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venerdì 10 settembre 2021

RABBUNI’ GESU’ IL MAESTRO INTERIORE

 


LA NOSTRA VITA SPIRITUALE E IL NOSTRO MAESTRO INTERIORE

Se per la nostra vita razionale noi siamo simili alle nature angeliche, per la nostra vita spirituale - per la quale noi viviamo dei doni divini della Grazia e delle virtù soprannaturali - noi siamo addirittura simili a Dio, poiché, come dice San Pietro, noi siamo "partecipi della natura divina" (2Pt 1, 4).

In realtà, questa vita spirituale soprannaturale, noi l'abbiamo già vissuta lungo tutto il cammino fatto sinora; tuttavia, mentre per il passato essa veniva considerata solo indirettamente, cioè in rapporto ai danni causati dal peccato originale nei diversi settori della nostra vita naturale, qui, invece, viene considerata direttamente in se stessa, in ordine al danno causato in essa dal peccato originale: danno che potremmo considerare alquanto simile a quello che causò a satana il suo peccato, poiché in quel suo stesso peccato di "diventare come Dio" egli aveva tentato di trascinarci.

Anche la grazia del Battesimo ci ha liberato da quel peccato, tuttavia le sue conseguenze restano in noi, e non sono se non quei sette vizi capitali che noi abbiamo già considerato, ma che qui ritroviamo in edizione nuova, in quanto, dopo che ci hanno condizionato nella nostra vita sensitiva, ora condizionano la vita stessa del nostro spirito, così che ora si chiamano: superbia spirituale, avarizia spirituale, etc.

Entrando, dunque, in questo argomento della nostra vita spirituale soprannaturale, rileviamo anzitutto che essa ha una sua vita interiore, là dove essa vive della Grazia e delle virtù teologali; ma dispone pure di una vita esteriore, cioè della vita di orazione, là dove essa manifesta anche al di fuori lo stesso mistero che vive interiormente.

Perciò, dal comportamento di questa vita di orazione noi potremo cogliere anche i preziosi insegnamenti del nostro Maestro interiore: insegnamenti che saranno sempre fedeli alla nota tattica: guarire le ferite dell'anima, utilizzando le stesse ferite inferte dal nemico.

L'anima che ha seguito fin qui il cammino che abbiamo fatto attraverso le diverse sezioni della nostra vita, e che quindi ha accolto i tanti insegnamenti del Maestro interiore, insieme avrà pure fatto qualche progresso nella fede, così che noi ora possiamo coglierla in uno stato di vita soprannaturale e di orazione alquanto avanzato.

Cominciando dunque a seguirla in questo suo cammino, non faremo certo un trattato circa l'orazione, non essendo questo lo scopo di queste pagine, ma andremo mettendo in risalto solo quei momenti importanti della sua orazione che saranno segnati dagli insegnamenti del Maestro interiore, insegnamenti che potremo riconoscere, come sempre, per mezzo delle manifestazioni naturali spontanee della stessa anima.

Possiamo dir subito che, essendo quel cammino il medesimo, ma in senso opposto, di quello che l'anima. ha fatto sotto l'istigazione di satana, nella pretesa di diventare `come Dio'; ecco che quei momenti e i corrispondenti insegnamenti del Maestro interiore, non saranno che dei passaggi, in quel cammino di ritorno, dalla schiavitù del peccato verso la libertà dell'incontro con Dio.

In quel suo cammino di ritorno a Dio, quest'anima potrà aver già fatto alcuni buoni passaggi preparatori a quelli più importanti che verranno poi; fra tutti memorabile quello della scoperta dell'orazione, quello, cioè, in cui l'orazione è divenuta un fatto personale: fatto, questo, che può avvenire abbastanza presto, perché l'incontro con la propria personalità può avvenire con la stessa adolescenza. Tuttavia, può darsi che si tratti di un semplice inizio, di un primo risveglio della fede in un'anima che tuttora vive sotto l'influsso delle sue passioni; bisognerà, dunque, che perseveri nell'accendere e riaccendere quell'inizio, quel risveglio, così da liberarsi a poco a poco delle sue debolezze, fino ad avvertire dentro di sé la Divina Presenza, e stabilirsi quindi in una vita di orazione piuttosto continua e sicura.

Allora potrà maturare il momento per uno dei passaggi più importanti. Infatti, dopo che essa avrà lasciato dietro di sé tutto il peso dei suoi vizi capitali sul piano sensibile con i relativi peccati, avverrà che gli stessi vizi le peseranno sul piano dello spirito; cioè: la sua orazione sarà sì sicura e continua, ma si troverà come ripiegata su se stessa, sui propri gusti spirituali, e solo per questi verrà ricercata e bramata.

Si realizzerà, dunque, un'orazione, ma fatta di gola spirituale, di superbia spirituale, magari anche di lussuria spirituale, etc ...; un'orazione che non contrasterà l'egoismo ma, anche se inavvertitamente, lo andrà nutrendo.

Il Maestro interiore vede che è l'ora di intervenire, e interviene: dispone quindi che quell'orazione, che è di tanto gradimento per quell'anima, a poco a poco, o magari improvvisamente, le si trasformi in una realtà del tutto insipida e disgustosa.

Un cambiamento di clima così improvviso e imprevisto non potrà non provocare nell'anima un profondo disorientamento, specialmente se si tratta di un'anima che è del tutto ignara della presenza in lei del dolce Maestro interiore: la poverina non farà che ritornare alla preghiera nella speranza di ritrovarla come una volta, ma tutto sarà inutile.

Allora si volterà a destra e a sinistra, in cerca di chi la possa orientare, e speriamo che lo possa trovare.

Se invece si tratta di un'anima che sa della presenza dentro di sé del Maestro interiore, e sa che è proprio Lui che dispone di tutto ciò che le succede, e che lo dispone proprio per il suo bene, allora quel disorientamento, ben presto, comincerà ad illuminarsi: infatti, se è l'amore che dispone, l'adattarsi all'amore non può essere che invitante e dolce; in quel dolce adattarsi si potrà poi scoprire anche l'inganno di quella orazione che, alla stregua degli amori vani, era intenta ad amare se stessa piuttosto che l'Amore al quale parlava.

Il tutto, alla fine, potrà favorire un proposito non solo di eliminare dall'orazione ogni sorta e ogni ricerca di gusti, ma di preferire addirittura il contrario.

L'anima, dunque, esce assai bene da questa prova, pronta per un cammino di orazione libero ormai dall'inganno dei gusti sensibili, e quindi consegnato solamente alla luce calda e semplice della Parola di Dio.

Tuttavia, ecco che, dopo un certo periodo, potrà avvenire che quella Parola, accostata da lei con una mente capace sì di intenderla, ma divenuta poi, col tempo, desiderosa di indagarla, di svilupparla, di interpretarla, etc., all'atto concreto di venir consegnata alla vita, quella Parola, svigorita così fra le tante altre in cui era stata diluita, mancherà della sua forza di coinvolgimento e di influenza, come il grano che non ha potuto entrare sottoterra...

