Questo crocifisso, fatto esporre dalla Gerarchia bresciana, il 20 settembre 1998, in un campo sportivo di Brescia, era il simbolo della “beatificazione” e della “canonizzazione” di Paolo VI che Giovanni Paolo II, in quell’occasione, aveva presentato come date per certe e scontate.
PAOLO VI
a vent’anni dalla morte (1978 - 1998)
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SITUAZIONE DELLA CHIESA ALLA MORTE DI PAOLO VI
Dopo questo breve squarcio d’assieme, a mo’ di cornice, faccio punto, per rifarmi ancora alle parole di Giovanni Paolo II, pronunciate a Brescia la domenica 20 settembre 1998 e che abbiamo riportate all’inizio dell’articolo. Ma mi rifaccio col ripetere, prima, le parole pronunciate dallo stesso Paolo VI all’udienza del 31 dicembre 1975, a chiusura dell’Anno Santo, in cui disse: «… Noi abbiamo esortato tutto il mondo a promuovere la “CIVILTÀ’ DELL’AMORE”, ciò che costituisce tutto un programma. Sì, così deve essere… il princìpio della nuova ora di grazia e di buona volontà che il calendario della storia apre davanti a noi: LA CIVILTÀ’ DELL’AMORE!». Che voleva dire?.. Lo spiegò Lui stesso: «Noi vogliamo aprire alla vita degli uomini, in questa congiuntura storica, le vie di una civiltà e di un benessere migliore, animato dall’amore. E per civilizzazione, Noi intendiamo quell’assieme di condizioni morali, civili e materiali, che permettono alla vita umana delle migliori possibilità di esistenza, una pienezza ragionevole, un felice destino eterno».
1) Dunque, per Paolo VI, il fine da perseguire è quello della cultura e del “benessere”, in questo mondo, e la vita eterna nell’altra; come aveva già scritto nella “Populorum Progressio”, e come si scrisse, in Concilio, sulla “Gaudium et Spes”. 2) Il “mezzo” per raggiungervi è l’Amore, al posto dell’odio, delle ingiustizie, della guerra, della violenza che, “ancora oggi”, agitano e rattristano l’umanità. 3) Il fondamento di questo bel progetto di “una umanità civilizzata, felice”, è il CULTO DELL’UOMO. Paolo VI, infatti, lo proclama nella parte finale della Sua allocuzione: «Facciamo Noi un sogno quando parliamo della Civiltà dell’Amore? No! Noi non sogniamo! Se essi sono autentici (?), se essi sono umani, gli ideali non sono dei sogni; essi sono dei doveri, specialmente per noi cristiani. Ed essi sono tanto più urgenti e fascinosi quanto il brontolìo dell’uragano scuote più a lungo gli orizzonti della nostra storia. Essi sono una forza, una speranza. IL CULTO – e si tratta bene di questo, ora! – CHE NOI ABBIAMO PER L’UOMO, ci conduce a quello, quando noi ripensiamo a questa celebre frase di un Padre della Chiesa, il grande Sant’Ireneo: “L’uomo vivente è la gloria di Dio”»3 . Ora, per noi, questa allocuzione di Paolo VI sente di una visione teilhardiana, ma è anche il Suo stile, romantico, nostalgico e progressista; ed anche il Suo pensiero utopico e messianico; oltre che un Suo messaggio immutato fin dall’inizio del Suo discorso: «Cercate la felicità in questo mondo, attraverso le dolcezze dell’amore universale che il culto dell’uomo ispira, nella paternità di un Dio di cui c’è tutta la gloria»! Comunque, Sant’Ireneo non ha mai detto né scritto che la gloria di Dio costituisce in una buona vita tranquilla, nel benessere, nella cultura, nell’amore del mondo. Quella affermazione, quindi, di Paolo VI, a riguardo di Sant’Ireneo, è una autentica falsificazione del testo. Sant’Ireneo, infatti, ha detto, sì: “Gloria Dei vivens homo”, e cioè che la gloria di Dio è l’uomo vivente, ma questa Sua frase, così, non è completa, perché essa continua dicendo: “ET VITA HOMINIS VISIO DEI”!.. la vita dell’uomo è la “Visione di Dio”! Il dire di Paolo VI, quindi, olet di materialismo, di religione dell’uomo e della terra. Egli, cioè, invoca Dio, ma solo per farLo garante dell’errore che Egli stava dicendo! Ma allora, cos’è questa Sua “Civiltà dell’Amore?”.. Qui, mi basta ricordare quello che scrisse il Suo maggior amico, Jean Guitton, nei suoi “Dialoghi”: «Io, prima di aver ascoltato Paolo VI, mai avevo sentito parlare di MONDO con un tale accento d’ammirazione, di fervore» (p. 297). Non sarà fuori luogo, perciò, che richiamiamo, qui, anche quello che scrisse l’evangelista San Giovanni: «NON AMATE IL MONDO, NÉ CIO CHE SI TROVA NEL MONDO. SE QUALCUNO AMA IL MONDO, L’AMORE DEL PADRE NON E IN LUI» (1 Jo. 2, 15). Leggete la “Volgata”4 e comprenderete la differenza che c’è tra “amore” e “amore”: “Si quis diligit mundum, non est caritas Patris in eo” (= Se qualcuno ama il mondo, in lui non c’è l’amore del Padre). Anche San Pio X, nella Sua “Lettre sur le Sillon” (N. 11), ha scritto: «No, Venerabili Fratelli… non si edifica la città se non l’edifica Dio… No, la civiltà non è più da inventare, né la città nuova è da edificare sulle nuvole. Essa c’è stata; essa c’è: è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Non c’è altro da fare che instaurarla e di restaurarla di continuo sui suoi fondamenti naturali e divini, contro