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lunedì 26 agosto 2024

La esistenza di Dio - Lo spirito umano manifesta Dio

 


Lo spirito umano manifesta Dio 


L’essere umano percepisce la sua singolarità e la sua emergenza sul resto della natura. Pur condividendo molti aspetti della sua vita biologica con altre specie animali, egli si riconosce unico nella sua fenomenologia: riflette su sé stesso, è capace di progresso culturale e tecnico, avverte la moralità delle proprie azioni, trascende con la sua conoscenza e la sua volontà, ma soprattutto con la sua libertà, il resto del cosmo materiale[10]. In sostanza, l’essere umano è soggetto di una vita spirituale che trascende la materia dalla quale egli pure dipende[11]. Fin dalle origini, la cultura e religiosità dei popoli hanno spiegato questa trascendenza dell’essere umano affermando la sua dipendenza da Dio, di cui la vita umana contiene come un riflesso. In sintonia con questo comune sentire della ragione, la Rivelazione ebraico-cristiana insegna che l’essere umano è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26-28). 

La persona umana è essa stessa via verso Dio. Esistono itinerari che conducono a Dio partendo dalla propria esperienza esistenziale: «con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all'infinito e alla felicità, l'uomo si interroga sull'esistenza di Dio. In queste aperture egli percepisce segni della propria anima spirituale»[12]. 

La presenza di una coscienza morale che approva il bene che facciamo e riprova il male che compiamo o vorremmo compiere, conduce a riconoscere un Sommo bene cui siamo chiamati a conformarci, di cui la nostra coscienza è come il messaggero. Partendo dall’esperienza della coscienza umana e senza conoscere la Rivelazione biblica, vari pensatori avviarono fin dall’antichità una riflessione sulla dimensione etica dell’agire umano, riflessione disponibile ad ogni uomo perché creato a immagine di Dio. 

Insieme alla propria coscienza, l’essere umano si riconosce libero, quale condizione del proprio agire morale. Nel riconoscersi libera, la persona umana legge in sé la corrispondente responsabilità delle proprie azioni e l’esistenza di Qualcuno di fronte a cui essere responsabile; Questi deve essere maggiore della natura materiale, a noi inferiore, e maggiore dei nostri simili, anch’essi chiamati ad essere responsabili come noi. L’esistenza della libertà e della responsabilità umane conducono all’esistenza di Dio come garante di ciò che è bene e ciò che è male, come Creatore legislatore e remuneratore. 

Nel contesto culturale odierno si nega spesso la verità della libertà umana, riducendo l’essere umano ad un animale il cui agire è regolato solo dall’azione di pulsioni necessarie, oppure identificando la sede della vita spirituale (mente, coscienza, anima) con la corporeità degli organi cerebrali e nervosi, negando così l’esistenza di ogni vita morale. A questa visione si può rispondere con argomenti che dimostrano, sul piano della ragione e della fenomenologia umana, l’auto-trascendenza della persona umana, il libero arbitrio che opera anche in scelte condizionate dalla natura, e la non riducibilità della mente al cervello. 

Anche nella presenza del male e dell’ingiustizia nel mondo, molti uomini vedono oggigiorno una prova della nonesistenza di Dio, perché se Egli esistesse, non permetterebbe tutto ciò. In realtà questo disagio e questo interrogativo sono anch’essi una “via” verso Dio. L’uomo, infatti, percepisce il male e l’ingiustizia come privazioni, come situazioni dolorose non dovute che reclamano un bene e una giustizia cui si aspira. Se nella struttura più intima del nostro essere non si aspirasse al bene, non vedremmo nel male un danno e una privazione. 