Siamo dunque davanti ad un altro momento o passaggio importante che esige l'intervento del Maestro interiore. Questo intervento si chiamerà: aridità! Un'aridità tale che sappia estirpare le occulte radici delle diverse forme di superbia spirituale e riduca quindi lo spirito alla condizione di non poter far che... niente!

Una parola, questa, che, come possiamo immaginare, ridurrà lo spirito in uno stato se non di morte, di qualcosa di simile. San Giovanni della Croce si premurerà di confortare queste anime dicendo loro che `faranno molto se persevereranno nell’orazione senza far niente': Infatti, questo far niente potrà condurle ad una scoperta, cioè che Dio e solo Dio è Tutto! Perciò perdersi nel dolce Maestro interiore sarà un trovare tutto, trovarsi nel Tutto.

Penso che solo una fede sicura in questa verità di un Dio presente in noi, potrà guidare l'anima a simili scoperte! Difatti, una volta superata anche questa prova, l'orazione di quest'anima potrà volare al di sopra di ogni compromesso con il senso e con le stesse facoltà naturali, nel cielo tranquillo delle virtù teologali.

Ma questo cielo non è ancora quello empireo.

La nostra fede, speranza e carità sono sì realtà divine, ma dentro vasi fragili: quel cielo empireo verso cui esse ci portano, noi spesso ce lo raffiguriamo anche attraverso una fede che è ancora troppo umana, attraverso una speranza che è ancora troppo confusa tra le nostre speranze. Scatterà dunque anche qui un altro momento importante in questo viaggio della vita di orazione, e sarà sempre il Maestro interiore ad inaugurarlo quando succederà che l'anima, più o meno improvvisamente, si scoprirà senza fede, cioè senza più alcun segno di quel gran conforto che le veniva prima dai diversi articoli del credo, e ancor più dalla speranza nella vita eterna: quel conforto, ora, se cercato e ricercato dall'anima, può addirittura tramutarsi in ulteriore sconforto.

La situazione, qui, più che mai potrà apparire tragica e senza sbocco; invece, per un'anima che sa, tramite sempre quella presenza interiore, che la fede è un dono del Suo Amore, dono totalmente gratuito che si esercita non per via del sentimento, ma compiendo semplicemente le opere della fede, cioè la volontà di Dio, ecco che quella situazione può redimersi, illuminarsi e trasformarsi in una vera occasione di portare alla sua perfezione una vita, un'orazione di vera fede e vera speranza teologale.

Santa Teresa di Gesù Bambino, che ha vissuto questa prova così da diventare una maestra in proposito, ha anche affermato di non aver mai fatto tanti atti di fede come durante tutto il suo lungo perdurare. In una delle strofe del suo cantico alla Vergine, ha voluto dare questo incarico a Lei:

"Digli (a Gesù che mai per me si senta nel disagio accetto di aspettarlo fino al tramonto estremo che spegnerà mia fede. ".

Purificata così la fede, e per essa anche la speranza, un altro momento e passaggio importante in questo viaggio dell'orazione verso la sua perfezione nella vita eterna, non potrà non riguardare l'altra virtù teologale, cioè la carità.

La carità "è il vincolo della perfezione" (Col. 3, 14), perciò tutti i momenti o passaggi già osservati, se direttamente erano orientai verso altri punti della vita di orazione, indirettamente riguardavano anche la carità; ora, invece, che il momento e passaggio riguardano la carità in maniera diretta, indirettamente riguardano anche tutti gli altri.

Avviene dunque che l'anima, che ha fatto questo cammino di orazione superando tutti i diversi momenti, quelli visti e quelli non visti, sempre desiderosa di giungere a quella meta dell'incontro con il suo Maestro interiore, proprio nel momento in cui più che mai sembra che quel desiderio stia per aprirsi a quel divino abbraccio, ecco che il maestro interiore ha in serbo un'estrema esigenza per purificare, sublimare ancor più quel desiderio: come il Padre aveva fatto anche con Lui quando, sulla croce, stava per finire il suo sacrificio, così vuol fare anche Lui con quell'anima, perché gli diventi sempre più simile: la abbandona dunque a se stessa, come se Lui non ci fosse più per lei, anzi la respinge da sé come fosse degna di dannazione. E l'anima - commenta San Giovanni della Croce - si sente tanto impura e miserabile, da sembrarle che Dio le sia contro, e che lei sia divenuta contraria a Lui"

Tanto è importante che noi sappiamo morire ad ogni stimolo di presunzione e che scopriamo il nostro niente, dal momento che l'amore stesso con cui vorremmo amare il nostro Dio non può essere il nostro ma un altro, scaturito, nutrito e maturato dal suo.

Questi sono alcuni dei passaggi che l'anima, sotto la guida del Maestro interiore, dovrà affrontare lungo il viaggio di ritorno all'abbraccio del suo Sposo Divino, quello che essa aveva abbandonato, fuggendo lontano da Lui dopo che lo aveva tradito, consegnandosi in braccio al peccato, cioè al suo nemico. Tuttavia, notiamo che questi passaggi o momenti importanti del cammino dell'orazione non appartengono geometricamente o meccanicamente solo alla parte estrema di questo cammino, ma - fatte le debite proporzioni - un po' a tutto il cammino dell'orazione.

Bisognerà, però, che l'anima non cada mai nell'errore purtroppo tanto diffuso di attribuire al caso, e tanto meno all'intervento del nemico, quei cambiamenti di tono o di clima in cui potrà imbattersi, ma - sicura nella sua bella fede che le parla tanto chiaramente della presenza in lei della SS. Trinità e quindi del suo Maestro interiore - sappia sempre tutto riferire a Lui e risolvere con Lui, il quale è sempre e sempre Amore, qualsiasi avvenimento o novità le succeda dentro o, spontaneamente, dall'esterno, così che - come appunto insegna Santa Teresa - si trattasse pure di suggestioni diaboliche, prendendo tutto da Lui e dal suo Amore, non solo non potrebbero nuocere, ma piuttosto servire.

PADRE VIRGINIO CARLO BODEI C. D.


giovedì 29 luglio 2021

RABBUNI’ GESU’ IL MAESTRO INTERIORE

 


LA NOSTRA VITA RAZIONALE E IL NOSTRO MAESTRO INTERIORE


Per la vita vegetativa e quella sensitiva, noi, come abbiamo visto, siamo simili alle piante e agli animali; invece per la vita razionale noi ci troviamo più vicini agli angeli e alle creature spirituali.

