l'Eucarestia, alla vigilia della morte, il Redentore rivelò il segreto del suo cuore con dare quello che egli chiamò comandamento nuovo. «Vi dò un comandamento nuovo: amatevi l'un l'altro come io ho amato voi » (San Giovanni, 13, 34).
Questo comandamento prende anche il nome di carità ed è chiamato nuovo, perché estende l'amore a tutti gli uomini, senza distinzione di razza, di classe, di colore, includendo anche i nemici, cosa che prima non era mai stata affermata nel mondo. Da allora, l'unico segno con cui i discepoli del Cristo si dovevano distinguere era l'amore soprannaturale per tutti. « In questo tutti gli uomini conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri » (San Giovanni, 13, 35).
Quando il Redentore verrà a dare a ciascuno secondo le proprie opere, il fondamento sarà l'amore soprannaturale verso i poveri, i bisognosi, gli oppressi ecc. Ecco come si svolgerà quel giudizio definitivo:
« Allora il Re dirà a coloro che stanno alla sua destra: — venite voi benedetti dal mio padre; possedete il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché io avevo fame e voi mi deste da mangiare; avevo sete e voi mi deste da bere; ero senza alloggio e voi mi ospitaste; ero nudo e voi mi vestiste; ero ammalato e mi visitaste; ero in carcere e veniste a me».
«Allora i giusti risponderanno: — Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare; assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiam veduto straniero e ti abbiamo ospitato? Quando ti abbiamo veduto nudo e ti abbiamo vestito o quando ti abbiam veduto ammalato o carcerato e siamo venuti a te? Allora il Re risponderà loro: — in verità vi dico, ogniqualvolta avete fatto ciò al più piccolo dei miei fratelli, l'avete fatto a me.
«Allora il Re dirà a coloro che stanno alla sua sinistra: — allontanatevi da me, maledetti, andate in quel fuoco eterno che fu preparato per Satana e i suoi seguaci, perché io avevo fame e voi non mi deste da mangiare, avevo sete e non mi deste da bere; ero pellegrino e non mi deste alloggio, ero nudo e voi mi vestiste; ero ammalato e in carcere e non mi visitaste.
«Allora anche quelli diranno al Re: — Signore, quando ti abbiam veduto affamato o assetato, o pellegrino, o nudo, o ammalato, o in carcere e non ti abbiamo servito? Allora il Re risponderà loro: — In verità vi dico, quello che voi non faceste a questi piccolini, non l'avete fatto a me. E quelli andranno nel supplizio eterno, ma i giusti andranno nella vita eterna» (S. Matteo, 25, 34-46).
Da questa pagina tremenda risulta che noi non ameremo mai perfettamente il nostro prossimo se non amiamo perfettamente Dio.
E' facile amare quelli della propria classe sociale o del proprio ambiente; ma amare quelli che stanno sotto di noi, o che sono opposti a noi, o che sono ignoranti o senza alcun valore, richiede un occhio spirituale.
« Se voi amate quelli che vi amano, quale ricompensa avrete? E non fanno forse così anche i pubblicani? Se voi salutate soltanto i vostri fratelli, cosa fate di eccezionale? Non fanno forse così anche i pagani? Siate, dunque, perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste» (S. Matteo, 5, 46-48).
L'atteggiamento di Dio a nostro riguardo, è quindi regolato dal nostro atteggiamento nei riguardi del prossimo. Ecco perché se noi abbiamo bisogno di qualche cosa, il modo migliore per ottenerla è di dare agli altri; se abbiamo peccato e abbiamo bisogno del perdono, il modo più sicuro è perdonare ai nostri nemici. Dio non si lascia vincere dal nostro amore. Lo disse il Maestro : « Con la stessa misura con cui voi misurerete, sarete anche voi misurati». (S. Matteo, 7, 2). «Date e vi sarà dato: una misura abbondante, pigiata e scossa sarà data nel vostro grembiule » (S. Luca, 6, 38).
L'inno di S. Paolo alla carità.
