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domenica 11 dicembre 2022

Storia di un bambino abortito

 


Oltre la morte


Storia di un bambino abortito

C’era una volta un bambino generato nel ventre di sua madre e la cui anima fu creata da Dio con infinito amore. Voleva venire contento e felice in questo mondo, ma molto presto soffrì nella sua carne quello che è la mancanza d’amore e la tortura fino a morire. Suo padre non seppe mai della sua esistenza, perché era il frutto di un momento di piacere e l’uomo non amava assolutamente sua madre. Sua madre, resasi conto della sua presenza, lo rifiutò con ira e lo considerò come un nemico al quale doveva dare la morte. Andò da un medico abortista e costui sottomise il bimbo a una terribile tortura. Lo divise a pezzetti e poi lo fece sparire. Sua madre non pensò più a lui. Nessuno gli mostrò mai il minimo affetto neppure con una preghiera. Per di più, i suoi genitori erano atei.

Visse e morì senza essere amato, triste realtà di milioni di bimbi abortiti verso i quali nessuno ha avuto un po’ di amore o di compassione. Esseri anonimi, N. N., senza nome né cognome, che non sono registrati in alcun luogo. Per questo possiamo pensare che nell’aldilà non potranno essere felici finché non incontreranno amore. Con una delusione così terribile sofferta in questa vita, forse hanno chiuso il loro cuore per non essere di nuovo maltrattati. Forse sono bloccati dalla loro esperienza nefasta che hanno vissuto e il loro cuore è senza amore. Inoltre portano il peso del peccato originale, che impedisce loro di sentire l’amore di Dio in pienezza. Ebbene, questo stato di tristezza, di non sentirsi amati, di non poter amare in pienezza, di essere chiusi in se stessi... lo chiamiamo limbo. E dentro vi sono milioni di bimbi.

Essi anelano all’amore e cercano amore. ma fino a quando staranno così in questo stato di limbo? fino a quando qualcuno farà loro sentire il loro amore e fino a quando da se stessi sperimenteranno che l’amore esiste, che Dio li ama e hanno molti fratelli che pure li amano. Allora apriranno i loro cuori all’amore e saranno liberati.

P. Angel Peña


giovedì 18 marzo 2021

Quando uccido mio figlio…

di P Alessandro Ricciardi

Le conseguenze psicologiche dell'aborto

Con la legge 194 del '78 anche il nostro Paese si è uniformato alle scelte di altre nazioni, rendendo legale l'aborto. Il primo paese a farlo fu la Russia bolscevica di Lenin, che nel 1920 lo fece rientrare nel suo programma di scristianizzazione, dando il via ad uno dei più spaventosi bagni di sangue che la storia abbia mai conosciuto: secondo stime recenti, in tutto il mondo le interruzioni volontarie di gravidanza sfiorano i 40 milioni ogni anno!

Quella dell'aborto spesso è una decisione fortemente e dolorosamente condizionata, ma che la donna riconosce chiaramente come sua in primo luogo. Anche se l'esistenza e la morte del suo bambino non sono riconosciute da nessuno attorno a lei, il legame che la lega al suo bimbo è totalizzante e la perdita traumatica. Il card. O'Connor così scrive circa le conseguenze psicologiche dell'aborto: "L'orrore dell'aborto stesso va oltre il "dramma"... Soltanto il bambino muore. La madre e gli altri spesso vivono o cercano di vivere dibattendosi tra sensi di colpa, tormenti... Alcuni, credendosi esclusi per sempre dalla redenzione, entrano in un circolo vizioso fatto di promiscuità, gravidanze, aborti, e abbandonano la fede; se sono cattolici, non vanno a Messa e non ricevono i Sacramenti, credendosi indegni del perdono che è stato dato loro nel confessionale".

La sindrome post-abortiva

L'aborto costituisce un'esperienza difficile per qualsiasi donna e, più volte, per entrambi i partners della coppia. Attualmente sono riconosciute diverse conseguenze psicologiche: la psicosi post-aborto conforme depressive di varia entità (insorge immediatamente dopo l'aborto e perdura oltre i sei mesi); lo stress post-aborto (che insorge tra i tre e i sei mesi e rappresenta il disturbo "più lieve" finora osservato); la sindrome post-abortiva (un insieme di disturbi che possono insorgere o dopo l'aborto o dopo svariati anni). Quest'ultima è caratterizzata da:

• disturbi emozionali (ansia, amnesia, perdita d'interesse, apatia, incapacità a emozionarsi)

• disturbi della comunicazione e dell'alimentazione

• disturbi del pensiero (pensieri ossessivi)

• disturbi della relazione affettiva caratterizzata da un cospicuo isolamento

• disturbi della sfera sessuale, del sonno (insonnia, irritabilità, incubi) e fobico-ansiosi

• flash backs dell'aborto (ri-esperienza del trauma, ricordi della passata esperienza, ecc...).

