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domenica 10 novembre 2024

Commento all‟Apocalisse

 


§. II. 

La consolazione della Chiesa trionfante di Cristo  

sulle persecuzioni e le vittorie che i SS. Martiri riportarono su di esse. 


Cap. VII. v. 9-17. 


I. Vers. 9. Dopo questo vidi una gran folla, che nessuno poteva contare, di tutte le genti, e tribù e popoli e lingue, che stavano di faccia la trono e di faccia all‟agnello, rivestiti di bianche vesti, e con palme nelle loro mani. Le parole sopra riportate esprimono e rivelano la beatissima condizione di tutti i SS. Martiri nella Chiesa trionfante, i quali al tempo di Diocleziano e dei prece-denti persecutori, attraverso varie e differenti morti e tribolazioni, passarono alla vita immortale. Questa visione è di consolazione e conforto a tutti gli altri soldati di Cristo, che fino alla fine del mondo, patiranno nella Chiesa militante per la fede, l‟onore e la giustizia del Signore Dio. Dopo questo, ovvero seguendo l‟ordine della rivelazione, vidi una gran folla, di Martiri e Santi di Dio, che nei primi trecento anni dopo la Passione di Cristo, passarono alla gloria celeste. Che nessuno poteva contare: si pone un numero infinito, per indicare la sterminata moltitudine dei SS. Martiri che passarono in quei trecento anni alla vita eterna. Di tutte le genti, e tribù e popoli e lingue: que-sti quattro vocaboli significano che uomini di ogni popolo, di ogni parte del mondo, passarono co-me detto alla vita eterna, in quanto nessun uomo è escluso dalla gloria celeste. Che stavano di fac-cia la trono: quest‟espressione indica la condizione dei santi, che è la chiara visione di Dio, il ripo-so e l‟eterna stabilità. Si dice poi che stavano di faccia la trono, per indicare il riposo da ogni fatica nella visione beatifica di Dio. E di faccia all‟Agnello, questo denota il gaudio dei beati per la visio-ne dell‟umanità di Cristo, che godranno in eterno. Come infatti i beati si ricreeranno internamente della visione della divinità, così esternamente di quella dell‟Umanità di Cristo. Rivestiti di bianche vesti, queste indicano la gloria, il premio e le speciali aureole in ordine ai differenti meriti e ai di-versi combattimenti. Per cui subito aggiunge: e con palme nelle loro mani, a significare la perfetta vittoria, la quale in questa vita non si può ottenere, poiché l‟uomo, per quanto santo, deve conti-nuamente combattere. Da ciò si ricava quindi che qui si sta davvero descrivendo la condizione della Chiesa trionfante in cielo. 

 Vers. 10. E gridavano a gran voce. Denotano queste parole l‟ufficio dei beati di Dio, e esprimono nel contempo la veemenza e il massimo affetto del loro amor divino, per cui impulso lo-dano e glorificano Dio e l‟Agnello per la loro salvezza di cui sono sicuri per tutta l‟eternità, dicen-do: La salvezza al nostro Dio, ch‟è seduto sul trono, e all‟Agnello, ovvero salute e felicità, e ogni altro gaudio, derivano da Dio e dall‟Agnello. 

II. Vers. 11. E tutti gli Angeli stavano ritti intorno al trono e dei vecchi e dei quattro animali, e caddero bocconi davanti al trono e adorarono Dio. Segue l‟applauso di tutti i SS. Angeli per la salvezza dei SS. Martiri di Dio. E tutti gli Angeli erano pronti ad eseguire ogni ordine di Dio. Intorno al trono e dei vecchi e dei quattro animali: qui ricorda che l‟ordine dei SS. Angeli che si trova nella Chiesa trionfante consta di tre Gerarchie e di nove Cori. Intorno al trono e dei vecchi, ossia i Profeti e gli Apostoli; e dei quattro animali, ovvero gli Evangelisti e di Dottori, i quali sono continuamente occupati a servire il loro creatore, il che è indicato dal verbo: stare. E caddero boc-coni davanti al trono e adorarono Dio. Queste parole indicano la perfettissima sottomissione, rive-renza, umiltà e culto, con cui gli Spiriti angelici adorano per tutta l‟eternità Gesù Cristo, vero Dio e Uomo, tributandogli ogni lode e onore per la loro condizione beata, e ringraziandolo per il trionfo dei Martiri. Dicendo: Amen.  

Vers. 12. La benedizione e la gloria e la sapienza e il ringraziamento e l‟onore e la poten-za e la forza al nostro Dio per i secoli dei secoli. Amen. Tributano al nostro Dio la potenza, la be-nedizione, la lode, e la gloria, la glorificazione del suo nome, e la sapienza (in quanto forma eterna) e il ringraziamento per tutte le patite tribolazioni per le quali i SS. Martiri conquistarono la somma gloria. L‟onore nelle pubbliche chiese e sugli altari, che dopo l‟ultima persecuzione, erano erette ovunque nel mondo. E la potenza, l‟effetto della potenza di Dio, e i miracoli che avvennero in te-stimonianza della fede. E la forza, ossia la capacità di resistere, per la quale tollerò i tiranni e i persecutori della Chiesa. Ma anche indica la meravigliosa costanza dei SS. Martiri, la cui quasi infinita moltitudine d‟entrambi i sessi sconfisse tutti i tormenti del mondo e si guadagnò il regno dei cieli. Al nostro Dio: i SS. Angeli attestano e dichiarano che tutto ciò bisogna attribuirlo al Signore Iddio, in quanto unica sorgente e infinito mare di tutti i beni, per cui chiudono la loro acclmazione con l‟espressione Amen, ovvero, „così sia‟, „così sia‟, che esprime il loro ardente desiderio. 

III. Vers. 13. E prese la parola uno dei vecchi, dicendomi: Questi che indossano le bian-che vesti, chi sono e da dove sono venuti? Questa domanda viene posta a questo punto in modo as-sai sapiente riguardo alle persone, ossia chi siano e come siano giunte alla condizione tanto beata, allaa consolazione, e al gaudio e alla speranza certa dei giusti in tutte le avversità che per permesso di Dio accade che dobbiamo patire da parte degli empi, così da comprendere che per i giusti non si tratta di un eccidio, di un danno irreparabile o di una fine ignominiosa, ma del transito ad una con-dizione cui appartiene ogni gloria e ogni bene. Nel libro della Sapienza, al cap. 3, 1-3, si legge al ri-guardo: Ma le anime dei giusti son nella mano di Dio, e non li toccherà tormento di morte. Sembra-ron morire agli occhi degli stolti, e si reputò disgrazia la loro scomparsa, e il loro partirsi da noi uno sfacelo, ma essi son nella pace. Anche gli empi il giorno del giudizio finale saranno costretti, ma troppo tardi, e per loro eterno scorno, ad ammettere e deplorare la medesima cosa. Allora sta-ranno i giusti con grande sicurezza in faccia a coloro  che li oppressero e depredarono le loro fati-che. Al vederli gli empi saranno agitati da tremenda paura. Diranno dentro di sé presi da penti-mento, e sospirando per l’angoscia dell’animo: Questi son coloro che facemmo un tempo oggetto di risa e d’obbrobrioso motteggio, noi insensati. La vita loro stimavamo una pazzia e senza onore la loro fine. Eccoli invece annoverati tra i figli di Dio e tra i santi è il loro retaggio (Sap., 5, 1-5). E prese la parola uno dei vecchi, dicendomi: Costui è S. Pietro, detto uno dei vecchi, ossia il primo dei Prelati della Chiesa, come sopra già dicemmo. Questi che indossano le bianche vesti, chi sono e da dove sono venuti? Questa domanda non serve ad apprendere qualcosa, quanto intende istruire noi. Segue infatti l‟umile risposta di S. Giovanni, che ci insegna il modo con cui dobbiamo imparare i divini misteri celesti. 

Vers. 14. Ed io gli dissi: Tu, Signor mio, lo sai. Segue subito l‟istruzione sulla verità eterna. E lui mi disse: Questi son quelli che vengono dalla gran tribolazione, ossia questi sono coloro che in questo mondo furono oggetto del disprezzo degli uomini, e patirono la ruota, il fuoco, le bestie feroci, la spada, il carcere e l‟esilio, e uscirono di vita col martirio al tempo di Diocleziano e di Massimiano e dei tiranni che li precedettero, poiché allora vi fu la gran tribolazione. E han lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell‟Agnello. Con queste parole si indica l‟aumento della gloria dell‟anima, che è l‟aureola del martirio, che ottennero testimoniando la fede in Gesù Cristo. Il sangue dei Martiri infatti si dice moralmente il sangue di Cristo, nel senso che è il sangue dei suoi membri, nei quali si dice che ha patito la persecuzione, come in Atti, al cap. 9, 4: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Del pari si dice che han lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell‟Agnello, perché ogni merito e morte dei Santi si fonda sulla morte e nel Sangue dell‟Agnello Gesù Cristo, e s‟innestano come i tralci nella vite e come il frutto nell‟albero e come le spighe nel seme. 

Vers. 15. Perciò sono davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio, e colui che siede sul suo trono abiterà sopra di essi. Segue la condegna e piena ricompensa delle tri-bolazioni indicata dall‟uso della particella perciò. Sono qui specificate otto tipi di retribuzioni, che corrispondono agli otto difficili gradi delle virtù e della vittoria attraverso di cui i cristiani devono salire per giungere al Regno di Dio. Ciò aveva promesso Cristo in S. Matteo al cap. 5 ai suoi solda-ti. Otto è infatti il numero con cui s‟indica l‟insieme e la pienezza di ogni bene, come vedremo. 

IV. Il primo grado è la povertà in spirito armato della quale il cristiano deve essere pronto a perdere ogni bene temporale piuttosto che rinnegare la fede e distribuirlo ai poveri durante la perse-cuzione, come fece S. Lorenzo e tutti i SS. Martiri i cui beni erano insidiati dal tiranno, e a cui è promesso il Regno dei cieli, che è la personale ed individuale stabilità eterna. Per cui si dice: perciò sono davanti al trono di Dio, ossia posti nell‟eterna stabilità, guardando Dio faccia a faccia, come Egli è.  

