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domenica 22 settembre 2024

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato

 


CONVERSIONI. 


1) - CONVERSIONE DEL SIGNOR LUIGI DE MERCURIO, DI BENEVENTO  

Il signor Luigi De Mercurio, nato a Benevento, ma abitante a Pietrelcina, non credeva a nulla, né a Dio, né a Cristo e meno ancora ai Santi.  

Quando si sposò, non volle in casa immagini Sacre di nessuna specie, anzi una volta sputò contro un quadro raffigurante S. Lucia, che la moglie invece amava e venerava. Più volte la sua signora e le signorine Florio, lo consigliarono di andare da Padre Pio, che lo avrebbe cambiato.  

- Padre Pio - ripeteva sempre - non riuscirà mai a farmi cambiare il cervello.  

Una notte, Padre Pio apparve in sogno alla moglie, e la consigliò di persuadere il marito di andare a S. Giovanni Rotondo.  

Il 19 giugno 1925, il signor De Mercurio, dovendosi recare per ragioni di affari a S. Giovanni Rotondo, si aggregò ad una comitiva di fedeli, che si recava dal Padre. Vi andò, oltre che per affari, anche per curiosità, cioè per dare una smentita alla moglie, che, come Catone l'Uticese, finiva i suoi discorsi dicendo: «devi andare da Padre Pio».  

La sera del 19 giugno 1925, egli si presentò dal Padre, che mai aveva veduto, e appena lo scorse, lui il ribelle, lui l'apostata, si sentì spinto da una forza sovrumana ad inginocchiarsi dinanzi e a baciargli la tonaca.  

Non seppe mai spiegarsi come avesse fatto ciò. Quando questo febbraio, il signor De Mercurio, mi raccontò ciò che io narro, soggiunse: «mi parve che due mani nerborute mi obbligassero a piegarmi, e fui costretto anche a baciargli la tonaca».  

Scese poi a S. Giovanni Rotondo, cogli altri, senza dire al Padre chi era.  

Il mattino dopo, fece la confessione da Lui e ricevette dalle sue sanguinanti mani la S. Comunione.  

Il fascino del Padre era grande, ma il tarlo roditore del dubbio era ancora vivo in lui.  

Egli voleva dal Padre una prova che lo convincesse definitivamente.  

Alla sera a cena, erano in 13, gli amici gli dissero:  

- Gigino, domani è il tuo giorno, ci pagherai qualche cosa.  

- Sì, sì, - rispose - vi pagherò l'anice.  

- È troppo poco.  

- Ebbene, berremo una bottiglia di «Strega».  

Il signor De Mercurio, narrandomi ciò, mi fece notare che: «fece tale promessa come spinto da una forza arcana».  

Andato a letto, pensando insistentemente a Padre Pio, si disse:  

«Padre, io ti crederò, se domattina nessuno dei miei compagni, mi farà gli auguri per il mio giorno, da quando mi alzo fino alla soglia della chiesa del convento, Tu dovrai essere il primo a farmi gli auguri».  

Egli disse appunto: «Tu sarai il primo a farmi gli auguri», perché sapeva che il Padre non conosceva il suo nome.  

Il mattino dopo, il 21 giugno (giorno di S. Luigi, cioè il suo onomastico) essendosi addormentato, venne svegliato dagli amici.  

- Gigino, fa presto, abbiamo fatto tardi, per colpa tua non potremo assistere alla Messa di Padre Pio.  

Nessuno gli fece gli auguri, pur chiamandolo per nome, né in casa, né durante la strada, che dal paese conduce al convento e che come altra volta ho detto, è lunga due chilometri; durante i quali più volte lo avevano chiamato per nome.  

Il suo cuore era sulle spine, ogni volta che sentiva chiamare «Luigi, Gigino o Giggi'» temeva che qualcuno gli ricordasse la promessa fatta la sera prima, non per il timore di dover pagare la bottiglia di «Strega», ma perché il suo dubbio lo avrebbe assillato nuovamente.  

«Ecco, - si diceva - ora lo dicono, ora lo dicono, è fatta, non credo più, non può darsi che tutti abbiano dimenticato che oggi è il mio giorno, sono in dodici, basta uno, basta uno che si ricordi, è sufficiente.  

A mano a mano che si avvicinava al convento, si ripeteva: «ancora cinquecento metri, poi trecento, ancora cento ... pochi metri...», finalmente, col cuore in tumulto, arrivò sulla porta senza che nessuno gli avesse fatto gli auguri.  

Ma non respirò del tutto.  

«Ed ora - si disse - come può il Padre farmi Lui gli auguri per il primo, se non conosce il mio nome? Non ho chiesto forse troppo? È impossibile, sono stato, uno sciocco».  

Padre Pio, dopo la Messa, si era ritirato nel coro per ringraziare il Signore.  

Cogli amici egli attese che uscisse: difatti poco dopo, sorridendo, Padre Pio uscì dal coro e venne verso di loro. Il cuore gli batteva da scoppiare.  

- Luigino, i miei auguri, oggi è il tuo giorno onomastico - disse il Padre appena lo vide.  

Luigi De Mercurio si sentì come preso da una morsa di acciaio, voleva parlare, voleva ringraziare, voleva sorridere, ma la voce gli rimase in gola e non pronunciò parola.  

Gli altri si guardarono stupiti e si meravigliarono di non avere ricordato all'amico la promessa della sera innanzi.  

De Mercurio, vinto lo sgomento, si inginocchiò dinanzi al Padre, gli baciò nuovamente la tonaca, alzò i suoi occhi verso Colui che tutto sapeva e pianse di gioia.  

Padre Pio lo guardò, parve dicesse:  

- La voce tace, ma il cuore parla.  

- Perdono, perdono, perdono, Padre, Voi solo sapete quello che ho pensato, Voi solo sapete quanto ho desiderato e temuto questo momento, sono vinto, sono vinto, sono vinto, credo, credo, credo, Vi amerò io pure come Vi amano tutti coloro che Vi avvicinano, diverrò io pure Vostro figlio spirituale ... Voi mi avete convertito.  

Qui faccio punto, ma ripeto al lettore che a Padre Pio, nessuno aveva mai detto che il signor De Mercurio si chiamava «Luigi».  


2) - CONVERSIONE DI UN BOLOGNESE  

1° Telegramma.  

S. Giovanni Rotondo, 27-12-1930. - Ritorno ora, niente entusiasmo. Saluti. - Emilio.  

2° Telegramma.  

S. Giovanni Rotondo, 28-12-1930. - Arrivo martedì mattina, ore 5,35. Sono emozionato. - Emilio.  

Più rapida di così, la conversione non poteva essere. Per gli increduli dirò che io conservo i telegrammi, se qualcuno vorrà vederli, li tengo a disposizione. Non pubblico il nome per deferenza.  

ALBERTO DEL FANTE 

domenica 22 ottobre 2023

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato

 


L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio. 


Origine del profumo  

Tale profumo ha origine da un olio volatile, che si forma nel corpo dei Santi.  

S. Giovanni Climaco, narra che un giorno osservò che dal cadavere di un santo uomo chiamato Menas, usciva dalle piante dei piedi un balsamo odorosissimo.  

S. Maria de' Pazzi, dopo la morte emanò per 12 anni un profumo delizioso, e quando fu estratto il suo cadavere, intatto, si riscontrò in esso un olio miracoloso e profumatissimo.  

Estratto dopo molto tempo, da una cassa di piombo, il corpo del Beato Felice da Cantalice, i medici osservarono nella cassa un liquore odoroso, che ritennero di natura soprannaturale.  

Le ossa della Abbatessa Franca, furono trovate insieme ad un olio profumato, così pure avvenne per quelle del Beato Angelo di Oxford.  

Quando fu estratto dal sepolcro, nel 1649, il corpo del Venerabile Francesco Olimpo, furono trovate le ossa nuotanti in un balsamo, che aveva il profumo di rose miste a quello del giglio.   

Lo stesso avvenne per S. Pasquale Baylon, per Giovanna da Orvieto, per S. Rosa da Viterbo, per Suor Eustacchia Religiosa Minorita, per S. Pasquale, per S. Alfonso; per Suora Salome, e per infinite altre creature morte appunto in odore di santità. 

Dai fatti sopra citati bisogna dedurre che tale disposizione esisteva pure in vita.  