Si può paragonare l'aborto ad una mina che dopo essere stata innescata viene gettata in mare. Questa mina può rimanere inattiva per vari anni, può esplodere dopo brevissimo tempo, può anche non esplodere: una "piccola" mina, però, può anche affondare una grossa nave!

La vita è preziosa...

Una giovane donna così testimonia: "È stato durante la seconda gravidanza, sentendo il bambino muoversi dentro di me e, soprattutto, dopo il parto, prendendo quel piccolo essere nelle mie braccia, che ho potuto misurare l'impatto dell'aborto... Ho capito quanto la vita di un bambino è preziosa, è fragile, indifesa, ma così determinata a vivere. Il senso di colpa è immenso e non c'è bisogno di essere credenti per provarlo: "Merito di avere altri bambini, dopo quello che ho fatto?". Alcune donne non sopportano di incrociare una donna con la carrozzina, cambiano marciapiede. Alcune donne non riescono a toccare il loro bambino. Altre hanno difficoltà ad allattare. Ci sono incubi notturni, tristezza improvvisa, senza ragione apparente, uno stato depressivo e soprattutto perdita dell'autostima: "Sarò veramente una buona madre?".

Nelle mani di Dio

La donna può rimuovere, può anche negare, mediante meccanismi di difesa, quanto è accaduto, però può anche recuperare la percezione cosciente di quanto avvenuto ed elaborare il lutto per il bambino abortito. Con l'aborto, infatti, si "disumanizza" il bambino, considerandolo un oggetto: occorre "ri-umanizzarlo" e fare il lutto per il bimbo mai visto. Bisogna togliere il divieto di pensare a questo bambino. Occorre immaginarlo, dargli un nome. Il card. O'Connor riporta la seguente testimonianza: "Ho combattuto a lungo con le conseguenze del mio aborto. I tentativi fino ad allora compiuti per mettermi l'animo in pace non avevano avuto successo. Ciò che questa volta era diverso era l'assoluta e completa presa di coscienza del bambino ucciso. Egli non era più solamente "un pezzetto di tessuto" o "una sacca di sangue" che aveva cessato di esistere. Molto del dolore che ho provato negli anni è stato per questo essere umano non nato, rifiutato e rinnegato. Così quando lei ha detto "Puoi dare un nome al tuo bambino", qualcosa in me è cambiato. Non dimenticherò mai quelle parole, perché egli dopo è diventato un bambino, recuperato dal secchio della spazzatura nel quale era stato tanto brutalmente gettato. Grazie per averlo riconosciuto, per avermi aiutato a ritrovarlo, per avergli restituito la dignità che io gli avevo negata. Ora posso essere un po' più tranquilla con me stessa, sapendo che egli è stato innalzato dagli abissi fino ad essere posto amorosamente nelle mani di Dio". La verità ci libera.

Tratto da: “ Maria di Fatima” – 2005

 

Preghiera ai nostri fratellini non nati

Matteo, 25.40: "Tutto quello che farete ad uno di questi vostri fratelli più piccoli, lo avrete fatto a me"

Piccoli martiri che siete nel Cuore del Padre e nell'immenso amore di Maria, vi preghiamo di intercedere per noi perché riceviamo lo spirito di Fortezza che ci aiuti a combattere il male e, liberi della sua influenza, viviamo come creature divine, degni figli di Dio.

Nella vostra morte si ripete la crocifissione di Gesù, perciò voi potete molto presso il Padre Dio, perché Egli amorosamente cambi i cuori di coloro che per diverse circostanze giungono al crimine dell'aborto, ottenete per le vostre madri terrene il perdono per non aver avuto il coraggio di portarvi a vedere la luce e a noi perché abbiamo la forza per continuare nella lotta contro questo omicidio e il peccato in tutte le sue forme.

Accogli, Signore, con l'intercessione di Maria, sempre Madre, le nostre richieste, perché termini nel mondo la terribile pratica dell'aborto .