Il secondo grado è la mansuetudine, di cui rivestiti i SS. Martiri di Dio sostennero il giogo e la tirannia dei Re della terra ad imitazione di Cristo loro Signore, condotti al macello come Agnelli, senza aprir bocca e così vinsero il male col bene, ai quali sta promesso il possesso della terra, ossia la libertà completa e il possesso eterno del sommo bene, nel quale regneranno con Cristo Gesù loro capo nei secoli dei secoli, poiché servire Dio, è regnare. Per cui segue: e lo servono giorno e notte nel suo tempio, nel riposo eterno, nella libertà e felicità senza timore, nella lode del loro creatore per tutta l‟eternità, come attesta il Salmo 83, 5: Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore: Ti loderanno sempre. Il tempio simboleggia infatti il cielo empireo, il palazzo dell‟eterno Re, il ta-bernacolo incorruttibile, nel quale Dio abiterà con gli uomini e i suoi SS. Angeli come vedremo al cap. 21. 

Il terzo grado è il pianto dei giusti, per cui gemono e piangono nelle avversità, incertezze, agitazioni, cattive tentazioni ed altre numerose calamità e disgrazie di questo mondo. Anche a loro è promessa una consolazione piena, e una perfetta felicità, che consiste nell‟essere con Cristo e regna-re con lui, giustissimo, santissimo e potentissimo Monarca, la cui bontà, potenza e regno non cessa-rà in eterno. E colui che siede sul suo trono abiterà sopra di essi, e non serviranno più un Re terre-no, né gli saranno sottomessi, né più si cambierà la loro condizione nei secoli dei secoli, poiché Cri-sto Signore, Re dei Re e Signore dei Signori, sarà il loro Re, il cui giogo è soave e il peso lieve. Sarà loro Signore per tutta l‟eternità e non potranno più essergli sottratti. 

Il quarto grado è lo zelo della giustizia, a cui è promessa la piena sazietà di ogni desiderio e di ogni bene. I giusti uomini di Dio infatti vedendo che in questo mondo sono commessi tanti mali, il povero, l‟orfano e la vedova sono oppressi, gli empi predominano sui giusti, i che i consigli degli stolti sono ascoltati e quelli dei saggi disprezzati, che tanti beni sono impediti, che nella gran parte degli uomini non si trova né giustizia, né verità, né timor di Dio, né carità, né sincerità, si affliggono nello spirito, come consunti da una sorta di fame e sete che non si può alleviare. Per loro sollievo quindi aggiunge:  

Vers. 16. Non avran più fame né sete, né li colpirà il sole né ardore alcuno. Saranno satol-li di ogni cosa, essendo i loro desideri conosciuti per decreto della divina volontà. Salmo 16, 15: Ma io nella giustizia mi presenterò la tuo cospetto, mi sazierò all’apparir della tua gloria. Non avranno più fame e sete, del pari, non dovendo più sottostare per tutta l‟eternità alle necessità corporali. 

Il quinto grado è l‟essere misericordioso in questo mondo, amare i poveri, i miseri, gli afflit-ti, gli orfani, le vedove e aiutare gli indigenti, mostrarsi verso tutti affabile, mansueto, amabile e compassionevole nella carità di Cristo. A loro è promessa la misericordia di Dio, per la quale meri-teranno di scampare dalle pene eterne e di essere sicuri da ogni altro travaglio per i secoli dei secoli. Per cui si aggiunge: né li colpirà il sole, ossia la giustizia di Gesù Cristo, sole di giustizia. Questa infatti brucerà e tormenterà nell‟inferno per i secoli dei secoli soltanto gli empi, i tiranni e gli immi-sericordi; né ardore alcuno, nessun‟altra tribolazione fra quelle che numerose accadono nel secolo presente, potrà investirli e colpirli in eterno. 

Il settimo grado è la vita santa, immacolata, casta, sobria, e pia in quasto mondo, a cui sta promessa la visione di Dio nell‟altro. Nel regno dei Cieli infatti non entrerà nulla di immondo. 

Vers. 17. Perché l‟Agnello che è in mezzo al trono, li reggerà: l‟Agnello indica l‟Umanità di Cristo, nella quale e per mezzo della quale i beati vedranno per tutta l‟eternità la risplendente di-vinità come una fiaccola che brilla in una lampada. In mezzo al trono: ossia in Cielo, dove Gesù Cristo si mostrerà a tutti i santi visibile e glorioso. Dice poi: l‟Agnello li reggerà, poiché l‟Umanità di Cristo è il mezzo della visione beatifica tra la divinità e la creatura, come sono tutti i beati; poi, perché tutti i beati saranno retti e dipenderanno assolutamente dal cenno della infallibile e buona volontà di Cristo, che mai permetterà loro di più errare e peccare per tutta l‟eternità, ma, completa-mente immersi e uniti al loro creatore mediante la direzione dell‟Umanità di Cristo, rimarranno per tutta l‟eternità in una quiete ineffabile. Per cui poi non potranno mai più perdere la visione beatifica, in quanto non vi sarà niente altro che potranno ancora desiderare o di cui potrebbero essere saziati. 

Il settimo grado è una certa libertà e santa pace dei giusti sulla terra, in forza di cui tengono loro soggette e sottomesse le passioni, e sanno dominare i loro affetti. Per cui in ogni calamità, e sventura, e nelle angustie rimangono incrollabili e mantengono sempre la pace e la tranquillità inte-riore, avendola come testimone della loro buona coscienza davanti al Signore loro Dio. A costoro è promessa la filiazione di Dio, per cui ogni desiderio dei Santi è pienamente e perfettamente saziato, poiché non vi è niente di più grande che si possa desiderare, niente di più degno, cui tendere; niente di più dolce, di cui godere, e niente di più ammirabile che possa loro accadere. Per cui segue: e li guiderà alle fonti delle acque di vita, ovvero all‟immortalità e alla soddisfazione di tutti i beni, di tutte le cose desiderabili, che si possono avere o desiderare. Per cui si dice al plurale alle fonti delle acque di vita. Di conseguenza questa pienezza e filiazione divina si acquisirà pienamente dopo la resurrezione universale dei corpi, quando saremo simili a Cristo e saremo chiamati figli di Dio, e vedremo il Signore nostro Dio, come egli è, faccia a faccia. 

L‟ottavo grado infine è quella della pazienza delle avversità, della prigione, della perdita dei beni temporali, o della morte stessa per la giustizia o la fede nel Signore Gesù Cristo, nella pazienza e nell‟umiltà. Di costoro si parla qui infine, quando dice: E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, ossia non avranno più alcun motivo per patire, ma una piena e perfetta consolazione. E quan-to fu la misura nel calice della passione, altrettanto sarà quello della consolazione. Così nessuno lì si dorrà delle avversità e dei mali subiti, poiché godrà per sempre dei beni eterni, che quelle disgrazie gli avranno meritato. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

mercoledì 17 luglio 2024

Commento all‟Apocalisse - La consolazione della Chiesa militante e di quella trionfante dopo aver patito le persecuzioni.

 


Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 


SUL CAPITOLO SETTIMO DELL’APOCALISSE 


I. Vers. 1. Dopo questo vidi quattro Angeli, ritti ai quattro angoli della terra, che trattene-vano i quattro venti della terra, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su albero al-cuno. Dopo aver descritto la durezza della persecuzione di Diocleziano, segue la consalazione mas-sima, che avvenne alla Chiesa di Dio al tempo di Costantino Magno, figlio di S. Elena. Questo capi-tolo consta di due parti. Nella prima viene descritta la consolazione che toccò alla Chiesa militante:  

Vers. 2. E vidi un altro Angelo che veniva su da levante, che aveva il sigillo del Dio viven-te ecc. Nella seconda invece ci si riferisce alla Chiesa trionfante in cielo: Vers. 9. Dopo questo vidi una gran folla.  

 

§. I. 

 

La consolazione e la liberazione della Chiesa militante dal giogo e dalle persecuzioni dei tiranni. 

 

Cap. VII. v. 1-8. 

 

 I. Vers. 1. Dopo questo vidi quattro Angeli, ritti ai quattro angoli della terra, che trattene-vano i quattro venti della terra, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su albero al-cuno. Con queste parole si accenna ad una breve continuazione delle persecuzioni ad opera di quat-tro Imperatori nelle quattro parti dell‟Impero, ossia Galerio, Massenzio, Massimino e Licinio. Per questo dice: Dopo questo, ossia dopo la persecuzione di Diocleziano e Massimiano, i quali depose-ro le insegne dell‟Impero. Vidi quattro Angeli, i citati quattro Imperatori e persecutori della Chiesa, ritti, che dominavano, ai quattro angoli della terra, le quattro parti dell‟Impero Romano, che si estendeva per gran parte del mondo conosciuto. Che trattenevano i quattro venti della terra, per-ché non soffiassero, impedivano a tutti i Dottori della Chiesa di predicare il Vangelo e la parola di Dio. Di questo vento si legge nel Cantico dei cantici, al cap. 4, 16: Levati, o Aquilone! Vieni, o Au-stro. Spira nel mio giardino e ne esalino gli aromi. Come infatti la terra è fecondata dai venti, così l‟orto della Chiesa militante sulla terra è fecondato dal soffio della predicazione. Né sul mare, né su albero alcuno. Qui si prende quello che contiene per il contenuto. Alcuni cristiani infatti abitavano i deserti, altri sulle isole, altri nelle foreste, per timore della persecuzione. Il nome dei luoghi designa qui i loro abitatori. 

 II. Vers. 2. E vidi un altro Angelo che veniva su da levante. Qui si descrive la repressione dei citati quattro tiranni per opera dell‟Imperatore Costantino Magno nell‟anno 312. Un altro Ange-lo, ossia del tutto avverso ai precedenti, appunto Costantino il Grande, che veniva su da levante, che veniva all‟Impero Romano per ordine di Cristo, sole di giustizia, per dar pace alla Chiesa. Quando infatti, a Roma, Massenzio, dopo aver fatto uccidere Severo, cominciò a comportarsi da ti-ranno, i nobili romani chiesero soccorso a Costantino, figlio di Costanzo Cloro, che stava in Gallia, perché liberasse l‟urbe dal malgoverno di quello. Che aveva il segno del Dio vivente, ossia il segno di Cristo. La Storia Ecclesiastica, al cap. 9, tramanda infatti che Costantino che muoveva verso Roma per attaccare Massenzio, e spesso meditava sulla strategia da tenersi, implorando la vittoria al Dio del cielo, benché non fosse stato ancora battezzato, vide il segno della Croce risplendere nel cielo, e pieno di stupore per l‟insolita visione, vide presenti gli Angeli che dicevano: In questo se-gno vincerai. Sicuro della futura vittoria allora fece dipingere sui vessilli militari il segno della cro-ce che aveva visto, e così procedendo contro Massenzio ottenne una vittoria completa e un trionfo. 