Per l'esercizio di questa vita razionale noi disponiamo della memoria, dell'intelligenza e della volontà: tre facoltà di altissimo valore e che sembra facciano di noi quasi delle trinità, anche se in formato ridotto; al tempo stesso, esse - secondo il noto principio filosofico: "niente è nell'intelletto che non sia stato prima nel senso" - sono condizionate dalle due forme di vita inferiore alla razionale, cioè dalla vita vegetativa e dalla vita sensitiva.

Ora, per poter seguire bene la linea dell'insegnamento del Maestro interiore in questo settore della vita razionale, dovremo considerare le tre suddette facoltà, una alla volta, precisandone anzitutto il loro oggetto specifico; quindi: i ricordi e le speranze, come oggetto della memoria; la verità e i pensieri, come oggetto dell'intelletto; gli affetti e i sentimenti come oggetto della volontà.

Se poi volessimo precisarne anche la meta, verso la quale esse puntano nell'esercizio dei rispettivi oggetti, dovremmo dire che esse - pur dipendendo dalle forme di vita inferiori alla razionale, cioè dalla vegetativa e dalla sensitiva - tuttavia, perché spirituali, guardano avanti verso l'infinito, cadendo spesso nella illusione di poterlo, da se stesse, perseguire: l'infinito cioè delle speranze, l'infinito delle verità e l'infinito degli affetti, ignorando, o volendo ignorare, che in realtà c'è una sola Speranza infinita, una sola Verità infinita e un solo Amore infinito.

Una enorme illusione, effetto del peccato originale! Questa tentazione dell'infinito era chiaramente espressa nelle parole del Tentatore: `Sarete simili a Dio" . Donde, la tattica del Maestro interiore: gettare a terra le torri di babele! Egli, infatti, si insinuerà in mezzo a tutti quei progetti illusori, e nel momento più opportuno, provvidenzialmente, richiamerà alla realtà, certo attraverso le inevitabili delusioni, facendo rovinare nel nulla quella speranza così promettente... quella conquista di pensiero così risolutiva... quell'affetto così fatale... Se poi tali richiami non saranno capiti, e si vorrà proseguire ostinatamente ad ingannarsi, alla fine non si potrà evitare il baratro.

 

LA MEMORIA

San Giovanni della Croce dice che la `memoria, insieme con la fantasia, forma come un archivio per l'intelletto" In essa, infatti, si andranno depositando, mano mano, le varie sensazioni della vita vegetativa e sensitiva e, in seguito, le varie elaborazioni dell'intelletto e le varie esperienze della volontà e della vita affettiva; si formerà, quindi, un prezioso deposito di cari ricordi, da cui andrà poi sviluppandosi un altrettanto prezioso deposito di belle speranze che permetterà alla vita di guardare avanti, verso un avvenire che potrà apparire senza un termine, semplicemente perché quel termine non lo farà vedere.

Ed ecco quindi il pericolo: ecco che, proprio a questo punto, questo meraviglioso dono della memoria potrebbe tradire l'uomo, attirandolo nella vischiosa rete della illusione, se il buon Maestro interiore, che sempre e su tutti sta vigilando, non intervenisse e non operasse.

Ma, al momento opportuno, il Maestro interviene e opera per la salvezza di questo o di quel pericolante. Infatti, ecco che, improvvisamente, ad uno rende estremamente amaro quel tal suo ricordo che, tra tutti lo deliziava, mentre lo stava strascinando verso l'inganno; all'altro, gli strappa proprio davanti agli occhi quella tale speranza, sulla quale stava orientando tutto il suo avvenire e la sua stessa vita...

Possiamo immaginare da parte degli interessati le reazioni dolorose più diverse; ma se tali reazioni non si risolveranno in quella mentalità comune che ritiene tali intime esperienze un puro e semplice caso, o che, peggio, sa risolvere tutto nel sospetto velenoso contro questa o quella circostanza, o contro questa o quella persona, con la conseguenza di amareggiarsi la vita contro questa o contro quella, e, alla fine, contro se stessa; se invece di tutto questo si avrà la pazienza di saper aspettare per riuscire a calmarsi e a riflettere, ecco che nella loro mente il pensiero del Maestro interiore si farà sempre più strada fra tutti gli altri e allora, ecco la scoperta della salvezza: salvezza che sarà anzitutto scoperta del baratro e inganno fatale in cui l'uno e l'altro stavano per scivolare; salvezza poi, e soprattutto, che sarà scoperta, contro l'inganno di tanti loro vani ricordi e di tante vane speranze, di quell'unico Ricordo e di quell'unica Speranza che non possono ingannare, né venir meno perché esterni, così che agganciando ad essi la vita, insieme con essi potranno salvare anche tutti i loro ricordi e tutte le loro speranze.

Il divino Maestro, oltre a questi interventi per la via interna, interviene anche, e ancor di più, per la via esterna, parlando cioè alle anime che stanno per cadere nell'inganno delle vanità, attraverso quei tanti segni che la realtà stessa della vita comune sa proporre, come sono: un avvenimento tragico, un'amicizia tradita, una situazione di crisi, un avviso funebre, un semplice tocco di campana a morto, etc...

E quante anime, soprattutto quante personalità ricche e promettenti, se avessero creduto a questo Maestro interiore, avrebbero potuto salvarsi dalla tentazione di sacrificare la loro intelligenza agli idoli del male, e così impiegarla per il bene proprio ed altrui.

E qui si può pensare al povero e caro Giacomo Leopardi, il quale, ancor poco più che adolescente, dopo aver composto e poi anche recitato in pubblico un edificantissimo discorso sulla Passione e Morte del Signore, non tanto tempo dopo, cadrà nell'inganno delle sue vane speranze: quell'inganno che egli stesso, più tardi, riconoscerà in una sua nota canzone: "O speranze! Speranze, ameni inganni... "; ma anziché vedere in quell'inganno il richiamo del divino Maestro, ne farà motivo per maledire un po' tutto e tutti.

 

L'INTELLETTO

Delle tre facoltà questa potrebbe essere ritenuta la più importante, come può sembrare il più importante l'oggetto proprio di questa facoltà, cioè: la verità.

Ma la verità - avverte Pascal - quando è ricercata per se stessa, senza alcun rapporto con la carità, diventa un idolo.

Donde segue che la verità fatta idolo, è proprio il contrario della verità stessa: l'idolo, infatti, non è che il contrario della Divinità, la quale sola è la Verità; perciò, la verità fatta idolo non è che l'errore stesso, e siccome l'idolo esige l'adorazione da chi l'ha scoperto, ecco che il ricercatore della verità, senza la carità, si condanna a divenire un ostinato adoratore dell'errore, cioè di quella sua pseudo-verità anche quando apertamente gli si presentasse o manifestasse come errore.