Tratta da: “Dio è Padre” - 2000

Imprimatur

T. Larrea

Arcivescovo di Guaynquil

2° giugno 1999

martedì 23 febbraio 2021

Giornata per la vita. Mons. Suetta: «Abrogare la 194»

 


Nel suo ultimo messaggio alla Diocesi in occasione della 43esima Giornata per la vita che si celebrerà domenica 7 febbraio ha usato parole chiare per definire l’aborto «un delitto, un omicidio che nel 2020 è stata la principale causa di morte nel mondo con i suoi 42,6 milioni di vittime».
Più dell’infarto (17,9 milioni), più del cancro (8,7 milioni) e più del covid con i suoi 1,8 milioni di morti. Ma ha denunciato che di fronte all’«atrocità di questa pratica spaventosamente diffusa (…) tanto “buonismo” e tante affermazioni di principio a tutela dei diritti umani vanno a schiantarsi contro la malvagia convinzione che sia possibile sopprimere una vita nel grembo materno».

Il vescovo di Sanremo e Ventimiglia Antonio Suetta (in fototeme soprattutto una cosa: «L’insistente propaganda che tende ad assuefare le coscienze» e il fatto che «molti cristiani si avventurano a dire sciaguratamente che sia legittimo o addirittura doveroso garantire una sorta di “diritto all’aborto”». La Bussola lo ha intervistato alla vigilia della ricorrenza.

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Eccellenza, che cos’è l’assuefazione all’aborto? 
È il diffondersi della legislazione sull’aborto a livello mondiale, che produce una mentalità dilagante che fa considerare che quello che viene autorizzato e approvato dalla legge civile sia automaticamente accettabile sotto il profilo morale.
Non è così, la legge naturale viene calpestata, si impone una concezione dell’uomo al centro dell’universo e i diritti dell’uomo vengono posti in una visione limitata e limitante. Si passa per diritto ciò che non è nemmeno un bisogno, è un capriccio.

Eppure, non se ne parla…
Noto purtroppo con grande preoccupazione che la vis polemica che era tipica di qualche tempo fa oggi è scomparsa.

Anche il mondo cattolico?
Spero che non sia per le stesse ragioni, ma credo che da parte di molti credenti ci sia l’idea di considerare questa come una battaglia persa. Molti pensano che tutto quello che si poteva dire sia stato detto, quello che si poteva fare sia stato fatto, d’altra parte il Catechismo e il Magistero sono molto chiari. E così si pensa, sbagliando, che sia ormai inutile e inefficace portare avanti questa battaglia.
C’è chi lo fa con la prospettiva che è quella di non esasperare o di non toccare i temi cosiddetti divisivi, però questo mi pare conduca a un grande equivoco, perché è vero che con molte persone di buona volontà noi cattolici possiamo condividere tante positive visioni della vita, ma non è possibile creare una sorta di livellamento in basso e al male oggettivo.

La Giornata per la vita nasce dopo l’approvazione della legge 194 che liberalizza l’aborto. Ma è una giornata ormai solo di semplice testimonianza. Quando secondo lei il mondo cattolico ha abbandonato le armi?
Ho vissuto da seminarista la stagione della lotta contro la legge nel ’78, la Chiesa combatté coraggiosamente, ho vissuto nel mondo della scuola i dibattiti, io da insegnante di religione, con i docenti, spesso di Filosofia e di Sinistra. E con la testimonianza di Santa Madre Teresa di Calcutta e gli esempi del grande movimento pro-life americano abbiamo toccato vette di dialettica importanti, poi però, direi dopo la morte di San Giovanni Paolo II questo spirito si è andato un po’ perdendo. Non perché i pontefici che gli sono succeduti abbiano trascurato di dire una parola chiara, anzi, ma forse perché la cultura dominante ha impoverito la riflessione, cercando di distogliere l’attenzione.

In che modo?
La cultura che è frutto della scristianizzazione e nello stesso tempo punta a una ulteriore e definitiva cancellazione dei cristiani ha pensato di poter sferrare un attacco decisivo.

Quando?
Ad esempio il mondo cattolico è stato aggredito dalla questione della pedofilia. Questione che andava affrontata, perché è una piaga consistente e distruttiva dentro la vita della Chiesa certo, però mi pare che da parte dei poteri dominanti e nella maggior parte dei media in mano a questi poteri, si sia usato questo argomento per screditare la Chiesa nel tentativo di toglierle voce e autorevolezza su tutte le altre questioni su cui è chiamata a pronunciarsi.