Nell’essere umano esiste come un desiderio naturale di verità, di bene e di felicità, quali manifestazioni del nostro desiderio naturale di vedere Dio. Se tale desiderio restasse frustrato, la creatura umana sarebbe un essere davvero contraddittorio, poiché queste aspirazioni costituiscono il nucleo più profondo della vita spirituale e della dignità dell’essere umano. La loro presenza nell’intimo del nostro cuore mostrano l’esistenza di un Creatore che, attraverso la speranza di Lui, ci chiama verso di Lui. Se le vie “cosmologiche” non assicurano di poter giungere a Dio come essere personale, le vie “antropologiche”, che partono dall’uomo e dalle sue aspirazioni, fanno intravedere che il Dio da cui riconosciamo di dipendere deve essere una persona capace di amare, un essere personale di fronte a creature personali. 

La sacra Scrittura contiene insegnamenti espliciti circa l’esistenza di una legge morale iscritta da Dio nel cuore dell’uomo (cfr. Sir 15,11-20; Sal 19; Rm 2,12-16). La filosofia di ispirazione cristiana ha chiamato questa legge “legge morale naturale”, accessibile agli uomini di ogni epoca e cultura, sebbene il suo riconoscimento, come per l’esistenza di Dio, possa venire offuscato dal peccato. Il Magistero della Chiesa ha molte volte ribadito l’esistenza della coscienza umana e della libertà come vie verso Dio[13]. 


domenica 8 ottobre 2023

La esistenza di Dio - Dalle creature materiali a Dio

 


Dalle creature materiali a Dio 


L’intelletto umano può conoscere l’esistenza di Dio avvicinandosi a Lui attraverso un cammino che ha come punto di  partenza il mondo creato e come itinerari due versanti, le creature materiali e la persona umana. Sebbene questo  cammino sia stato specialmente sviluppato da autori cristiani, gli itinerari che, partendo dalla natura e dalla coscienza  umana, conducono fino a Dio, sono stati esposti e percorsi da molti filosofi e spiriti religiosi di diverse epoche e culture. 

Le vie verso l’esistenza di Dio vengono chiamate anche “prove”, non nel senso che le scienze matematiche o naturali  danno a questo termine, ma nel senso di argomenti filosofici convergenti e convincenti, che il soggetto comprende con  maggiore o minore forza a seconda della sua formazione specifica[6]. Che le prove dell’esistenza di Dio non possano  intendersi nel senso delle prove impiegate dalle scienze sperimentali discende con chiarezza dal fatto che Dio non è  oggetto della nostra conoscenza empirica.  

Ciascuna via verso l’esistenza di Dio perviene soltanto ad uno specifico aspetto o dimensione della realtà assoluta di  Dio, quello dello specifico contesto filosofico entro cui la “via” di snoda: «partendo dal movimento e dal divenire, dalla  contingenza, dall’ordine e dalla bellezza del mondo si può giungere a conoscere Dio come origine e fine dell’universo»[7]. La ricchezza e l’incommensurabilità di Dio sono tali che nessuna di queste vie, da sola, possa giungere  ad una immagine personale di Dio, ma solo a qualche aspetto di essa: la sua esistenza, intelligenza, provvidenza, ecc. 

Fra le vie cosmologiche più note vi sono le celebri “5 vie” elaborate da san Tommaso d’Aquino che riprendono in buona  parte le riflessioni di filosofi a lui precedenti, e per la cui comprensione sono necessari alcuni elementi di metafisica[8].  Le prime due vie propongono l’idea che le catene causali (passaggio dalla potenza all’atto; passaggio dalla causa  efficiente all’effetto) che osserviamo in natura non possono risalire nel passato all’infinito, ma devono riposare su un  primo motore e su una prima causa; la terza, partendo dall’osservazione che gli enti naturali sono contingenti e limitati  deduce che la loro causa deve essere un Ente incondizionato e necessario; la quarta, considerando i gradi di perfezione  partecipata che si riscontrano nelle cose, ne deduce l’esistenza di una fonte di tutte queste perfezioni; la quinta via,  osservando l’ordine e il finalismo presenti nel mondo, conseguenza della specificità e della stabilità delle sue leggi, ne  deduce l’esistenza di una intelligenza ordinatrice che sia anche causa finale di ogni cosa. Questi ed altri itinerari analoghi  sono stati proposti da diversi autori con diversi linguaggi e diverse forme, fino ai nostri giorni. Essi mantengono pertanto  la loro attualità, sebbene per comprenderli sia necessario impiegare una conoscenza delle cose basata sul realismo (in  opposizione a forme di pensiero ideologico), che non riduca la conoscenza della realtà al solo piano empiricosperimentabile (evitando cioè il riduzionismo ontologico), consentendo infine alla mente umana di ascendere dagli effetti  visibili alle cause invisibili (affermazione del pensiero metafisico). 