Quando S. Paolo fondò la comunità cristiana di Corinto, probabilmente compose il più bell'inno alla carità che faceva recitare ai fedeli, dopo l'agape fraterna, che precedeva la celebrazione eucaristica. Bisogna notare che S. Paolo possedeva tutti quei doni detti carismatici che fiorivano nella prima comunità cristiana come opera dello Spirito Santo: lodare Dio in lingue nuove, fare profezie, conoscere i misteri, avere fede taumaturga, ecc. Il grande apostolo dice che tutti quei carismi sono un nulla se non sono accompagnati da quell'amore soprannaturale che si chiama carità.
E' probabile che l'inno fosse recitato con due cori alternati.
1) Se mai le lingue parlo degli uomini, Se mai le lingue parlo degli angeli,
Ma carità non ho,
Sono bronzo sonante, Sono timpano squillante
2) E se mai ho profezia, E conosco tutti i misteri E conosco tutta
la scienza, E ho tutta la fede Da trasportar montagne, Ma carità
non ho, Niente sono.
E se mai tutto il mio dispenso in cibo E do il mio corpo alle fiamme, Ma
carità non ho, Niente mi giova.
3) La carità è paziente,
La carità è benigna;
La carità non invidia,
La carità non si vanta;
La carità non si sgonfia,
La carità non offende;
La carità non cerca il suo,
La carità non s'adira;
La carità non pensa male,
La carità non gode del male;
La carità gode del bene,
La carità copre tutto;
La carità crede tutto,
La carità spera tutto;
La carità sopporta tutto,
La carità non finisce mai...
(Amen).
FULTON J. SHEEN
Il codice della disciplina.
Puoi immaginare una montagna di oro, ma non la potrai mai possedere. L'immaginazione, infatti, promette ciò che in questa vita non puoi mai dare.
Con l'acconsentire a ogni volgare impulso e al piacere di ogni senso, uno diventa l'uomo del sì (Yes-man), avviato all'autodistruzione. Il nostro carattere è fatto dalle nostre scelte.
La mortificazione è un mezzo per amare Dio e il prossimo, e non è già un fine in sè stesso. I doni di Dio sono a nostro servizio. Quando diventano servi ribelli o nostri padroni, dobbiamo domarli.
Si tratta soltanto di un « cambio ». Quando tu rinunzi a un eccesso del bere, acquisti la pace dell'anima e l'unione con Dio. In tal modo cambi l'una cosa con l'altra.
Parole del Maestro: «Che cosa darà l'uomo in cambio dell'anima sua?» (S. Matteo, 16,26).
Ecco perché noi socchiudiamo gli occhi quando vogliamo concentrare la vista. Ecco perché nelle alte regioni della religione, le anime consacrate abbandonano il mondo, per dare se stesse a quel primo amore che è l'ultimo amore: Dio.
La disciplina, infatti, fa sì che i sensi servano alla ragione, la ragione alla fede, il corpo all'anima e l'uomo a Dio. Ecco la piramide.
Come non si acquista un abito cattivo in un giorno, così non lo si toglie in un giorno. L'abuso di anni richiede anni per rettificarlo. Parole del Maestro : « Se uno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, e prenda ogni giorno la sua croce e mi segua». (S. Luca 9, 23).
Come la sanità dipende da ciò che mangi, così la santità dipende da ciò che pensi. Come eviti i veleni per amore del corpo, così evita i cattivi pensieri, le conversazioni, i libri, le riviste, i cinematografi e le compagnie, per amore dell'anima.
Alcuni esempi: non prendere sigarette extra o non prendere una seconda zolla di zucchero, ecc. In questo modo tu possiedi te stesso, invece d'essere posseduto dalle cose. Quando queste piccole mortificazioni sono fatte in nome del Signore, diventano sorgente di molti meriti,
Ecco alcuni sintomi del tuo trovarti vicino a Dio: sopportare pazientemente, senza lamentarsi gl'incidenti e le croci della vita quotidiana; conservarsi calmo e sereno, anche in circostanze dolorose; intraprendere tutti quei doveri e prendere quelle legittime soddisfazioni che si presentano, in nome di Dio e per la gloria di Dio; essere più pronti a servire coloro che non sono utili, piuttosto che coloro che ci giovano. Conserva la pace dell'anima; sconta i peccati; vivi in sempre maggiore intimità con Dio; renditi conforme al Cristo sofferente; fa' riparazione per i peccati altrui.