Il risultato oggi è che dire che l’aborto è un omicidio è fonte di impopolarità e a volte di rischio.
La forma del linguaggio ha il suo valore dal punto di vista della comunicazione. Oggi si tende a parlare di omicidio e si intendono determinati avvenimenti, poi si parla di efferati delitti e se ne intendono altri, quelli che sono da tutti riconosciuti come delitti efferati, come la violenza sul minore o sulle donne, poi però sembra che l’aborto, da un punto di vista lessicale, sia relegato a una categoria a sé stante: questa mancanza di chiarezza da punto di vista linguistico serve a supportare quella concezione sbagliata per cui ciascuno, credente o no, sia libero di ritenere l’aborto lecito o non lecito, ma ritenga che tuttavia sussista una sorta di diritto all’aborto da parte di chi lo richiede. Questo non è accettabile. Il fatto stesso che l’argomento dell’aborto sia relegato alla voce “salute riproduttiva” è improprio.

Non trova che il problema sia anche politico? Oggi nessun partito è davvero contrario all’aborto, I pochi che ne parlano in termini negativi si fermano al sostegno alle donne che decidono di non abortire. Lodevole, ma insufficiente…
Uno dei fattori dominanti nella vita politica è quello di cercare il consenso. Chi fa politica vuole realizzare i suoi programmi, ma si ferma a una considerazione troppo superficiale della popolarità che fa ritenere che quello che non riscuote successo, o peggio che viene deriso e emarginato perché ritenuto oscurantista, non possa essere detto. Dovremmo interrogarci anche noi su questo.

In che senso?
L’unico modo per combattere efficacemente questa attitudine sbagliata è quello che la Chiesa insista sempre di più nel presentare diffusamente la dottrina. Dobbiamo porci il problema non solo di avvicinare le persone a un senso di Dio, a una spiritualità, alla preghiera e al servizio del prossimo, ma nello stesso tempo bisogna rendere consapevoli i credenti che la fede ha un suo patrimonio nel depositum di verità che va praticata. Se la vita non è più concepita secondo la prospettiva evangelica diventa più difficile per chi si impegna in campo politico individuare correttamente il bene comune.

Oggi dell’aborto sappiamo tante cose: conosciamo le sue ricadute psicologiche, abbiamo gli strumenti per aiutare le donne, la scienza toglie anche le “scuse” che un tempo erano usate. Eppure, parlare di abrogazione della legge 194 è ancora tabù.
È vero. Le donne che hanno affrontato la tentazione dell’aborto testimoniano di aver compreso l’errore e le donne che sono cadute nella trappola dell’aborto hanno capito il male profondo che sta dentro questa scelta contro la vita, i grandi progressi della scienza medica, sono tutti fattori che dovrebbero essere a favore della scelta per la vita. Le condizioni per superare questo tabù ci sono tutte, nulla ci deve impedire di parlare serenamente di un superamento della legge sull’aborto. Non solo evitare il ricorso a essa, ma anche la sua stessa abrogazione dal punto di vista legislativo.

Perché ancora questo tabù, allora?
Il tabù dipende da una posizione ideologica, che è assolutamente rigida e tragica, la quale dipende da una concezione utilitaristica della vita. Sotto sotto, anche se si dice nella maniera più elegante, ma passa l’idea che il rimanere in pochi, sani e belli per stare tutti bene e felici, sia la soluzione migliore. È questa l’idea che oggi serpeggia. È una prospettiva utilitaristica non solo sbagliata, perché mortifica la dignità dell’uomo, ma è miope. Infatti, le società più opulente e progredite sono anche le società più vecchie e spente demograficamente.

Abbiamo scritto di un sacerdote siciliano, padre Bruno De Cristofaro che è stato “linciato” mediaticamente per aver paragonato l’aborto all’olocausto. È anch’egli un martire della verità?
Il cattolico è sempre chiamato a dare testimonianza con la disponibilità di dare anche la vita, ma anche laddove non si raggiungano questi fenomeni di persecuzione fisica e cruenta, la persecuzione ideologica è una sorta di ostracismo assoluto nei confronti dei cristiani da parte dell’intellighenzia e dei media. Credo che la vicenda di padre De Cristofaro, a cui va la mia solidarietà, la mia comprensione e la mia condivisione, sia emblematica di questa situazione.

Aborto come l’olocausto?
È un paragone, non significa negare una tragedia, non significa dire che una tragedia è peggiore di un’altra, ma è un sottolineare come la diversità delle modalità o del contesto non possano essere mai un’attenuante rispetto all’aggressione della vita umana.