Difatti S. Ludgarda, un giorno, sentendosi assai felice, volle mostrare ad un'amica le sue mani:  

- Vedete, sorella mia, come si comporta meco il buon Dio? Egli fa scorrere dalle mie dita, a guisa di olio la pienezza della grazia, da cui è inondata l'anima mia. - (dal libro Act. Sanct. 3 lun).  

Cristina l'Ammirabile, trasudava, dal petto, olio profumato, che le serviva per ungersi le piaghe, durante la sua prigionia.  

Alla morte di Agnese di Montepulciano, nel 1317, le suore videro scaturire dal suo corpo delle goccioline di unguento soprannaturale, che raccolsero e conservarono in appositi vasi.  

Il Gorres, che io ho consultato e dal quale ho desunto quanto io espongo, poiché ho voluto valermi di autori indiscussi, dice:  

«Tali fatti e particolarmente quello citato di S. Cristina; ci offrono qualche indicazione sulla natura di questo fenomeno. Il seno della donna deve, per disposizione della Provvidenza, segregare e fornire al fanciullo il nuovo alimento. Questo alimento è di natura interamente vegetale. Il processo che lo prepara nell'organismo in cui è rinchiuso, non appartiene dunque propriamente alla natura animale, ma alla vegetale.  

Rassomiglia a quello in virtù di cui nel nocciolo del frutto si va formando l'olio, che deve servire più tardi di nutrimento al germe della pianta. Sicché il latte è, nella sua composizione, una sostanza tutta vegetale, comeché risulti d'olio, di muco e di zucchero di latte e non contenga relativamente che una parte piccolissima di azoto. Ora è ben provato che l'azoto caratterizza principalmente la vita animale. La vita mistica nell'astinenza, nella dieta che adotta, preferisce gli alimenti forniti dal regno vegetale, ed ha una certa ripugnanza per la carne degli animali.  

Una così fatta astinenza, congiunta all'allontanamento da tutto ciò che può eccitare le passioni, deve a lungo andare, rendere meravigliosamente più semplici le operazioni della vita, dare a prodotti, per conservarli, una natura più vegetale, e favorire la formazione di quell'olio di cui abbiamo constatato la presenza nei corpi di più Santi. Quest'olio più dolce e più leggero, nutrisce anche una fiamma più pura e più chiara, ed arde come una lampada nel santuario della vita. Allorché la morte ha spento la fiamma, l'olio che era nella lampada, non essendo più consumato, sgorga fuori, ed in esso si sciolgono tutte le parti molli del corpo antico».  

Questo perciò che si riferisce in generale ai Santi.  

Nel caso del nostro buon Padre, il fatto, come ho detto, può essere controllato fino a che è in vita, ciò che avverrà alla sua morte, lo diranno coloro che sopravvivranno.  

Il dono del profumo del Padre, aggiunto agli altri doni, ha questa caratteristica, che si presenta in vari modi, alcune volte invade tutti, poiché appare a vampate, come un vento impetuoso profumato, che passa e tosto si dilegua, altre volte invece persiste e si conserva per un certo tempo, non solo nell'ambiente, ma penetra nei vestiti e negli oggetti che il Padre ha toccato o di chi ha voluto beneficare.  

Non è raro il caso di persone che hanno sentito il suo profumo o prima di andare da Lui, o dopo di essere stati da Lui, e che l'abbiano sentito lungo tutto il viaggio.  

Ciò vuol dire che Padre Pio segue i suoi figli spirituali anche da lontano, li avverte, li guida, li sorregge, li consiglia, ma dirò di più, alle volte tale profumo serve invece per richiamarli al dovere se sbagliano, in tal caso vuol dire: «riga diritto, se no, ti frusto».  

Fra i vari doni soprannaturali del Padre, ho dato la precedenza al profumo. Questo lo troveremo nelle guarigioni nelle conversioni, nel discernimento dello spirito, nelle profezie, insomma, in ogni atto soprannaturale del Padre.  

Il profumo, come ho detto, è un avvertimento o una conferma che Lui ha inteso la nostra preghiera o il nostro desiderio.  

Riepilogando, potrei citare un'infinità di nomi di persone che hanno sentito il profumo del Padre, ma ne cito invece ben pochi, e passo a narrare dei brevi fatti che, a dire il vero, impallidiscono invece di aumentare la bellezza del fatto in sé, ma spesso alcuni credono più alla narrazione di questi, che al fatto medesimo.  


Narrerò qui alcuni fatti controllati, riguardanti il profumo di Padre Pio.  

*** 

Fatto N. 1. - Una signora rumena, recatasi a S. Giovanni Rotondo, protestante, si convertì al cattolicismo.  

Prima di partire si fece benedire dal Padre una corona del Rosario. Giunta a Bucarest, estraendo dalla valigia la sua biancheria, levò pure la corona. Appena questa fu notata dai presenti, tutti sentirono per la stanza un profumo deliziosissimo.  

Richiesta se avesse rotto la bottiglietta del profumo, la signora guardò ..., ma nulla scorse.  

Ella non sentiva affatto il profumo, tutti gli altri, invece, lo sentivano benissimo.  

*** 

Fatto N. 2. - Un giovane signore incredulo, prima di partire da S. Giovanni, si fece benedire da Padre Pio un crocifisso. Ogni volta che levava il crocifisso dal taschino, sentiva un profumo intenso che era di rosa, di incenso o di tabacco, a seconda della preghiera o della grazia che rivolgeva o chiedeva a Padre Pio.  

*** 

Fatto N. 3. - Due giornalisti francesi, recatisi a San Giovanni, per assumere informazioni sul Padre, ritornati dopo la visita, in paese, per recarsi all'albergo, giunti sulla porta, sentirono sprigionarsi un forte profumo di viola e di rosa.  

Guardatisi intorno e nulla scorgendo, che potesse dare loro una ragione plausibile, si stupirono, ma compresero che il profumo proveniva da Padre Pio.  

*** 

Fatto N. 4. - Il capo di una famiglia molto amata dal Padre, era per morire. Nell'istante in cui il vecchio genitore sta va esalando l'ultimo respiro, dando la benedizione ai figli, la camera fu avvolta da un profumo intenso. Tutti lo sentirono, meno colui che era più fedele al Padre.  

*** 

Fatto N. 5. - Mio fratello, Guido del Fante, prima della guarigione di suo figlio Enrico, era un po' incredulo e non ammetteva il soprannaturale.  

Un venerdì sera, una signorina di Bologna, venne da noi e ci parlò del Padre, dandoci delle spiegazioni, che noi allora trovammo esagerate.  

Ci parlò delle stigmate del Padre (ancora non eravamo stati a S. Giovanni Rotondo) dei suoi doni di ubiquità, discernimento dello spirito, del suo immenso dono di convertire gli increduli, e inoltre anche del profumo.  

Mio fratello, quando questa fu partita si disse:  

- È strano, tutti hanno sentito qualche cosa. Io da Padre Pio non ho mai avuto alcuna rivelazione, vorrei sentire almeno il profumo.  

Il giorno dopo, un sabato, scendendo col figlio e con nostra madre le scale, cioè passando dal secondo al primo piano, sentì sulle scale un forte odore di violetta, che assomigliava anche alla vaniglia.  

Richiese ai parenti del piano inferiore se avevano usato dello zucchero vanigliato, essi lo assicurarono di no. Nel tratto dal primo piano alla porta di strada, il profumo non si sentiva più. Andò fino in fondo alle scale, immaginando che fosse passata forse qualche signora, che avesse in dosso tale profumo. Nulla, il profumo era scomparso. Tornato di sopra, risentì il profumo, che invece scompariva dal secondo piano in su. Insomma, il profumo sulle scale lo sentiva solo nel tratto dal secondo al primo piano. Lo strano si è che mentre lui e suo figlio lo sentirono, nostra madre non lo sentì affatto.  

La sera prima egli aveva espresso tale desiderio, e il Padre lo volle subito accontentare.  

*** 

Fatto N. 6 - Dai sottonotati signori ricevo e ricopio questa dichiarazione:  

«Noi sottoscritti, che per grazia di Dio, abbiamo avvicinato l'anima eletta di Padre Pio, abbiamo constatato le sue seguenti soprannaturalità:  

15 agosto 1929: Nella Chiesa di S. Giovanni Rotondo, un forte profumo di fiori e di incenso. - Tonelli Antonio e Adelaide - Rastelli Giuseppe.  