C'è qui la storia del pensiero cosiddetto moderno, cioè del pensiero umano, da quando si distaccò dalla Rivelazione e presunse di ritenere come propri i valori del Cristianesimo; ma proseguendo poi così solo la sua strada, quei valori non fece che perderseli dietro uno dopo l'altro, raggiungendo quindi quel suo tal pensiero che ora si chiama postmoderno, dove sembra orgoglioso di poter proclamare la grande scoperta del pensiero debole, per il quale la verità non esiste solo per il fatto che non esiste niente; ecco, infatti, cosa dice uno di loro con aria di sfida: "Io ho fondato la mia causa sul nulla!"; cioè ho scoperto il mio dio e lo adoro!

Qui siamo proprio alla radice del peccato originale, anzi, siamo all'esperienza stessa di Lucifero, del quale la storia umana può enumerare discepoli lungo tutto il suo corso.

Ma, cosa potrà fare con loro il nostro Maestro interiore? Eppure al termine di questo loro miserabile viaggio, dopo aver ragionato sempre inutilmente, per il fatto che sono giunti a scoprire essi stessi l'inutilità del loro ragionare, forse non si accorgeranno ancora di Lui?...

Comunque, al di là di questo caso davvero difficile, Egli, il nostro Maestro, lungo tutto il percorso del cammino dell'umano intelletto, ha posto, come tanti richiami, i suoi insegnamenti.

Avviene infatti a chiunque è alla ricerca di una verità che, dopo aver camminato a lungo in quella direzione, quando gli pare ormai di trovarsi in vista del traguardo, ecco che, proprio allora, all'improvviso, quella strada che gli era sempre parsa lunga, ora gli appare non solo più lunga, ma addirittura infinita...

Altra volta può avvenire che, dopo un lungo vagare da una verità all'altra, ecco che gli par di scoprire, come in una specie di gioco, che da una verità appena considerata ne nascano altre dieci, da quelle dieci, altre cento, da queste altre e altre ancora.

Allora si domanda: la verità si troverà andando avanti o tornando indietro?

Altra volta, dopo un logoramento dell'intelletto dietro una ricerca teorica della verità, dalla sua stessa coscienza, ecco una voce, quasi un rimprovero: 'E quella verità che sei tu? La verità di te stesso? Chi sei tu? Sei vero, tu? In ciò che sei, che fai, che pensi?':

Il Maestro interiore è sempre attento a richiamare l'uomo dal pensiero teorico che inclina a fare della verità un idolo, al pensiero concreto sopra se stesso, cioè a quella conoscenza di sé che consiste nella scoperta della propria verità, che è la condizione per entrare nel mistero della carità, in cui ogni verità trova il suo compimento, come aveva insegnato, ancor prima di Pascal, San Paolo in quella sua nota sentenza: 'La scienza gonfia, la carità edifica. " (1 Cor 8, 2)

In questo contesto, ecco un'altra serie di segni da parte del Maestro interiore, una serie che poi si riduce ad un solo caso, anche se sempre diverso a seconda degli individui cui interessa, cioè il caso delle crisi spirituali. A proposito di queste bisogna dire che esse costituiscono un fatto sempre presente, soprattutto in un mondo di individui battezzati, provvisti cioè di tutto l'apparato della vita soprannaturale; infatti non è possibile che questa vita passi anche un giorno solo senza che si manifesti, se non in una crisi propriamente, almeno in un semplice richiamo, o da parte di se stessa, o da parte del Maestro che la abita.

Col passare del tempo, questi richiami o troveranno una risposta, e allora la vita avrà il suo sviluppo, oppure verranno soffocati dalla tentazione dell'albero proibito, come capita di preferenza agli intellettuali.

Passeranno così gli anni, e anche il Maestro interiore verrà dimenticato. Lui, però, non lascerà il suo posto e starà in attesa di un'ora... e quando questa scoccherà, non mancherà al suo compito, e allora ci sarà davvero la crisi, e una crisi che potrà presto farsi dramma, dove Dio potrà apparire come un nemico che perseguita, quale appariva al santo Giobbe quando diceva: `Perché mi hai porto come tuo bersaglio?'; oppure come un oscuro tormento che opprime dentro, quale lo sentiva l'Innominato: "Dio, Dio... dov'è questo Dio?'; e allora toccherà al buon Federico presentarlo: 'Voi me lo domandate? E chi più di voi l'ha vicino? Non ve lo sentite nel cuore, che v’opprime... e nello stesso tempo vi attira?".

Il Maestro interiore, dunque, non è una realtà da relegare facilmente nel mondo dei casi: conoscerla o non conoscerla può significare o un incontro di salvezza, o un'orrenda notte dove venir travolti nella più nera disperazione.

 

LA VOLONTÀ

Se pensiamo che in essa sta il principio della nostra libertà, non dovremmo più avere dubbi per ritenerla la prima delle nostre facoltà razionali.

Tuttavia, la libertà è capacità di scelta, e di scelta anzitutto tra il bene e il male; e qui, subito, le cose si complicano: ci avverte infatti San Paolo: "Io, sì, voglio il bene, ma poi faccio il male che non voglio" (cfr. Rm 7, 21-25).

Ci troviamo ancora, dunque, davanti ad una tragica conseguenza del peccato originale, per mezzo del quale noi, secondo l'istigazione del Bugiardo, avremmo potuto conoscere il bene e il male, cioè avremmo potuto avere in mano la chiave per decidere noi ciò che è bene e ciò che è male; invece, ecco che ci troviamo precipitati in due orrendi abissi, perché: in quanto al conoscere, avendo rifiutato Dio Unica Verità, ecco che ci troviamo immersi in quel male che è la menzogna della mente, non potendo più pascerla che di pseudo-verità; e in quanto al bene e al male, avendo rifiutato Dio Unico Bene, ecco che ci troviamo condannati a quel male ancor peggiore che è la menzogna del cuore, non potendo più pascerlo che di beni falsi e vani.

Dovendoci ora fermare a quest'ultimo, cioè al bene e al male, in quanto costituisce l'oggetto specifico della nostra volontà, osserviamo anzitutto come viene considerato dagli uomini, in genere, quel gran bene che è l'amore.

Noi italiani, per esempio, per dire questa parola: "amore", preferiamo usare due parole: "voler bene". Sarà certamente una bella perifrasi, ma se in essa non ci fosse, neppure indirettamente, un riferimento a Dio, nasconderebbe in sé il veleno della menzogna, la menzogna di un amore che ingannerà presto sia colui che pensa di averlo, sia colui al quale viene offerto.

Infatti, circa la prima parola: "voler", la volontà umana può, sì, a suo modo, "volere"; ma circa la seconda: "bene", nessun uomo che ragioni potrà mai attribuirsene l'iniziativa...

Se pensiamo che Gesù stesso, a un tale che lo aveva chiamato: `Maestro buono'; ribatté prontamente: `perché mi dici buono? Uno solo è buono: Dio.'; allora potremo capire anche il pericolo di usare alla leggera quella bella perifrasi.