È stato attaccato per aver parlato di Mengele…
Il ragionamento di De Cristofaro era giusto, ha fatto riferimento alla barbarie di Mengele, il quale aveva tracciato una linea sul muro e usava quella linea come criterio di selezione. Non ha avallato in nessun modo, né ha attenuato la tragedia dell’Olocausto, che, ribadisco anche io in tutta la sua gravità e la sua vergogna. Ma la stessa cosa va detta anche oggi: l’aborto c’è e, pur nella diversità di contesto, ha lo stesso valore in gioco, la stessa responsabilità.

fonte: https://www.lanuovabq.it/it/il-vescovo-suetta-aborto-basta-tabu-abrogare-la-194

 

C’è assuefazione all’aborto, molti cattolici pensano che ormai la battaglia sia persa. Invece i tempi sono maturi per superare il tabù dell’abrogazione della legge 194». Intervista al vescovo di Sanremo, Suetta, alla vigilia della 43esima Giornata per la vita. «I partiti cercano il consenso, ma se la Chiesa non insiste sulla vita in prospettiva evangelica, è difficile che il politico individui il bene comune». La solidarietà al prete “linciato” per il paragone tra aborto e Olocausto: «Ha ragione, il suo è come un martirio, la persecuzione ideologica è l’ostracismo assoluto».

mercoledì 23 dicembre 2020

Dopo l'aborto



È normale soffrire una perdita di gravidanza, inclusa la perdita di un bambino per aborto. Può formare un buco nel cuore, un buco così profondo che a volte sembra che nulla possa riempire il vuoto.