In Bologna: Più e più volte noi, Tonelli Antonio e Adelaide Tonelli, profumo di rose nella Chiesa dei frati di S. Antonio. in via Jacopo della Lana. In via Dante, invece profumo di cedrina e di altri fiori, in stagioni che non esistevano fiori nei giardini. In via S. Stefano 38, cioè nella nostra casa, profumo di incenso, di garofano, e di altri fiori, profumo sentito pure dalla nostra donna di servizio, signorina Dosi Lidia, quest'ultima era scettica e solo dopo tali manifestazioni, più volte ripetute, si ricredette.  

In pieno Tavoliere delle Puglie, la signora Clementina Relli, che è priva di odorato, percepì un profumo di violette mammole.  

Girando lo sguardo, non fu visto alcun giardino da cui potesse venire il profumo, anzi doveva essere l'opposto, perché il terreno era da poco concimato. 

Il 20 marzo 1930, i signori coniugi Tonelli e la signora Clementina Relli, risentirono tale profumo. La signora Relli ritornava da una predica in S. Petronio, e all'altezza della Cassa di Risparmio in Via Farini sentì tale profumo.  

Il 16 agosto 1930, i signori Tonelli Antonio, Adelaide Tonelli, Orsini Giuseppe, Orsini Maria, Magnani Giacomo, signor Benuzzi, Rastelli Giuseppe, Sottili Paola, Calzolari Elisa, Cheli Giuseppina, Cervellati Ersilia, Possati Carolina, Gherardi Peppino, Galletti Assunta, Roversi Augusto sentirono in treno, partendo da s. Giovanni Rotondo, profumo di rose, viole, gigli, e alcuni di tuberose.  

«Il 3 novembre 1930, a Roma, scendendo da Villa Borghese verso Piazza del Popolo, i signori Tonelli Antonio, Adelaide Tonelli e la signorina Laura del Fante, sentirono profumo di garofani.  

Infine i signori Tonelli e Guidotti in Bologna, un giorno all'altezza dell'Istituto Giovanna d'Arco, in via S. Stefano, sentirono profumo di viole».  

Seguono le firme:  

 

In fede: Tonelli Antonio, Adelaide del Fante in Tonelli, rag. Enrico Guidotti, Giuseppe Rastelli, Sottili Paola, Sottili Rosina, Ersilia Cervellati, Dosi Lidia, e altre firme illeggibili.  

*** 

Fatto N. 7. - La sera del 19 dicembre 1930, alle ore 22,30, ritornando verso casa, assieme alla signorina Eleonora Stagni, si parlava di preghiera, quando improvvisamente un intenso profumo d'incenso c'investì. Data l'ora tarda e la località, (Via Carbonesi, di fronte al negozio Marchesini) non è possibile ritenere questo profumo di natura comune, ma sibbene soprannaturale. Esso non era altro che la conferma della presenza continua del Padre, nei discorsi, negli atti della nostra vita quotidiana e spirituale.  

Come figlio spirituale suo, è mio dovere dimostrare la grandezza del Padre nei suoi atti e nelle sue opere.  

In fede:  

Bruno Giordani e Eleonora Stagni.  

 

Bologna, Viale XII Giugno N. 12.  

*** 

Fatto N. 8. - Il giorno 12 ottobre 1930, trenta pellegrini, tutti figli spirituali del Padre, e tutti beneficiati, si recarono alla Madonna di Bocca di Rio, per pregare secondo le intenzioni del Padre, loro Padre spirituale, mentre pregavano, sentirono un intensissimo profumo di rosa.  

*** 

Fatto N. 9. - La signorina Maria Basilio, di Torino, appena giunse a S. Giovanni Rotondo, sentì dapprima un forte profumo di incenso, poi di rosa, di viola e di altri fiori. Abituatasi a tali profumi, non vi fece caso, ma persistendo questi, per molto tempo, un giorno, parlando con Padre Pio, gli disse:  

- Padre, da sei mesi io sento sempre i più svariati profumi; ditemi, siete Voi?  

Il Padre la guardò, e colla sua voce, che ha tutte le melodie di un canto mistico, le rispose:  

- E appena ora te ne accorgi!  

*** 

Fatto N. 10. - Un medico amico da molti anni di Padre Pio, mentre teneva il Padre in grande considerazione e in fama di creatura soprannaturale, non voleva ammettere il dono del profumo, né voleva riconoscer gli il discernimento dello spirito, perché pur avendolo avvicinato più volte, mai aveva avuto occasione né di sentire il profumo, né di constatare il discernimento dello spirito o scrutamento dell'anima.  

Giunto con diversi amici a S. Giovanni Rotondo, discutendo all'ombra dell'olmo, che si trova dinanzi al convento, nell'attesa di salire dal Padre, affermò ancora una volta di non credere a tali doni, poi finì dicendo: andrò dal Padre per salutarlo.  

Appena entrato in clausura, trovò per combinazione il Padre, che lo accolse affettuosamente, con Esso salì le due scale che conducono di sopra alle celle. Salendo sentì un immenso profumo che emanava solo dalla bocca del Padre.  

Il dottore cercò di persuadersi che era suggestione, ma il profumo invece di diminuire, aumentava sempre più, tanto che, divenuto questo intensissimo, rivolgendosi al Padre gli chiese:  

- Che è Padre questo profumo?  

- Io non sento nulla - rispose Padre Pio, e giunto nella sua cena si sedette a tavolino e si mise a scrivere.  

Il dottore si aggirò nella piccola cella annusando qua e là, e dato che aveva confidenza, si permise di tirare il tiretto del tavolino da notte.  

Il Padre voltandosi, disse:  

- Che vai cercando? Mi sono cambiato, troverai i panni sporchi.  

- Ma insomma Padre cosa è questo profumo? - chiese indispettito il dottore.  

Il Padre si alzò, si mise dinanzi all'amico, assumendo una dolce e severa maestà.  

- E che ti importa, che cosa sia il profumo, pensa piuttosto a far pace con Dio.  

- Ma sono in pace, io, Padre, con Dio.  

- Davvero? - Quanto tempo è che non fai i conti con Esso, e che non ti confessi?  

Mentre il medico cercava di ricordare la data, il Padre soggiunse:  

- Da ventidue anni, da quando ti sei sposato, non ricordi? E facesti la S. Comunione per accontentare tua moglie. Da all'ora, neppure un piede in Chiesa hai messo. -  

Tutto ciò era vero.  

Il medico poté in quel giorno constatare i doni del profumo e del discernimento dello spirito.  

*** 

Fatto N. 11. - Ricevo e pubblico:  

Venezia, 6 giugno 1931.  

Egregio Cavaliere.  


Non appena ebbi fra mano la di Lei pubblicazione «L'Araldo del Signore» cercai inutilmente fra quelle pagine dense di fatti, un breve cenno almeno dei grandi benefici ottenuti da Padre Pio che Le fosse stato fornito dalle mie carissime amiche.  

Nell'intento di ovviare l'omissione m'accingo a farle noto quanto segue:  

Io e mio marito ci trovavamo di residenza a S. Giovanni in Persiceto (Bologna) quando avemmo la fortunata occasione di conoscere alcuni carissimi figli spirituali del Padre.  

Alla narrazione di molti prodigi da Egli compiuti, ci sentimmo inclinati a raccomandarci a Lui con devozione, ed in verità ne fummo corrisposti, tanto da sentire in casa nostra, parecchie volte il suo profumo e da essere avvertiti in sogno di cose e persone che potevamo portarci danno.  

Fu proprio persona da Lui segnalataci in sogno che, ci accorgemmo più tardi, tentava di metterci i bastoni fra le ruote.  

Quando più tardi, in seguito all'aggravarsi della malattia del mio povero marito, portatici a Bologna nella casa di cura «Villa Rosa» e precisamente il 5 luglio 1928, mentre egli stava per rendere la sua bell'anima a Dio, la stanza fu invasa da intenso profumo di rose; profumo percepito non soltanto da me, ma da una carissima amica presente e dall'infermiera che rimase meravigliata del fenomeno, non essendovi fiori né vicino, né lontano.  