Come poi possa un uomo, che è lui stesso all'oscuro del suo vero bene, presumere di possedere, proprio lui, il vero bene di un altro, così da offrirglielo e magari fargliene un obbligo... ecco, anche questo è un altro dei tanti misteri della vita umana.

Come dunque solo partendo da Dio Verità l'uomo potrà liberarsi dalla menzogna della mente, per poi spaziare nell'infinito della verità, così partendo da Dio Amore potrà liberarsi dalla spaventosa menzogna del cuore, per spaziare liberamente nell'infinito dell'amore.

Questa considerazione ci porta dentro nel vivo dell'opera del Maestro interiore, il quale, anche in questo settore della nostra volontà, continua la sua tattica di sempre: guarire cioè le ferite del peccato originale, adoperando come rimedio la ferita stessa.

Perciò è la menzogna del cuore il punto in cui si concentra il suo lavoro.

Ora, la menzogna del cuore, in quanto è presenza in noi del peccato originale, può influenzare di sé sia ciò che la nostra volontà vuol fare, sia anche ciò che la nostra volontà dovrebbe accettare o sopportare.

Esaminiamo anzitutto ciò che l'uomo vuol fare: o singolarmente, o in coppia, come nel matrimonio, o in società. Se in tutte queste sue azioni egli non ha alcuna preoccupazione di lasciarsi guidare o illuminare dal Vero Amore, cioè dall'Amore di Dio, ma gli pare di regolarsi bene da solo, con le sue intenzioni ispirate dal suo interesse individuale, o comunque da un suo amore puramente umano, tutto questo, vale a dire, tutte queste sue opere, per quanto belle, importanti e anche benefiche umanamente parlando, tutte portano il marchio della menzogna del cuore, sono tutte, quindi, come quella casa fondata sulla sabbia di cui ci parla il Vangelo, e sono destinate, presto o tardi, al fallimento.

Cosa potrà fare qui il Maestro interiore? Una menzogna scoperta sarebbe una menzogna vinta. Ma Lui non ha fretta: sa che la menzogna ha già in se stessa il suo castigo, sa che il rimedio verrà.

Tuttavia, in attesa di quello, non mancherà di lavorare sia dentro le coscienze, sia poi anche fuori, servendosi di quei segni tangibili degli imprevisti e delle difficoltà che accompagnano ogni impresa umana, al fine che, quando verrà il rimedio, cioè l'ora del fallimento, questo possa servire almeno per un ravvedimento, se non per una conversione vera.

Possiamo pensare qui ai tanti matrimoni falliti.

Ci sono forse state altrettante conversioni o almeno ravvedimenti?

Ma ciò che qui impressiona è anche un altro fatto: colui o colei che era stata la vera causa del fallimento, ecco che trova subito la soluzione al fatto, poiché ha già pronta l'altra parte, con la quale proseguire la menzogna del suo cuore, e con questa poi le cose andranno tanto e tanto bene che, non solo non ci sarà posto per alcun pentimento, ma lui stesso, o lei stessa, ne faranno le meraviglie di un tanto grande bene!

La ragione, se vogliamo saperla, è chiara: prima non c'era di mezzo fra i due quel Terzo che doveva esserci; adesso invece quel terzo c'è, ed è il Contrario dell'Altro. La menzogna del cuore, dunque, è al sicuro!

Ma la menzogna del cuore ha una sua presenza, o potrebbe averla, là dove la nostra volontà dovrebbe saper accettare o sopportare, ed è specialmente qui, dove il divin Maestro ha una lezione importantissima da comunicarci. Per sapere bene di che si tratta, dobbiamo ricordare che il terreno di azione di cui si serve il Maestro interiore per il suo insegnamento è determinato - come abbiamo visto all'inizio - da tutta quella serie di movimenti spontanei che vengono su dal fondo della nostra natura; tra questi abbiamo catalogato, già allora, anche quella serie di ingiustizie, di disturbi, di umiliazioni, di parole offensive che ci possono piovere addosso da parte di altri, senza che noi ne sappiamo neanche il perché.

Tutti noi siamo portati a ritenere una vera ingiustizia quella serie di offese, e ne pretendiamo una riparazione.

Invece, il nostro Maestro ha bisogno proprio di esse per comunicarci una lezione che ci guarisca della menzogna del cuore.

In questo punto, per orientarci, sarà utile un esempio. Fra i molti, prendiamo il re Davide.

In un giorno triste, in fuga da Gerusalemme, lungo la via, un tale fra la folla, mosso da odio politico, comincia una litania di insulti di ogni specie contro di lui, insieme a lanci di polvere e sassi. Uno di quelli del seguito del re si offre per andare a tagliare la testa a quel temerario, ma il re lo ferma: "Lasciate che mi maledica, perché il Signore glielo ha Comandato".

Noi, meglio ancora di Davide, possiamo sapere perché dobbiamo accettare, e non come un male, ma come un dono del Signore, tutte queste offese che possono capitarci addosso: nel Vangelo, infatti, Gesù chiama amore da pagani quel nostro amore che si ferma ad amare solo coloro che ci amano. È un amore da pagani perché non è vero amore, e non è vero amore perché è un amore bugiardo, quindi egoistico, perché frutto della menzogna del cuore.

Il nostro Maestro interiore vuole guarirci da un simile amore, ma non trova altra medicina efficace se non quella che può offrirci un fratello che ci maledica o comunque ci offenda: se in simile frangente non sapremo reagire amando, e se a questo primo errore non seguirà presto almeno l'avvertenza che la colpa di tutto non è dell'altro, ma solo nostra, allora non potremo mai amare davvero.

L'amore vero, infatti, comincia ad essere vero proprio là dove non saprà più fermarsi, là dove riuscirà a scoprire che il suo destino sarà sempre quello di vincere ogni male con il bene: là dove scoprirà che, come la volontà di Dio sa cambiare in bene anche il male, anche la sua volontà è chiamata a fare altrettanto!

È questo il punto a cui il Maestro interiore vuol portare l'uomo, cioè la sua volontà e il suo amore: al punto stesso, cioè, dove trionfa la sua Volontà, il suo Amore!

Da queste altezze possiamo guardarci indietro e constatare che questo settore della volontà è dunque il più alto di tutti i settori precedenti, e che il bene di quassù condiziona anche il bene di tutti gli altri. Non per niente, quell'Uomo che fu il Cristo, dal primo all'ultimo istante della sua vita ha sposato la sua volontà di uomo alla Volontà del Padre, e solo così ha potuto redimere l'uomo, fatto anche lui per tendere alle stesse altezze.

Perciò, tutti quegli altri uomini che furono i santi, hanno puntato sempre là: fare della propria volontà una cosa sola con la Volontà di Dio.

Perciò ancora, è a quelle altezze che tutti noi siamo invitati a tendere, ed è a questa tensione che viene affidato il compito di sradicare, annientare la menzogna del cuore e, insieme a questa, la menzogna della mente, perché poi tutto proceda nel nuovo ordine: non sarà più l'intelletto, infatti, a precedere la volontà, ma sarà la volontà ormai infiammata dall'amore a precedere l'intelletto, perché, alla fine, tutto dovrà perdersi nell'Amore!