FULTON J. SHEEN
VI PRESENTO L'AMORE
Quando l'autoespressione si distrugge.
Noi diventiamo figli di Dio ed eredi del cielo con l'essere « re-nati » nel sacramento del Battesimo. Questa inconscia unione, però, affinché cresca e diventi da unione di grazia a unione di volontà, richiede, fra l'altro, una certa dose di autodisciplina. Affinché lo spirito non diventi schiavo della carne, la carne deve essere sottomessa, senza però annientarla o distruggerne la natura.
L'autodisciplina può essere definita: una lotta contro le inclinazioni animali, allo scopo di assoggettarle alla propria volontà e quindi alla volontà di Dio.
Il mondo moderno si oppone all'autodisciplina, affermando che la personalità dev'essere « autoespressiva ». L'autoespressione è buona fino a che non degenera nell'autodistruzione. Una caldaia che voglia essere autoespressiva, scoppiando o un'auto che voglia essere autoespressiva col saltare gli ostacoli, opererebbero contro la propria natura, e quindi contro il pensiero degli ingegneri che l'hanno progettata e costruita. Analogamente se un uomo opera contro quello che c'è di meglio e di più alto nella propria natura, col ribellarsi contro la ragione eterna di Dio suo creatore, non è autoespressivo, ma è autodistruttore.
Noi abbiamo un corpo e un'anima, che hanno differenti soddisfazioni. Il piacere del corpo combatte contro i piaceri dell'anima. Ognuno ha il suo proprio campo d'azione. Voler soddisfarli tutti e due procura tensione, nevrastenia, infelicità. Parole del Maestro : « Nessuno può servire a due padroni». (S. Matteo, 6, 24).
« Chi vuol salvare la propria vita, la perderà ; e chi perderà la propria vita per me, la troverà ». (S. Matteo, 18, 25).
La condizione quindi per essere vero cristiano è una sola: esser autodisciplinato. Parole del Maestro « Se uno vuol venir dietro di me, rinneghi (disciplini, controlli), se stesso, prenda la sua croce ogni giorno (non sfuggendo al dolore) e mi segua». (S. Luca, 9, 23).
« Se il tuo occhio destro ti è occasione di peccato, strappalo e buttalo via, perché è meglio per te che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il corpo sia gettato nell'inferno ». (S. Matteo, 5, 29).
Parole forti di S. Paolo:
« Se voi vivete accontentando la carne, morrete; ma se con lo spirito mortificherete le opere della carne, vivrete ». (Ai Romani, 8, 13).
« Coloro che appartengono a Cristo, hanno messo in croce la propria carne con tutti i suoi vizi e i suoi malvagi desideri». (Ai Galati, 5, 24).
Che cosa è l'amore.
Il vero amore è l'ispiratore d'ogni sacrificio. L'amore non è desiderare di possedere, il che è egoismo, ma l'amore è desiderio di essere posseduto; è il desiderio di dare se stesso a un altro.
Il simbolo dell'amore, come l'intende il mondo, al contrario, è il cerchio, continuamente occupato nel pensare soltanto a me stesso. Il simbolo dell'amore, invece, come l'intende Cristo Signore è la croce con le braccia aperte per stringere tutte le anime in un solo abbraccio.
L'amore peccaminoso, come l'intende il mondo, trova il suo tipo in Giuda: quando disse ai nemici del Maestro: «Che cosa mi volete dare e io ve lo darò in mano?» (S. Matteo, 26, 15). L'amore, invece, nel vero senso trova il suo tipo in Cristo Signore quando nell'orto, preoccupato dei suoi discepoli, disse ai compagni del traditore che l'aveva indicato con un bacio : « Se cercate me, lasciate andare costoro ». (S. Giovanni, 18, 8).
L'amore è dare se stesso fin che saremo nel corpo per operare la nostra salvezza, l'amore sarà sempre sinonimo di sacrificio, secondo il senso cristiano della parola. L'amore vero si sacrifica naturalmente, come naturalmente l'occhio vede e l'orecchio ode. Ecco perché noi alle volte, parlando dell'amore, diciamo che esso scaglia « frecce e armi ». Lo sposo che ama non vuol dare alla sposa un anello di stagno o di rame; ma quanto possiede di meglio, di oro o d'argento, appunto perché questi metalli essendo più costosi, rappresentano più sacrificio.