In seguito una dottoressa del luogo, pure ebbe a constatare che per circa 12 minuti il cadavere emanava dalla bocca lo stesso profumo. Nel preciso momento in cui il mio caro spirava, una Signora mia amica che, appoggiata sul davanzale di abitazione posta in altro punto della città, stava mentalmente pregando per lui, che sapeva in grave stato, ebbe la percezione di un'ondata dello stesso profumo. Dopo la disgrazia ebbi a recarmi dal Padre, il quale seppe infondermi coraggio e rassegnazione; i consigli da Lui impartitami come di chi conosce ogni cosa, passato e futuro, ebbero la potenza di farmi raggiungere quel grado di serenità che mai avrei immaginato.  

Sono arrivata a quest'ultima frase sempre combattuta da due opposte tenaci idee: invio o no a destinazione questo scritto?  

Da un lato il bisogno di portare il mio, per quanto lieve contributo, nel far conoscere il vero Araldo del Signore a sollievo di tanta umanità sofferente ed a sempre maggior gloria d'Iddio, dall'altro il timore di aggiungere una sola pietruzza al cumulo di fatti che, non sta a me scrutare, perché dalla Chiesa siano messi all'indice, non disgiunto questo timore, dall'idea che possa dispiacere anche al nostro Padre la disobbedienza a quella Chiesa che con tanta santità Egli contribuisce ad elevare.  

Un caso di coscienza dunque, che solo il nostro Padre, saprebbe risolvere. Ed è nella speranza che Le pervenga la di Lui alta ispirazione che mi decido a spedire,  

Prego; preghiamo per questo.  

Dev.ma  

Luisa De Martis  

S. Elena - Corte Pasubio - Venezia.  

(1) Mi sono permesso di pubblicare questa lettera poiché la Signora De Martis cita fatti accaduti a lei ed al suo defunto marito, glorioso ufficiale mutilato di guerra, morto nella Casa di cura "Villa Rosa" a Bologna. Per la gloria di Dio, spero mi perdonerà poiché io rendo noti fatti soprannaturali avvenuti per il tramite di un Servo di quel Dio, che tanto ama.  


mercoledì 10 maggio 2023

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato

 


L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio.


ODORE DI SANTITÀ  

Chi forma il corpo, che viene nutrito dai vasi capillari attraverso la sua forza plastica e genetica, è l'anima, che è il principio vitale che risiede nel cuore e nel cervello.  

Ne viene di conseguenza che trasformando il principio vitale, anche l'organismo intero ne risente e subisce un mutamento.  

La mistica soprattutto ha questa caratteristica, se così si può chiamare, di trasformare il corpo secondo le aspirazioni dello spirito, cioè se lo spirito dà un ritmo diverso al nostro organismo, il corpo diviene più agile, più sano, più flessibile, più forte, più accessibile alle impressioni esterne e più tranquillo quindi all'interno.  

Questa trasformazione della vita corporale spesso si rivela con un odore caratteristico, che emana dal corpo.  

Odore di santità, quindi, non è solamente un modo di dire, ma è fondato sulla esperienza.  

Tommaso da Kempis afferma che la camera della beata Liduina era ripiena di odore delizioso, tanto che lui pure, come Padre Sepas, per Santa Teresa di Gesù, dubitò dapprima che si profumasse.  

Il profumo in Liduina, diveniva più intenso quando ella aveva ricevuto Nostro Signore, o dopo una visita del suo Angelo Custode, oppure dopo qualche visione, che la aveva trasportata in cielo.  

Tale profumo aveva pure una ripercussione sul senso del gusto, poiché gli lasciava in bocca l'impressione come se avesse masticata della cannella.  

La mano poi, per la quale era stata presa dal suo Angelo custode, profumava assai di più dell'altra.  

Prima di venire a parlare di altri Santi, debbo dire del Padre, poiché ciò che si verificò per S. Teresa di Gesù e per la beata Liduina, si verificò pure per Padre Pio.  

Il dottor Romanelli di Barletta, che come ebbi a dire nella biografia, fu il primo a visitare il Padre, nella sua relazione a proposito del profumo ebbe così ad esprimersi: «Nel giugno 1919, allorché per la prima volta visitai Padre Pio, notai un certo profumo, tanto che al Padre Valenzano, che era con me, dissi che non mi pareva buona cosa che un frate, tenuto in quel concetto, usasse profumi. Per altri due giorni, pur restando in cella od in compagnia del Padre, non notai più nulla. Prima di partire, salendo le scale, notai lo stesso profumo, ma fu cosa di pochi istanti».  

Il dottore poi diceva che non poteva trattarsi dì suggestione, sia perché non aveva mai sentito parlare del profumo di Padre Pio, sia perché la seconda volta il profumo gli si era presentato solo per pochi istanti e poi era subito svanito.  

Ho voluto consultare alcuni dotti scienziati e sentire il loro parere sul profumo del sangue. Tutti hanno escluso che il sangue possa emanare profumo, invece il sangue che stilla dalle stigmate del Padre, manda un profumo caratteristico che anche coloro che hanno poco olfatto lo sentono. Inoltre spesso anche il suo sangue coagulato o sopra indumenti da Lui portati, emana profumo.  

Ciò è contrario ad ogni legge naturale e scientifica, pur tuttavia molti lo hanno sentito e lo sentono.  

Dirò per allontanare il dubbio a coloro che potrebbero credere che dò possa dipendere da suggestione che: mentre la luce e il suono sono fenomeni vibratori, il profumo invece è una emanazione reale di particelle organiche che partono da una sorgente odorosa e procurano un caratteristico e specifico effetto posandosi materialmente sulla mucosa olfattiva del soggetto. Alcuni dissero che baciando le mani del Padre, invece di sentire profumo di rosa, di giglio o di altro, sentirono odore di acido fenico o di tintura di iodio.  

Dirò che il Padre, da molti anni, non fa più uso di tali sostanze, che gli furono ordinate nel 1919, perché «le lesioni» venissero rimarginate, il che mai avvenne. La chimica poi ci insegna che le sostanze caustiche distruggono il profumo, quindi se ancor oggi, per umiltà o per obbedienza, cioè per nascondere il suo vero profumo, le dovesse usare, queste sostanze distruggerebbero gli altri profumi, mentre invece avviene che contemporaneamente alcuni sentono il profumo di rosa, di giglio, di violetta, ecc., altri invece sentono solo odore di acido fenico, manifestando quindi agli uni una cosa, agli altri un'altra.  

Dirò infine che il profumo sentito da persone anche lontane da lui è sempre una forma di ubiquità, poiché come ho detto precedentemente, per sentire profumo bisogna che una sorgente odorifera sia sempre a portata della nostra mucosa olfattiva.  

Se sentiamo profumo del Padre, lontani da Lui, vuol dire invece che Lui ci è vicino.  

Presso altri Santi, invece, il profumo si è verificato solo quando essi celebravano i Sacri Misteri.  

Il Beato Venturini da Bergamo emanava profumo quando diceva la Santa Messa, il popolo allora a Lui si accostava per aspirare il grato odore.  

S. Domenico aveva la mano profumata e tutti se ne accorgevano quando gliela baciavano.  

S. Francesco di Paola, emanava profumo quando aveva compiuti i suoi digiuni di tre, di otto o di quaranta giorni. La beata Elena, la Venerabile Maria Villana, profumavano quando avevano fatta la S. Comunione.  

Tale profumo in alcuni santi fu riscontrato durante una malattia, come avvenne alla Beata Ida da Lovanio. Al beato Dideo, invece, profumavano le piaghe, mentre invece il profumo, in altri Santi, si rivelò solo dopo la loro morte.  

Così fu di S. Celetta, di S. Umiliana, della Beata Domenica di Paradiso, di Maria Vittoria da Genova e della grande S. Teresa di Gesù, e di S. Giuseppe da Copertino. Il profumo di quest'ultimo, come ho già detto, era quasi simile a quello che emanavano le reliquie di S. Antonio da Padova o il breviario di S. Chiara di Assisi, che ancor oggi si conserva nella chiesa di S. Damiano.  

Il domenicano G. Salomoni da Venezia, fu negli ultimi quattro mesi di sua vita, colpito da un cancro allo stomaco, invece di mandare cattivo odore, emanava profumo.  