PADRE VIRGINIO CARLO BODEI C. D.

mercoledì 9 giugno 2021

RABBUNI’ GESU’ IL MAESTRO INTERIORE

 


LA NOSTRA VITA SENSITIVA E IL NOSTRO MAESTRO INTERIORE

Come per la vita vegetativa noi siamo simili alle piante, così per la nostra vita sensitiva siamo simili agli animali; e come per la prima noi facciamo esperienza del nostro bene e del nostro male fisico, così nella seconda potremo far esperienza del nostro bene e del nostro male morale.

Infatti, la nostra vita sensitiva è come il campo dove nascono, crescono e agiscono le nostre passioni, le quali per se stesse sono un bene, ma per colpa nostra, potrebbero diventare un male. Avvertiamo, dunque, che qui ci troviamo di fronte ad una seconda e assai più grave conseguenza del peccato originale; perciò sarà più che mai necessaria la presenza del Maestro interiore.

Tuttavia, prima di entrare direttamente nell'argomento, è necessario far chiarezza circa un paio di errori assai diffusi. Il primo: quello di confondere la tentazione con il peccato. Ci sono infatti molte anime che, non appena si sentono assalite da certe tentazioni che possono turbare alquanto la loro serenità interiore, subito pensano di essere colpevoli di colpe gravi e come tali corrono a confessarsi; altre pensano addirittura ad infestazioni diaboliche, etc... Tutto ciò costituisce un grave errore, perché il peccato è sempre opera non di ciò che si sente, ma di ciò che si vuole con volontà consapevole e libera.

Riguardo poi a Satana, bisogna sapere che non può niente contro di noi, se non in quella misura che gli è consentita da Dio; del resto, egli è sempre un cane legato: può abbaiare, certo, ma non mordere se non chi volutamente gli si avvicina.

Un secondo errore: credere che la tentazione sia un male in se stessa, mentre essa è un vero bene. Anche le mamme tentano i loro bambini quando, dopo averli a lungo sostenuti nei loro primi passi, alla fine li tentano, cioè provano a lasciarli soli.

Anche il maestro, dopo aver spiegato bene la lezione, tenta i suoi discepoli impegnandoli in un compito con le opportune difficoltà.

Soprattutto, Dio stesso tenta, come dimostra tutta la Sacra Scrittura! Basta qui ricordare Sir 2, 1 - 34, 2: `Figlio, quando vuoi presentarti a Dio, preparati alla tentazione. Chi non è tentato, cosa può mai sapere? Non può sapere nemmeno chi lui sia".

Ecco: chi non è tentato, è uno che non conosce se stesso. È con questo avvertimento che possiamo entrare nel vivo del nostro argomento.

Se, infatti, colui che non è tentato è uno che non conosce se stesso, ciò vuol dire che lui vive credendo di essere ciò che in realtà non è: cioè vive presumendo di sé, vive di superbia, intendendo per superbia sia quella che esalta e si esprime anche attraverso i vizi capitali della lussuria, dell'ira e della gola, sia quella che deprime, e si esprime anche attraverso gli altri vizi dell'avarizia, dell'invidia e dell'accidia.

Nel caso poi di uno che non solo non sia tentato, ma non sopporti di esserlo perché ritiene la tentazione una diavoleria, allora, oltre che di superbia, vivrà di impostura, la quale è la più nera menzogna, cioè il segno più evidente del graffio velenoso di Satana nel peccato originale, e spiega poi anche l'avversione alla tentazione.

Entrando ora nella scuola del nostro Maestro interiore, avvertiamo anzitutto la difficoltà che egli potrà trovare riguardo ai discepoli che non capiscono la tentazione: sappiamo infatti che la tattica del suo insegnamento consiste nel guarire le ferite causate in noi dal peccato originale proprio servendosi di quelle ferite, cioè mostrandocele per mezzo della tentazione; ma se noi quella tentazione non la vorremo? Perciò la necessità di entrare nella sua scuola, armati non solo di una sicura fede nella sua presenza in noi e nel dono di amore che è il suo insegnamento, ma armati altresì di un vero coraggio e di una vera voglia di conoscere la nostra verità, quale Lui vorrà farcela vedere e sentire attraverso la tentazione, comunque sia.

Ecco: Lui è li, dentro di noi, nel profondo di noi stessi, e vuole anzitutto rassicurarci, dicendo, come nel libro dell'Imitazione di Cristo: "Io sono solito visitare i miei amici in due modi: con la tentazione e con la consolazione.". Egli è li, e ha davanti a sé tutto il panorama delle nostre miserie dalle quali vuol guarirci. Dispone anche di una macchina fotografica impareggiabile: ci si offre per un servizio gratuito: scatterà di qua e di là, e poi, attraverso la tentazione, ci manderà su i risultati... perché noi abbiamo a vedere e a sentire cosa siamo... e vedendo e sentendo cosa siamo, abbiamo a provare una salutare vergogna e rimorso... Vergogna e rimorso che non devono risolversi in forme di avvilimento, ma in una coraggiosa accettazione della nostra verità... e la verità accettata si farà subito libertà di figli, donde il desiderio del perdono, la voglia di umiltà e di ringraziamento.

È vero che la nostra fede ci dice quale sia la nostra verità in due sole parole: l'uomo è niente e peccato; tuttavia, perché tale verità venga recepita e poi vissuta da ciascuno di noi, sarà necessario che il nostro Maestro interiore si affatichi, e non poco, a farci vedere e sentire, attraverso le più ripugnanti tentazioni, gli aspetti almeno più comuni di questo nostro essere niente e peccato; perciò tutte le nostre connivenze con i sette vizi capitali, tutte le nostre viltà nella pratica delle diverse virtù, tutte le nostre indifferenze e reticenze nel riguardo dei comandamenti, etc...

Bisognerà, dunque, aver costanza, e soprattutto una fede sicura circa la presenza in noi del nostro Maestro interiore e circa il vero, grande amore che Lo porta a prestarci quel servizio in vista della nostra liberazione dalla falsità che sta al fondo di noi.

Non dimentichiamo che tutti i santi hanno fatto questo cammino, e lo hanno fatto tanto più in fretta quanto prima hanno saputo avvertire il dono della verità e libertà che ne veniva loro; alcuni, addirittura, hanno fatto urgenza al Signore perché mostrasse loro, in un'unica sequenza, tutta la storia delle loro nefandezze; ma, non appena il Signore provò a sollevare il coperchio di quel loro pozzo di nefandezze, subito, sorpresi da una sconvolgente tentazione di disperazione, hanno gridato al Signore che chiudesse. Comunque, i loro esempi ci sono di gran conforto in questa ricerca della nostra verità sulla via scomoda della tentazione.