Vers. 3. E gridò a gran voce ai quattro Angeli, cui era stato dato di danneggiar la terra e il mare, dicendo: Non danneggiate la terra, né il mare, né le piante, fino a che non abbiamo se-gnato sulle loro fronti i servi del nostro Dio. Queste parole descrivono la fortezza e la profonda pietà di Costantino Magno verso la religione cristiana. E gridò a gran voce ai quattro Angeli, ossia ai citati quattro persecutori, e ai loro subalterni sparsi nelle quattro parti dell‟Impero, ai quali gridò con i suoi pii editti, con i quali ordinò che fossero chiusi i templi degli idoli e che tutte le popola-zioni dell‟Impero, rigettato il paganesimo, abbracciasse la religione cristiana, e comandò che ovun-que fossero costruite delle chiese, e fece edificare egli stesso a Roma la Chiesa del Laterano e mol-tissime in altri luoghi completò e ornò con spese immense, vietò di sacrificare agli idoli, di trarre vaticini, di costruire statue, di compiere sacrifici occulti, di non contaminare le città coi sanguinari giochi di gladiatori, di non venerare il fiume dell‟Egitto con uomini effeminati, e perciò fece in mo-do che il genere degli androgeni in quanto impudico fosse tolto di mezzo. Ai governatori delle pro-vince diede ordine di considerare la domenica giorno festivo, e quelli dedicati ai Santi Martiri (cfr. Storia Eccl. Lib. 4, De vita Constantini). Destinò una tassa, dall‟importo fissato, tratta dai tributi che le singole città versavano nell‟erario, per destinarla alle Chiese e ai chierici di ogni luogo, ordi-nando che quell‟atto di generosità divenisse una certa e perpetua legge. Concesse ai Vescovi la fa-coltà d‟appello nelle cause civili, rendendo le loro sentenze superiori a quelle dei giudici laici. I me-desimi Vescovi ebbero riconosciuta la facoltà di giudicare in via esclusiva il Clero; concesse ovun-que ai sacerdoti l‟immunità dei luoghi, favorì la letteratura e le biblioteche, e ne dotò i professori con molti privilegi, immunità, stipendi e onorari. Per questo qui si dice, che gridò a gran voce: Non danneggiate la terra, né il mare, né le piante, ossia smettete di impedire e distruggere la fede e la religione di Cristo, nei deserti, nelle isole e nei luoghi silvestri. Il che ottenne  impedendo ai quattro tiranni e i loro satelliti di nuocere ai cristiani. Massenzio, infatti, fu sconfitto ed ucciso. Lo stesso accadde a Licinio, che incrudelì ferocemente contro i cristiani ad Alessandria ed in Egitto. Gli altri due, infine, dissuase con un suo ordine. Pertanto, quanto maggiormente in precedenza il nome della Chiesa di Cristo fu disprezzato e umiliato, tanto più, a partire dal tempo di Costantino Magno, che regnò piamente e con gran potenza per 33 anni, fu in onore, esaltato e confortato. Fino a che non abbiamo segnato sulle loro fronti i servi del nostro Dio: queste parole significano la pubblica pra-tica del Battesimo, che Costantino, con ordini e esempi, introdusse in tutto l‟Impero. Egli stesso in-fatti lo onorò, facendosi battezzare da Papa S. Silvestro, ed esaltò la Chiesa e i suoi ministri in tutto l‟Impero. Edificò chiese magnifiche. Promulgò ed ordinò il battesimo e il pubblico esercizio della religione cattolica, screditando e bandendo l‟ immoralità, la menzogna e la disonestà dell‟idolatria. Si ha poi da sapere che l‟espressione fino a che va intesa in modo, per così dire, infinito e non fini-to, come se si dicesse: costui non si pentì fin che fisse, ossia non si pentì mai, poiché una volta mor-to non ebbe modo alcuno di mutar idea.  

Vers. 4. Ed udii il numero dei segnati centoquarantaquattromila segnati da tutte le tribù dei figli d‟Israele. Segue il frutto della predetta repressione, ossia il moltiplicarsi di coloro che cre-dettero in Cristo durante l‟Impero di Costantino. Ed udii (con l‟immaginazione e in ispirito) il nu-mero dei segnati, ovvero dei battezzati e dei credenti, centoquarantaquattromila: è un numero de-terminato per uno indeterminato, come spesso avviene nel linguaggio biblico. Moltissimi, infatti, nelle diverse parti  dell‟Impero si fecero battezzare in quel tempo. Segnati da tutte le tribù dei figli d‟Israele: il nome Israele indica tutti i popoli rigenerati dal battesimo di Cristo, come predisse Osea, al cap. 2, 24: E dirò a Non-popolo mio, tu sei il mio popolo. Anche Isaia lo predice al cap. 44, 3-4: Spanderò lo spirito mio sopra la tua semenza, e la mia benedizione sopra i tuoi germi, e ger-mineranno. E ancora (v. 5): Questi dirà: Del Signore sono io. Quello si denominerà da Giacobbe. Altri scriverà sulla tua mano: Al Signore, e col nome d’Israele vorrà essere chiamato. Il che s‟intende dei popoli pagani che si convertiranno a Cristo. Lo stesso dice l‟Apostolo al cap. 2 della Lettera ai Romani: Non è dunque vero Giudeo quello che appare, ne è vera circoncisione quella che è palese nella carne, ma il Giudeo è quello che è tale entro di sé, ossia per la fede di Cristo e per la circoncisione del cuore bello spirito.  

Vers. 5-9: Dalla tribù di Giuda dodicimila segnati, dalla tribù di Ruben dodicimila segnati ecc. Conseguentemente le dodici tribù d‟Israele significano qui alla lettera i dodici Apostoli del Nuovo Testamento, che corrispondono e sono paragonati ai dodici Patriarchi dell‟Antico. Come in-fatti da questi, figli di Giacobbe, derivarono tutti gli Israeliti secondo la carne, così per mezzo degli Apostoli discendono da Gesù Cristo tutti i fedeli in ispirito e secondo la promessa. E come al posto della tribù di Dan, da cui si dice discenderà l‟Anticristo, qui si mette quella di Giuseppe, così il po-sto del traditore Giuda lo ottenne l‟apostolo San Mattia. 


giovedì 31 agosto 2023

Commento all‟Apocalisse - L‟apertura del sesto sigillo.

 


§. III.

L‟apertura del sesto sigillo. 
 
Cap. VI. v. 12-17 

I. Vers. 12. E vidi quand‟ebbe aperto il sesto sigillo, ed ecco seguì un gran terremoto, e il sole diventò nero come una tonaca di cilicio, e tutta la luna diventò come sangue. Con l‟apertura del sesto sigillo vien descritta la decima ed ultima persecuzione contro la Chiesa di Cristo, scatenata nell‟anno 303 da Diocleziano e dal suo collega Massimiano. Essa viene posta sotto uno speciale sigillo a causa della sua straordinaria crudeltà e durata, e poiché fu l‟ultima. Durò infatti per quasi dodici anni, finché Costantino Magno, sconfitto Massenzio, giunse all‟Impero. Di questa persecuzione scrisse Sulpizio: A causa dello scatenarsi di questa tempesta quasi tutto il mondo fu inondato del sacro Sangue dei Martiri. Allora si cercava il martirio con una morte gloriosa molto più avidamente, di quanto oggi si aspiri all’Episcopato con prava ambizione. Il mondo non fu mai spossato dalle guerre, né mai conquistammo più grande trionfo, di quello che ottenemmo con dieci anni di stragi. Per quel che riguarda il numero di coloro che persero la vita durante così lunghi anni, se si deduce il numero totale da quello di un solo mese, allora tale cifra appare immensa. Nel Liber Pontificalis, infatti, si tramanda che in un solo messe ne fossero martirizzati 17.000. Si consideri poi che nei mesi futuri ci si accanì ancor maggiormente contro i cristiani, poiché furono pubblicati altri editti che incrudelirono la persecuzione. Si narra pure che nel solo Egitto, durante il regno di Diocleziano, siano stati uccisi in 144.000, mentre 72.000 fedeli vennero cacciati in esilio. Nelle altre province la strage non fu minore, a parte quelle che governava Costanzo Cloro, padre di Costantino Magno, il quale, benché non fosse cristiano, si comportò con gran mitezza nei confronti dei fedeli. Nessuno poteva comprare o vendere se prima non offriva incenso davanti alle statue di idoli collocate ovunque qua è là. Era posti presso i quartieri, le fontane e i villaggi degli appositi funzionari i quali davano il permesso di attingere acqua o di macinare solo a coloro che avevano sacrificato agli idoli. Cfr. Baronio. Tra le varie forme di persecuzione gravissima fu quella che costringeva i fedeli a bruciare i libri cristiani o a consegnarli. Quelli che, terrorizzati dall‟atrocità delle pene, consegnavano i volumi che possedevano, erano considerati traditori: il loro numero fu enorme. Ma altrettanto grande fu quello di coloro che preferirono una morte tra atroci tormenti, piuttosto che consegnare i libri, la cui commemorazione si fa nella Chiesa Roma il giorno 2 gennaio: A Roma si commemora moltissimi Santi Martiri, i quali, disprezzando l’editto dell’Imperatore Diocleziano che ordinava di consegnare i Santi Codici, preferirono consegnare i corpi al carnefice, piuttosto che dare ai cani le cose sante. Molti si rifugiarono presso i barbari, pur avendoli catturati, li quali li trattarono benevolmente, permettendo loro di praticare il culto cristiano, come si può vedere nel‟editto di Costantino, citato da Eusebio nella Vita Constantini, al lib. II, cap. 15. Avendo gli Imperatori stabilito di voler sradicare del tutto la religione cristiana, decisero di iniziare dall‟esercito, in modo che non vi fosse alcun cristiano armato che potesse opporsi quando gli editti pubblicati in tutto l‟Impero cominciassero ad essere messi in pratica. L‟intera Legione Tebea, col suo comandante S. Maurizio, fu decapitata dai pretoriani. Nella notte di Natale vennero arsi vivi nelle chiese 20.000 fedeli. Patirono il martirio il Papa S. Marcellino, S. Sebastiano, Serena, moglie di Diocleziano, S. Luciano, S. Vincenzo, S. Cristoforo, S. Biagio, S. Gervasio, S. Protasio, i SS. Cosma e Damiano, S. Quirino, S. Gorgonio, S. Agnese, S. Lucia, S. Pantaleone, S. Bonifacio, S. Metodio, S. Clemente, S. Agrano, S. Eufemia, S. Giorgio, S. Barbara, e moltissimi altri. Tutte le chiese, in ogni parte del mondo, furono distrutte dalle fondamenta. Tutti i membri degli ordini cristiani furono trucidati, in modo che non vi fosse più in alcuna provincia alcun segno della cristianità. Nel giorno di Pasqua, ossia della Resurrezione del Signore, si comandò che tutti i cristiani fossero uccisi e le chiese devastate. Le vergini cristiane dovevano essere violate, e costrette a rimaner chiuse nei lupanari. Così scrisse al riguardo S. Basilio, nel suo Elogio della Verginità: Mentre incrudeliva l’immane persecuzione, delle Vergini che avevano scelto di rimaner fedeli al loro Sposo, consegnate agli empi torturatori, mantennero inviolato il loro corpo. La grazia di lui teneva lontani gli assalti alla loro purezza e custodiva intatti i loro corpi. Ad Augusta S. Afra, un tempo pubblica meretrice, Ilaria, madre delle fanciulle, Digna, Eupomia e Eutropia, tutta la sua servitù, con molti altri fedeli di ambo i sessi, convertiti alla fede di Cristo, vi subirono il martirio, conquistando la corona immortale. Per cui rettamente il testo prosegue: 
 