La Terziaria Bartola, colpita da lebbra (verso il 1300) divenne tutta una piaga; le caddero i capelli, le unghie, le si corrose il naso, gli occhi le uscirono dalle orbite, le si contrassero le dita, mentre la carne lasciava vedere i tendini. Per venti anni sopportò pazientemente tali sofferenze. A lei accorrevano i pellegrini i quali, invece di sentire odore nauseante, sentivano un grato profumo.  

L'odore di santità però si sviluppa quasi sempre dopo la morte.  

Le reliquie di Papa Marcello, conservarono per 700 anni il profumo, quelle di S. Aldegonda per 800 anni. Quando morì S. Burgondelfore, il corpo emanò un profumo deliziosissimo, che invase la chiesa e il bosco circostante. A coloro che diedero sepoltura a S. Domenico, rimasero le mani profumate per molto tempo.  

Profumarono i corpi di S. Gandolfo, di Fra Roberto da Napoli, di Giovanna della Croce, di Francesco di S. Maria, di Saverio della Concessione, di S. Treverio, ecc. ecc.  


sabato 12 novembre 2022

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato

 


L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio. 


DONO DEL PROFUMO 

I Tuoi Santi o Signore saranno davanti a Te come il Profumo del balsamo.  


Fra i tanti doni che Iddio ha voluto concedere a Padre Pio, certamente, fra i più notevoli è da annoverarsi il dono del profumo. Moltissime sono le persone degne di fede, e fra queste, scienziati, intellettuali, professori, ecc., che attestano di aver notato un delizioso profumo emanare dalla persona del Padre, dalle sue mani stigmatizzate, dalle sue vesti e persino da oggetti da Lui toccati o benedetti.  

Nella storia dei Santi non è cosa nuova, dirò più avanti qualche cosa in merito, la stessa Chiesa ha testimoniato che dalla persona di queste creature elette, sia in vita che dopo la morte, emanava un'inesplicabile profumo.  

Il detto «essere in odore di santità» forse deriva da ciò.  

Provvidenzialmente mi capitò fra le mani il libro di Mons. Dr. Roberto Klimsch, intitolato «Le gioie eterne del Paradiso», libro che ha l'imprimatur e la raccomandazione arcivescovile.  

Dal capitolo «Il profumo dei Santi» stralcio alcuni esempi per avvalorare le mie affermazioni.  

Padre Sepas, certifica che dalla persona, dalle vesti e dalla bocca di S. Teresa di Gesù, specie durante la comunione, emanava un profumo deliziosissimo, lui stesso racconta, che sulle prime credette che Madre Teresa si profumasse, indignatissimo di trovare che una sì pia creatura, si occupasse di tale vanità, se ne informò segretamente e seppe che non solo Madre Teresa non si profumava, ma evitava ogni sorta di profumo, poiché questo le cagionava forti dolori alla testa.  

Anche a S. Giuseppe da Copertino vengono attribuiti fatti simili diligentemente controllati e poi documentati. Un testimonio dice che dal corpo del Santo e dalle vesti, emanava un profumo così soave, che mai lo seppe paragonare a nessun altro, sia naturale che artificiale, all'infuori di quello che sentì uscire dalla cassa che rinchiudeva le spoglie di S. Antonio da Padova.  

Il grato odore era notato da chiunque fosse passato accanto a S. Giuseppe da Copertino, anche i suoi indumenti ed oggetti ne erano pregni e così pure la sua cella, tanto che persone che venivano a visitarlo, senza sapere quale essa fosse, la potevano distinguere dall'olezzo caratteristico che emanava e che rimase anche quando il Santo da dodici anni l'aveva abbandonata.  

L'effetto di tale profumo non era per nulla opprimente o nauseante, neppure a quelle persone, che non potevano sopportare i profumi, al contrario, ne provavano invece un senso di piacevole dolcezza ed avevano l'impressione di esserne penetrati. 

Moltissimi altri di questi esempi potrei citare, alcuni li citerò poi, qui cito solo i nomi di S. Giovanni della Croce, di S. Caterina di Genova, di S. Rita da Cassia, di S. Francesca Romana, ecc.  

Mentre in tutti i Santi, il profumo veniva sentito o stando vicino a loro, oppure stando vicino a indumenti o cose a loro appartenenti, in Padre Pio il suo dono soprannaturale sorpassa tutti, poiché il suo o meglio i suoi profumi, noi li possiamo sentire non solo standogli vicino, ma anche lontani. La distanza non conta; a Bologna, a Firenze, a Londra, a Montevideo fu sentito il profumo di Padre Pio, ma dirò di più, che il profumo indica sempre che Padre Pio ci è vicino; cioè il dono soprannaturale del profumo va sempre congiunto al dono soprannaturale della bilocazione, che è una delle sue forme di ubiquità; lo dimostra il fatto che in molti casi, mentre persone sentivano il profumo, altri non lo sentivano, che alcuni lo sentivano ad esempio di tabacco, altre di violetta, altre di giglio, altre di rosa; ogni profumo indicava ciò che quella determinata persona aveva chiesto, o intendeva chiedere, o doveva fare.  

Dirò un fatto accadutomi il 28 febbraio 1931.  

Tornavo con tutta la mia famiglia dalla casa dei miei genitori. Essendo sabato e pensando che il giorno dopo avrei potuto riposarmi, stabilii di scrivere e lavorare fino alle tre del mattino.  

Prima di uscire di casa avevo lasciato in sospeso questo lavoro, mentre mia moglie e i miei bimbi erano già andati nelle loro camere da letto, io ripresi a scrivere, ma feci ciò automaticamente, senza cioè segnarmi, come sono sempre solito fare.  

Ad un tratto sentii un dolce e soave profumo, che non distinsi dapprima bene, poiché i vari profumi di Padre Pio non hanno le caratteristiche dei profumi posti in commercio, assomigliano, ma non sono uguali, cioè ai profumi di rosa, di vaniglia ecc., hanno un qualche cosa che è simile, ma non uguale ai profumi di estratti posti in commercio.  

Il profumo che io sentivo era di incenso.  

Chiamai mia moglie e i miei figli, ed accorse pure la nostra ragazza di servizio (Rocca Maria). Tutti, esclusa la mia Fiora, sentirono il profumo di incenso.  

Per non influire sulla loro volontà, chiesi:  

- Ditemi, cosa sentite?  

Mia moglie e mia figlia maggiore, dissero subito profumo di incenso, il mio maschietto, non lo seppe definire bene, la mia ragazza, invece, disse lei pure di incenso. Io non dissi loro: sentite profumo di incenso?  

No, volli che loro mi dicessero cosa sentivano, non intendendo minimamente influire su loro colla mia domanda.  

Il Padre mi ricordava che io ero venuto meno al mio patto di iniziare a scrivere, segnandomi e pregando prima di intraprendere il lavoro.  

Tale profumo durò per la stanza un po' di tempo ed io ne fui felicissimo, poiché mi parve di lavorare avendo Lui vicino.  

Molti furono i fortunati che ebbero la grazia di sentire il profumo del Padre ed indescrivibile è l'emozione che essi provarono.  

Innumerevoli sono le testimonianze ed interessantissimo sarebbe studiare ogni singolo caso, poiché ognuno ci rivela come il Padre segue le anime, le guida, le consiglia, le conforti, servendosi di quel dono divino.  

Sono persone addolorate da mine svariati motivi, sono persone che invocano la sua intercessione possente presso Dio, sono mamme che hanno il loro piccino ammalato, sono padri che chiedono che gli affari di famiglia vadano bene, sono persone che gli chiedono di guidarle, di sorreggerle, di aiutarle.  

Egli fa sentire il suo profumo, li avverte che non temano, che sperino, che preghino, che agiscano bene, che abbandonino la via sbagliata, che si indirizzino solo al bene, ed ecco che gli animi loro si rasserenano, i cuori si riaprono alla speranza, perché non si sentono più soli, ma sorretti da una forza soprannaturale.  

Infinite sono le persone che hanno avuto conferma di quanto chiedevano attraverso il profumo del Padre, e ognuna aspirò il profumo che indicava quello che aveva chiesto.  

Il profumo, come ho detto, è indescrivibile, ha tutte le gamme dei profumi comuni, ma ha tutte le caratteristiche di un qualche cosa di nuovo, di diverso, di mai sentito.  