Karen ha 23 anni. Ha finito il college l'anno scorso e ha ottenuto il lavoro dei suoi sogni nelle arti grafiche. Il lavoro è creativo e stimolante. Karen è carina e ha molti amici, quindi è spesso inclusa nel circuito delle feste al lavoro. Dovrebbe essere felice ed eccitata. Dopotutto, la sua vita inizia proprio come la pianificava attentamente. Ma invece, si sente morta e noiosa dentro. Resta al passo con il suo lavoro, ma non porta la gioia che pensava avrebbe fatto. Si sente distante dalle sue soddisfazioni. Non si sente creativa come una volta e non capisce la tristezza distante e noiosa che prova nonostante i suoi successi.
Karen ha abortito al college. Pensava di avere una relazione seria e impegnata con il suo ragazzo, ma quando gli disse che era incinta, non ne era affatto contento. Le disse che la decisione spettava a lei, ma se avesse voluto un aborto, avrebbe pagato per questo. Sentì la sua mancanza di impegno nei suoi confronti e nei confronti del suo bambino e decise di abortire. Due delle sue coinquiline avevano abortito e in seguito sembravano bene. Cosa c'è di sbagliato in lei che si sente così depressa al riguardo?
La storia di Karen si ripete ogni giorno nei campus universitari e nelle scuole superiori di tutto il paese. Dal 1973, quando la decisione di Roe v. Wade legalizzò l'aborto, circa ventotto milioni di donne negli Stati Uniti hanno avuto uno o più aborti. Queste erano donne che sono state sfidate e stressate dalle circostanze che circondano la gravidanza, e le persone su cui normalmente farebbero affidamento per il sostegno in circostanze difficili non erano in grado, non disposte o non disponibili ad aiutare con la gravidanza in crisi. I fidanzati, anche i mariti, dissero che non erano "pronti per la paternità". Una donna a cui manca il supporto e l'incoraggiamento volontario del padre per aiutare a crescere il bambino ha maggiori probabilità di scegliere l'aborto.
La società dice alle giovani donne come Karen che l'aborto risolverà il loro problema. Non dice nulla sui problemi che crea l'aborto. I sostenitori dell'aborto affermano che si tratta di una procedura semplice senza impatto duraturo. E le donne che conoscono meglio non discutono, certamente non pubblicamente, di come l'aborto abbia cambiato la loro vita in peggio. Si vergognano dell'aborto e si vergognano dell'incapacità di "affrontarlo" come pensano le altre donne. E così l'inganno continua.
Ma se la società nega la perdita della madre, il suo corpo no. Dio prepara una donna psicologicamente e fisicamente per la maternità. Quando una donna è incinta si sente diversa. Entro pochi giorni dal concepimento, anche prima che il piccolo embrione si annidasse nella sua parete uterina, nel suo flusso sanguigno si trova un ormone chiamato "fattore di gravidanza precoce", che avvisa le cellule del suo corpo in gravidanza. Ora il suo corpo potrebbe desiderare cibi diversi, potrebbe aver bisogno di più riposo. Nuove cellule iniziano a crescere nel suo seno, cellule che matureranno e secerneranno latte appositamente formulato per le esigenze di un neonato. Comincia a pensare "piccola". Comincia a notare i bambini per strada, nel negozio, in televisione. Può sognare il suo bambino di notte e fantasticare sul suo bambino durante il giorno. Che nome? A chi assomiglierà?
Ma se vuole abortire, deve cercare di fermare questo processo. Deve negare i sentimenti materni che entrano nella sua coscienza. Deve credere che ciò che è dentro di lei non sia completamente un bambino. Deve interrompere il processo di pensare al suo bambino come "suo bambino".
Ma sebbene la sua mente possa dire una cosa, la sua vita emotiva e le sue cellule del corpo ne dicono un'altra. Se ha l'aborto, le stesse cellule del suo corpo ricordano la gravidanza e sanno che il processo di cambiamento che stava avvenendo è stato interrotto in modo innaturale. Il suo corpo e le sue emozioni le dicono che è una madre che ha perso un bambino. E quindi non sorprende che dopo l'aborto, un dolore cominci a emergere dal profondo del suo cuore. Ha una perdita da piangere, ma non può permettersi di soffrire. Il lutto richiederebbe di ammettere a se stessa che un bambino è stato ucciso durante l'aborto e che condivide la responsabilità della morte di suo figlio. Questo è un onere molto pesante da sopportare, quindi ricorre alla negazione per far fronte: negazione dell'umanità del bambino, "non era un bambino, quindi non ho nulla di cui addolorarmi o sentirmi in colpa", e negazione di lei dolore emotivo "Dovrei sentirmi bene," ragiona. 'Lo fanno tutti gli altri. Non devo sentirmi in questo modo o pensare all'aborto. "
L'aborto è un'esperienza estremamente innaturale per il corpo di una donna e il suo istinto materno. Le reazioni negative sono prevedibili e non dipendono dalle credenze religiose di una persona o dalla salute mentale generale. È vero che le donne e gli uomini con precedenti problemi psicologici o con forti convinzioni religiose sono più vulnerabili ai problemi post-aborto, ma ci sono ripercussioni per tutte le donne coinvolte in un aborto. In uno studio condotto da Anne Speckhard, Ph.D, l'85% delle donne ha riferito di essere sorpresa dall'intensità della loro reazione emotiva all'aborto. Queste reazioni includevano disagio nei confronti dei bambini, sentimenti di scarsa autostima, senso di colpa, sentimenti di rabbia, depressione, dolore, aumento del consumo di alcol, pianto, incapacità di comunicare e sentirsi suicidi. Eppure il 72% dei soggetti non ha riportato credenze religiose identificabili al momento dell'aborto.