La madre che passa le notti al letto del figlio ammalato non chiama quello un peso ma lo chiama amore.
L'amore è la ragione d'ogni immolazione.
In conclusione: colui che ama la propria vita perfetta in Cristo, vuole morire a se stesso. Questo morire a se stesso, questo domare le proprie membra come se fossero altrettante bestie selvagge, questo essere suggellato con la croce, si chiama mortificazione.
FULTON J. SHEEN
MEZZI PER CONSERVARE GLI AMICI
Non possiamo essere un vero amico di chi non conosciamo. Pochi di noi conoscono realmente se stessi e pochi sentono il bisogno di conoscersi. Noi immaginiamo d'essere molto differenti da quello che siamo in realtà, perché portiamo una maschera in pubblico e soltanto qualche volta ce la togliamo, quando siamo da soli. Da qui viene che noi crediamo che i nostri critici ci giudichino sempre ingiustamente, e che gli amici hanno ragione quando ci lodano. Molte nostre conoscenze potrebbero dirci i difetti che noi a voce alta siamo disposti a negare; mentre sono molto veri.
Conosci te stesso.
I greci, molto sapientemente avevano scritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: conosci te stesso. Il vecchio Plutarco osserva a questo riguardo: «Se il conosci te stesso dell'oracolo non fosse facile per ogni uomo, i greci non l'avrebbero considerato come un comandamento divino ».
Anche il Redentore divino, narrando la storia del fìgliol prodigo caratterizzò il momento della sua conversione con queste parole: «Ritornato in se stesso, egli disse: ritornerò al padre». (San Luca, 15, 25). Ritornare in se stesso equivale a conoscere se stesso, non in modo intellettuale, ma in modo morale. Non si tratta quindi di un fatto psicologico, ma di un fatto teologico: non si tratta di conoscere ciò che noi pensiamo, ma di conoscere i motivi e le segrete sorgenti delle nostre azioni. L'esame di se stesso dev'essere fatto alla presenza di Dio, perché dobbiamo paragonare noi stessi non col nostro prossimo, e neppure coi nostri ideali soggettivi, ma con il Perfetto. Quante volte ci sentiamo interamente rivelati a noi stessi, venendo in contatto con una vita nobile! Nell'esame di noi stessi, è Dio e non l'uomo che ci fa entrare nell'interno. Il vecchio Simeone quando ebbe fra le braccia il bambino Gesù, disse : « Questo bambino è una pietra di paragone che toglierà il velo a molti cuori e a molti pensieri». (S. Luca, 2, 34-35).
Alla presenza tremenda di Dio, non c'è posto per l'orgoglio nascosto nè per le vuote illusioni.
I danni della psicanalisi.
I nevrastenici, i traviati, i delusi, in questi tempi, corrono in massa verso i psicanalisti per farsi analizzare le proprie menti, mentre avrebbero bisogno di andare a Dio per farsi perdonare i peccati.
Non ci può essere sanità dell'anima o del corpo, senza l'interna lotta morale. La moderna mentalità crede di sbarazzarsi dell'inferno e invece lo scopre dentro di sè. Un psicanalista pretende di sublimare i conflitti interni, dando loro l'apparenza di arte, altruismo, ecc.; mentre Dio solo può dar la pace. Il dottor Jung, famoso psicanalista, francamente dichiara: «circa un terzo dei casi da me esaminati non soffrono per neurosi definita in termini clinici; ma soffrono per l'insensibilità e la vuotaggine delle loro vite. Così può essere definita la neurosi dei nostri tempi. Un numero considerevole di pazienti vengono a vedermi, non perché soffrono di forme neurose; ma perché non trovano uno scopo nella vita ».
Le vite moderne sono disordinate e infelici, perché sono multiple. Esse sono simili a specchi spezzati che riflettono centinaia di oggetti diversi e quindi non sanno volere un preciso scopo che dia unità alla vita. Il divino Maestro, quando gli fu presentato il giovane posseduto dal demonio, domandò il nome al demonio stesso e questi rispose: «il mio nome è legione, perché siamo molti». (S. Marco, 5, 9). Quel povero ragazzo aveva perduto l'unità interiore.