Spesso è più distinto, altre volte è meno, spesso assomiglia alla rosa, alla violetta, al gìglìo, insomma ai vari tipi di fiori che emanano profumo, spesso invece è di incenso o di acido fenico, altre volte assomiglia al profumo di un tabacco finissimo orientale.  

Questo è il primo profumo che sentono specialmente i convertiti, e che io pure ho sentito la prima volta che mi sono recato da Lui.  

Verrò a parlare dell'odore di santità.  


giovedì 18 agosto 2022

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato

 


L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio. 


VISITA DEL DOTT. G. FESTA DI ROMA  

Quando Padre Pio seppe che doveva sottoporsi ad una nuova visita, non protestò e disse: - Sia fatta la volontà di Dio.  

Pregato di togliersi i guanti, Egli eseguì tosto, senza trovare alcuna scusa.  

Il dottor Festa poté così osservare che Egli aveva: «una lesione circolare a margini nettissimi di un diametro poco oltre i due centimetri».  

Notò pure che sul dorso della mano il foro di uscita era più piccolo.  

Anche a Cristo furono conficcati i chiodi con foro di entrata dal palmo e foro di uscita dal dorso.  

Continuando nella sua visita il dottor Festa poté osservare che «le ferite penetravano nel tessuto sottocutaneo e stillavano sangue così da formare una sottile escara, che ricopre le ferite da cui il sangue geme e scintilla continuo e rutilante.  

Quasi tutto il palmo della mano apparve invaso da un grande alone di sangue rosso scuro, che circonda la ferita. Detersa con un pannolino imbevuto di alcool, la pelle appare candida e normale intorno alla ferita, i cui bordi sono bianchi come la cicatrice.  

Ai piedi le identiche ferite, ricoperte di esecra, più vaste al dorso e un po' più piccole alla regione plantare (FOTO d'uscita).  

La pressione assai dolorosa, sui tessuti circostanti, diviene atroce se è esercitata sulle ferite stesse.  

La ferita del costato è a sinistra, al quinto spazio intercostale. Essa si presenta a forma di croce capovolta con asta longitudinale traversata a cinque centimetri da un'altra asta un po' obliqua. Questa figura di croce è superficiale. Le due aste sono nastriformi, con una larghezza di circa due centimetri a contorni nettissimi, tranne all'estremo inferiore dell'asta longitudinale, che va sparendo nei tessuti come una sfumatura».  

Da tali stigmate, ogni giorno esce una certa quantità di sangue e di siero, tanto che ponendo sul costato una pezzuola nuova e bianca, dopo circa dieci ore viene trovata intrisa di tale secrezione.  

Tutto il resto della pelle, così almeno affermano i dottori che l'hanno visitato, è perfettamente normale, né si trova traccia alcuna di arrossamento o di edema.  

In nessun'altra parte del corpo il dottor Festa trovò altre cicatrici, ed escluse che il Padre fosse affetto da tubercolosi, e che avesse altre specie di malattie acquisite o congenite, quindi nessuna forma discrasica o emofiliaca.  

Il dottor Festa, venuto scettico, se ne partì convinto di trovarsi di fronte a fenomeni, che la scienza non era in grado di spiegare.  

Essendo venuto a conoscenza, a Roma, della relazione del prof. Bignami, che non gli avevano mostrato, per non influire sul suo giudizio, trovando le sue resultanze diverse da quelle dell'illustre collega, e temendo che i propri sensi lo avessero tradito, volle nuovamente recarsi a S. Giovanni Rotondo, per fare una nuova visita al Padre (luglio. 1920).  

Scrisse al dott. Romanelli di Barletta, pregandolo di raggiungerlo a S. Giovanni Rotondo, onde insieme procedere ad una nuova e più attenta visita.  

I due dottori, assistiti da un Superiore dell'Ordine, non poterono che constatare quanto avevano già precedentemente osservato, cioè la localizzazione delle stigmate nelle cinque parti del corpo e una continua effusione di sangue.  

Ciò che interessava maggiormente il dotto Festa, erano le stigmate dei piedi, poiché su tale punto il suo giudizio dissentiva da quello del prof. Bignami. La sua seconda relazione parlando delle stigmate planteari, dice così:  

«Tolte le calze insanguinate, anche le escare rosso brune, che avevamo notate nella visita precedente, erano cadute, ed al loro posto osserviamo una cicatrice rosea ben marcata di oltre due centimetri di diametro, che fa strano contrasto con il pallore cereo della cute circostante. Nel centro di questa cicatrice vi è una ferita di strumento acuminato, a margini rosso-bruni rientranti e irregolarmente circolari e penetrante in profondità».  

I risultati di questa seconda visita, eseguita dal dottor Festa nel 1920, furono illustrati in una nuova relazione, che ha questa conclusione.  

«Tutte le cinque lesioni da me osservate nel Padre Pio, debbono essere considerate come vere e proprie lesioni anatomiche dei tessuti, la cui persistenza dopo due anni da che sono comparse, le cui strane caratteristiche anatomo-patologiche, la cui capacità di stillare continuamente sangue sempre rutilante e profumato, la cui sede corrisponde alle parti in cui Nostro Signore si offrì al supremo Olocausto della Croce, potranno costituire un mistero solo per chi, dai veri della natura non sappia assurgere alla sintesi della Religione e della Fede».  

Il dottor Festa tornò a visitare Padre Pio nel settembre del 1925, non come incaricato, né come curioso, ma come figlio spirituale del Padre.  

Io che scrivo, mi meraviglio come il dott. Festa abbia potuto starsene lontano da Lui per 5 anni, quando io, dopo soli tre mesi, ho sentito prepotente il bisogno di rivederlo, di baciargli le mani, di aspirare il suo profumo delizioso, di potere insomma stargli vicino.  

Il dottor Festa quindi nel settembre del 1925 ritornò a S. Giovanni.  

Un giorno Padre Pio gli disse:  

- Dottore, da sette anni ho un'ernia inguinale che mi procura delle noie.  

Il dottor Festa volle visitarlo e gli consigliò di farsi operare, poiché la sua diagnosi era questa: aderenze multiple in ernia inguino-scrotale destra conseguenti a peritonite recidivante del sacco erniario.  

- Sta bene, - rispose Padre Pio, - prima, si metta d'accordo col Padre Guardiano, poi Lei mi farà l'operazione.  

Fu stabilito di fare l'operazione il giorno 5 ottobre, però pose come condizione tassativa che non gli venisse usato né cloroformio, né alcun altro anestetico.  

Il giorno stabilito, al mattino, Padre Pio, disse la Messa, come al solito, poi si ritirò coi pochi intimi.  

Il dottor Festa, in fretta e furia aveva fatto una scappata a Roma per procurarsi i ferri operatori. Venne coadiuvato dal dottor Angelo Maria Merla di S. Giovanni Rotondo e da tre assistenti.  

Alle dieci tutto era pronto. I dottori nei loro camici bianchi, il Padre pure con una veste bianca, che aveva sostituito al suo abito comune.  

- Sono pronto - disse il Padre al dottore.  

- Io no, - rispose il dottore - abbiate pazienza.  

A mezzogiorno finalmente ogni cosa fu pronta, il dottor Festa era un po' titubante: il convento o meglio, una cella, non gli sembrava un luogo adatto per fare un'operazione di quella sorte, ma conscio della responsabilità che si assumeva, volle offrire al Padre un bicchierino di benedettino, che il Padre bevve, ma insistendo, il dottore, affinché ne bevesse un altro poco, argutamente il Padre rispose:  

- No, basta liquore, non vorrei che fra il benedettino e il cappuccino, si finisse per non andare d'accordo.  

E così dicendo, si diresse verso la sala operatoria improvvisata.  

Incontrato il dottor Leandro Giuva, gli disse scherzando:  

- Dopo di me, cioè fino a che i ferri sono caldi, falla tu pure l'operazione. Tante volte hai detto di farla e mai ti decidi, coraggio.  

Entrò nella stanza.  

La Croce, il simbolo sacro della passione di Cristo, era ritta fra due candele. Era un simbolo ... il simbolo del dolore e della sofferenza.  

Padre Pio la guardò, inviò a Lei la sua muta preghiera, chiamò l'Invisibile sempre presente, e «sia fatta la volontà di Dio» ripeté in cuor suo.  