Pensiamo, ad esempio, a Santa Caterina da Siena, la quale, durante i due giorni di pieno carnevale della sua città, mentre tutti quelli di casa sua erano usciti per godersi il divertimento, volle restare sola in casa, e il Signore ne approfittò per provarla con una spaventosa tentazione: la privò anzitutto della sua dolce presenza, e la lasciò poi, sola, in balìa. delle più violente tentazioni di sensualità.

Ella, che aveva diciotto anni, con tutta la forza della sua giovinezza, lottò come poté per superare quella prova. Alla fine dei due giorni, il Signore le apparve, ed ella si lamentò perché l'aveva lasciata così sola, e Lui le disse: `Ti sono rimasto sempre vicino!".

Possiamo pensare anche a San Luigi Gonzaga, il quale, ancora ragazzetto, tentato di alcune birichinate della sua età, ignaro ancora della presenza del Maestro interiore, fu vinto dalla tentazione e cedette alle sue furberie. Tuttavia, dopo la colpa, sorpreso del male che aveva fatto, e più ancora della tentazione che l'aveva ingannato, subito, a quella sua età, si impose una severa vita di mortificazioni e penitenze che poi gli fu sempre compagna.

Tuttavia, questo caso di San Luigi Gonzaga ci avverte che la tentazione, oltre che risolversi nel senso finora considerato, può risolversi anche in tutt'altro modo e cioè con il peccato.

Ora, questo può avvenire quando uno si imbatte in essa, ignorando del tutto la realtà del Maestro interiore, oppure totalmente dimentico di essa; allora, infatti, la tentazione, non essendo voluta se non forse indirettamente dal divino Maestro, è conseguenza o di una istigazione del Maligno, assecondata da colui che la soffre, o di una sua personale cattiva inclinazione; porta dunque già in se stessa la forza verso il peccato.

Ma anche davanti a questa triste conclusione, il Maestro interiore non si renderà estraneo; infatti, se a quel peccato seguirà il pentimento, ciò sarà il segno della sua presenza; da quel pentimento infatti Egli, il divino Maestro, saprà ricavare per quell'anima non solo una nuova esperienza e conoscenza di un Dio Padre che perdona, ma insieme, una nuova esperienza e conoscenza di se stessa come di una povera creatura di peccato: molto di più, dunque, di quello che avrebbe ricavato da una semplice tentazione al peccato.

Sappiamo infatti dalla storia della santità, che diversi santi, e non dei minori, Egli li ha potuti avere per sé solo dopo una loro lunga e penosa esperienza di peccato.

Quindi anche il peccato, che è il capolavoro del demonio, nelle mani del Maestro interiore può diventare lo strumento della vittoria sul demonio; come la stessa nostra morte, che può esser considerata il trionfo del demonio, se guidata dalla stessa mano, può rivelarsi - come dice Osea (14, 13) - come la morte della Morte: cioè di tutto il progetto di Satana.

Alla fine non possiamo dimenticare che l'azione del Maestro interiore, riguardo alla nostra vita sensitiva, non si limita al settore delle passioni, con tutte le loro implicazioni morali, ma si estende anche in alcune altre forme di vita che appartengono pure al mondo della sensibilità, anche se sembrano travalicare in quello della psicologia, e sono: la vita emotiva, la vita psicosomatica e altre simili. Queste forme di vita, sul piano del comportamento, possono determinare spesso disturbi assai gravi, per rimediare ai quali non si teme di affrontare spese ingenti, sia in visite specialistiche, sia in cure interminabili a base di psicofarmaci. Ma questi disturbi, forse, non fanno parte anch'essi di quei tanti movimenti naturali e spontanei dei quali è interessato il nostro Maestro interiore?

Dunque, dovremo anche qui guardare a Lui, ricordando che gli stessi psichiatri, quando sono uomini di fede, nel caso che lo stesso cliente che va da loro per i detti disturbi sia pure lui un credente, non mancano di dirgli: `Lei è fortunato perché ha fede la fede, infatti, potrà aiutarla a guarire più di tutti i rimedi che io potrò darle.': Infatti, fra i tanti disturbi che quelle forme di vita causano, ce n'è uno che è, poi, la causa di tutti, cioè: colui che ne è colpito, da quei disturbi, presto prova l'impressione di essere diventato un diverso, un isolato socialmente, quasi un fastidio per tutti.

Ora, in simili frangenti, qual cosa potrebbe costituire per lui un pronto, efficace rimedio, quanto quello di poter subito guardare dentro di sé e incontrare, proprio li dentro, un volto, un volto amico, un volto divino che lo assicura del suo amore e della sua comprensione, e che tutto ciò che gli sta succedendo, sia dentro che fuori, è tutto disposto proprio da Lui, per il suo bene e anche per il bene di quanti lui conosce?

Tutto ciò non sarà ancora la guarigione da quel disturbo, ma gli procurerà un modo nuovo di vederlo, per cui esso non sarà più una minaccia, ma una via; una via in salita, sì, ma perciò un'occasione, anzi, un invito a salire più alto! Questi sono i miracoli del Maestro interiore.

 

"Gesù Cristo è venuto ad accecare coloro che vedono bene e a dare la vista ai ciechi" (Blaise Pascal)


PADRE VIRGINIO CARLO BODEI C. D.

lunedì 5 aprile 2021

RABBUNI’ GESU’ IL MAESTRO INTERIORE

 


"A me basta questo Dio appeso a quattro chiodi» (Paul Claudel)

"Il giorno in cui tu non brucerai più di amore per Cristo, molti moriranno dal freddo" (Frangols Mauríac)


LA NOSTRA VITA VEGETATIVA E IL NOSTRO MAESTRO INTERIORE

La nostra vita vegetativa è quella parte di noi che vive vegetando, alla maniera delle piante. Di questa nostra parte noi non abbiamo un controllo se non indiretto, in quanto, cioè, abbiamo il dovere di prestarle quel tanto di cibo e di bevanda che le permetta di portare avanti quel suo processo vegetativo. Tuttavia, essa è quella parte di noi che, insieme al conforto di tante nostre gioie fisiche, ci offre anche, e forse con maggior generosità, lo sconforto di tanti nostri dolori fisici.

Ed è proprio qui che si inserisce, primariamente, l'attività didattica del nostro Maestro interiore, proprio perché qui ci imbattiamo in una delle conseguenze più evidenti del peccato originale.

Infatti quell'astuto Serpente che - invidioso di quella divina felicità che vedeva permeare, dentro e fuori, le belle membra dei nostri progenitori - si mosse per tentarli, sapeva molto bene cosa intendeva quando disse alla donna: "Voi sarete come Dio e conoscerete il bene e il male" (Gn 3, 5).