Una delle ragioni della moderna tensione interna è la seguente: non avere mai stabilito in modo assoluto se deve dominare il nostro corpo o la nostra anima. Se ci concentriamo nei piaceri del corpo, rinunziamo alle gioie dell'anima. Se ci concentriamo nell'anima, rendiamo servo il nostro corpo e quindi partecipiamo alle gioie dell'anima.
Fino a che siamo senza uno scopo nella vita, diventiamo simili a una radio che prenda due stazioni differenti; quell'interferire di onde non produce armonia piacevole; ma eccita l'ira e il disgusto.
Il « goal » del vivere.
Come il giocatore mira alla porta, anche il vivere umano deve avere il suo goal. — La vita deve raggiungere un vivere senza morire, una verità senza errore, un amore senz'odio o sazietà. Deve raggiungere, cioè, Dio.
Un uomo è felice quando raggiunge lo scopo per cui fu fatto. Le cose create, danaro, cibo, macchine, carne, affari, ecc., sono altrettanti mezzi per raggiungere Dio. Il fare di queste cose altrettanti scopi della vita genera inevitabilmente l'egoismo, da cui nasce il peccato con il disordine. Tutto ciò è così facile per la nostra natura caduca che noi dobbiamo costantemente stare in guardia. A tale scopo, ecco un mezzo infallibile: esaminare se stessi ogni sera prima di coricarsi; pregare per esprimere il dolore dei nostri peccati; domandare a Dio perdono; risolvere di emendare le azioni e fare penitenza per i peccati commessi.
I sette becchini dell'anima.
Ecco l'esame di coscienza, sopra i sette peccati capitali che si potrebbero chiamare i sette becchini dell'anima.
Superbia.
La superbia è un amore disordinato della propria eccellenza. Essa, quindi, detronizza Dio dall'anima e intronizza l'« io ». « Nessun Dio, nessun padrone. Io sono Dio. Io sono il mio proprio padrone ».
Gli uomini sono come spugne. Come una spugna può contenere quanta acqua secondo la capacità. così ogni uomo può avere l'onore che si merita. Tanto l'uomo come la spugna raggiungono presto il punto di saturazione. Quando una spugna passa quel punto, comincia a gocciolare. Quando un uomo passa quel punto, non è lui che porta l'onore, è l'onore che porta lui.
La gente superba esagera le sue personali qualità, parla di se stessa, delle sue imprese, è gelosa di chiunque ottenga onore e quindi lo rubi a lui. Simili persone cadono in un sacco di errori. L'invidioso non s'accorge che il suo criticare gli altri equivale a criticare se stesso. Chi accusa gli altri d'infedeltà, di gelosia, di superbia, generalmente commette tutti questi peccati. Egli proietta sopra gli altri i propri difetti e nel giudicare gli altri, resta giudicato lui stesso.
Leggete queste domande lentamente e rispondete sinceramente.
— Ho attribuito alla mia opinione un valore superiore alla sapienza di Dio o alla sua legge morale, o alla tradizione cristiana, o all'insegnamento della sua Chiesa?
— Ho avuto la presunzione di sentenziare su argomenti religiosi, malamente o poco conosciuti?
— Ho trascinato altri in peccato col beffarmi della legge di Dio, chiamandola antiquata, impossibile, troppo vecchia?
— Come può Dio riempirmi con la sua grazia, se io sono già riempito di me stesso?
— Sono convinto che ogni pregio che ho ricevuto viene da Dio e che quindi devo ringraziare Lui? Udite S. Paolo: «Che cosa hai tu che non abbia ricevuta e se tu l'hai ricevuta, perché ti vai gloriando, come se non l'avessi ricevuta? » (Prima ai Corinti, 4, 7).
— Cerco sempre di essere osservato? Cerco la pubblicità, come se il principio e la conclusione della mia vita debbano essere conosciuti alla gente? Odi le parole del Maestro : « Quando sei invitato a mensa, va' a sederti nell'ultimo posto, in modo che chi ti ha invitato ti dica: — amico, vieni più in su. — Allora tu sarai glorificato davanti ai presenti che siedono a tavola con te ». (S. Luca, 14, 10).