Le reazioni post-aborto sono specifiche e identificabili. Provengono principalmente dal problema della negazione e della soppressione dei sentimenti. Quando sopprimiamo una delle nostre emozioni, influisce su tutte. Questa è la base del trauma post-aborto: la negazione del bambino e la negazione dei nostri sentimenti. Ciò provoca sintomi di reesperienza, evitamento e lutto influenzato.
Riesperienza: il trauma dell'aborto può essere rivissuto in vari modi. Alcune donne sperimentano ricordi e flashback dell'aborto e sogni del nascituro. Alcuni sperimentano un intenso disagio psicologico da parte di persone o cose che ricordano loro l'aborto, come vedere donne in gravidanza o passare una clinica per l'aborto. Intenso lutto e depressione possono verificarsi nelle date dell'anniversario dell'aborto o della data prevista di scadenza del bambino.
Molti esempi possono essere dati di nuova esperienza. Un certo numero di donne con cui ho lavorato hanno difficoltà a fare un esame cervicale o ad andare in ospedale. Questi eventi causano tanta ansia da non essere più in grado di tollerarli. Molte donne che conosco hanno incubi sul loro aborto o sul bambino. Un ampio studio finlandese che ha esaminato tutti i suicidi tra le donne in un periodo di otto anni ha scoperto che le donne che avevano avuto un aborto si suicidavano a un tasso tre volte superiore alla popolazione generale e quasi sei volte il tasso delle donne che avevano partorito.
I centri di servizi per la gravidanza a vita negli Stati Uniti segnalano che molte donne rientrano nei centri in stato di gravidanza alla data dell'anniversario dell'aborto o alla data di nascita del bambino abortito. Questo potrebbe essere un tentativo di affrontare la tristezza di questi giorni. Un sondaggio di 83 donne post-abortive condotto da Kathleen Franco, MD del Medical College of Ohio, illustra quanto sia diffuso il problema delle reazioni dell'anniversario. Trenta degli intervistati hanno avuto reazioni fisiche o emotive nell'anniversario dell'aborto o nella data di scadenza. Questi includevano problemi come pensieri suicidi, mal di testa, sintomi cardiaci, ansia, abuso di alcol e droghe o altri abusi verbali nei confronti dei loro figli.
Le donne hanno anche sintomi di evitamento. Questi includono l'evitamento di qualsiasi cosa associata al trauma dell'aborto o intorpidimento della reattività che era presente prima dell'aborto. Questi includono sforzi per evitare o negare pensieri o sentimenti associati all'aborto; sforzi per evitare attività, situazioni o informazioni che potrebbero causare un ricordo dell'aborto; incapacità di ricordare l'esperienza dell'aborto o un aspetto importante dell'aborto. Altri sintomi significativi includono un interesse molto ridotto per attività significative, sensazione di distacco o allontanamento dagli altri, ritiro nelle relazioni o riduzione della comunicazione. Alcune donne hanno una gamma ristretta di affetti, come l'incapacità di provare sentimenti amorevoli o teneri.
Karen, che abbiamo incontrato all'inizio di questo articolo, è un esempio di problemi creati dall'evitamento. Sebbene abbia un buon lavoro e uno stile di vita felice, perché non permetterà che i suoi sentimenti di dolore e senso di colpa siano coscienti, non può provare tutta la sua gamma di emozioni. Deve stare in guardia per non pensare al suo aborto. Come comunemente accade, poco dopo l'aborto terminò il rapporto con il fidanzato. Non poteva più identificarsi con lui. Le donne che hanno subito l'aborto possono essere raggruppate come segue: 1) coloro che soffrono di reazioni post-aborto su base acuta o cronica; e 2) coloro che non hanno problemi identificabili ora ma sono a rischio in un futuro "momento di stress" (come una gravidanza, una crisi nella vita, la morte di una persona cara). Le reazioni possono essere gravi o lievi e possono variare nel corso della vita di una persona.
Purtroppo molte donne non cercano aiuto per i problemi legati all'aborto fino a circa cinque-dodici anni dopo l'aborto. Nel frattempo possono soffrire profondamente poiché alcuni di questi sintomi possono ripresentarsi periodicamente. Si possono provare vari metodi per gestire il dolore risultante: alcol, droghe e droghe illegali, promiscuità, iperattività (maniaco del lavoro), punirsi se stessi in una relazione abusiva o sviluppare disturbi alimentari, ad esempio. Altri possono tentare di rimpiazzare il bambino perduto rimanendo di nuovo incinta, e altri rievocano sia la gravidanza che l'aborto, sperando di rendere l'esperienza di routine e non traumatica (o di punirsi). Sfortunatamente, ognuna di queste strategie produce ulteriore dolore e problemi.
A volte la reazione all'aborto è molto ritardata. Man mano che maturiamo e abbiamo l'opportunità di riflettere sulla nostra vita, potremmo pentirci delle nostre decisioni passate. I consiglieri a volte incontrano donne anziane sopraffatte dal dolore per la perdita di un bambino all'aborto verificatosi molti decenni prima, un dolore che è stato seppellito, più o meno con successo, fino ad allora. Di recente un'amica mi ha raccontato di una donna di settantacinque anni che conosceva e che singhiozzava in modo incontrollato per un aborto avvenuto più di cinquant'anni fa. Non è mai stata in grado di avere un altro figlio e stava affrontando la prospettiva di vivere da solo i suoi anni in declino.