La conoscenza di Dio è anche accessibile al senso comune, cioè al pensiero filosofico spontaneo esercitato da ogni  essere umano, come risultato di esperienze esistenziali semplici: la meraviglia di fronte alla bellezza e all’ordine della  natura, la gratitudine per il dono della vita, il fondamento e la ragione del bene e dell’amore. Questo tipo di conoscenza è  importante anche per cogliere a quale soggetto si riferiscano le prove filosofiche dell’esistenza di Dio: san Tommaso, ad  esempio, termina le sue cinque vie collegandole con l’affermazione: “e questo tutti chiamano Dio”. 

La testimonianza della Sacra Scrittura (cfr. Sap 13,1-9; Rm 1,18-20; At 17,22-27) e gli insegnamenti del Magistero della  Chiesa confermano che l’intelletto umano può giungere, partendo dalle creature, fino alla conoscenza dell’esistenza di  Dio creatore[9]. Al tempo stesso, sia la Scrittura che il Magistero avvertono che il peccato e le cattive disposizioni morali  possono rendere più difficile questo riconoscimento. 


mercoledì 3 maggio 2023

La esistenza di Dio - La dimensione religiosa dell’essere umano

 


La dimensione religiosa dell’essere umano 


La dimensione religiosa caratterizza l’essere umano fin dalle sue origini storiche primitive. Purificate dalla deriva della  superstizione, dovuta in definitiva all’ignoranza e al peccato, le espressioni della religiosità umana manifestano la  convinzione che esista un Dio creatore, dal quale dipendono il mondo e la nostra esistenza personale. Se è vero che il  politeismo ha accompagnato molte fasi della storia umana, è altrettanto vero che la dimensione più profonda della  religiosità umana e la sapienza filosofica hanno cercato le ragioni più radicali del mondo e della vita umana in un unico  Dio, fondamento della realtà e compimento della nostra aspirazione alla felicità[1]. 

Nonostante la loro diversità, le espressioni artistiche, filosofiche, letterarie, ecc. presenti nella cultura dei popoli, tutte  hanno in comune la riflessione sul tema di Dio e sui temi più importanti dell’esistenza umana: la vita e la morte, il bene e  il male, il destino ultimo e il senso di tutte le cose[2]. Come testimoniato da queste manifestazioni dello spirito umano  lungo la storia, il riferimento a Dio appartiene alla cultura umana e costituisce una dimensione essenziale della società  degli uomini. La libertà religiosa rappresenta pertanto il primo dei diritti e la ricerca di Dio il primo dei doveri: tutti gli  uomini «dalla loro stessa natura e per obbligo morale sono tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la  religione; e sono pure tenuti ad aderire alla verità, una volta conosciuta»[3]. La negazione di Dio ed il tentativo di  escluderlo dalla cultura e dalla vita sociale e civile sono fenomeni relativamente recenti, limitati ad alcune aree del  mondo occidentale. Il fatto che i grandi interrogativi religiosi ed esistenziali siano rimasti invariati nel tempo[4] smentisce  l’idea che la religione sia circoscritta ad una fase “infantile” della storia umana, destinata a sparire con il progresso delle  conoscenze.  

Il cristianesimo assume in sé quanto di buono vi è nella ricerca e nell’adorazione di Dio come espresse storicamente  dalla religiosità umana, svelandone però il vero significato, quello di un cammino verso l’unico e vero Dio che si è rivelato  nella storia di salvezza consegnata al popolo di Israele ed è venuto incontro a noi facendosi uomo in Gesù Cristo, Verbo  incarnato[5].