Urge che quest’Angelo ritorni nel suo amore di un tempo. È necessario che compia le opere di prima.
Le Parole di Cristo Gesù sono perentorie. Esaminate frase per frase, ci rivelano tre grandissime verità.
Ricorda dunque da dove sei caduto: chi vuole riprendere il cammino interrotto, sospeso, lasciato, è giusto che ricordi la bellezza degli inizi, quando
in lui vi erano zelo, entusiasmo, buona volontà, certezza, rette intenzioni, desideri puri e santi, decisione risoluta e ferma.
Soprattutto è giusto che pensi all’amore con il quale ha iniziato a seguire Cristo Gesù.
Perché all’ora c’era tutta questa ricchezza spirituale nel cuore, mentre oggi è tutta un’opera esterna, fuori di noi, ma senza di noi?
Cosa ha provocato questo? Quali le cause? Quali i motivi interni ed esterni? Quali le circostanze?
Perché si è iniziato bene, ma poi non si è perseverato sino alla fine? Soprattutto perché non si è cresciuti nell’amore? Anzi si è andati diminuendo?
Ricordare la ricchezza di un tempo deve significare per noi non solo volontà di riprendere il cammino, quanto anche certezza di poterlo portare a compimento.
Ciò che prima era possibile, anche ora lo è. Ad una condizione però: che si tolgano tutte le cause che hanno prodotto il rallentamento, o la totale perdita dell’amore di un
tempo.
Ravvediti e compi le opere di prima: il ricordo ci dice che è possibile riprendere il cammino. Ma esso da solo non basta. Occorre che il discepolo di Gesù
metta di nuovo tutta la sua buona volontà.
Ravvedersi proprio questo significa: confrontarsi con il passato, con la Parola, con il Vangelo, vedere il proprio presente di non bene, o di bene non perfetto e rimettersi sulla giusta via.
Il passato lo vediamo noi, il presente di non bene ce lo indica la Parola della profezia.
Molti di noi non si possono ravvedere proprio perché manca la luce sul proprio presente di non bene, o di bene non perfetto. Non conoscendo il presente secondo verità, neanche lo possono
confrontare con il passato di bene perfetto.
La causa di molta mancata santità nella Chiesa è proprio l’incapacità di leggere secondo verità il proprio presente di non perfetta santità, o bontà di
quanto si sta operando.
L’incapacità è data dal peccato personale. Quando il peccato veniale prende posto nel cuore e vi sosta in modo abituale a poco a poco rende gli occhi del nostro spirito pieni di polvere
e questi non possono più scorgere che la nostra vita sta rovinosamente scivolando verso l’imperfezione.
Quando poi nel cuore si annida il peccato mortale, gli occhi dello spirito vengono totalmente infangati, oscurati, accecati.
È in questo accecamento che bene e male si confondono. Non si discerne più il bene. Non si distingue più il male. Bene e male divengono una cosa sola.
Per grazia di Dio sulla Chiesa vigila il Signore e per immenso amore Lui interviene, svela le tenebre del nostro peccato, sia veniale che mortale, legge le nostre opere e ci attesta che esse non sono
secondo la sua eterna verità, vede il nostro amore e ci comunica che esso non è perfetto, non è santo, non è quello di un tempo.
Questa rivelazione viene accompagnata da un invito perentorio al ravvedimento, a riprendere l’amore, la verità, la gioia, la pace, le altre virtù dalle quali siamo caduti.
Viene chiamata all’opera la nostra volontà, perché si decida a seguire il comando di Cristo Gesù.
Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto: Nella vita del discepolo di Gesù ci sono cose private e cose
pubbliche; cose per se stesso e cose per gli altri.
Ognuno della sua vita può fare ciò che vuole, assumendosi però ogni responsabilità dinanzi al Signore.
Ognuno però non può fare ciò che vuole quando la sua vita riguarda i suoi fratelli.
Chi è investito della responsabilità di apostolo del Signore in mezzo al suo gregge, deve al gregge del Signore tutto il suo amore.
Lui è chiamato ad amare alla stessa maniera di Cristo Gesù: sino alla fine, sino alla morte di croce, con un amore sempre nuovo, sempre vivo, senza stanchezza, senza riserve, senza pause.
Questo amore deve ogni giorno crescere sempre di più in lui, fino ad avvolgere tutti gli attimi della sua vita, ogni spazio della sua esistenza.
Questo amore deve essere la sua stessa vita. Lui deve vivere solo per amare il gregge del Signore. Altri amori non possono sussistere in lui. Altri amori sono sempre contro quest’unico amore.
L’apostolo del Signore può anche avere una sua vita privata, particolare. Ma questa le serve solo per rifondarsi nell’amore, per rinnovarsi in esso, per verificarsi, per ritrovare nuovi
slanci, nuovi impulsi, nuovo zelo, nuova vita.
Tutto ciò che è privato in lui – ed è giusto che vi siamo di questi momenti privati, lontano dagli occhi del mondo – deve servire per far crescere il suo amore per il
gregge del Signore Gesù.
Poiché lui vive solo per amare il gregge, se non ama il gregge, il suo ministero non ha ragion d’esistere.
Se non ha ragion d’esistere è giusto che il Signore gli tolga l’incarico e glielo dia ad un altro.
Ma sempre il Signore interviene per allontanare dal suo ministero coloro che non amano il gregge allo stesso modo in cui lo ha amato Lui, Pastore supremo delle pecore.
Le vie, le modalità, le forme storiche dei suoi interventi le conosce solo il Signore. Chiunque è pastore deve però sapere che lui mai si potrà considerare arbitro assoluto
della sua vita e del suo ministero. Sopra di lui vigila il Signore e il Signore sa come intervenire per far sì che le pecore abbiano un pastore che li ami con sapienza, intelligenza, saggezza di Spirito Santo, grande
carità, con la stessa carità crocifissa di Cristo Gesù. Lui sa come agire efficacemente nella storia. Questa verità deve conoscere ogni pastore.