Si stese sul tavolo operatorio, ponendo sotto la testa le mani coperte dalle manopole e sveglio attese l'opera dei dottori.  

Gli furono levate le scarpe, e tutti i presenti poterono scorgere le bianche calze, rosse di sangue emanante dalle stigmate planteari.  

Gli furono praticate 5 (sempre 5) iniezioni di novocaina, la sola anestesia accettata da Padre Pio, e il dottor Festa, il medico operante, cominciò a tagliare.  

L'anestesia, puramente cutanea, nulla valse quando a Padre Pio fu intaccato il tessuto connettivo.  

Non cacciò un urlo, non gridò, non pianse, non si lagnò ... pregava il suo Dio.  

I klemmer luccicavano fra il sangue, il chirurgo liberò il sacco erniario dalle aderenze, che erano numerose. Dopo un'ora l'operazione non era ancora finita, lo strazio al peritoneo, molto innervato, procurava al Padre dolori immensi.  

Sveglio sempre, non potendo più reggere, disse:  

- Dottore, fate presto, per carità, non ne posso più.  

Ogni tanto volgeva l'occhio verso la porta ove stavano gli amici in attesa, e verso il Crocifisso, da questo e da quelli, traeva nuova forza per resistere al dolore che era immenso.  

Ripeté ancora una volta la preghiera di fare presto, poi tacque. Gli videro gli occhi pieni di lagrime.  

Credendo che egli non potesse più sopportare il dolore, fecero per confortarlo, ma udirono queste parole: «Dio, Dio mio, perdonami, perdonami; Nulla mai Ti ho offerto nella mia vita, ed ora per questo poco che io soffro, per questa inezia a paragone di quanto Tu hai sofferto sulla Croce, io mi lagno ingiustamente».  

Tutti ammutolirono.  

Cristo dalla croce tutto vedeva, tutto sentiva.  

Il Padre era un vero suo figlio.  

Il dottore, intanto, aveva tagliato il sacco, e, mostratolo a Padre Pio:  

- Ecco, - disse - abbiamo arrestato il delinquente.  

Padre Pio credette che l'operazione fosse finita, e rivolto al dottor Giuva disse sorridendo:  

- Leandrino, Leandrino, sotto, ora tocca a te.  

Invece dovette sopportare, sempre sveglio, un'altra ora di martirio, prima che il chirurgo potesse riunire i tessuti e ricucirli.  

Ad un tratto il polso di Padre Pio parve che non pulsasse più. Agli astanti, il Padre, parve fosse per venir meno. Due iniezioni di canfora lo sollevarono, quando si udì, per la stanza, un ronzio come di una mosca.  

Tutti si affannarono per trovarla, affinché non andasse sulle sue vive carni, ma questi che aveva udita la frase e si era accorto che essi la cercavano inutilmente, disse:  

- Ma no, ma no, non è una mosca, è un moscerino, guardate vicino alla finestra.  

La sua percezione delle cose era esatta, egli tutto sentiva, tutto vedeva, quindi se i suoi sensi erano svegli, immaginiamoci come doveva soffrire.  

Due ore dopo l'operazione era finita.  

Prima di portarlo nella sua cella, sfinito, i medici poterono constatare la sua stigmata del costato che più non aveva mostrato ad alcuno.  

Il dottor Angelo Maria Meda, di S. Giovanni Rotondo, nella mia visita a lui fatta nel febbraio del 1931, mi assicurò di avere «de visu» osservata la stigmata di sette centimetri di lunghezza, per cinque di larghezza, e avente la forma di una croce capovolta.  

Rimasto solo, il Padre con un suo intimo, gli fece cenno di avvicinarsi alla sua bocca, e gli chiese con un filo di voce:  

- Credi tu che il Signore abbia accettato il mio sacrificio per la salute di ...?  

- Oh, Padre mio, - rispose - e quando mai il Signore non accettò i tuoi sacrifici?  

Egli mosse un poco il capo, dissentendo:  

- Tu non sei buon giudice, siedi ....  

Nella notte egli ricostruì per filo e per segno tutta la operazione, rivivendone per due ore tutti gli spasimi. La guarigione seguì il suo corso normale e regolare come un paziente qualsiasi.  

Quindici giorni dopo, ridiscese le scale, e dopo poco ritornò a dire nuovamente la S. Messa e a compiere tutte le funzioni.  

Prendendo in mano l'Ostensorio sacro, dopo tanto tempo, si sentì più felice. «Dio, Dio - dovrà aver detto - ho fatto la tua volontà».  

Quante volte il dottor Festa sia andato ancora a trovare il Padre, io non lo so di preciso, poiché non ho ancora avuto il piacere di vedere tale Dottore, il quale, sapendo tante cose del Padre, farebbe bene a pubblicarle, specialmente lui che più e più volte poté visitarlo e raccogliere preziose osservazioni.  

Il dottor Festa in una lettera ad un caro figlio spirituale del Padre di Bologna, un protestante convertito, scrisse in data 6 settembre 1929:  

«Egregio Signor Abresch.,  

La ringrazio di tutto cuore delle magnifiche fotografie che mi ha favorito! Mi sono giunte proprio nel momento nel quale io avevo terminato di scrivere un capitolo del mio libro intorno alle impressioni, che lo spirito riceve assistendo alla Messa del Padre Pio! ... Quasi come conferma, come sintesi fotografica, della realtà delle impressioni che io avevo cercato di imprimere nello scritto. È una coincidenza l’arrivo di queste sue fotografie in quel momento, ed una coincidenza veramente preziosa.  

Io le sarò grato se, a conferma dei pensieri che in questo punto io ho scritto, vorrà permettermi di far figurare nel libro, che pubblicherà, almeno una di queste sue così belle fotografie. Frattanto, se altre interessanti ella ha potuto riprendere e me ne favorisse copia, io gliene sarei riconoscentissimo.  

Quanto alle stigmate in generale, Ella potrà leggere un giorno, se a Dio piacerà che io lo conduca bene a termine, nel libro che pubblicherà, uno studio completo, sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista storico, che da quello psicologico; e vedrà allora dimostrato in modo palmare che solo per gli ignoranti e per gli scienziati che non sono tali, le stigmate possono essere il frutto dell'isteria e della suggestione». Le stigmate sono invece un fenomeno assolutamente inesplicabile, se per stigmate si deve intendere la riproduzione nel corpo umano dei segni della Crocifissione; e come tale né la storia, né la scienza, né la psicologia potranno mai apporre alcun argomento dimostrativo contrario.  

Gli ignoranti e coloro che presumono di tutto sapere, mentre nulla sanno, potranno sempre dire quello che vogliono, ma non avranno mai in loro potere un argomento solo, per dimostrare il valore della tesi che affermano.  

Quanto al caso del nostro buon Padre, il fenomeno sorpassa potentemente i limiti. di ogni più elevata discussione, e per il tempo da che le porta (circa 11 anni) e per le caratteristiche anatomiche, speciali e costanti, che presentano.  

Con questo breve accenno ai miei studi, spero di averla pel momento contentato.  

In attesa del suo consenso per poter riprodurre qualcuna delle belle fotografie che ora mi ha inviate, e nella speranza di averne ancora delle altre, Le stringo cordialmente la mano.  

Suo aff.mo  

Dott. G. FESTA  

domenica 23 gennaio 2022

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato

 


L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio. 


ISTERISMO  


Che vuol dire Isterismo?  

Isterismo, è parola barbara, esotica, inspiegabile.  

Quando la scienza non sa trovare una spiegazione ad un fenomeno che esula dal suo stretto e limitato campo cognito, cosa fa? Crea un vocabolo difficile a pronunciarsi, ma più difficile ancora a capirsi.  

Arzigogola, pronuncia sentenze, sillogistica, ma non si spiega, cioè per spiegare un fenomeno inspiegabile e incomprensibile, usa termini inspiegabili e incomprensibili.  

La parola «isterismo» troppo spesso usata e abusata, dà una diagnosi (qualifica cioè secondo i sintomi) ma non una spiegazione.  

Certamente, qualche scienziato arriccerà il naso e si dirà: «ma chi è costui che sputa tali sentenze?». Risponderò subito a questo scienziato, se veramente è tale, che questa definizione la diede il dottor Von Weisl di Berlino, di religione protestante, a proposito delle stigmate di Teresa di Neumann.  