Vers. 12. E vidi, quand‟ebbe aperto il sesto sigillo, ed ecco seguì un gran terremoto. Per terremoto s‟intende un grandissimo perturbamento, uno sconvolgimento, uno sconquasso, una devastazione del Regno di Cristo sulla terra, poiché in tutto in territorio dell‟Impero Romano a seguito degli editti e dei decreti di Diocleziano e Massimiano, i magistrati e i potenti furono sollecitati ad uccidere e distruggere il popolo cristiano. E il sole diventò nero come una tonaca di cilicio. Il sole simboleggia Cristo, che è il sole di giustizia e la luce della verità. Qui viene denigrato, in quanto al suo onore e anche nei suoi membri, i quali erano accusati d‟essere dei maghi e degli stregoni, per il fatto di essere stati ammaestrati da Cristo per mezzo degli Apostoli e degli altri suoi discepoli. Così i pagani, denigravano il nome di Cristo. E tutta la luna diventò come sangue. La luna rappresenta la Chiesa, che come la luna riceve la luce dal sole, così essa riceve la luce della verità da Cristo, sole di giustizia. Inoltre la Chiesa, come la luna, cresce e decresce a seconda dei tempi, e sotto la tirannide di Diocleziano e di Massimiano divenne completamente rossa per il sangue dei Martiri. In ogni parte della terra infatti i cristiani erano ammazzati in massa come le bestie, come sopra spiegammo. 

Vers. 13. E le stelle del cielo caddero sulla terra, come il fico butta i suoi fichi verdi, quand‟è scosso da gran vento. Queste stelle sono alcune personalità eminenti del Regno di Cristo, le quali piegati dal timore della morte e dei tormenti, caddero nell‟idolatria, come Papa S. Marcellino e molti altri, il quale però ricondotto a pentimento patì con fortezza il martirio per Cristo. Per la ferocia della persecuzione cessò pure il Papato Romano per sette anni e sei mesi. Come il fico butta i suoi fichi verdi. I cristiani sono paragonati ai frutti del fico per la loro debolezza. Come infatti i frutti del fico, appena spuntati sono ancora immaturi, e cadono facilmente se squassati da un gran vento, così allora i Cristiani non ben radicati nell‟amore di Cristo, e non maturati nella pazienza, investiti dal turbine di quella tempestosa bufera contro la Chiesa, caddero e apostatarono. 

Vers. 14. E il cielo si ritirò come un volume ch‟è arrotolato. Il cielo simboleggia il Regno e la Chiesa di Cristo, che fu disperso dalla bufera di questa furiosa persecuzione ai quattro venti, come le pagine di un libro che sia stato completamente scompaginato. A Roma infatti cessò l‟Episcopato della Sede Apostolica, i cristiani furono dispersi, altri si nascosero nelle grotte, sui monti, nei luoghi e nelle regioni deserte. Altri fuggirono presso i barbari. I SS. codici poi, come dicemmo, da cui i cristiani traevano la dottrina, per ordine dell‟Imperatore erano bruciati, dispersi, e distrutti. E ogni montagna e isola furono smosse dai loro posti. Si prende qui quel che contiene per il contenuto. Fu tanta la furia di questa persecuzione che addirittura i cristiani che si rifugiavano in monti e isole quasi inaccessibili, erano perseguiti con diligenza (cosa che non accadeva in precedenza) per essere condotti al supplizio ed essere tolti di mezzo. Questi due Imperatori si adoperarono con ogni sforzo per sradicare tutta la cristianità, come dicemmo. Inoltre dice: E ogni montagna e isola furono smosse dai loro posti, appunto per la furibonda guerra scatenata da Diocleziano e Massimiano, con la quale sottomisero all‟Impero Romano quasi tutti i regni, principati, isole e nazioni, e luoghi fortificati  in oriente e in occidente, i cui confini estesero ad est fin quasi all‟India, a sud fino all‟Etiopia, nel nord fino alle barbare e fiere popolazioni dei Sarmati, a ovest fino a Boulogne e all‟oceano Atlantico. Per cui aggiunge:
 
Vers. 15. E i Re della terra e i principi e i capitani e i ricchi e i potenti e ogni schiavo o libero si nascosero nelle spelonche e nelle rocce dei monti.  

Vers. 16. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall‟ira dell‟agnello. 

Vers. 17. Perché è venuto il gran giorno dell‟ira loro, e chi mai può reggersi ritto? Queste parole indicano l‟angustia della tirannide di quei tempi, in cui tutti i cristiani eran costretti, poiché, come s‟è detto, essi non erano al sicuro, né nelle isole delle genti, né nelle fortezze, né nei deserti monti, né presso i barbari, dove erano riparati, nascondendosi addirittura nelle grotte o tra le rupi alpestri. Quei tiranni, infatti, fecero in modo di occupare, conquistare, distruggere, assoggettare tutti quei luoghi. E i Re della terra e i principi e i capitani e i ricchi e i forti e ogni schiavo o libero. Sono indicati sette generi di uomini forti per esprimere la crudeltà della persecuzione: nessuno ne era immune, come nelle altre persecuzioni, che di solito colpivano solo i vescovi, i predicatori e chi vi si opponeva, mentre questa incrudelì contro tutti. I Re inoltre indicano il Sommo Pastore della Chiesa e i Patriarchi, i principi sono i vescovi, i capitani gli altri prelati, i ricchi l‟aristocrazia, i forti sono i soldati cristiani; i servi sono i fedeli che fuggiti presso i barbari e da  questi catturati, i liberi quei cristiani che rimasero in potere dell‟Impero Romano. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono. Queste parole esprimono il desi- derio di morire per l‟eccessiva afflizione, in cui si trovarono i cristiani, timorosi di essere inseguiti, catturati, traditi e condotti a morte dopo lunghi patimenti, anche se in moltissimi si erano rifugiati, come estremo riparo, nelle grotte e tra le rupi montane. Per questo desideravano la morte e di essere sepolti dalle montagne, per non essere indotti dalla violenza delle torture a rinnegare Cristo, come a moltissimi era accaduto. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono, ossia dall‟immane, orribile e crudelissima persecuzione di Diocleziano e Massimiano, che allora sedevano sul trono dell‟Impero Romano. E dall‟ira dell‟agnello, di Cristo, che i fedeli ritenevano fosse adirato contro la sua Chiesa, avendo permesso così grandi mali e di tale durata. Credevano pure che Diocleziano fosse l‟Anticristo, e che incombesse il giorno del giudizio finale, e l‟ultima sterminio della Chiesa e del Regno di Cristo sulla terra. Tale appariva allora la Cristianità. Perché è venuto il gran giorno dell‟ira loro, il tempo dell‟ultima persecuzione, come descritto da Cristo in S. Matteo al cap. 24. Gran giorno è detto per la crudeltà del tiranno e per il permesso di Dio, perché quella tribolazione superò tutte le precedenti, e tutti i permessi di Dio, che son designati metaforicamente dall‟espressione ira dell‟agnello, perché egli flagellerà i suoi e ogni cosa come fosse adirato per purgarci dai peccati e aumentare la gloria e il premio celesti qui sulla terra a tempo debito per sua bontà, non volendo punirli eternamente con gli empi nella geenna di fuoco e nelle fiamme eterne dell‟inferno.    
E chi mai può reggersi ritto? Parla la fragilità umana e l‟umana pusillanimità al considerare tanto grande carneficina, che esprime pure la difficoltà della vittoria sul tiranno, come dimostra la caduta di Papa S. Marcellino. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 


lunedì 10 aprile 2023

Commento all‟Apocalisse

 


§. II. 
 
L‟apertura del quinto sigillo. 
 