Sapeva molto bene, infatti, che quelle sue parole erano una perfida menzogna con la quale proponeva loro quella stessa tentazione, dalla quale lui stesso era stato vinto, quando volle sostituirsi a Dio; sapeva dunque per esperienza che, come non ci può esser che un Dio solo, così non ci può esser che una sola norma che stabilisce ciò che è bene e ciò che è male, sapeva tutte queste cose, eppure si riteneva certo che quella tentazione, dalla quale lui stesso era stato vinto, avrebbe fatto crollare anche la donna e, con lei, anche l'uomo.

Difatti, noi sappiamo che, dopo la disobbedienza, essi non solo non hanno potuto godere di alcuna conoscenza del bene e del male, ma si sono trovati dentro la drammatica esperienza di scoprirsi privati del loro bene e dominati dal male... Per fortuna, in tanta obbrobriosa colpa, avevano l'attenuante di essere stati ingannati; perciò la grave sentenza: 'Voi morirete!'; non ebbe effetto immediato, così che Dio ebbe modo di organizzare il suo piano per recuperarli.

È importante qui ricordare e comprendere bene il principio seguito da Dio per realizzare quel suo piano: sia quello relativo a tutta l'opera della redenzione, sia, quindi, anche quello relativo all'opera che poi continuerà in ciascuno di noi il nostro Maestro interiore. È un principio che pervade un po' tutta la Sacra Scrittura, e compare proprio qui, subito dopo il peccato originale, quando Dio dice al serpente: `poiché tu hai fatto questo (cioè hai ingannato la donna) io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: essa ti schiaccerà la testa. " (Gen. 3, 15).

Lo stesso principio viene poi ripreso dalla liturgia: "Colui che ha vinto dal legno (l'albero dell'Eden) sarà vinto dal legno (l'albero della Croce)". Sarà pure importante ricordare come Gesù, dopo aver vinto sulla Croce il Maligno e con lui tutti i mali, e aver insieme santificato per noi la Croce stessa e tutte le sue possibili espressioni, ha poi voluto che noi pure fossimo partecipi della sua vittoria, invitando tutti a seguirlo portando ciascuno la propria croce.

Così, obbedendo con Lui a Dio, con Lui saremo vincitori: conosceremo il bene e il male e potremo anche cambiare il male in bene.

Eccoci dunque alla scuola del nostro Maestro interiore, dentro la realtà della nostra vita vegetativa.

Come in una qualsiasi scuola avviene una lotta tra il sapere e il non sapere, per giungere in fine ad una composizione, cioè ad un sapere che elimini sempre più il non sapere, così anche a questa scuola avverrà una certa lotta tra quei tanti dolori fisici e gli altrettanti diletti fisici che caratterizzano questa nostra vita vegetativa.

Si tratterà tuttavia di una lotta singolare: perché, se sul piano fisico il dolore è vero male, e il diletto è vero bene, sul piano morale, invece, né l'uno né l'altro è male, né l'uno né l'altro è bene: saranno ambedue un bene se ambedue verranno accettati, dai discepoli di questa scuola, come un dono di amore della divina volontà; in caso contrario, ambedue resteranno un male, perché sul piano morale non ci può essere vero bene se non dentro l'ordine dell'amore.

Ora, in questa scuola del divino Maestro, sia il dolore che il diletto provengono dalla volontà divina, e perciò sono un vero bene sia l'uno che l'altro.

Se dunque il discepolo saprà accettare i diversi dolori fisici come un dono dell'amore divino, quei dolori avranno ancora il sapore di una medicina amara perché dovranno liberarlo dalla schiavitù dell'egoismo, ma, proprio per questo, quando lui in seguito verrà a trovarsi dinanzi ai diletti fisici, non si perderà più in essi egoisticamente, come per il passato, ma saprà accettare anche quelli come un dono dell'amore divino.

Raggiunto poi questo primo traguardo - dal quale appare chiaro che la croce serve anche per trasformare in bene lo stesso vano piacere - il discepolo che andrà mano mano accettando come dono dell'amore, ora i dolori e ora i diletti fisici, vedrà contemporaneamente crescere la sua stessa capacità di amare, così da avvertire ormai vicino lo stesso traguardo finale, cioè quella composizione dove tutto, il diletto come il dolore, avrà il sapore di un unico bene: dell'amore, appunto! Cioè di quella felicità che c'era prima del peccato e che conseguiva tutta dal compimento della volontà paterna di Dio!

Così, quel male con cui quell'astuto aveva avvelenato la nostra esistenza, nel disegno di Dio è stato il mezzo per riconquistare quella felicità che lui ci aveva rubato.

Ora, questa impresa è, certamente, possibile per tutti. Bisognerà solo ricordare alcune condizioni alle quali è già stato accennato; cioè: in primo luogo, una fede sicura nel credere che c'è questo Maestro interiore e, quindi, che è Lui e Lui solo che regola dentro di noi, cioè nella nostra vita vegetativa, quel poco simpatico alternarsi di gioie e di dolori che a ciascuno è riservato; in secondo luogo: una fede viva che ci faccia vedere nell'una e nell'altra cosa, nient'altro che un dono del suo amore; in terzo luogo: che anche noi ci sforziamo di rispondere all'amore con amore, ricordando le parole di Agostino: "Colui che ama, o non fa alcuna fatica, o la fatica stessa viene amata. ".

Infine, cercheremo anche di ragionare insieme al vecchio Giobbe: `Se abbiamo ricevuto dalla mano di Dio i beni, perché non dovremo accettare anche i mali?".

Sarà bene ricordare, in proposito, anche i santi, i quali non conoscevano altro bene fuori della volontà di Dio; perciò tutto quello che accadeva loro era sempre volere di Dio, e quindi sempre un bene. Naturalmente sono giunti a questa meta seguendo la via che ci è stata insegnata dal nostro Maestro, e vi sono giunti tanto bene che alcuni - come Santa Teresa di Gesù Bambino - si chiedevano come avrebbero potuto abituarsi alla vita del Paradiso, dove non avrebbero avuto più croci da portare.

La grande Santa Teresa, poi, percorrendo la stessa via, avrà presto la felice sorpresa di constatare che per lei le gioie e i dolori sono la stessa cosa, e scriverà: `Attualmente mi sembra di non aver altro motivo per vivere fuorché quello di soffrire e spesso dico con tutto il cuore: - Signore, o patire o morire!:

Queste non sono storie, questa è storia! Storia di tutti i santi, dei santi di tutti i tempi, dei santi di oggi: e basterebbe pensare a Padre Pio da Pietrelcina che ogni giorno soffriva la passione di Cristo!... Ci conviene fidarci!

 

"Che la vita sia negli uomini, negli animali o nelle piante, é sempre la Vita; e quando viene il minuto, il punto inafferrabile che chiamiamo morte, é sempre Gesù che si ritira, sia da un albero che da un essere umano." (Leon Bloy)

PADRE VIRGINIO CARLO BODEI C. D.