— Ho sempre praticato l'umiltà e riconosciuta la verità riguardo a me stesso? Odi di nuovo il Maestro: «Prendete sopra di voi il mio giogo e venite a scuola da me, perché io sono mite e umile di cuore. Voi così troverete pace per le vostre anime ». (S. Matteo, 11, 29).
Avarizia.
L'avarizia è l'amore disordinato dei beni terrestri. L'amore eccessivo della ricchezza dà all'uomo un « cuore d'oro », cioè un cuore freddo e giallo.
— Ho procurato la ricchezza, senza tener conto dei diritti altrui?
— Faccio spese superflue, soltanto per me e per i miei propri piaceri: per bere, per divertirmi, ecc., invece che per gli altri, cioè per i poveri, per gli ammalati, per il culto, ecc.?
— Mi preoccupo di aumentare i miei affari invece di pagare il salario dovuto per la vita dei miei dipendenti?
— Ho passato molto tempo rifiutando di far l'elemosina ai poveri, ai bisognosi, ai derelitti?
— Sono convinto che nel giorno della mia morte l'unico possesso che io avrò sarà quello che avrò dato, appunto perché il merito di quello che ho dato sarà ancora con me?
— Specialmente, ho meditato e medito su due insegnamenti del Maestro? « Non raccogliete tesori sulla terra, dove la tignuola e la ruggine consumano e dove i ladri bucano le pareti e rubano. Ma, invece, raccogliete tesori in cielo, dove la ruggine e la tignuola non consumano e dove i ladri non bucano le pareti e non rubano » (S. Matteo, 6, 19-20). «Cercate pertanto in primo luogo il regno di Dio e ciò che conduce al regno, e tutte queste cose vi saranno date in più ». (S. Matteo, 6, 33).
Invidia.
L'invidia è sentirsi scontenti del bene altrui; è un desiderare l'abbassamento del bene altrui, come se fosse un affronto alla nostra superiorità.
— Ho io manifestato invidia con l'abbassare gli altri, mediante piccoli accenni, mezze verità, ricerca di difetti, attribuzioni di falsi motivi?
— Mi sono rallegrato per sfortune altrui?
— Mi sono sforzato di curare la gelosia con il pregare per coloro dei quali sono geloso?
— perché non ho considerato le belle qualità del prossimo come occasione d'imitazione anziché d'invidia, aumentando in tal modo il benessere dell'umanità e la gloria di Dio? Udite S. Paolo : « Se voi vi morderete e vi divorate l'un l'altro, state in guardia di non consumarvi l'un l'altro ». (Ai Galati, 5, 15).
— La mia simpatia per i poveri è ispirata dall'amore per essi o non piuttosto dall'odio per i ricchi?
Ira
L'ira è ingiusta quando consiste in un desiderio violento e disordinato di punire. Spesse volte è accompagnato dall'odio che cerca non solo di respingere l'aggressione; ma di prendere vendetta.
— Sono io impaziente con gli altri? Mi abbandono a scatti di nervoso, a frasi taglienti e sarcastiche, quando la mia volontà è contrastata?
— Trovo scuse per essere stato provocato da altri; mentre non ammetto le stesse scuse per essere altri provocati da me?
— Pratico la pazienza che consiste nel pensare prima di parlare e nel parlare a se stessi, per giudicare l'effetto che le parole fanno sugli altri?
— Mi son mai domandato in qual modo Dio perdonerà i miei peccati, se io non perdono quelli degli altri?
— Sono convinto che l'essere io trasportato all'ira è un segno di egoismo e che il mio carattere è conosciuto dalle cose che io odio? Se io amo Dio, odierò il peccato. Se amo il peccato, odierò la religione. Ecco il profondo senso di queste parole del Maestro: «Non giudicate alfine di essere anche voi giudicati». (S. Matteo, 7, 1).
Gola.
La gola è l'abuso di quel piacere lecito che Dio ha unito al mangiare e al bere, ambedue condizioni necessarie per conservare la vita. Il nutrirsi diventa peccaminoso quando ci rende incapaci di compiere i nostri doveri, quando danneggia la salute, quando compromette gli interessi degli altri.