Un altro dotto tedesco, il dottor R. Reismann, disse: «io evito la parola isterico, poiché non ha un significato scientifico preciso».  

E il dotto I. Holl'nstenier, nella «Reichspost» del 25 dicembre 1926, ebbe a scrivere: «Oramai si è fatta largo l'opinione e l'hanno dichiarato anche degli esperti psichiatri e teologi, che non si può lavorare scientificamente colla parola, «isterismo» e coi sottotitoli «eccessiva sensibilità», «egocentrismo», «menzogna patologica», ecc.  

Citerò per ultimo un grande scienziato, questa volta però coll' «S» grande per davvero, scienziato a cui tutti, italiani e stranieri, debbono inchinarsi, il prof. Augusto Murri di Bologna.  

Potrei ripetere quanto sta scritto sulla tomba di Nicolò Machiavelli, in S. Croce, a Firenze:  

«Tanto nomini nullum par elogium».  

Basta almeno ... credo 

Il prof. Murri, polemizzando, in un suo meraviglioso studio che ha per titolo: «Nosologia e psicologia», cita un aforisma di Babinski, che dice: «isterico è il fenomeno, che si può produrre e si può togliere, mediante la suggestione di un’idea».  

Il Murri non è di tale idea, poiché afferma che lo scoglio a cui vengono ad urtarsi tutte queste teorie psicologiche, è costituito da sintomi isterici finora non spiegabili, mediante un puro disordine psichico e soggiunge: gli studi di questi insigni medici (cita oltre il Babinski, il Janet e il Freund) hanno illustrato certamente il meccanismo dei fenomeni psichici della nevrosi, ma sono impotenti a rendere conto di alcuni fenomeni somatici.  

Vi sono, afferma il Murri, persone «che hanno tenacissime idee auto suggestionate, senza le minime apparenze isteriche».  

Il Babinski non ha detronizzato le stigmate di Charcot, quantunque il valore diagnostico di queste persista tuttavia intero, poiché se la suggestione non le provoca che nelle isteriche, vorrà dire che chi le presenta è una isterica. Il loro valore diagnostico anzi pare aumentato, poiché il Babinski può fornire la riprova, che le stigmate sono derivate da una genesi suggestiva, facendole sparire con una autosuggestione.  

Che se ne deduce?  

Che se Charcot disse che «l'isteria è una grande simulatrice», in compenso Lasègue affermò che «una definizione sull'Isterismo non sarà possibile mai».  

Della stessa idea del Lasègue è anche il Prof. Terriem, che affermò, che le sole forze suggestive non sono sufficienti per produrre emorragie cutanee.  

I Prof. Pierre Janet, Farges, Poulain, e Dumas scrissero che è possibile il fenomeno della stigmatizzazione, ma questo non è spiegato dalla scienza e quindi non può derivare da forme isteriche.  

Per la storia è necessario che io ricordi, che un notissimo Padre, appartenente all'Ordine dei Minori, pubblicò nel 1924 collo pseudonimo di Prof. Dott. Vigo Olivieri, un libello contro Padre Pio, libello che reca offesa a tutti gli stigmatizzati ed alla Chiesa stessa, poiché affermò che il dottor Imbert Gourteyre aveva sprecato molto inchiostro sostenendo l'origine soprannaturale delle stigmate.  

Costui, cioè il Rev. Padre Agostino Gemelli, pronunciò un'altra eresia, quando volendo esaltare S. Francesco nel settimo centenario della sua nascita, affermò che l'Assisiate era il solo vero stigmatizzato, mentre in tutti gli altri, fatta riserva per la sola S. Caterina da Siena, il fenomeno delle stigmate è un prodotto di origine isterica.  

Fortunatamente il giornale «La Civiltà cattolica» nel gennaio del 1925, sostenne che quanto aveva scritto il dotto psicologo era inesatto e imprudente.  

Inesatto ed imprudente poiché la sua affermazione, che gli stigmatizzati sono degli isterici, va contro i deliberati dell'alto consesso delle Supreme Autorità della nostra Santa Chiesa, che elevò, dopo un lungo e minuzioso processo di canonizzazione più di 60 stigmatizzati sugli altari.  

Ora è inammissibile che tale Autorità abbia sbagliato; conoscendo il procedimento insospettabile con cui si arriva alla beatificazione prima e alla santità poi, è il dotto psicologo quello che ha sbagliato, pronunciando un giudizio a vanvera e antireligioso 

Se il Prof. Pierre Janet, poté, dopo lunghe e pazienti ricerche su isterici, confessare di aver atteso 22 anni senza mai essere riuscito a sorprendere nei suoi ammalati nervosi, un solo esempio di vere e sicure stigmate, se il D'Ales, ritiene che le stigmate naturali non siano mai state osservate, né sperimentalmente prodotte, come può invece affermare il contrario un dotto Padre dei minori cappuccini, lui che sopra tutto e in tutto deve vedere solamente Dio?  

Ben a ragione il prof. Murri, scienziato razionalista sì, ma anche profondo indagatore della psiche umana, Egli, che come dice nella sua prefazione, tenta di vedere le cose il più nitidamente possibile e che ammette che la medicina non può fare un passo, senza intoppare in una incertezza, pure affermando che «la tendenza dell'intelletto umano è di penetrare il più che si può nella visione delle cose», soggiunge:  

«Felix qui potuit rerum cognoscere causas».  

Il grande vegliardo, il cui giudizio è legge, dinnanzi a certi fenomeni, che neppure Lui sa spiegare, invece di azzardare cervelloticamente una ipotesi, si ferma, tace, pensa, forse volge il capo stanco, perché ha tanto pensato e studiato, verso l'alto, e intuisce che al di sopra degli uomini, al di sopra della scienza, specie se medica, che non dovrebbe essere chiamata scienza perché imperfetta, esiste un qualche cosa che è più forte, più potente, più grande di tutti... Dio.  

S. Agostino, nel «De Agone Christiano» L C. N. 25, dice:  

«Vi sono degli uomini così stolti e miseri che non credono che Dio onnipotente abbia potuto fare una cosa, perché essi non la possono fare e perché non l'hanno mai vista durante la loro vita».  

Il genio si rivela sempre anche se la nebbia lo invade, poiché Murri afferma che «per mio conto, se ci fosse davvero chi mi spiegasse razionalmente il fenomeno e non credesse gabellarmi una parola per una spiegazione, io mi dichiarerei tosto per lui e rinunzierei lietamente alla chimica. Chi dichiara come fa Gigant, che la fisica e la chimica non spiegano la psiche (nella quale negazione siamo tutti d'accordo), perché non ci rivela egli il segreto, che gli concede il privilegio di dare una spiegazione della coscienza? NOI NON SPIEGHIAMO NULLA. Il nostro modestissimo parere è puramente empirico. Sappiamo cioè, che i fenomeni normali della coscienza, coesistono coi fenomeni normali del cervello e che per converso, fenomeni cerebrali anormali si collegano con anormali condizioni della coscienza».  

Il prof. Murri non ha accennato al fenomeno, usando il termine «spirituale».  

Non era possibile che Egli, non sapendo spiegare un dato fenomeno, usasse altre parole all' infuori di quelle sempre usate.  

Il razionalista tace, non ammettendo il dogma, deve sorvolare su certi tasti, che il suo raziocinio non ammette, ma il suo silenzio è più chiaro della sua parola ... Dio ... Dio ... Tre lettere, ma tutto un poema infinito di dolcezza e di amore, tutto un inno alla vita intro e extra ispettiva, una spiegazione logica, anche per chi non ammette che il più crudo e nudo materialismo.  

Dio ... parola che tutti pronunciamo prima di morire, poiché il timore dell'al di là ci prende, che pronunciarono tanti Grandi, e che forse pronunciò pure anche il Carducci prima di morire, pur essendo assillato dagli amici atei e massoni a negarlo.  

Chi può imporre ad un «io» di rivolgere il pensiero prima di morire a Colui che tutto ci ha donato?  

Nessuno vede entro il nostro «io», nessuno vide quello che passò nella mente del grande Poeta, come nessuno potrà vedere quello che passerà nella mente del grande Vegliardo. Lui pure, ne son certo, prima di morire penserà a Colui, che per tanti anni «ha bestemmiato e pianto».  

E continuo dopo questa breve e necessaria parentesi.