Cap. VI. v. 9-11


Vers. 9.  E quand‟ebbe aperto il quinto sigillo vidi sotto l‟altare le anime di coloro ch‟erano stati sgozzati a motivo della parola di Dio e della testimonianza che avevan reso. 
Vers. 10. E gridarono a gran voce dicendo: Sino a quando, o Signore, o santo e verace, non giudichi tu e vendichi il sangue nostro su quei che abitano la terra? 
Vers. 11. E fu data loro a ciascuno una veste bianca, e fu detto loro che stessero quieti ancor per breve tempo, fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro. 
Dall‟apertura del quinto sigillo segue la continuazione delle persecuzioni contro i Cristiani, che dal regno dell‟Imperatore Traiano durarono fino a Diocleaziano per duecento anni. Nell‟anno 98 infatti arrivò all‟Impero M. Ulpio Traiano, di nazione spagnola, che scatenò la terza persecuzione contro la Chiesa di Cristo. Ritenendo di esser giunto al potere grazie a Giove, di cui era devotissimo, ed essendo per il resto superstiziosissimo nel culto idolatrico, impose al Senato che la religione dei padri ossia l‟antico paganesimo dovesse essere mantenuto. Allora infatti i cristiani si moltiplicavano in ogni luogo, disprezzavano gli idoli, i resti delle vittime sacrificate non trovavano chi le comprasse, moltissimi oracoli allora smettevano di proferire le loro profezie, come attestano Giovenale e Plutarco. Tutto ciò offrì il pretesto di scatenare la terza persecuzione contro i cristiani. Sotto Adriano e Antonino Pio per un po‟ la Chiesa ebbe quiete, poiché questi due sovrani non emisero alcun pubblico editto contro i cristiani. Nell‟anno 161, divenuto Imperatore Marco Aurelio Antonino, si scatenò la bufera della quarta persecuzione contro la Chiesa di Cristo, in cui perirono Policarpo, Giustino e altri moltissimi cristiani. Sotto Commodo Elio Antonino, Pertinace, e Tito Giuliano la Chiesa ebbe di nuovo pace. Nell‟anno 193 però giunse al soglio imperiale Settimio Severo, che mosse la quinta persecuzione generale contro i cristiani, nella quale perse la vita S. Ireneo, e che fu talmente crudele che molti pensarono si trattasse dell‟Anticristo. Antonio Bassiano Caracalla, Macrino, Eliogabalo e Marco Aurelio Severo non intentarono nulla contro la Chiesa. Nell‟anno 235 giunse al potere Giulio Massimino, autore della sesta persecuzione, per la sua pesante invidia – così almeno si dice – verso la famiglia di Alessandro Severo, molti membri della quale si erano convertiti. Nell‟anno del Signore 249 Decio, nemico implacabile dei cristiani, scatenò la settima persecuzione, la quale fu da Dio permessa per la rilassata disciplina dei fedeli, come attesta con dovizia S. Cipriano, che ne fu testimone oculare, nella sua opera sui Lapsi: Vennero i tormenti, ma tormenti senza fine della tortura, senza esito della condanna, senza il sollievo della morte, tormenti che non permettono di conquistare facilmente la corona immortale, ma tormentano tanto quanto basti per far apostatare, a meno che per degnazione di Dio il malcapitato non la consegua perché vien meno tra le torture, conquistando così la gloria del Paradiso, non perché il supplizio sia terminato, ma perché è morto troppo presto. S. Gregorio Nisseno scrive a sua volta nel Taumaturgo: L’unico affare e l’unico impegno, sia dei privati cittadini che degli uomini che rivestano cariche pubbliche, è quello di aggredire e punire i fedeli. Le minacce verbali erano non solo terribili, ma, accompagnate dal tremendo apparato dei supplizi, provocavano stordimento, e, prima che giungesse alle vie di fatto, incutevano terrore alle persone. Escogitavano la spada, e il fuoco, e le bestie feroci, e le fosse e gli strumenti di tortura atti a straziare le membra, e sedie di ferro arroventate, e letti di legno, su cui erano distesi, per essere dilaniati con orribili uncini, quelli che persistevano nella fede, ed altri numerosi espedienti per tormentare in vario modo i corpi. L’unica preoccupazione di coloro che avevano questo potere era quello di non esser superati nella crudeltà da altri. Gli uni dunque de- nunciavano, altri giudicavano, altri ricercavano quelli che fuggivano, altri, sotto pretesto di pietà e religione, ma in vero coll’unico intento d’impadronirsi dei beni dei cristiani, li tormentavano. Fin qui il Nisseno. Moltissimi allora abbandonarono la patria per rifugiarsi sui monti o nei deserti. Tra i quali vi fu S. Paolo Eremita, che fu il primo anacoreta. Durante questa persecuzione molti rinnegarono la fede, e ciò in duplice modo: alcuni infatti sacrificarono pubblicamente agli Dei, altri non rinnegavano la fede, ma ricevevano un libello o certificato dai magistrati che li dispensava dal sacrificare pubblicamente agli idoli. Nell‟anno 254 Licinio Valeriano, divenuto Cesare, su consiglio di un mago egiziano scatenò l‟ottava persecuzione contro la Chiesa. Vittima illustre ne fu S. Cipriano, Vescovo di Cartagine. Essa fu talmente crudele che Dionisio d‟Alessandria, come riferisce Eusebio nella sua Storia Ecclesiastica (l., 7, cap. 9), ritenne che fossero compiuti in Valeriano gli ultimi infelicissimi tempi dell‟Anticristo, previsti da S. Giovanni nell‟Apocalisse. Nell‟anno 262 Gallieno scatenò la nona persecuzione. Tuttavia, spaventato per le numerosi stragi, mentre ancora infuriava, ne ordinò l‟attenuazione. L‟anno 272 Valerio Aureliano decise però di portarla a compimento. Benché vi siano stati molti Imperatori che regnarono tra gli uni e gli altri di quelli citati, ai cui tempi patirono il martirio molti cristiani, costoro vengono citati in modo  speciale come persecutori della Chiesa, perché o emisero e rinnovarono i decreti che intimavano la persecuzione, cosa che no si può dire per gli altri. Pallido dunque era il volto della Chiesa, sommersa per trecento anni continui del sangue dei martiri. Fu questa un davvero straordinario permesso da parte di Dio contro i suoi amici e la sua Chiesa tanto amata. Per cui segue il grido e l‟ammirazione dei Santi di Dio sotto l‟altare, come vedremo. 
Vers. 9. E quand‟ebbe aperto il quinto sigillo, permettendo le citate persecuzioni, che furono quasi senza interruzione vidi (coll‟immaginazione ed in ispirito) sotto l‟altare delle anime di coloro ch‟erano stati sgozzati, ovvero i Martiri uccisi, nl senso che ivi stavano i loro corpi, allo stesso modo per cui in Esodo, cap. 1, vers. 5: Tutte le anime discendenti da Giacobbe, dove „anime‟ sta per uomini. Al tempo do questi Imperatori non vi erano Chiese o altari stabili, ma si erigevano altari di legno in luoghi nascosti, e soprattutto nelle cripte dei Martiri, per cui si dice che il Veggente vide sotto l‟altare le anime di coloro ch‟erano stati sgozzati, a motivo della parola di Dio, in riferimento ai Dottori della Chiesa che subirono il martirio a causa della predicazione della Parola di Dio,  e della testimonianza che avevan reso, in riferimento ai semplici fedeli, che erano uccisi perché non volevano rinnegare Cristo, ma piuttosto lo confessavano pubblicamente e affermavano che credevano in Lui. 
Vers. 10. E gridarono a gran voce: si tratta di un grido di natura morale (come nella Genesi al cap. 4, 10: La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra) che a seguito dello spargimento di sangue innocente tanto più grida al Signore Iddio, quanto maggiore fu la crudele e duratura persecuzione degli empi e l‟autorità che la ordinò, allora davvero efferata e interminabile. Per cui aggiunge: Sino a quando, o Signore,  quanto a lungo, O Signore, tu permetti, o santo e verace, ti che sei giusto e sai e vedi la malizia degli empi incrudelire contro gli innocenti. Queste parole contengono un‟ammirata considerazione della volontà di Dio, che permise che la sua diletta Chiesa fos- se inondata per trecento anni del sangue  di tante miglia di Martiri, e che gli empi prevalessero. Da quest‟epoca dei Santi anche noi dobbiamo imparare a patire almeno un poco per il Nome di Gesù, perché la misura della dilezione divina non sempre consiste nelle consolazioni e nella prosperità, ma spesso in molte tribolazioni, persecuzioni e oltraggi da parte degli uomini sulla terra. Sino a quando, o Signore, o santo e verace, non giudichi tu e vendichi il sangue nostro su quei che abi- tano la terra? ovvero dei tiranni e dei loro ministri che dominano sulla terra. 
Vers. 11. E fu data loro a ciascuno una veste bianca: la veste bianca simboleggia la gloria dell‟anima che a ciascun martire e all‟anima dei santi vien concessa secondo il merito. Perciò ag- giunge: a ciascuno, per indicare il grado del premio e della gloria di ciascuno. E fu detto loro che stessero quieti ancor per breve tempo, fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro. Dio con queste parole consola blandamente la Chiesa, di cui sono qui tipo e figura i Santi Martiri di Dio, i quali invocano e supplicano l‟intervento della divina giustizia, e promette la pace di cui la Chiesa godrà al tempo di Costantino Magno. E fu detto loro, ossia ricevettero il responso divino, 1) riguardo alla Chiesa militante, affinché si rassegnassero nella pazienza, sottomettendosi alla volontà divina, cui piacque dall‟eternità permettere questi mali a maggior gloria dei suoi servi. Ancor per breve tempo, ossia fino all‟ultima persecuzione, che fu di tutte la più feroce, iniziata da Diocleziano e Massimiano, come vedremo. Fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro, ossia finché non si compia il numero dei SS. Martiri rimanenti, che son detti conservi, in quanto tutto servirono assieme Cristo, e fratelli nella carità, che è in Gesù Cristo. Che dovevano es- sere uccisi, appunto durante l‟ultima persecuzione al tempo di Diocleziano, come loro, uccisi come nelle precedenti persecuzioni. 2) Per quel che riguarda la Chiesa trionfante, fu detto loro che stesse- ro quieti coi loro corpi nelle tombe ancor per breve tempo, ossia fino al giorno ultimo del Giudizio, che paragonato all‟eternità è davvero un breve tempo, come si legge nella 1° Lettera di S. Giovanni, al cap. 2: Figlioli, è l’ultima ora, allora infatti questi risorgeranno coi i corpi gloriosi, e avranno quindi una seconda stola, che è la gloria del corpo. Fino a che fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro, fino alla fine del mondo a motivo del nome di Cristo, che come loro saranno uccisi. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

domenica 23 ottobre 2022

Commento all‟Apocalisse

 


L‟apertura e la spiegazione dei primi sei sigilli 

 

I. Dopo che San Giovanni per divina rivelazione ha descritto bastevolmente la natura della Chiesa di Cristo, la costituzione universale del suo Regno, e la maestà della sua Chiesa che ne consegue, nei versetti che seguono scende nei particolari, e descrive gli eventi che accadranno alla sua Chiesa fino alla fine dei tempi, ossia le immani persecuzioni, le eresie, i regimi dei tiranni, come pure le consolazioni a tempo debito ecc. cose che tutte sono rivelate con l‟apertura dei sette sigilli. Frattanto occorre a riguardo notare quanto segue: 1) i cavalli e i loro cavalieri che sono descritti in questa parte designano la guerra spirituale tra il Regno di Cristo e quello di questo mondo; 2) essi sono in numero di quattro per simboleggiare che accadranno nelle quattro parti del mondo; 3) che questa guerra sarà duplice: a) contro i pagani e i giudei, b) contro gli eretici e l‟Anticristo, fino alla fine del mondo. L‟apertura dei primi sei sigilli designa la descrizione della lotta coi primi, quella del settimo ed ultimo, invece, la spiegazione dello scontro finale con l‟Anticristo. 4) Le voci dei quattro Evangelisti sono qui aggiunte come testimoni della verità, che doveva essere predicata nelle quattro parti del mondo, e per cui si sarebbe scatenata ogni guerra e persecuzione dei tiranni. 


§. I. 

L‟apertura del primo, secondo, terzo e quarto sigilli, i quattro cavalli e i loro cavalieri, che furono mostrati a S. Giovanni allo scioglimento dei primi quattro sigilli. 