— Ho io indotto altri a l'ubriachezza?
— Come cattolico, ho violato le leggi della Chiesa che riguardano il digiuno e l'astinenza?
— Ho fatto attenzione che il principale danno del cosidetto « Cocktail » o la frequenza dei bar non consiste in un completo avvelenarsi, ma nel rendere materiale la vita e nel perdere la nozione dei valori spirituali?
— Mi sono convinto che i doni di Dio del mangiare e del bere e delle altre necessità sono altrettanti mezzi e non fini; che cioè essi mi furono dati per rinnovare la mia forza onde mettermi al servizio di Dio? Sapienti le parole di S. Paolo: « Sia che voi mangiate, sia che voi beviate, sia che facciate qualunque altra cosa, fate ogni cosa per la gloria di Dio ». (I ai Corinti, 10,31).
Accidia.
L'accidia è una malattia della volontà che fa trascurare i doveri. Prende un aspetto fisico quando si manifesta con la pigrizia, col tramandare, con l'ozio, con l'indifferenza. Prende un aspetto spirituale, quando si manifesta con il disgusto per le cose dello spirito, con la fretta nelle divozioni, con la tiepidezza religiosa e con la negligenza nel coltivare nuove virtù.
— Sono inclinato ad accettare opinioni già fatte dai propagandisti, invece di esaminarle da me stesso nella prospettiva della storia e della morale?
— Trovo scuse nel mio prendere il cristianesimo come troppo difficile e non accettabile, secondo lo spirito del secolo ventesimo?
— Mi occupo seriamente per aumentare il mio patrimonio spirituale?
— Ho trascurato i miei doveri verso Dio?
— Sono assiduo alla preghiera?
Parole di S. Paolo al discepolo Timoteo, parlando di certe cristiane: «Sono oziose, vanno girando per le case; sono cianciatrici, curiose, chiacchierone in modo sconveniente ». 1, 5-13).
Impurità.
L'impurità è un amore disordinato dei piaceri sessuali. Come Dio ha unito il piacere al mangiare e al bere, per la conservazione della vita individuale, così ha unito un più grande piacere alla sessualità, per la conservazione della vita sociale e del Regno di Dio sulla terra.
Il piacere sessuale diventa peccaminoso, quando è usato come un fine esclusivo anziché come un mezzo. Per questa ragione, l'impurità è l'indisciplina dell'amore; è l'amore pervertito. Esso ha di mira non il bene degli altri; ma il piacere di se stesso. In certo modo l'amore pervertito spezza il bicchiere per rubare il vino e spezza la lira per rubare la musica.
— Ho acconsentito a pensieri impuri?
— Se è male commettere certe azioni, mi sono trattenuto in esse col pensiero? Tremende parole del Maestro : « Chiunque guarderà una donna con sentimento impuro, nel suo cuore ha già commesso adulterio con essa». (S. Matteo, 5, 28).
— Ho incoraggiato altri a peccare, mediante pensieri, parole, azioni?
— Ho violato la purezza col pensiero, colle parole o con le opere?
— Mi sono sforzato di coltivare un amore più alto, per sublimare l'amore più basso?
L'onestà sessuale è un peso soltanto per coloro che hanno perduto il senso dei diritti altrui. Tremende parole del Maestro : « Chi fa il peccato è schiavo del peccato ». (S. Giovanni, 8, 34).
Luminose parole del Maestro: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ». (S. Matteo, 5 8).
Luminose parole di S. Paolo: «Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo spirito di Dio abita in voi ». (I Ai Corinti, 3, 16).
« Per i puri tutte le cose sono pure ; ma per gli impuri e per gli infedeli niente è puro, perché la loro mente e la loro coscienza è corrotta ». (A. Tito, 1, 15).
«Vi scongiuro, o fratelli, per la misericordia di Dio affinché offriate i vostri corpi come un vivente sacrificio, santo, gradito a Dio, spirituale adorazione ». (Ai Romani, 12, 1).
Luminoso pensiero di San Pietro!
« Carissimi, vi scongiuro di comportarvi come stranieri e pellegrini col trattenere voi stessi dai desideri carnali che fanno guerra contro l'anima ». (Prima S. Pietro, 2, 11).
FULTON J. SHEEN