gli attacchi sempre rinascenti dell’utopia malsana, della rivolta e dell’empietà: OMNIS INSTAURARE IN CHRISTO!». Che dire, allora, di quel parlare di Paolo VI quando accarezza la sua utopia pacifista, umanista, giudeo-massoni ca?.. Si legga anche la Sua “Esortazione Apostolica: Evangelii Nuntiandi” del 18 dicembre 1975; un documento di 22 pagine, con 135 “note”, comprendenti 127 citazioni del N. T., di cui 46 prese dal Vangelo, 1 dall’A. T., 35 dagli “Atti” del Vaticano II, e 6 di altri Concilii, 12 dai Padri della Chiesa, 4 diversi…; un documento, quindi, di Magistero autentico, che congiunge Rivelazione biblica e insegnamenti conciliari. Ebbene, io qui, cito un testo di Gesù quando disse ai suoi Apostoli e ai discepoli: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate, dunque, e insegnate a tutte le Nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a praticare tutto quello che Io vi ho comandato. Ed ecco che IO sono con voi fino alla fine dei tempi» (28, 18-26). E in S. Marco: «Andate per il mondo intero a predicare il Vangelo a tutte le creature. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; chi non crederà, sarà condannato» (16, 15-16). Ora, di questi due testi integri di Gesù, quali li leggiamo nel Santo Vangelo, non v’è alcuna traccia nell’Esortazione sopra indicata, di Paolo VI, se non quei tre brani che io ho sottolineato. Quindi, la mutilazione del testo di S. Marco è fragrante e significativa; come pure le omissioni nel testo di S. Matteo. Una vera estrapolazione da inganno! Un vero tradimento della Fede! Infatti, perché quel Suo modo diverso di annunciare la “Buona Novella” al Mondo moderno? Perché quel Suo sottacere l’obbligo che gli uomini hanno di credere?.. l’obbligo del Battesimo, sotto minaccia di dannazione?.. l’obbligo della Morale insegnata da Cristo? Ma allora, per Paolo VI non valeva più la formula dogmatica: “Extra Ecclesiam nulla salus”? (“Fuori della Chiesa non c’è salvezza?”5 )… Ma allora non è più necessario il Battesimo per salvarsi, né l’Eucarestia per conoscere e raggiungere la vita eterna?.. Ma allora non sono più parti integranti del “depositum Fedei”?.. Era così che Paolo VI voleva che si predicasse la “Buona Novella”, quella cioè, che condurrebbe alla Sua “Civiltà dell’Amore”? Povera Chiesa se così fosse! perché fare questo sarebbe un passaggio formale della religione cattolica a un super-protestantesimo, a un modernismo integrale, a una religione di democrazia totale! Ma fare questo, sarebbe proprio un adottare quel “CULTO DELL’UOMO” che noi abbiamo già denunciato del nostro libro: “Paolo VI... beato?”. Comunque, la PAROLA di Gesù è ben altra cosa: «Vai indietro, Satana! Sta scritto: ADORERAI IL SIGNORE DIO TUO E LUI SOLO SERVIRAI!» (Mt. 4, 10). Che cos’è, allora, quel vaneggiare di Paolo VI sulla Sua fantastica “CIVILTÀ DELL’AMORE?”. Si direbbe che Egli misconoscesse perfino l’Apocalisse di San Giovanni evangelista, in cui si parla dei tremendi castighi di Dio, di un Suo “redde rationem” finale a tutta l’umanità che Lo ha abbandonato, negato, rinnegato, vituperato, dileggiato, messo al bando anche in tutta la vita civile... Non è, certo, serena visione di una avvenuta “Civiltà dell’Amore”! Anche se avesse tenuto presente quest’altra frase del Signore: «... ma il Figlio dell’uomo, alla Sua venuta, troverà fede sulla terra?» (Lc. 18, 8), non avrebbe sognato quell’avvenire di bengodi universale per tutti, in un ricreato “paradiso terrestre”!
E poi, come poter parlare di completa “Civiltà dell’Amore”, quando già Gesù Cristo aveva detto che chi Lo segue non può “servire due padroni”, perché o si serve l’uno o si serve l’altro! E doveva pur sapere che chi serve Gesù, il vero unico Padrone, è sicuramente perseguitato dall’altro. «Se il mondo vi odia, sappiate che ha già odiato Me prima di voi». «Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel che è suo; ma poiché non siete del mondo, ma IO vi ho scelti di mezzo al mondo, per questo il mondo vi odia»... «Non c’è servo più grande del suo padrone». «Se hanno perseguitato ME, perseguiteranno anche voi» (Jo. 15, 18-25). E potrei continuare, dimostrando che questo scandaloso connubio del tanto predicato “Vogliamoci bene!”, in vista della futura “Civiltà dell’Amore”, è e sarà tutt’altro che reale. Infatti, Gesù dice ancora «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno»... «Vi metteranno addosso le mani e vi perseguiteranno, traducendovi nelle sinagoghe e nelle prigioni... a motivo del mio nome»... «e sarete traditi persino dai genitori e dai fratelli, da parenti ed amici, e ne metteranno a morte tra di voi; e sarete in odio a tutti, a motivo del mio nome» (Lc. 21, 10-19). Venti secoli di storia lo stanno a testimoniare! Per cui si tenga sempre presente il detto del profeta Geremia: “MALEDICTUS HOMO QUI CONFIDIT IN HOMINE” (= MALEDETTO L’UOMO CHE PONE LA SUA CONFIDENZA NELL’UOMO!). (Jer. 17, 5). “Chiesa viva” *** Aprile 2014
del sac. dott. Luigi Villa