L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio.
CONVERSIONE DI UN MASSONE DI BOLOGNA
Chi ha fatto il male deve fare la penitenza dice un vecchio adagio. Io ho fatto il male essendo stato massone, oggi devo fare la penitenza, che per me invece è gioia, persuadendo i miei «ex fratelli» a rientrare in seno a Madre Chiesa.
Un mio ex compagno massone, un giorno mi incontrò, mi salutò e, dopo i soliti convenevoli, io gli dissi:
- Compera il giornale «La Settimana». Vi è pubblicato un mio articolo.
Pochi giorni dopo lo incontro di nuovo.
- Sai, - mi disse - ... quel tuo articolo ... l'ho letto, raccontami qualche cosa.
Io gioii, in cuor mio, ma e perché non avevo tempo, e perché volevo che l'assillo penetrasse nella carne, gli risposi:
- Ne riparleremo.
Un altro giorno, avendogli detto che io ritornavo da Padre Pio, volle che gli facessi benedire dal Padre, una immagine di S. Francesco, che teneva nel portafoglio.
- Prendi, - mi disse - e prega il Padre che mi benedica questa immagine, e digli che appena potrò, andrò da Lui.
Quando io mi recai dal Padre e levai dal portafoglio l'immagine da benedire, Padre Pio mi disse:
- È di un massone, ma un massone che tiene in tasca S. Francesco, ha già lo spirito della fede.
Sarò breve. Dopo il mio ritorno, il signor X, partì per S. Giovanni Rotondo. Di là mi inviò una cartolina con queste parole:
«S. Giovanni Rotondo; 27 febbraio 1931.
«Sono contento, poi a voce ti spiegherò, non potevo fare in vita mia un passo migliore di questo, ne ringrazio anche te. Saluti affettuosi.
Firmato: ... X».
Tale cartolina la conservo fra le molte ed infinite altre che ho ricevute. Sono, la maggior parte, ringraziamenti, perché, dopo la lettura del mio modesto opuscolo «Dal dubbio alla fede», molti hanno sentito il bisogno di andare dal Padre.
Questo signore, in data 18 novembre 1931 mi scriveva così:
Bologna, 18 novembre 1931
Caro Del Fante,
È per gratitudine che t'invio la presente. Compie in questi giorni un anno che ti incontrai, una sera, per via Galliera - ricordi? - e che mi invitasti a leggere un tuo articolo scritto in un giornale settimanale. Acquistai il periodico, lessi il tuo scritto, tornai a leggerlo, un forte turbamento m'invase, in esso trovavo rispecchiato lo stesso mio stato d'animo.
Riflettei molto sul tuo articolo, pensai ai tanti anni passati affannosamente alla ricerca della verità e della vera luce, agli errori commessi, quando, spinto dal vivo desiderio della conoscenza mi dedicai con tutta foga dei miei giovani anni allo studio del materialismo di Haeckel, allora in gran voga, da cui però, mi ritrassi nauseato, non potendo ammettere che, monumenti di pensiero, come le opere di Dante, Leonardo, Michelangelo ecc., che sfidano i secoli, fossero semplicemente il risultato di combinazioni chimiche e fisiche, e la negazione dell'anima, che è quel quid formante il nostro io, che è in noi e fuori di noi perché non è semplice elaborazione di materia; questi concetti mi erano inconcepibili ed in pieno contrasto con la mia coscienza. Cercai altre vie, e trovando negli insegnamenti teosofici, qualche cosa che soddisfaceva il mio spirito, mi dedicai allo studio delle teorie di Steiner, Besant, ecc.; passarono gli anni ed io mi ritrovai con gli stessi dubbi, con le stesse incertezze dei miei primi tempi, ed il mio disagio era maggiore, le crisi del mio spirito erano sempre più frequenti. non di rado tornavo col pensiero alla mia fanciullezza, quando in Assisi, Paul Sabatier mi parlava del Serafico e mi illustrava la Sua predicazione, e questo ritorno del pensiero al Poverello, mi faceva sentire che il sentiero da me battuto non era il giusto, che la luce che io scorgevo, non era la vera luce, ed allora mi domandavo quale era la via giusta e dove trovarla.
Caro Alberto, il Signore ha vie infinite! incontrai te sui miei passi, mi indicasti la buona via, ti ascoltai, salii l'aspro sentiero del monte Garganico, trovai il Maestro, mi accolse con gioia, perché in me vide un cieco, ascoltò sorridente i dubbi del mio spirito, con semplicità di parola ma con immensa profondità di pensiero, demolì, una per una, tutte le teorie di cui era piena la mia mente, senza che io avessi argomenti da opporre, pose di nuovo a nudo la mia anima e mostratimi gli eccelsi insegnamenti del Signore, mi riaprì gli occhi dello spirito, vidi la vera Luce, mi toccò il cuore, conobbi la vera Fede.
Ora sento in me veramente la pace dello spirito, ora conosco il vero Dio.
Di questo, ti sono grato, grazie Alberto, ti devo tanto, a Padre Pio debbo tutto.
Tuo aff.mo
FERRUCCIO CAPONETTI
Bologna - Piazza VIII Agosto N. 31.
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