Cap. VI. v. 1-8 

 I. L‟apertura del primo sigillo è la spedizione militare di Gesù Cristo, con cui venendo in questo mondo mosse guerra a tutto il mondo, volendo rivendicarne con somma giustizia il dominio, sconfiggere tutti i suoi nemici, e sottometterli alla sua servitù ed al giogo della fede. Il suo esercito si compose dei dodici Apostoli e del gruppo degli altri discepoli e fedeli, che inviò in tutto il mondo. Per cui dice: 

 Vers. 1. E vidi nell‟immaginazione e in ispirito, che l‟Agnello, Cristo, aprì e sciolse uno, ovvero il primo dei sette sigilli, riguardanti la volontà del Padre suo, che inviò il suo Figlio Unigenito fatto Uomo in questo mondo e lo costituì Re di tutte le cose. Poiché, però, i Giudei e i pagani non vollero diventarne i cittadini e i sudditi, si rese necessario che Cristo combattesse contro di loro col suo esercito e così prender possesso del suo reame e della sua gloria. E udii nell‟immaginazione e in spirito uno, ossia il primo dei quattro animali, i quattro Evangelisti, in questo caso S. Matteo, che dice al cap. 10: Ecco io mando voi, come pecore tra i lupi, dove descrive questa terribile e ammirevole guerra intrapresa da Cristo. Poi aggiunge: che diceva con voce di tuono, per la drammaticità di questa guerra, che S. Matteo come primo testimone della verità evangelica prevede accadrà a seguito della predicazione del Vangelo, dicendo: Vieni e vedi, è un modo di dire con cui si vuole attirare l‟attenzione su qualcosa di eccezionale. E vidi, in ispirito e coll‟immaginazione. 

 Vers. 2. Ed ecco un cavallo bianco, e quello che vi stava sopra aveva un arco, e gli fu data una corona, e uscì da vincitore, per vincere. 

 II. Qui si descrive il supremo Duce di questa guerra, e la sua potenza e forza. Ed ecco un cavallo bianco, che l‟ordine degli Apostoli e dei discepoli di Cristo, che è detto metaforicamente bianco per il candore della purezza, della verità, della semplicità e della santità. Come infatti il cavallo è denominato bianco per la sua bianchezza, così i santi son così per la grazia santificante. Sono assimilati poi ad un cavallo per la forza e la velocità con cui corsero in breve tempo per tutto il mondo a divulgare il Vangelo e il Nome del Signor nostro Gesù Cristo. E quello che vi stava sopra aveva un arco, costui è Cristo Signore, supremo comandante di questa guerra, che cavalca, nel senso che regge i suoi col freno del timor di Dio, e li stimola a compiere la loro corsa cogli speroni della carità di Dio e del prossimo, e del pari con gli ausili della sua santa grazia, di cui abbondarono i Santi di Dio, gli Apostoli e gli altri discepoli e cristiani della Chiesa primitiva. L‟arco designa la potenza e le armi con cui Cristo stava per sconfiggere i suoi nemici, ossia la predicazione della parola e lo splendore dei miracoli. Cristo infatti indirizzava la predicazione degli Apostoli come la freccia vien diretta al bersaglio. Così S. Marco al cap. 16, 20: Quelli poi andarono e predicarono ovunque con l’assistenza del Signore, il quale confermava la loro parola con i miracoli che l’accompagnavano. La lettera agli Ebrei, (4, 12) sottolinea quanto sia efficace, invincibile e insuperabile la Parola di Dio: Poiché viva è la parola di Dio, ed efficace e più tagliente di una spada a due tagli. E gli fu data una corona, ovvero la potestà regale. Poiché a Cristo è stata conferito ogni potere in cielo e sulla terra, è giustamente il Re dei Re, e il Signore dei Signori, e gli è stata data la corona, da suo Padre, la corona del Regno eterno, la corona della vittoria nella risurrezione e nell‟ascensione al di sopra di tutti i Re e tiranni di questo mondo, al di sopra di ogni autorità, anche dell‟inferno. E uscì da vincitore, su questo cavallo bianco  per mezzo degli Apostoli e dei suoi discepoli in tutto il mondo, coll‟arco sopra menzionato in primo luogo i suoi nemici in Giudea. Infatti in un solo giorno si convertirono per la predicazione di San Pietro tremila uomini, cfr. Atti, cap. 2, un altro giorno cinquemila, Atti, cap. 4., per vincere in tutto il mondo sottomettendo alla sua signoria e al giogo della fede i colli delle genti, il che accadde. In breve tempo infatti colla predicazione degli Apostoli e degli altri discepoli, grazia all‟assistenza di Cristo, il quale confermava la loro parola con i miracoli, il Vangelo fu predicato e essendo S. Pietro ancora in vita la fede cattolica si diffuse fino ai confini del mondo, come si ricava dai testi storici e dagli Atti degli Apostoli, come previde il Salmo 18, 5: Per tutta la terra si spande il loro suono e sino ai confini del mondo le loro parole. 

III. Vers. 3 e 4. E quando ebbe aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva. Vieni e vedi. E uscì fuori un altro cavallo rosso, e a colui che ci stava sopra fu dato di toglier via la pace dalla terra, sicché gli uomini si sgozzassero gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada. Queste parole descrivono il primo crudelissimo nemico, che su istigazione di Satana mosse guerra contro gli Apostoli e l‟esercito di Gesù Cristo, i cristiani, ed è Domizio Nerone, il quale, per rappresentare al vivo l‟incendio di Troia, bruciò per un infame gioco i quartieri più miserabili di gran parte di Roma, ma col pretesto di questo incendiò colpì di durissima persecuzione i cristiani che vivevano nell‟urbe. Questa fu la prima persecuzione contro i cristiani, e Nerone fu il primo che, soprattutto a Roma, incrudelì contro i seguaci di Cristo. Coloro che sono destinati a morire sono fatti oggetti di ludibrio, col morire, ricoperti di pelli di fiere, dilaniati dai cani, o affissi a croci, o coperti di pece, incendiati come luci notturne. Tanto grande fu il numero dei cristiani arsi così che i rivoli del grasso umano nella sabbia dell‟anfiteatro formò un solco. L‟imperatore ordinò per sua crudeltà che S. Petro, S. Paolo, Seneca, suo precettore, la sua stessa madre, la moglie, il fratello e le sorelle fossero messe a morte. Per cui segue giustamente la descrizione di questo tiranno. E quando ebbe aperto il secondo sigillo, udii il secondo animale che diceva. Costui è S. Luca che qui testi- monia la verità ai santi martiri di Cristo che patirono sotto Nerone. Questo Evangelista infatti è rap- presentato, come sopra si è visto, dal bue, in quanto il suo Vangelo inizia dal sacerdozio. Come i vitelli erano uccisi come sacrificio e vittime gradite al Signore Dio, così infatti venivano sacrificati dagli empi i cristiani e giusti di Dio, il cui sangue e la cui morte era un graditissimo sacrificio a Dio Padre, per mezzo di suo Figlio Gesù, che fu offerto in sacrificio per tutti noi.  

Vers. 4. Vieni e vedi. E uscì fuori un altro cavallo rosso, contrario a quello precedente, ovvero un persecutore evidente e sanguinario. Questo cavallo è il popolo romano sotto Domizio Nerone, il quale è detto rosso per l‟incendio della città di Roma e perché vi furono arsi vivi così tanti cristiani, pure poi per l‟effusione del loro sangue, come detto sopra. E a colui che ci stava sopra, è l‟Imperatore Nerone che regnava in Roma e ne aveva il dominio fin dall‟anno 53. Fu dato il permesso da Dio. Così parla Cristo Signore a Pilato in S. Giovanni al cap. 19, 11: Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Di toglier via la pace dalla terra, 1) in quanto faceva perseguitare e perturbare dai suoi i cristiani che erano a Roma e altrove; 2) in quanto l‟Impero stesso fu sovvertito dalle pessime azioni, crudeltà, stragi e tirannia di Nerone. In quel medesimo tempo dall‟impero si staccò la provincia di Armenia. Per cui a ragione si dice che quello tolse dalla terra la pace che Ottaviano Augusto aveva concesso al tutto il mondo, sicché gli uomini si sgozzassero gli uni gli altri, il che accadde per motivo della sua perfidia, essendo alla fine egli pure stato assassinato, il senatore Sergio Galba si usurpò l‟Impero, adottando (alla maniera antica) come suo figlio e successore il giovane Pisone, ma anche Galba venne ucciso nel foro di Roma dai soldati della fazione di Otone, il quale, dopo tre mesi, fu vinto dall‟esercito di Vitellio. Questi, dopo neppure un anno di Impero, sconfitto tre volte in battaglia, nella stessa Roma dai soldati che sostenevano Vespasiano, trascinato per l‟urbe, nudo, fu alla fine strangolato e gettato nel Tevere. E gli fu data una grande spada, ovvero il potere di uccidere i cristiani. Egli infatti, fu il primo degli Imperatori a scatenare la prima persecuzione contro la Chiesa, e uccise i principi degli Apostoli Pietro e Paolo, e moltissimi altri cristiani, sia in Roma che nel resto dell‟Impero. 

IV. Vers. 5. E quando ebbe aperto il terzo sigillo udii il terzo animale che diceva: Vieni e vedi. Ed ecco un cavallo nero, e quello che vi stava sopra aveva una bilancia nella sua mano. 