Poco più di un quarto delle donne (dai 15 anni in su) negli Stati Uniti ha subito un aborto. Le donne, e tutte le persone coinvolte nella decisione di abortire, devono credere, o cercare di credere, che non ci fosse vita umana nell'utero. Ammetterlo significa ammettere complicità nell'uccisione di un essere umano innocente. Condannare l'aborto significherebbe condannare se stessi o la moglie, la figlia, la sorella o l'amico che amano. E così la società rifiuta di riconoscere i fatti incontrovertibili sulla vita umana prima della nascita.
Molte persone vicine a una donna in una gravidanza in crisi non si sentono a proprio agio con la decisione di interrompere, ma non sanno cosa dire. Vogliono essere solidali e non giudicare, quindi dicono qualcosa del tipo: "Sei davvero in una brutta situazione e sosterrò qualunque cosa tu decida". La risposta utile, la risposta giusta dovrebbe essere: 'Non abortire. Non ti abbandonerò. Insieme troveremo un modo per farti avere il tuo bambino. '
Una storia vera illustrerà come l'aborto danneggia gli altri oltre il bambino e la madre. Joanne e Rob (non i loro veri nomi) erano sposati e avevano figli. Rob ha perso il lavoro e stavano rapidamente esaurendo i risparmi quando è rimasta incinta. Joanne sentiva che avrebbe dovuto abortire. Rob la pregò ripetutamente di non farlo. Joanne era molto ambivalente e decise di chiedere consiglio a sua madre, che si sentiva una buona cattolica e una persona che ammirava.
La madre di Joanne ascoltò pensosamente e con voce comprensiva disse: 'Capisco cosa stai provando e perché vuoi un aborto. Ho pensato anche all'aborto in alcune delle mie gravidanze e posso capire perché ritieni che abbia senso in questa situazione. Sosterrò qualunque cosa tu decida. "
Joanne sentì che sua madre le aveva dato il permesso per l'aborto e così ha proseguito. Poco dopo, Rob ottenne un nuovo lavoro, la loro situazione finanziaria migliorò e Joanne ebbe una grave reazione di dolore, ansia e senso di colpa che richiese cure psichiatriche attive. Era molto arrabbiata, non con suo marito che si opponeva all'aborto, ma con sua madre, che si aspettava di fermarla. L'aborto ha interessato l'intera famiglia - la relazione matrimoniale, gli altri bambini che sapevano che un fratello o una sorella erano stati abortiti, la sua relazione con sua madre e con altri parenti che conoscevano o indovinavano. Rob si era sentito impotente, incapace di proteggere la vita di suo figlio e sentiva che Joanne aveva perso la fiducia nella sua capacità di provvedere alla famiglia. L'aborto ha insegnato a tutti loro che questa famiglia non era così sicura e vicina come avevano pensato. Consentirebbero a un membro della famiglia di essere sacrificato prima di aiutarsi a vicenda con un prestito o altra assistenza. L'aborto ha interrotto la sicurezza della famiglia in modo più permanente di quanto non avrebbero mai fatto i problemi finanziari.
La Chiesa cattolica ha da tempo riconosciuto l'impatto dell'aborto sulle donne e sulle loro famiglie. Mentre la legge e la società spesso mettono gli interessi di una madre contro quelli del suo bambino non ancora nato, la Chiesa riconosce che i loro migliori interessi sono uniti. Ciò che è meglio per il bambino è anche meglio per la madre.
Il progetto Rachel è iniziato più di quindici anni fa come un raggio d'azione della Chiesa cattolica per donne, uomini e famiglie che sono state colpite dall'aborto. La Chiesa è un luogo di guarigione. Dice la verità sull'aborto a uomini e donne che contemplano questa azione. 'Non farlo! È sbagliato e farà male a te e al bambino ", ma dice anche tutta la verità:" Se hai abortito, la misericordia di Dio è abbastanza grande da perdonare anche quello ". Gesù offre perdono e guarigione. Offre la speranza e la promessa di risurrezione e riunione con il bambino che sta aspettando i suoi genitori in cielo.
Alle persone che chiamano Progetto Rachele vengono offerti rinvii a consiglieri professionisti o a sacerdoti appositamente formati per la guida spirituale e il Sacramento della Riconciliazione. Ma sostanzialmente tutti nella Chiesa fanno parte del Progetto Rachele. Ognuno fa parte del ministero di guarigione di Cristo. Potresti conoscere qualcuno che pensi abbia abortito. Non accusare o confrontarsi mai. Una semplice parola che toccherà i loro cuori e li libererà dalla paura e dall'isolamento può iniziare il processo di guarigione.
Potresti dire qualcosa del tipo: "Sai, ho appena letto questo articolo sul trauma post-aborto. Ha detto che le donne e gli uomini che hanno subito l'aborto possono soffrire per anni di rimorso, depressione, ansia, incubi e preoccupazioni per la loro decisione. Molte volte pensano che ci sia qualcosa che non va in loro, ma in realtà stanno soffrendo per la perdita del loro bambino. ' Puoi continuare a spiegare che la Chiesa ha un ministero del Progetto Rachele come mezzo di guarigione. Semplicemente dare alle persone informazioni come questa può aiutare. Prega che alla fine parleranno con qualcuno. In un "messaggio speciale alle donne che hanno abortito" nel Vangelo della vita, Papa Giovanni Paolo II spiega come le loro vite possono essere trasformate dal ministero di guarigione della Chiesa:
Capirai che nulla è definitivamente perso e potrai anche chiedere perdono a tuo figlio, che ora vive nel Signore. Con l'aiuto e il consiglio amichevoli ed esperti di altre persone e come risultato della tua esperienza dolorosa, puoi essere tra i più eloquenti difensori del diritto alla vita di tutti. Attraverso il tuo impegno per la vita, accettando la nascita di altri bambini o accogliendo e prendendosi cura di coloro che hanno più bisogno di qualcuno che gli sia vicino, diventerai promotore di un nuovo modo di guardare alla vita umana.

Il vangelo della vita, sec.

Sr. Paula Vandegaer