Vers. 6. E udii come una voce in mezzo ai quattro animali, che diceva: Una bilibbra di frumento ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino. Si contiene in queste parole la distruzione della città di Gerusalemme e la strage della Sinagoga del popolo giudaico, come predetto di Cristo in S. Matteo, al cap. 23, e in S. Luca, al cap. 13. E quando ebbe aperto il terzo sigillo udii il terzo animale che diceva: questo terzo animale simboleggia l‟Evangelista S. Marco, equiparato al Leone per significare la predicazione alla penitenza fatta ai Giudei da S, Giovanni Battista. Poiché però essi la disprezzarono, come pure disprezzarono Cristo stesso, così per conseguenza viene qui intimata a S. Giovanni la pena e la strage dovuti a causa della durezza del cuore al popolo e alla Sinagoga giudaica. Vieni e vedi. Ed ecco un cavallo nero, questo cavallo nero è Gerusalemme e il suo popolo. È detto nero, 1) perché per le tenebre della sua cecità, in cui era immerso il popolo e la Sinagoga giudaica, assassinò Cristo Signore, non credendogli neppure dopo la sua Resurrezione e l‟aperta verità della sua divinità, me resistette allo Spirito Santo. 2) E‟ detto nero per l‟inaudita carestia, a memoria d‟uomo, che costò la vita, al dire dello storico ebreo Giuseppe Flavio, di 1.100.000 uomini. Tito, figlio di Vespasiano, infatti, li aveva circondati con un muro attorno alla città di quaranta stadi, nel quale all‟esterno erano tredici castelli, il cui perimetro era di dieci stadi, in modo di prenderli per fame più rapidamente. L‟intera opera fu compiuta con una velocità più che umana in soli tre giorni. Così si adempirono le parole di Cristo in S. Luca, cap. 19, 43-44: Poiché verranno per te giorni, nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti circonderanno ecc. e non lasceranno in te pietra su pietra. Così infatti avvenne. Tito distrusse dalle fondamenta la città di Gerusalemme, quando la conquistò. E quello che vi stava sopra, Flavio Ve- spasiano, il quale nell‟anno 69 ottenne il governo dell‟Impero, mentre suo figlio nel 70, dopo aver assediato Gerusalemme, la prese e assoggettò il popolo giudaico.  Aveva una bilancia nella sua mano, ovvero la divina giustizia, di cui eseguiva l‟opera. Per ordine della divina giustizia in vero seguì che il figlio fece perire miseramente il popolo giudaico, per fame, spada, e schiavitù, in vendetta della morte di Cristo e della sua inaudita malizia e crudeltà (cfr. S. Luca cap. 19). Il che avvenne tuttavia, oltre l‟intenzione di Tito e del suo esercito, che aveva mosso guerra ai Giudei per un altro motivo, ossia per sedare la loro ribellione contro l‟Impero romano (come spiega lo storico Giuseppe Flavio nell‟opera La guerra giudaica). Perciò si legge: Aveva una bilancia nella sua mano, ma non nella mente. Si eseguiva così l‟opera della giustizia divina. Il vocabolo „mano‟, infatti, indica siffatta opera, che venne compiuta per mezzo di quella. E udii come una voce in mezzo ai quattro animali, che diceva: segue in queste parole la sentenza di condanna della giustizia divina che infligge una pena speciale per il delitto speciale commesso dagli ebrei. E udii come una voce, quella della giustizia divina, in mezzo ai quattro animali, dal trono di Dio, attorno al quale è detto che stanno i quattro animali, sia nel regno militante di Cristo, sia in quello trionfante, che diceva, in quanto i quattro animali pronunciavano detta sentenza della divina giustizia, in qualità di Arcicancellieri del Regno di Cristo. si conferma quindi che l‟azione di Tito contro i Giudei avvenne per ordine di Dio. Solo da Dio infatti proviene il male della pena, come in Amos, 3, 6: E ci sarà nella città sciagura, ove non sia il Signore che operi? Una bilibbra di frumento ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino. Per comprendere queste parole occorre notare 1) lo storico Ugone di Flory, scrivendo della fine della guerra dei Romani contro gli Ebrei, dice così: Stanchi, infine, i Romani per le numerose uccisioni, cercavano chi potesse acquistare gli schiavi catturati, ma poiché molta era l’offerta e pochi i compratori, avvenne che trenta schiavi si compravano al prezzo di un denaro. Come, infatti, essi avevano comprato il Signore per trenta denari, così ora, al contrario, con un denaro si acquistavano trenta schiavi giudei. 2) Occorre pure notare che il vocabolo „bilibbre‟ è un nome composto da „bis‟ e „libbra‟, per indicare una misura capace di due libbre; 3) cinque ebrei sono simboleggiati da una libbra, nel senso che i cinque libri di Mose, il Pentateuco, è accettato da tutti. Gli altri libri della Bibbia, invece, non sono accettati dagli ebrei, detti Sadducei. 4) Il grano indica i più forti, abili e nobili ebrei, mentre l‟orzo, che è un cereale di minor pregio rispetto al grano, la feccia e la plebaglia. 5) Il vino e l‟olio designano i cristiani, che non furono oppressi dall‟esercito di Tito. Prima del suo arrivo, infatti, un Angelo avvertì i cristiani che abitavano in Gerusalemme ed in Giudea di andare oltre il Giordano nella città di Pella, appartenete al regno di Agrippa, confederato ai Romani. Il vino significa infatti metaforicamente la carità verso Dio, mente l‟olio quella verso il prossimo. Per cui l‟espressione: Una bilibbra di frumento, ovvero dieci ebrei dell‟aristocrazia, ad un denaro e tre bilibbre d‟orzo, trenta ebrei della plebe si vendevano a un denaro, e: Non recar danno all‟olio e al vino, ossia i cristiani erano risparmiati. 

Vers. 7. E quando ebbe aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni e vedi. 

Vers. 8. Ed ecco un cavallo pallido e colui che ci stava sopra, il suo nome è morte e l‟inferno lo accompagnava. E fu dato loro il potere sulla quarta parte della terra, per uccider con spada e con fame e con morte e per mezzo delle fiere della terra. 

Sconfitta e distrutto il popolo giudaico, crudelissimo nemico di Gesù Cristo e di tutti i cristiani, segue la seconda persecuzione principale e la guerra immane promossa contro la Cristianità dall‟Imperatore Domiziano. E quando ebbe aperto il quarto sigillo, udii la voce del quarto animale che diceva: Vieni e vedi. Si tratta della stessa persona di S. Giovanni Evangelista, considerata in astratto, in quanto nel Regno militante di Cristo ed in quello trionfante, tiene il quarto posto per dignità e con la sua testimonianza avvalora la verità del Vangelo. 

Ed ecco un cavallo pallido , che è il popolo romano, pallido per il terrore della tirannide di Domiziano, principe crudele ed avido. Costui giunse a tal punto di follia da ordinare di essere chiamato Dio, per cui mandò in esilio e mise a morte gran parte del Senato e della nobiltà, accusandoli falsamente di vari crimini, per sequestrare i loro beni. Gli altri Romani e gli abitanti dell‟Impero erano così in gran timore che potesse avvenire loro la stessa sorte. Poiché la paura rende le membre esteriori – e soprattutto il viso -  pallidi, l‟Impero Romano di quel tempo vien detto e descritto come un cavallo pallido. E colui che ci stava sopra, è l‟Imperatore Domiziano che salì al trono nell‟anno 81 d.C. Il suo nome è morte, 1) attivamente, visto che, come si è detto, mandò a morte moltissimi innocenti, soprattutto cristiani, contro dei quali scatenò la seconda persecuzione generale, vero erede e successore della crudeltà di un Nerone; 2) passivamente, nel senso che anch‟egli alla fine venne assassinato dalla congiura del liberto Clemente Console, che in precedenza era stato da lui condannato col pretesto d‟empietà, e così il suo ricordo venne cancellato. E l‟inferno lo accompagnava, poiché morendo, a seguito di questa improvvisa circostanza, in stato d‟empietà, fu subito precipitato il misero a patire la pena dell‟inferno. E fu dato loro il potere sulla quarta parte della terra, tanto si era esteso allora l‟Impero Romano, per uccider con spada e con fame e con morte e per mezzo delle fiere della terra : queste parole indicano la crudeltà di questa persecuzione, per la varietà dei tormenti e diversi generi di morte. 1) per uccider con spada: in ogni parte dell‟Impero, infatti, i cristiani erano assassinati con la spada, per ordine e mandato di Domiziano; 2) e con fame, molti morirono nelle carceri tormentati dalla fame; 3) e con morte, indica in generale i versi modi con cui vennero vessati e uccisi i cristiani, ossia l‟impiccagione, il affogamento, il rogo, il soffocamento ecc.; 4) e per mezzo delle fiere della terra, si accenna in queste parole alla raffinata crudeltà, per cui ci si compiaceva di esporre moltissimi cristiani ad essere divorati dalle bestie a mo‟ di ludibrio e scherno. Basta leggere la storia ecclesiastica, i martirologi e le vite dei santi per trovar facile conferma. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

giovedì 4 agosto 2022

Commento all‟Apocalisse

 


SUL CAPITOLO QUINTO DELL’APOCALISSE 


Il libro dai sette sigilli e l‟acclamazione di Cristo fatta alla sua apertura 


§. II.  

L‟acclamazione di Cristo fatta alla sua apertura 

Cap. V. v. 5-14. 

 

I. Vers. 5. E uno dei vecchi mi disse: Non piangere, ha vinto il leone della tribù di Giuda, il rampollo di David, sì da aprire il libro e sciogliere i suoi sette sigilli. Qui segue la nostra conso- lazione in ogni avversità. Questo uno dei vecchi è San Pietro primo degli Apostoli, come si legge nella Genesi al cap. 1: Così della sera e della mattina un giorno, ossia si compì il primo giorno del- la creazione. Ha vinto il leone della tribù di Giuda, questo leone della tribù di Giuda è Cristo, di- scendente secondo la carne dalla posterità di Davide, nel quale si avverò la profezia di Giacobbe, al cap. 49 della Genesi: Giuda, te loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi ne- mici; a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un leoncello è giuda: dalla preda, o figlio mio, sei tornato. Ecco ti posi, ti accovacci come un leone, come una leonessa; chi ardirà destarlo? Lo scet- tro non sarà tolto da Giuda e il principe della stirpe di lui, finché non venga Colui che deve essere mandato, Colui che sarà l’aspettazione delle nazioni. Egli legherà il suo asino alla vigna, la sua asina, o figlio mio, alla vite. Laverà la sua veste nel vino, e il suo manto nel sangue dell’uva. I suoi occhi son più belli del vino, e si suoi denti più candidi del latte. Rampollo di David, ossia Cristo di- scendente di Davide secondo la carne, di cui profetò Isaia al cap. 11: Un germoglio spunterà dalla radice di Jesse, un fiore verrà su da questa radice. Sopra di lui si riposerà lo Spirito del Signore ecc. San Pietro consola con questo germoglio divino nella persona di San Giovanni tutta la Chiesa, dicendo: Ha vinto il leone della tribù di Giuda, il rampollo di David, Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente, vinse il mondo, la carne, il diavolo, la morte, ogni potestà, ogni principato, ogni sapienza mondana e ogni tirannide ecc., sì da aprire il libro, in modo da rivelare e manifestare alla sua santa Chiesa la mente e la volontà del Padre suo riguardo ai mali e alle persecuzioni che dovrà affrontare. E sciogliere i suoi sette sigilli: esporre i singoli avvenimenti nella loro collocazione temporale, gra- zie al settiforme spirito della sua bocca, per la salvezza dei suoi eletti e la conservazione della sua Santa Chiesa, finché non giunga la fine del mondo e si compia il numero degli Eletti. 

II. Vers. 6. E vidi: ed ecco in mezzo al trono e ai quattro animali, e in mezzo ai vecchi, un agnello in piedi, come sgozzato, il quale aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette spiriti di Dio mandati per tutta la terra. Questo Agnello è Cristo Signore. Si dice che sta in mezzo al trono e ai quattro animali e ai vecchi, perché la Chiesa universale è da lui posseduto come trono, nutrita come gregge, viene onorata nei vecchi per il giudizio misericordioso con cui la giudica, e che, edifi- cata su Cristo, è esaltata nei sette corni di fortezza, ed illuminata nei sette occhi, segni e virtù. Egli infatti sta sempre nel mezzo delle Chiese, fondate nel suo nome su tutta la terra, come afferma in S. Matteo nell‟ultimo capitolo: Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Così, come vien detto Leone in ragione della sua resurrezione, così viene qui detto Agnello in ragione del suo sacrificio, per cui è detto anche in piedi, perché resuscitò alla vita immortale. Così S. Paolo, lettera ai Romani, cap. 6: Cristo, che è risorto dai morti, ormai non muore. Si dice ancora in piedi, perché combatte e vigila per la sua Chiesa sulla terra nei suoi santi soldati. Così S. Stefano vide nel suo martirio Cristo in piedi alla destra della potenza di Dio, per cui segue: Il quale aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette spiriti di Dio mandati per tutta la terra. Si tratta degli spiriti di cui par-la Isaia al cap. 11, che riposeranno sopra Cristo, i quali sono indicati qui metaforicamente come corna ed occhi. Le corna sono segno della sua potenza divina, gli occhi indicano l‟illuminazione e lo splendore della verità, che in lui si contengono uniformemente. Con le corna Cristo combatte contro i suoi nemici, e con gli occhi illumina i suoi servi. Si pone poi in questi il numero sette che designa la pienezza delle virtù e della potenza, che Cristo, a seconda della diversità dei tempi e delle condizioni della Chiesa, mostra fino alla fine del mondo. Come sgozzato: 1) perché ogni giorno nel- la Chiesa il suo Corpo e il suo Sangue viene immolato e offerto come vittima a Dio Padre nel Sacri- ficio della Messa, in ricordo del suo sacrificio cruento; 2) si dice qui, come sgozzato, per indicare la pazienza e la longanimità con cui tollera che i suoi nemici dominino sulla terra, ed affliggano la sua Chiesa, e ciò talvolta per così lungo tempo, che possa sembrare a coloro che hanno una fede debole e a quelli che non comprendono correttamente il processo dei permessi di Dio, che Cristo non vive o non abbia cura delle Chiesa, finché non si manifesti apertamente con la sua visibile potenza.  

Vers. 7. E venne e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. Non si deve in- tendere che Cristo solo allora abbia avuto notizia della storia della Chiesa. Cristo infatti fin dall‟istante della sua Concezione (quando la divinità fu unita all‟Umanità in modo miracoloso nell‟unità della Persona) conobbe tutte le cose, che Dio conosce con la scienza di visione, tra le qua- li vi è anche la videnda della Chiesa. Per questo, dunque, il fatto che l‟Agnello visto da S. Giovanni abbia aperto il libro, indica: 1) la conoscenza infusa nell‟anima di Cristo fin dalla principio della sua creazione, che deve essere rivelata a S. Giovanni e per suo mezzo alla Chiesa universale; 2) con l‟espressione il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono s‟indica pure la spiegazione reale e l‟esecuzione effettiva dei divini segreti che riguardano la sua Chiesa esternamente, per la difficoltà e profondità della quale conoscenza, che supera ogni forza naturale, S. Giovanni al primo sguardo pianse, finché non gliela rivelò Cristo, il fortissimo Leone, il mansuetissimo Agnello, che con la sua forza e la sua mansuetudine potrà sciogliere e spiegare ogni cosa. 

Vers. 8. E quando ebbe aperto il libro i quattro animali e i ventiquattro vecchi si prostrarono al cospetto dell‟Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d‟oro piene di profumi, che so- no le preghiere dei santi. Segue l‟applauso, la gloria, il giubilo, e l‟adorazione da parte della Chiesa militante e trionfante tributata al suo Capo Gesù Cristo, mostrando in pari tempo quale ossequio quotidianamente deve essere mostrato nella Chiesa cattolica a Cristo in segno di gratitudine e amo- re. E quando ebbe aperto il libro, ovvero per rivelare e spiegare la vicenda della Chiesa nei suoi tempi, i quattro animali, tutti i predicatori sparsi in tutto il mondo, e i ventiquattro vecchi, ossia i Patriarchi, i Primati, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Prelati, i Sacerdoti ecc., si prostrarono al cospetto dell‟Agnello, adorarono l‟Agnello, loro vero Dio e Signore di tutte le cose, avendo ciascuno una cetra, ossia la mortificazione dei vizi e della concupiscenza. La cetra è infatti composta del legno e delle corde. Il legno indica la croce di Cristo, le corde invece la carne mortificata e crocifissa dei santi, che, attaccate al nobile legno, e toccate con vari tormenti, produce un dolce concento e una soave armonia per gli orecchi di Gesù Cristo. E coppe d‟oro piene di profumi, che sono le preghie- re dei santi 2 e cantavano un cantico nuovo. Nell‟Antico Testamento molti cantici furono composti in onore e gloria di coloro che compirono la salvezza di Israele, o in lode di Dio onnipotente, che spesso operò cose mirabili per il suo popolo. Questo però è un cantico nuovo, per cui un Uomo vie- ne adorato e conglorificato come Dio e Signore di ogni cosa e salvatore di tutto il mondo, il quale apportò a noi miseri non tanto una salvezza ed una redenzione temporale, ma quella eterna, redi- mendoci dalla schiavitù eterna, dalla prigionia e dalla tirannide dei demoni e dalla dannazionne sen- za fine. Per cui il Signore Iddio dall‟origine del mondo mai fece cosa più ammirevole, grande e amabile, che inviare il suo Figlio Unigenito fatto Uomo sulla terra, per redimere l‟umanità col sacri- ficio della Croce e la sua morte, e risorgere, e inviare lo Spirito Santo, per cui si dice con giudizio: 

Vers. 9. E cantavano un inno nuovo, dicendo: Degno sei tu, o Signore, di prendere il libro e di aprire i suoi sigilli, è cosa degna e giusta, o Signore, che tu riceva da Dio Padre la potestà uni- versale e sempiterna sulla tua Chiesa, come suo fondatore e conservatore. Così dissero a Gedeone i figli d‟Israele, nel libro dei Giudici, al cap. 8: Poiché ci hai liberato dalle mani di Madian, sii tu no- stro Signore, e tuo figlio, e il figlio di tuo figlio. La Chiesa acclama Cristo con bel più grande moti- vo: Degno sei tu, o Signore, di prendere il libro e di aprire i suoi sigilli, perché sei stato sgozzato e hai comprato a Dio (riconciliandoci con Dio il quale aveva subito un‟offesa infinita) col tuo san- gue uomini da ogni tribù, e lingua, e nazione. La Chiesa infatti riunisce tutti i popoli. Da ogni tri- bù, e lingua, e nazione, si dice tribù dagli ordini delle tribù, nelle quali si distinguono 72 lingue, che fomano molti popoli, dai quali sorgono molte nazioni. 

Vers. 10. E li hai fatti per il nostro Dio regno e sacerdoti. Raccogliendoci da tutte le genti e sottomettendoci alla servitù e alla volontà del Padre con la legge del Vangelo, noi che eravamo sot- to il giogo del demonio per la nostra infedeltà ed idolatria e sotto il giogo della legge mosaica. E sa- cerdoti, non come quelli del Vecchio Testamento o del paganesimo, i primi dei quali gli offrivanosa il sangue e la carne di vitelli e capri, gli altri invece sacrificavano ai demoni negli idoli, ma ci hai fatto sacerdoti, secondo l‟ordine di Melchisedech, i quali offrono ogni giorno a Dio tuo Padre nel sacrificio della Messa, che tu come sommo sacerdote hai compiuto per primo sul legno della Croce, proprio il tuo corpo e  il tuo prezioso sangue. E regneranno sulla terra, nel tuo regno militante su ogni tribù, lingua, popolo e nazione, assisi su ventiquattro troni, ossia sulle sedi Patriarcali, arcive- scovili ecc. 

Vers. 11. E vidi e udii una voce di molti Angeli attorno al trono e agli animali e ai vecchi ed il loro numero era miriadi di miriadi, migliaia di migliaia, che dicevano a gran voce. Costoro sono tutti gli Angeli tutelari delle Chiese, delle Province e di tutto l‟orbe cattolico, il cui numero è certamente sconfinato, i quali sono inviati e ordinati da Dio per la nostra salute e di tutta la Chiesa. Per questo si dice che sono attorno al trono e agli animali e ai vecchi per l‟assistenza singolare che offrono alle Chiese, ai Predicatori e ai Vescovi, che dicevano a gran voce. 

Vers. 12. Degno è l‟Agnello, che è stato sgozzato, di ricevere la potenza e la ricchezza e la sapienza e la forza e l‟onore e la gloria e la benedizione. Questa acclamazione è compiuta dagli Angeli di Dio all‟umanità di Cristo per l‟Unione ipostatica, i quali avevano proclamato degno, colui che Lucifero e i suoi apostati all‟inizio della creazione avevano stimato indegno. Per cui a questa Umanità sono attribuite le prerogative che son proprie soltanto delle tre divine Persone. 

Vers. 13. E ogni creatura che è nel cielo, gli si attribuisce la potestà sulla Chiesa trionfante; e sulla terra, la potestà su quella militante; e sotto terra, sui corpi dei martiri, dei defunti e dei se- polti sulla terra; e sul mare, sui naviganti, e tutte le cose in essi contenute, ovvero sui corpi dei SS. Martiri in quello sommersi. Questa acclamazione si può anche intendere da parte di tutte le creature anche irrazionali. Udii che tutti dicevano: A Colui che siede sul trono (Dio uno e trino) e all‟Agnello, ossia all‟Umanità di Gesù Cristo, in quanto essa è la lampada e lo specchio in cui splende e plenderà in eterno Dio uno e trino, e sarà considerato e visto dai Suoi Santo come è.  

Vers. 14. La benedizione e l‟onore e la gloria e il potere per i secoli dei secoli. E i quattro animali dicevano: Amen. È l‟acclamazione di verità che spetta ai quattro Evangelisti e ai predicato- ri. E i ventiquattro vecchi caddero bocconi, umiliandosi per l‟autorità e il potere loro concesso sul- la terra, e adorarono il Vivente per i secoli dei secoli.  

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser