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sabato 28 settembre 2024

LE IMPOSSIBILITÀ

 


VENIRE ACCREDITATO SENZA CREDENZIALI

In tutti gli affari pubblici e privati non c'è persona al mondo che si presenti a nome di un'altra, senza esibire una procura o delle credenziali. Gesú stesso le ha date, come fa rilevare ai giudei: « Se io rendo testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non vale. Vi è un altro che testifica per me (il Padre) » (Gv 5,31). « E quando ancora i giudei insistono: "Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente"; egli risponde: " Ve l'ho detto e non credete; le opere che io faccio in nome del Padre mio, queste mi rendono testimonianza", cioè i miracoli » (Gv 10,25).

È sorprendente vedere come gli uomini, oggi, cosí oculati nel comprare o nel vendere qualsiasi cosa, siano divenuti cosí leggeri da rasentare la stupidità, nel consegnare la propria anima al primo che gliela chiede in nome di Dio, senza fornirgli nessuna credenziale, sia esso Russell, fondatore dei Testimoni di Geova, sia Moon, fondatore della Chiesa dell'Unificazione, sia un qualunque stregone o un qualunque Say o santone indiano.

Per la verità c'è oggi uno che fa sfoggio di credenziali, ossia di miracoli, per provare la sua divinità: è Satya Sai Baba; ma prima di parlare di lui occorre dare uno sguardo all'induismo.


1. Uno sguardo all'induismo

L'induismo è un complesso selvaggio e contraddittorio di credenze, dovuto agli apporti dei vari popoli immigrati in India e, successivamente, alle elaborazioni di varie scuole teologiche indiane.

La piú antica divinità indo-europea è Dyasus-pater. Essa ha dato origine alla religione greca (Zeus Pater), alla religione romana Cuppiter, deorum hominumque pater) e a quella indiana. Dyasus-pater unendosi alla Prthivimatar (o Terra Madre) genera gli dei: Varuna (dio del firmamento), Mitra (dio della fedeltà), Agni (il Fuoco), Usas (l'Aurora), Surya (il Sole), Parjanya (la Pioggia), ecc. Ad essi si aggiunsero, in seguito, delle divinità non arie: Rudrà (divenuto, poi, Shiva, il distruttore), Visnú, Indra, ecc.

Infine, la preghiera diede origine al Brahmanesimo, che poi fu organizzato in un sistema. Ne diamo qualche idea sulla scorta dei libri sacri indiani: i Veda, le Upanishad, la Bhagavad-Gita, ecc.

Il Dyasus-pater è divenuto Brahman. L'io profondo dell'uomo, man, è anche esso identico al Brahman. Quando la persona ha attinto una conoscenza illuminata può dire: « Io sono Brahman. Il Brahman è l'Uno senza secondo; è l'Assoluto impersonale » (Upanishad IV, 12).

« Questo Atman dentro il mio cuore è piú piccolo di un grano di riso; e tuttavia è piú grande di tutta la Terra, piú grande delle regioni intermedie, piú grande dei Cieli ... Questo Brahman dentro il mio cuore è il Brahman stesso » (Upanishad III, 14,3). Ogni essere è un'incarnazione o « avatara » di Brahman; per cui si può dire che tutti gli dei e anche noi tutti gli uomini siamo noi col nostro nome e cognome, e non siamo noi in quanto non esistiamo, ma esiste solo Brahman. l principali dei, oltre quelli ricordati, sono: Krishna, Rama, Brahma, Hanuman in forma di scimmia, Ganesha con testa di elefante, ecc.; e poi le loro mogli, come Parvati, moglie di Shiva, ecc. ecc.

È inutile parlare all'indú di logica, di assurdo, di coerenza; vi risponderà di non fare dei feticci della logica, dell'assurdo, della coerenza, come anche ebbe a dire lo stesso Gandhi. E cosí Satya Sai Baba, come qualunque indú, non ha il minimo tentennamento a dichiarare storici tutti questi miti, ad accettare come storica la Baghavad-Gita, ad accettare lo stesso Gesú dichiarandolo una reincarnazione di Krishna, precedente alla sua.

Dinnanzi a tutte queste stramberie si resta shoccati come l'uomo possa giungere a rinunziare cosí alla ragione; come, soprattuto vi possano giungere dei cristiani. Ma già s. Paolo lo aveva profetizzato: « Verrà un tempo in cui gli uomini non sopporteranno piú la sana dottrina, ma per il prurito di ascoltare cose piacevoli si circonderanno di una folla di dottori secondo i loro capricci, e distogliendo l'orecchio dalla verità, si volgeranno a favole » (2 Tm 4,4).


2. Chi è Satya Sai Baba

Satya Sai Baba, ossia il Santo Baba, è nato il 23.11.1926. Suo padre, Pedda Raju, gli mise nome Satyanaravana. Intanto nel 1918 era morto un santone indú, di nome Sai Baba di Shirdi, profetizzando che si sarebbe reincarnato in un ragazzo di 8 anni. Dopo 8 anni nacque, come abbiamo detto, Satyanarayana, ma non si accorse di essere la reincarnazione di Sai Baba di Shirdi; se ne accorse il 23.5.194o e subito lo manifestò. Questa manifestazione non avvenne pacificamente, ma dopo violentissime crisi di pianto, di grida, di risate, di balbettii.

L'anno seguente Satya Sai Baba cominciò a operare i suoi prodigi per accreditare la sua nuova personalità quale ultima reincarnazione di un personaggio mai esistito, ossia del dio Krishna, e, quale tale, farsi adorare da torme di uomini, che si vanno inginocchiando e addirittura prostrando con la faccia per terra davanti a lui.


3. I miracoli di Satya Sai Baba

Un cristiano apostata, l'australiano Murphet Howard, divenuto suo fervente discepolo, nel suo libro Sai Baba, l'uomo dei miracoli (Ed. Savitri, Torino) narra un'infinità di « miracoli », operati da Sai Baba: fa apparire nelle sue mani ceneri, frutta, dolci, oggetti vari; attutisce dolori, opera una grande quantità di guarigioni, risuscita i morti, ecc.

Il Murphet, e quanti con lui parlano di miracoli, non sanno cosa per la Chiesa cattolica è miracolo. Per saperlo basta vedere l'iter che percorre il Bureau de Constatation Medical di Lourdes (formato da 37 medici, tutti specialisti), per dichiarare miracolo una guarigione.

Esso non prende mai in esame una guarigione da malattia funzionale, ma soltanto quelle da malattie organiche; non prende in esame le guarigioni non documentate preventivamente da diagnosi, da cartelle cliniche, da radiografie, da analisi biologiche o non avvenute subito senza alcun rimedio; dichiara una guarigione miracolosa soltanto dopo vari anni di studi sul caso.

Per le guarigioni di Sai Baba niente di tutto questo.

Mai una documentazione di questo genere, e quasi sempre si tratta di malattie funzionali.

Le sue resurrezioni sono soltanto nella fantasia dei suoi devoti. Basta osservare quella riportata dal Murphet.

Un grande amico e devoto di Sai Baba, Radhakrishna di Kuppam, giace sul letto di morte. Sopraggiunge Satya Sai Baba; manda via dalla stanza tutti, e vi resta lui solo. Dopo un po' apre la porta e mostra Radhakrishna vivo.

Non è tutto. Dopo 7 anni Radhakrishna cade ammalato con gravi dolori; gli fanno una iniezione di morfina e lo lasciano solo, in stato di incoscienza. Ma Radhakrishna, quando è solo, si alza in stato di incoscienza e si va a gettare nel pozzo dalle pareti levigate. L'indomani mattina i suoi parenti non trovandolo a letto, lo cercano, lo vedono nel pozzo e con delle corde lo fanno risalire. Radhakrishna è perfettamente asciutto, perché tutta la notte ha poggiato soltanto le palme dei piedi sull'acqua profonda del pozzo. Sopraggiunge Satya Sai Baba e gli dice: « Ancora mi dolgono le spalle per quanto sforzo ho dovuto fare tutta la notte a doverti sostenere di peso sopra le acque perché non vi affogassi » (Murphet, Sai Baba, pag. 228).

Come si fa a credere a simili storielle?

Per quanto riguarda le guarigioni e gli apporti di Sai Baba, siamo nel paranormale; essi possono spiegarsi con doti non normali che riscontriamo in una moltitudine di uomini, come pure in prano-terapeuti.

Gli apporti possono anche spiegarsi con l'azione di angeli o di demoni; li troviamo nelle biografie di diversi santi, nelle sedute spiritiche e medianiche e in uomini forniti di doti paranormali. Lo stesso Satya Sai Baba dice che gli oggetti che gli compaiono nelle mani glieli portano gli angeli; noi diciamo i demoni.

Sono personalmente amico di un uomo, molto devoto del Cuore di Gesú che fa opere immensamente superiori a quelle di Sai Baba, ma che dice di farle per un dono di Dio. Si chiama Giovanni Briguglio e riceve una moltitudine di ammalati e li cura gratuitamente a Fiumefreddo, prov. di Catania.

Moltissime persone dichiarano di essere state guarite da lui; egli cura dando soltanto dell'acqua che prende dal suo rubinetto.

Quando fa delle operazioni non anestetizza il paziente, né lo fa coricare; fa con il bisturi un taglio nella parte che deve essere operata ed estrae il male; non fa sentire il minimo dolore al paziente, né fa uscire una sola goccia di sangue dal taglio; risana istantaneamente la ferita, toccandola con le dita bagnate dalla sua saliva. Dopo l'operazione subita il paziente, se sa guidare, se ne va guidando la sua macchina. Di tutte queste cose operate dal Briguglio ho avuto testimonianza diretta da persone da lui curate.

Ma neanche in tutti questi casi del Briguglio possiamo parlare di miracolo. Per parlare di miracolo dobbiamo andare a fatti simili alla guarigione di Maria Ferrand, in coma per grosse caverne polmonari, avvenuta a Lourdes istantaneamente sotto gli occhi del suo medico, allora ateo, Alexis Carrel, premio Nobel; o a quella di Delizia Circolli di Paternò (CT), in fin di vita per cancro alla gamba, avvenuta d'un colpo, pure a Lourdes alcuni anni fa.

I miracoli sono le credenziali di Dio per i suoi ambasciatori, perché solo lui può farli, e si trovano solo nella Chiesa cattolica.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


domenica 31 dicembre 2023

LE IMPOSSIBILITÀ

 


LA SPIEGAZIONE MATERIALISTA DEI FATTI PARANORMALI


È stile dei materialisti la tantologia, ossia il pretendere di dare la spiegazione di fatti che non accettano ripetendo la parola o ricorrendo a una parola piú difficile. Cosí i materialisti, mentre da un lato negano i fatti che non possono spiegare, dall'altro pretendono spiegare i fatti che comportano una componente spirituale dell'uomo (quella che chiamiamo anima), ricorrendo alla parola psiche o a quella « paranormale ».

Accettiamo, per intenderci, la parola « paranormale » per indicare tutti i fatti inspiegabili comunemente, compresi quelli mistici.

Il problema dei fatti paranormali lo ha affrontato scientificamente il sacerdote Andreas Resch, redentorista, sud-tirolese. Con quanta serietà lo abbia affrontato lo testimoniano le due grandi e importanti Università che lo hanno chiamato a creare in esse e a dirigervi due nuove facoltà: quella di Innsbruck, presso la quale ha creato e dirige «l'Institut fur Grenzgebiete der Wissenschaft », ossia « Istituto per le zone di frontiera della scienza »; e la Pontificia Università Lateranense, presso la quale, nell'Accademia Alfonsiana, insegna « psicologia clinica e paranormologica ».

A Innsbruck il Padre Resch ha costruito una palazzina a due piani, chiamata « Maximilianstrasse », dove ha creato un imponente schedario nel quale raccoglie tutti i fatti paranormali che avvengono nel mondo, classificandoli in quattro categorie principali: fenomeni parafisici (ad es. fantasmi, bilocazioni, tavoli rotondi, telecinesi, ecc.); fenomeni parabiologici (ad es. guarigioni inspiegabili, digiuni prolungati, stimmatizzazioni); fenomeni parapsichici (ad es. pre-cognizioni, chiaroveggenza, telepatia); fenomeni paranormali spirituali (ad es. intuizione, profezia, esperienze extracorporee di morti rianimati, sopravvivenza, apparizioni).

A tutti questi fatti bisogna aggiungere i molti casi di mistici cristiani che stanno per molti anni senza mangiare, né bere, sostenuti unicamente dalla comunione quotidiana: casi debitamente controllati come quello di Alexandrina da Costa che stette 13 anni senza mangiare, né bere; o di Teresa Neumann che cosí stette ben 32 anni. Mistici viventi che vivono sostenuti dalla sola comunione ce ne sono tanti. Abbiamo sentito parlare di Sisina Tanzariello da Ostuni, e di Elena Martoriello da Castellammare di Stabia.

Su tali fatti il Padre Resch organizza periodicamente convegni internazionali di studi, i cui Atti vengono richiesti dalle piú importanti biblioteche del mondo.

Volere escludere per principio in tutti questi fenomeni la presenza e l'azione di forze spirituali è precludere ogni spiegazione, è antiscientifico ed è voler escludere quello precisamente che si deve cercare; contemporaneamente è voler negare e voler rifiutare ogni spiegazione alle centinaia di milioni di fenomeni di spiritismo, di stregoneria, di medianismo, di magia nera e bianca, che solo a Torino hanno un fatturato superiore a quello dell'intera industria della FIAT; ed è, infine, negare o rifiutare ogni spiegazione a fatti scientificamente e storicamente provati con ogni scrupolosità, quali i miracoli, le apparizioni e i prodigi.

Pretendere, assente, di vederci meglio di tante migliaia di testimoni oculari è quanto di piú stupido si possa immaginare.

A titolo esemplare citiamo qualche caso.

A Rosenheim, presso Monaco di Baviera, una forza occulta, che chiamiamo Foltergeis (cioè spirito folletto), fa volare in aria tanti oggetti, altri li fa muovere e scompiglia. Il fatto è stato appurato dalla Polizia, dalla Magistratura e da vari scienziati, oltre che dal Centro di Fisica Max Plank.

Ad una persona che attribuiva ad auto-suggestione la comparsa di stimmate di Teresa Neumann, la medesima rispose: « Perché, allora, quando penso al diavolo non mi spuntano le corna? ».

E se si volesse attribuire ad auto-suggestione il racconto di tanti morti incontrati da morti rianimati (quali, ad es. quelli citati dal Moody nel suo libro La vita oltre la vita), come attribuire a suggestione identici racconti di indú morti rianimati che non credono alla sopravvivenza personale? Tutto questo è capitato a un mio amico vivente: si chiama Alfio Coppola, è di Adrano (CT), ma risiede, per lavoro, in Germania. Il suo indirizzo è: 852o Erlangen - Eggeneuterweg, 46.

Il 25.6.1982 egli venne solo con la sua Fiat 150o da Erlangen in Sicilia. Giunto alle ore 24 per l'autostrada allo svincolo della Casilina a Roma, e non sapendo per dove andare per giungere a Piazza Zama, vicino alla quale stavano due sue sorelle, tentò di fermare diverse macchine per chiedere informazioni, ma inutilmente. Preoccupato per non sapere cosa fare, vede venire da Roma una 500. Fa segno. La 500 si ferma; scende un giovane elegante, il quale gli indica la strada: prendere lo svincolo, fare il rettilineo fino a un incrocio a T, dove avrebbe dovuto svoltare a sinistra. Il Coppola svolta la macchina ed esce per lo svincolo; ma il giovane, inspiegabilmente, fa come un fulmine marcia indietro, lo precede per il rettilineo e dopo alcuni secondi scompare, sebbene il Coppola marciasse a tutto motore. Dopo circa un Km, alla luce della luna e dei fari, il Coppola vede venire un uomo a piedi. Giuntogli vicino, si ferma, scende dalla macchina che lascia con i fari accesi, e gli chiede per dove andare per giungere a Piazza Zama. Il pedone gli dà le stesse indicazioni del giovane della 500; ma, appena il pedone cessa di parlare, una voce da dietro gli dice: « Prosegua come le è stato detto ». Il Coppola si volta, e vede alle sue spalle un uomo corpulento, alto m 1,8o. Si rigira, e vede accanto al primo pedone un

altro uomo e due donne, una alta e grossa, l'altra magra. Tutti e cinque erano scalzi: gli uomini senza cravatta; le donne in camicia da notte, una chiara, l'altra scura. Il Coppola per il momento non ci fece caso e pensò che tutti e cinque avessero fatto voto di un pellegrinaggio a piedi scalzi e che lo facessero di notte per il fresco. Li salutò, si rimise in macchina e riparto. Ripensandoci, di colpo si fermò e si voltò per vedere dove i cinque andassero; ma tutti e cinque erano spariti. Ridiscese dalla macchina; ma non c'era piú nessuno. Il cancello piú vicino era a 3oo mt; ed era impossibile che avessero in pochi secondi percorso i 300 mt. Dopo 500 mt vide un cartello con freccia a sinistra; credendo fosse l'indicazione dell'incrocio, andò a sinistra e si trovò subito dinnanzi a un cancello con la scritta: Cimitero. Qui il Coppola fu preso dal terrore; scappò in macchina come un disperato e, fortunatamente, poco dopo si trovò in Via Antonio Coppi dalle sue sorelle. Queste, vedendolo cosí terrorizzato, gli dissero che a Roma c'è l'uso di seppellire tutti i morti senza scarpe; gli uomini anche senza cravatta e le donne in camicia da notte. Di questo fatto il Coppola mi ha fatto un verbale.

A questo punto non ci resta che dare la spiegazione cattolica a tutti quei fatti paranormali che non possono spiegarsi naturalmente: esistono gli spiriti buoni (gli angeli) e quelli cattivi (i demoni); i morti sopravvivono e vanno o in paradiso o in purgatorio o all'inferno; i morti, col permesso di Dio, possono comparire o anche solo parlare; quelli che danno consigli buoni sono o in paradiso o in purgatorio; quelli che danno consigli contrari agli insegnamenti del Vangelo sono demoni.

Ed infine due fatti raccontatimi dagli interessati stessi.

Una ragazza mi raccontò quanto le successe nell'ottobre 1986. Invitata da un'amichetta, mise un bicchiere su un tavolo e disse a voce forte: « Spirito, se ci sei fatti sentire ». All'istante il bicchiere cominciò a muoversi e a camminare sul tavolo. All'indomani, presoci gusto, ripeté l'esperimento, e con lo stesso successo. Allora io le dissi: « Ma non sai che hai fatto peccato mortale? » La ragazza, spaventata, mi rispose: « Non lo sapevo; ora che lo so non lo faccio piú ».

L'anno scorso mi venne a trovare un'anziana vedova con un suo figlio e mi disse: « Padre, mi venga in aiuto. Non posso piú stare nella mia casa. Sono terrorizzata; ho dovuto ora rifugiarmi nella casa di questo mio figlio. Da sei mesi, giorno per giorno, nella mia casa i quadri sacri cadono dalle pareti per terra. Li riattacco alle pareti, l'indomani li ritrovo per terra. E questo, giorno per giorno: mentre sono in una stanza avviene nell'altra stanza. Le immaginette sacre e i quaderni li trovo stracciati; tanti oggetti mi scompaiono e alcuni li ritrovo un altro giorno in altro posto ». Il figlio mi conferma il racconto della madre e mi dice di esserne testimonio. Chiedo se in quella casa entrano bambini o altre persone. Mi rispondono: « Nessuno ». Consiglio loro gli esorcismi e di vivere in grazia di Dio. Mi pregano di fare tutto io. Li confesso, vado a fare gli esorcismi nella casa e

quindi ne benedico le stanze e tutti gli angoli! Trovo i quadri per terra, ma intatti, perché erano stati tutti benedetti; immaginette e quaderni stracciati, il porta-vivande ripieno sopra il vaso del gabinetto, ecc.

Dopo il mio intervento finí tutto.

Un infermiere dell'ospedale di Biancavilla (CT), di nome Tomasello Pietro, stimatissimo da quanti lo conoscono, mi racconta e mi scrive tanti fatti a lui capitati, dei quali ne accenno solo alcuni.

Aveva un figlio, di nome Alfredo, molto intelligente, ma condannato su una sedia a rotelle per distrofia muscolare. Alfredo faceva ogni domenica la comunione, sopportava tutto con pazienza, e quando la mamma s'impazientiva vedendolo cosí condannato, egli con dolcezza le diceva: « Perché fai cosí, mamma? Un giorno starò bene! ». Il 18.12.198o, a 17 anni, Alfredo improvvisamente si aggravò e morì il padre lo amava profondamente, lo aveva voluto sempre servire lui stesso e, da allora, non fa che piangerlo. Alfredo ora lo ricompensa salvandogli tante volte la vita. Riporto dal racconto del Tomasello soltanto alcuni fatti.

Quattro mesi dopo la morte del figlio, il Tomasello raccoglieva nella sua sciara le ulive. Ritto su un alto ramo, perdette l'equilibrio e cadde indietro. Avrebbe battuto la nuca nelle pietre e sarebbe morto; ma gli spuntò di sotto il figlio, lo prese sotto le ascelle, lo rimise sull'albero e spari.

Dopo alcuni altri mesi, mentre irrigava il suo agrumeto fatto a terrazze, cadde bocconi dall'altezza di due metri sulle pietre sottostanti. Come minimo si sarebbe rovinata la faccia; ma gli spuntò di sotto il figlio, lo prese fra le braccia, lo andò a deporre piú in là sul terreno soffice, e spari.

Infine, un fatto che sta facendo scalpore in tutta l'Italia: viene raccontato da Lino Sardos Albertini, avvocato e cassazionista e presidente dell'Accademia di Studi Giuridici ed Economici di Trieste, nel suo libro Esiste l'al di là, il 1o ottobre 1985 (Reverdito Editore, Trento).

Il libro in alcuni anni ha raggiunto la 1oa edizione. Porta la presentazione di Padre Pasquale Magni, presidente dell'Ass. Culturale « Acropoli » di Roma, scrittore, ex-generale della Compagnia S. Paolo, e la prefazione di Paola Giovetti, parapsicologa di fama internazionale, giornalista, scrittrice, redattrice della rivista « Luci e ombre ».

Il Sardos Albertini aveva un figlio, di nome Andrea, nato il 29.7.1955. All'età di 5 anni, Andrea a causa del morbillo perdette completamente l'udito dell'orecchio sinistro. Visitato dai piú illustri otorini europei ebbe la stessa diagnosi: l'udito era irrecuperabile. I genitori, andati a Lourdes, ne riportarono una boccetta d'acqua benedetta e per alcune settimane l'applicarono all'orecchio di Andrea, pregando e facendolo pregare. Improvvisamente Andrea riacquistò l'udito; visitato dagli stessi medici che lo avevano visitato prima, questi rimasero sbalorditi. Lo stesso Vescovo di Trieste volle dare l'annuncio del miracolo nel giornale « Il Piccolo » il 15.7.1961.

Andrea si fece un giovanottone alto m 1,95; era intelligentissimo, buonissimo, religioso, atleta, incapace di un qualunque male.

Il 9.6.1981, partito da Trieste con un assegno di £. 3.000.000, scomparve. Tutte le ricerche fatte dalla Polizia e da Investigatori privati per vari anni rimasero vane.

Un giorno il padre, ripetutamente sollecitato da un cliente, andò a trovare una sensitiva nella stessa Trieste, di nome Anita, donna molto religiosa e riservatissima, per avere notizie del figlio.

I colloqui con Anita cominciarono il 17.2.1983 e si protrassero, naturalmente con intermittenze, fino al 17.8.1985. L'avvocato verbalizzò tutte le domande e le risposte delle sedute. La Anita, seduta a un tavolo, si raccoglieva, apriva il palmo della mano sinistra e la biro vi si attaccava come un ferro alla calamita. Quindi la Anita, avute le domande del Sardos Albertini, scriveva col palmo aperto in un foglio dall'alto in basso, le risposte date da Andrea. Sembrerebbe incredibile, se la Anita non ne avesse data la dimostrazione, dopo molte sollecitazioni, alla TV, canale 1, col patto che non fosse ripresa di faccia per non essere assalita da tutti gli italiani; essa non vuole denaro da quei pochi che riescono ad avvicinarla, perché, dice, i doni di Dio non si vendono e non si comprano.

Per mezzo di Anita, Andrea disse al padre come 1'11.6.1981, andato a un Banco a Torino a riscuotere l'assegno di £. 3.000.000, osservato da alcuni malviventi, era stato derubato, ucciso e gettato nell'argine del Po; e ne indicò il posto. L'avvocato poté tutto verificare.

Naturalmente questo non bastò all'avvocato per convincersi che suo figlio gli parlava per mezzo di Anita; e stette per diversi anni a studiare la donna. Poté constatare che era impossibile scrivere dall'alto in basso come i cinesi; che la Anita non conosceva il contenuto di quanto aveva scritto, se prima non metteva il foglio orizzontale e lo leggeva; che le espressioni, i vocaboli, lo stile, la sintassi delle risposte scritte erano di gran lunga superiori al patrimonio linguistico e culturale di Anita; che nelle risposte venivano date notizie di fatti che la Anita non poteva assolutamente sapere. Restava questo problema: queste risposte venivano da Andrea o da un demonio?

Allora l'avvocato, per vedere la provenienza, gli chiese quale fosse il suo parere circa questi versetti di s. Giovanni: «Da questo conoscete lo spirito di Dio: ogni spirito che confessa Gesú Cristo, venuto in carne, è da Dio; e ogni spirito che non confessa Gesú non è da Dio » (1 Gv 4,2). Andrea rispose: «Sull'argomento posso confermare su tutto. Infatti Gesú, cioè la Luce infinita, vuole con infinito amore che tutte le sue pecorelle pascolino sul grande prato cosparso di divine parole che è la Bibbia ».

Domanda: « Quindi confermi che Gesú Cristo è venuto in carne sulla terra da Dio? ».

Risposta: « Si, lo confermo in nome di Cristo ».

Un altro giorno Andrea disse al padre che spessissimo intervengono a dare delle risposte a nome di defunti dei demoni, e che bisogna stare molto attenti sul tenore delle risposte per vedere la loro provenienza; in ogni caso quando si fanno domande inutili, o soltanto curiose o di vincite intervengono sempre i demoni a dare le risposte.

In definitiva l'avvocato si convinse che era suo figlio a dare le risposte; che suo figlio non poteva intervenire con chiunque tra i viventi, né per anime che non conosceva; che egli dava le risposte soltanto in rapporto alla missione alla quale era destinato e non per alcun'altra finalità.

Un altro giorno il padre chiese ad Andrea cosa avesse provato al momento della morte. Andrea rispose: « Io ti posso dire cosa ho provato personalmente, perché si differenzia molto morte da morte. Al momento, io fisicamente stavo bene, però ero spaventato. Infatti la mia situazione era brutta, alla mercede di individui pericolosi. Quando sono stato ucciso io non mi sono accorto, però vedevo la scena dall'alto ed ho seguito tutti i particolari dall'alto con distacco, con indifferenza. Questo è durato un bel po', finché la mia anima ha imboccato il lungo tunnel ».

Domanda: «Puoi dire qualcosa di piú preciso su questo tunnel?». Risposta: « L'entrata ti attrae perché vedi in fondo al tunnel una grandiosa Luce che ti chiama; ma non sempre arrivi presto ad attraversarlo. Quelli piú fortunati, come me, che sono accolti e accompagnati da amici o parenti, si. Altri, invece, devono aspettare anche molto tempo, e questo dà sofferenza, perché si sa che oltre è meraviglioso e si vorrebbe arrivare quanto prima ».

Domanda: « Cosa hai provato appena morto? ».

Risposta: « Tanta pace, nessun desiderio di tornare indietro. Il mio amico Marco (ottimo giovane morto prima) è venuto ad accogliermi per oltrepassare la grande Luce ».

Domanda: « In che ambiente si trova a vivere l'anima? ». Risposta: « Bellissimo, tanto bello, che è indescrivibile ».

Domanda: « C'è veramente un giudizio relativo al modo in cui si è vissuti? ».

Risposta: « Tutto viene giudicato dalla Luce Infinita. Il bene viene premiato; il male condannato ».

Domanda: « Cosa è questa Luce Infinita? ». Risposta: « È Gesú ».

Domanda: « Esiste da voi l'odio e l'amore? ».

Risposta: «Qui non esiste l'odio; la cattiveria e tutte le sensazioni che provate voi sono terrene. Il nostro mondo è fatto di tutt'altro. II nostro amore ce lo dà tutto ciò che ci circonda, non solo per i nostri cari, ma anche per tutti i malvagi, perché assorbiamo l'amore che ci dà la Luce Infinita ».

Un altro giono Andrea disse al padre che egli era nato ed era morto per far conoscere agli uomini che esiste l'aldilà, e concluse: «Bisogna far conoscere al mondo intero che esiste un aldilà, perché solo con queste convinzioni l'umanità si ricrederebbe e vivrebbe in pace, in onore della Luce Infinita ».

Quindi Andrea disse al padre che, per compiere questa sua missione, si doveva fare aiutare da Paola Giovetti. Il padre, non conoscendo neanche il nome di tale persona, chiese ad Andrea chi essa fosse. Andrea gli rispose: « Quella che trasmette nel programma TV "Italia Sera" ».

L'avvocato andò poi a rintracciare la Giovetti; ed essa si mise a disposizione. Intervenendo la Giovetti, alcune settimane dopo, l'11.11.1984, ad una seduta, Andrea la ringraziò della sua disponibilità e le disse: « Tu, Paola, devi, per piacere, far conoscere tramite stampa che esiste un aldilà; ma se vuoi rivolgerti a persona interessata, fallo tu. Tu lo sai, vero? ».

Resta opportuno qui notare che quanto dice Andrea sul tunnel scuro e sulla Luce Infinita trova un preciso riscontro con quanto dicono i morti rianimati del Moody (La vita oltre la vita), e che in confronto con la dottrina cattolica, il tunnel scuro può identificarsi col purgatorio.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


lunedì 26 giugno 2023

QUALCOSA DI PIÚ INCREDIBILE DELL'EUCARESTIA

 


LE IMPOSSIBILITÀ


1. Niente di piú storico di Cristo

Chiunque riflette sull'Universo, resta sbalordito dinanzi all'incarnazione di un Dio. Possibile che un Dio, infinitamente piú grande dell'universo che già sembra infinito, abbia messo gli occhi su questo pulviscolo che è la terra e che l'abbia scelta quale teatro della sua esperienza umana e del dolore umano? Ma almeno vi fosse stato accolto con rispetto e devozione!

Possibile che per nascervi abbia scelto la famiglia piú povera, la stagione piú brutta, l'abitazione piú indecente e che per morirvi abbia scelto la maniera piú infamante e il supplizio piú doloroso!

Si spiega benissimo perché gli ebrei di questo si scandalizzavano e ne traevano motivo per non credere a Gesú, e perché i pagani prendevano per pazzi i cristiani che credevano e predicavano queste cose.

La ragione si ribella a dover credere a tutto questo.

Ma la questione non è se l'incarnazione e la crocifissione di un Dio siano ragionevoli o meno; la questione è un'altra: tutto questo è avvenuto o no? Non possiamo presumere che Dio abbia a ragionare come noi, né, tanto meno, di comprendere quali motivi hanno spinto Dio ad agire in un determinato modo, a meno che egli stesso ce lo voglia rivelare.

A questo punto il problema diventa unicamente storico.

Su Dio gli uomini si sono formati i concetti piú disparati e, spesso, piú assurdi. Moltissimi, dinnanzi all'immensità dell'Universo e all'oscurità dei suoi primordi e dei primordi della specie umana, sono giunti a negarne l'esistenza. E se Dio stesso non fosse intervenuto, saremmo rimasti per sempre nell'oscurità e nel dubbio. Ma egli è intervenuto nella storia, anzi, per nostra fortuna, si è fatto uomo in Gesú e in lui ci ha mostrato il suo volto e la sua natura: Dio è amore. (i Gv 4,16). Tanti relegano Gesú tra i miti, e paragonano il cristianesimo alle altre religioni. Costoro ignorano la storia o ignorano come la si fa. Uno di questi, Howard Murphet, nel suo libro Sai Baba, l'uomo dei miracoli, che sta avendo tanto successo nel mondo, paragona Cristo a Krishna e i miracoli di Cristo ai miracoli di Krishna e di Sai Baba, senza sapere che Krishna non è mai esistito e senza sapere cosa è il miracolo e cosa è il prodigio.

Non ci può essere storia senza documentazione. Lo storico deve essere imparziale e rigoroso come il giudice. Ora niente c'è di piú documentato di Cristo. Basta dare uno sguardo ai suoi tempi. I personaggi piú documentati di quel tempo sono: Augusto, di cui scrissero Plutarco 8o anni dopo, Tacito 102 anni dopo, Svetonio 105 anni dopo; e Tiberio, di cui scrissero: un contemporaneo, Vellaio Patercolo, Tacito e Svetonio 79 e 82 anni dopo. Di Cristo, invece, scrissero 8 contemporanei (Matteo, Giovanni, Giuda, Giacomo, Pietro, Paolo, Luca, Marco), dei quali i primi 5 furono addirittura testimoni oculari; e nell'arco di 15o anni dalla sua nascita, scrissero tanti altri storici, 15 dei quali sono ricordati nel nostro libro Certezze su Gesú. E quello che piú impressiona è che tutti questi scrittori si fecero ammazzare per testimoniare quanto avevano scritto, mentre degli scrittori della storia profana nessuno ha rischiato nulla.


2. Niente di piú sicuro della divinità di Cristo

Il problema, quindi, si riduce a vedere se Gesú ha dato prove sufficienti della sua divinità. Il primo dovere dell'uomo è di esaminare tali prove, perché Gesú le ha date. Per questo Gesú disse agli ebrei: « Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le faccio, se non volete credere a me, credete alle opere, affinché sappiate che il Padre è in me, ed io sono nel Padre » (Gv 10,37).

« Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero colpa; ma ora non hanno scusa del loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi fatto tra loro opere che nessun altro mai fece, sarebbero senza colpa; ma ora, anche dopo averle vedute, hanno odiato me e il Padre mio » (Gv 15,22).

« Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e in Sidone fossero stati fatti i miracoli compiuti in mezzo a voi, già da gran tempo avrebbero fatto penitenza, cinti di cilizio e ricoperti di cenere. Perciò vi dico: nel giorno del giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno serveramente di voi » (Mt 11,21).

Ed agli ebrei, che dopo il miracolo della guarigione del cieco nato non solo non si convertono, ma si ostinano ad andare contro di lui, egli dice: « Se foste ciechi, non avreste colpa. Invece voi dite: "Noi vediamo". Il vostro peccato rimane » (Gv 9,41). Cosí rimane il peccato di quanti non vogliono esaminare i miracoli con i quali Dio garantisce la Chiesa cattolica. A questo punto a coloro ai quali restano dubbi sul miracolo resta solo da studiare diligentemente i miracoli con i quali Dio ha sempre garantito e continua fino ad oggi a garantire la Chiesa Cattolica.

Bisogna distinguere i miracoli dai prodigi. I prodigi possono essere: guarigioni di malattie funzionali, operazioni chirurgiche spettacolari, apporti, levitazioni, ecc., come quelli di Sai Baba, dei fachiri, dei prestigiatori e di uomini forniti di particolari doti psichiche, e, naturalmente, del diavolo.

I miracoli sono creazioni o annientamento di materia, ciò che può fare soltanto Dio: essi, per non venire confusi con gli apporti, debbono venire controllati nel corpo umano. Cosí, ad es., sono miracoli la scomparsa in un ammalato di masse tumorali e la creazione, al loro posto, di cellule e tessuti sani.

Dalla Chiesa vengono accettati quali miracoli e tali vengono dichiarati soltanto quelle guarigioni che hanno un supporto di carattere scientifico.

La constatazione dei miracoli di oggi ci dà la garanzia di miracoli di Cesú, senza dei quali non si può spiegare il trionfo del cristianesimo, venuto dalla tomba di un crocifisso. D'altro lato, i miracoli garantiscono la Chiesa cattolica; e siccome essi avvengono nella Chiesa Cattolica soltanto, i suoi avversari ricorrono all'espediente dei nemici di Gesú: li attribuiscono a Satana.

 

3. Niente di píú grande dell'Eucarestia

Dove, però, si oltrepassano i limiti della credibilità è nell'Eucarestia. La Chiesa insegna che quando viene celebrata la Messa, a due semplici parole del sacerdote celebrante, l'infinito Iddio scende nell'ostia e che in quella piccola ostia di alcuni centigrammi il Figlio di Dio viene a stabilirsi con l'intero suo corpo, con la sua anima, col suo sangue, con la sua divinità. Peggio ancora, egli è cosí presente in ognuna delle milioni di ostie che si conservano nelle chiese cattoliche del mondo. Com'è possibile questo? C'è da impazzire.

Ma anche qui il problema non è di vedere se è possibile o no, ma di vedere se Gesú è degno di fiducia o no; e, dato che egli è Dio, il problema diventa molto semplice: Gesú ha detto di trovarsi cosí presente nell'Eucarestia, o lo ha detto soltanto simbolicamente?

Per questo i Testimoni di Geova hanno cambiato il testo evangelico, dando alle parole di Gesú un significato simbolico. Ma i testi originali evangelici sono inequivocabili: « Or mentre mangiavano, Gesú prese il pane, lo benedisse, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse: "Prendete e mangiate: questo è il mio corpo". Poi, preso il calice, rese grazie e lo diede loro dicendo: "Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue della nuova alleanza, il quale sarà sparso per molti in remissione dei peccati" » (Mt 26,26). Le stesse parole vengono riportate dai Vangeli di Marco e di Luca e da s. Paolo (i Cor 11,24).

E perché i suoi discepoli non avessero potuto avere dubbi su questo mistero, Gesú li aveva preparati con queste parole ancora piú chiare e inequivocabili: « In verita, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il mio sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Poiché la mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui » (Gv 6,5z-56).

A questo punto la persona intelligente deve finire di ragionare col metro umano, deve piegare il capo e dire: « Signore, io credo! A te tutto è possibile! ». Per questo l'omaggio della fede è l'omaggio piú grande che l'uomo possa fare a Dio; e per questo l'uomo mediante la fede viene giustificato da Dio, e per questo « senza la fede è impossibile piacere a Dio » (Ebr 11,6).

Ed è per questo che, l'uomo piú ragionevole, o meglio l'uomo semplicemente ragionevole è l'uomo che ha fede e che dinnanzi alla parola di Dio, rinunzia di ragionarvi sopra e crede; per questo, infine « chi non crederà sarà condannato e chi sarà battezzato sarà salvo; chi non crederà sarà condannato » (Mc 16,16).

L'idea dell'Eucarestia poteva venire in mente solo a Dio; e, naturalmente, soltanto lui poteva attuarla. L'Eucarestia è al centro del pensiero di Dio, al centro di tutta l'opera della creazione e di tutto il mistero cristiano. Per questo Gesú, istituendo l'Eucarestia, la chiamò « mysterium fidei » ossia il piú grande mistero della nostra fede.

Il progetto di Dio è unico: esso, concepito dall'eternità, si svolge nel tempo: materia, galassie, Terra; e nella Terra gli uomini dovevano essere cosí come sono, cioè liberi, capaci di amare, di fare il bene e di fare il male; soltanto cosí avrebbe potuto verificarsi l'incredibile, cioè che il loro Creatore, il Creatore dell'universo, fattosi uomo, sarebbe stato messo da essi in croce, avrebbe cosí potuto dare la prova piú evidente del suo infinito amore, e avrebbe potuto attirarli e unirli a se mediante l'Eucarestia.

Gesú non ha istituito l'Eucarestia per dare un saggio della sua sapienza e della sua potenza infinita, ma per attuare il suo meraviglioso progetto d'amore. Ci dice il Vangelo: « Gesú, avendo amato i suoi, li amò sino alla fine » (Gv 13,1), e istituí nell'ultima cena, l'Eucarestia, quale memoriale e rinnovazione del suo sacrificio e quale mezzo necessario per la formazione del suo Corpo Mistico, ossia per riunire in uno, dopo averli purificati col suo Sangue, tutti i figli di Dio dispersi nella terra, unirli organicamente a sè e divinizzarli nel suo Corpo Mistico, che è la Chiesa; cosí come fa l'albero che assorbe con le sue radici gli elementi materiali sciolti nell'umidità della terra, li assimila e li trasforma in suoi fiori, in sue foglie, in suoi frutti.

Infine, con l'Eucarestia Gesú dà agli uomini il potere di risorgere tutti giovani, immortali, gloriosi come lui, e di renderli eternamente felici. L'Eucarestia è l'opera piú grande di Dio.

Ma come i cibi diventano carne dell'uomo soltanto quando da lui vengono mangiati e assimilati, e come quelli che non vengono da lui assimilati vanno a finire nella fogna; cosí gli uomini divengono Corpo Mistico di Gesú e raggiungono tale felicità eterna soltanto se fanno la santa comunione e se si sforzano di vivere in grazia, e di rendersi, almeno in qualche modo, simili a Gesú nel parlare, nel guardare, nell'amare, nell'agire, mettendo in pratica il Vangelo; mentre quelli che in nessun modo cercano di vivere cosí vanno a finire nella fogna dell'universo, che è l'inferno.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


lunedì 28 novembre 2022

LE IMPOSSIBILITÀ

 


CHE MANCHI UN PROGETTO PER L' UMANITA’

Dinnanzi alla moltitudine sconfinata degli uomini si resta perplessi. Già restiamo sbalorditi dinnanzi alla folla di 100 o 200.000 persone presenti in uno stadio o in un raduno. Non riusciamo neanche ad immaginare una folla di 50 o 2oo milioni di persone. E tuttavia una simile folla è insignificante dinnanzi ai 5 miliardi di uomini viventi nella terra. Perché tutti questi miliardi di miliardi di uomini che ci sono stati, ci sono e ci saranno nella terra? Erano proprio necessari?

La stessa domanda ci facciamo dinnanzi alla moltitudine sconfinata di stelle e di galassie: perché tutto questo sfoggio di materia e di stelle delle quali non riusciremo neanche a conoscerne l'esistenza? La scienza ce ne ha già dato la risposta: Dio non ha creato niente di inutile. Dio ha creato quella quantità di materia che era necessaria perché vi potessero esistere quelle leggi della gravità e dell'inerzia che rendono possibile l'esistenza di quanto esiste: quantità che è chiamata critica.

È assurdo che egli non abbia avuto un programma per l'umanità talmente alto e perfetto da giustificare l'opera immensa di tutta la creazione, o che non sia riuscito a realizzarlo.

È assurdo che tutta la creazione abbia a finire sulla Terra con un grandioso falò procurato dal sole o da una guerra nucleare.

Ma, se c'è un programma, qual'è questo?

L'uomo, naturalmente, non può entrare nella mente di Dio a scoprirlo. Se un programma c'è, Dio solo, che lo ha progettato, ce lo può rivelare. Di fatto, egli ce lo ha rivelato: è il Cristo, il suo Figlio Unigenito, che avrebbe dovuto venire sulla Terra, farsi uomo, morire e risuscitare per riunire in uno tutti i figli di Dio. Questo è il mistero nascosto dai secoli e da generazioni e rivelato ora ai suoi santi (Col 1,26).

« Gesú è l'immagine dell'invisibile Dio, il primogenito di tutta la creazione, perché in lui sono state create tutte le cose nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili, i Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà: tutto è stato creato da lui e per lui. Egli è prima di tutte le cose e tutto sussiste in lui. Cristo è la testa del corpo, cioè della Chiesa; egli è il principio, il primogenito fra i morti, cosí da essere il primo in tutte le cose, perché il Padre si compiacque di far abitare in lui la pienezza, e per lui, che ha ristabilito la pace per virtú del sangue della sua croce, riconciliare con sé tutto ciò che esiste sulla terra e nei cieli » (Col 1,15-20).

« Conveniva, infatti, che colui, per il quale e dal quale sono tutte le cose e che conduce alla gloria molti figli, perfezionasse, per mezzo di sofferenze, l'autore della salvezza » (Ebr 2,10).

« Ma poiché i figli avevano una natura di sangue e di carne, egli pure la prese per distruggere, con la morte, colui che ha il potere della morte, cioè il diavolo, e liberare tutti coloro che il timore della morte teneva per la vita intera soggetti alla schiavitú » (Ebr 2,14).

E cosí conclude: « ... perché tutto appartiene a voi, e Paolo, Apollo, e Pietro, e il mondo, e la vita, e la morte, e le cose presenti e le future, tutto è vostro; ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio » (i Cor 3,22).

Ma a Gesú non bastò salvarci individualmente dalla morte eterna: ha voluto divinizzarci unendoci a sé intimamente cosí da divenire ognuno di noi con lui e tutti insieme con lui una cosa sola. Lo dice espressamente s. Giovanni: « Gesú è venuto per riunire in uno tutti i figli di Dio che erano dispersi » (Gv 11,52).

Per tal motivo Dio ha progettato dall'eternità la creazione di quella quantità di uomini necessaria per ricavarne il numero giusto, occorrente per la realizzazione di quello che s. Paolo, chiama il Corpo mistico di Cristo: non uno piú, non uno meno. In questo progetto Dio, naturalmente, doveva utilizzare uomini liberi, non pietre, né animali, e quindi ha dovuto prevedere ed ha previsto e, in conseguenza, pedestinato tutti quelli che lo avrebbero accolto, ed ha dato loro il potere di diventare figlio di Dio (Gv 1,12), e tutti quelli che lo avrebbero rifiutato. L'unico che avrebbe potuto realizzare questo suo progetto era il suo stesso Figlio. Per questo il centro di tutta la creazione e di tutta la storia è Gesú; e, contemporaneamente, ne è lo scopo. La piú grande meraviglia del Corpo Mistico è che Dio riesce a edificarlo mediante la libera cooperazione, spesso addirittura incosciente o inconsapevole, di miliardi di miliardi di uomini, e nonostante gli ostacoli e la guerra di innumerevoli suoi nemici.

S. Paolo specifica la natura di questo "uno": « Come il corpo è uno solo ed ha molte membra, ma tutte le membra sue, pur essendo molte, non sono che un solo corpo; cosí il Cristo. Infatti, noi tutti siamo stati battezzati in un solo spirito, Giudei, Gentili, servi e liberi, per formare un solo corpo, e tutti siamo stati dissetati con un solo Spirito.

Infatti anche il nostro corpo non è un membro solo, ma è composto da molte membra... Dio ha disposto il nostro corpo in modo da dare maggiore onore alle membra che non ne avevano, affinché non ci fosse divisione nel corpo e le membra avessero la medesima cura a vicenda. Sicché se un membro soffre, tutte le altre membra soffrono con esso; se invece un membro viene glorificato, gioiscono con esso tutte le membra. Ora voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ognuno secondo la propria parte ».

Quindi s. Paolo fa vedere come ogni cristiano è ordinato per la formazione di tale corpo: « E Dio ne ha stabilito diverse nella Chiesa: in primo luogo gli apostoli, in secondo luogo i profeti, in terzo i maestri, poi il dono dei miracoli, il dono di guarire, di assistere, di governare, di parlare diverse lingue.

Sono forse tutti apostoli? O tutti profeti? O tutti maestri? O tutti hanno il dono dei miracoli? O tutti hanno il dono delle guarigioni? O tutti parlano le lingue? O tutti le interpretano? Aspirate ai doni piú elevati ». E, poi, specifica qual'è tale dono: « Anzi, vi insegno una via che sorpassa ogni altra: Quand'anche io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità, io sono un bronzo che suona o un cembalo che squilla. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi una fede tale da trasportare le montagne, se non ho la carità, io sono un niente. E se distribuissi anche tutti i miei beni ai poveri e dessi il mio corpo ad essere bruciato, se non ho la carità, tutto questo non mi giova a nulla. La carità è longanime, la carità è benigna, non è invidiosa, la carità non si vanta, né si insuperbisce, non manca di rispetto, non cerca le cose sue, non si irrita, non tiene conto del male che riceve, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta » (i Cor ia-13).

Con queste parole s. Paolo ci ha voluto dire come ciò che formerà la nostra bellezza e la nostra felicità eterna è la carità, cioè l'amore di Dio e l'amore del prossimo. Quindi gli eletti piú grandi, piú belli e gloriosi, piú felici del paradiso non sono quelli che hanno rivestito un ruolo piú importante nella vita o nella stessa Chiesa, fosse pure quello di un Papa o di un imperatore, ma quelli che hanno esercitato tale ruolo con maggiore amore, fosse pure il ruolo di un povero servo o di una povera vecchia o di un handicappato.

E, come le membra di un corpo vengono azionate dal capo e dallo stesso capo acquistano la loro bellezza; e vengono mantenute in vita dall'anima, e senza il capo o senza l'anima perdono ogni bellezza e la stessa vita, si corrompono, si disgregano e vengono seppellite; cosí noi tutti cristiani riceviamo la vita nel momento che lo Spirito Santo, anima della Chiesa, ci inserisce con la sua grazia nel Corpo Mistico di Gesti, cioè nella Chiesa; ci manteniamo in vità finché tale grazia è in noi, ossia finché non la perdiamo col peccato, e acquistiamo la bellezza divina di figli di Dio, divenendo e restando membra del Corpo Mistico per mezzo del nostro capo, che è Gesú, e da Gesú riceviamo, mediante la preghiera, la meditazione del Vangelo, la comunione, la forza di operare il bene. « Senza di me, ha detto infatti Gesú, non potete fare nulla» (Gv 15,5).

Per quelli che si staccano dal Corpo Mistico non resta che venire seppelliti nell'inferno.

E, infine, come la funzione di ogni petalo è di rendere piú bello il fiore; come la funzione di ogni strumento musicale in un'orchestra è di rendere piú melodiosa e suggestiva l'esecuzione dell'opera; cosí la funzione eterna di ogni singolo eletto è di rendere piú bello e piú affascinante il Corpo Mistico e lo stesso paradiso. Infatti la felicità del paradiso consiste nella visione beatifica di Dio e nella comunione e consumazione degli eletti in "uno", cioè nel Corpo Mistico con Gesú, con Maria e con tutti gli eletti. Fino a che esiste il mondo è segno che il numero degli eletti non è stato ancora raggiunto e che quindi c'è posto in paradiso per tutti gli uomini ancora viventi nella terra, perché Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e raggiungano la conoscenza della verità (1 Tm 2,4); ma per tutti quelli che rifiutano il suo invito al paradiso, trova subito i sostituti che occuperanno il loro posto, come nella parabola del banchetto (Lc 14,21).

Appena il numero degli eletti sarà raggiunto e il Corpo Mistico si sarà formato in tutta la sua pienezza e bellezza, verrà la fine.

Allora, dice s. Paolo « Gesú consegnerà il regno al Padre, dopo aver distrutto ogni Principato, Dominazione e Potenza. Perché è necessario che Cristo regni fino a che non abbia messo sotto i suoi piedi tutti i nemici. L'ultimo nemico ad essere distrutto sarà la morte. Dio, infatti, tutto ha posto sotto i piedi di lui. Ma quando dice che tutto gli è stato assoggettato, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha assoggettato ogni cosa. E quando avrà assoggettato a lui tutte le cose, allora il Figlio stesso farà atto di sottomissione a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti » (1 Cor 14,24-28).

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


lunedì 29 agosto 2022

LE IMPOSSIBILITÀ - CHE UNO DICA UNA MENZOGNA PER FARSI AMMAZZARE

 


LE IMPOSSIBILITÀ


CHE UNO DICA UNA MENZOGNA PER FARSI AMMAZZARE

È possibile che uno si faccia ammazzare per salvare un altro, o anche per testimoniare una verità; ma è impossibile che uno si faccia ammazzare senza utilità di nessuno, ma solo per il piacere di dire una bugia. Le bugie si dicono per guadagnare qualcosa o per non perderla, per evitare un rimprovero o un pericolo, o anche solo per scherzare; si dicono per non farsi ammazzare, non per farsi ammazzare. Per tal motivo non ci può essere testimonianza piú sicura e piú degna di fiducia di quella di coloro che non solo non ci guadagnano nulla per testimoniare quanto affermano, ma che anzi per quello ci perdono la vita. Ora nel cristianesimo ci troviamo dinnanzi a un fenomeno unico nella storia.

Saulo, mentre corre a cavallo, a comando di un plotone di soldati, verso Damasco per arrestarvi i cristiani, fa d'un colpo retro-front, si converte e comincia a predicare quel Gesú che odiava. Si sarebbe potuto trovare una spiegazione, sebbene poco credibile, se questo fosse successo dietro un sogno notturno, o dietro una visione durante la preghiera; ma che questo sia successo mentre Saulo era in una corsa, diventa un assurdo psicologico. Non ci  può essere altra spiegazione logica che la realtà dell'apparizione di Gesú che lo abbatte dal cavallo in corsa.

E cosa ci ha guadagnato Saulo da tale conversione? Lo dice lui stesso: « Cinque volte dai giudei ho ricevuto i 39 colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai mie connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli nel mare, pericoli dai falsi profeti; fatiche e travagli, veglie senza numero, fame e sete frequenti, digiuni, freddo e umidità. Oltre tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese » (2 Cor 11,24-28).

Tutti i discepoli di Gesú si fecero ammazzare per dire che Gesú non era un uomo come tutti gli altri, ma che era risuscitato ed essi lo avevano visto salire al cielo con i loro occhi e lo avevano prima toccato con le loro mani dopo la sua resurrezione. Dopo di loro, milioni di altri cristiani, migliaia dei quali contemporanei di Gesú, si fecero fustigare, decapitare o bruciare o mangiare dai leoni o impiccare per testimoniare la stessa cosa. Nessuno si è fatto ammazzare per Buddha o per Confucio o per Maometto, o per affermare che qualcuno di costoro fosse Dio.

Dire che i martiri cristiani erano pazzi, oltre che assurdo, è sciocco, perché anche i pazzi hanno fortissimo l'istinto della conservazione. D'altronde di molti di loro ci restano i verbali giudiziari, che ci fanno vedere quanta saggezza essi avevano.

E se la resurrezione di Cristo fosse stata anche soltanto dubbia, nessuno di loro si sarebbe fatto ammazzare, tanto meno mangiare dai leoni. La resurrezione di Cristo dava ad essi la certezza della loro resurrezione. Nessuno fa niente per niente; tanto meno si fa ammazzare per niente. Nessuno si fa ammazzare per affermare che ha visto un astronauta giungere sulla luna, anche se lo ha visto per davvero; dinnanzi a un simile pericolo lo negherebbe. Dinnanzi alla testimonianza di milioni di martiri la persona intelligente ha da fare una cosa sola: vedere per quale motivo essi hanno affrontato il martirio e vedere quale fondamento storico e scientifico hanno le loro speranze.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


domenica 27 marzo 2022

LE IMPOSSIBILITÀ

 


QUALCOSA DI PIÚ GRANDE DELLA PASSIONE DI GESÚ

Dio ha creato l'universo per giungere a creare e a far vivere l'uomo; ha creato l'uomo perché il suo Figlio Unigenito avesse potuto farsi uomo. Niente c'è di piu grande dell'incarnazione del Figlio di Dio.

Se uno smisurato gigante avesse potuto prendere e comprimere fra le mani il sole, cosí da ridurlo una pallina da gioco, avrebbe fatto una cosa infinitamente piú piccola di quanto ha fatto Dio facendosi un piccolo uomo.

Tra gl'infiniti ordini possibili di Provvidenza Dio ha scelto questo nel quale l'uomo soffre, perché il suo Figlio potesse soffrire; ha scelto quest'ordine di Provvidenza nel quale l'uomo muore, perché il suo Figlio potesse morire; ha scelto, infine, quest'ordine di Provvidenza nel quale il suo Figlio sarebbe morto fra orrendi supplizi, perché potesse rivelare nella maniera piú sublime e inequivocabile il suo attributo piú grande: Dio è amore (i Gv 4,16). Gesú, infatti, non è morto perché avesse bisogno di qualcosa, ma per partecipare a noi la sua stessa felicità.

Dinnanzi a Gesú crocifisso c'è da restare sbalorditi e ammutoliti: colui che tiene in mano tutta la spaventosa energia della materia dell'universo e l'organizza in maniera da formare gli elementi fisici, le galassie e le stelle; colui che fa nascere, crescere, vivere tutti i fili d'erba, tutti gli alberi, tutti gli insetti, tutti gli animali; colui che manteneva in vita, perché non cadessero nel nulla, i suoi stessi crocifissori, viene da essi legato, sputato, bastonato, vilipeso, crocifisso, ammazzato; ed egli li lascia fare, mansueto come un agnello, mentre con un semplice atto della sua volontà, in un istante avrebbe potuto non solo farli morire, ma addirittura annientarli ... E perché tutto questo? Unicamente per farci commuovere, per farci aprire all'amore, per farci capire che il peccato è un suicidio, prima ancora di essere un deicidio, per farci convertire verso di lui, e, per mezzo di lui, farci raggiungere la felicità del paradiso.

Lo aveva già detto: « Quando sarò elevato da terra, trarrò tutto a me » (Gv 12,32). Per questo giustamente dice Bossuet: « Niente vi è nell'universo di piú grande di Gesú; niente vi è nella vita di Gesú di piú grande della sua passione; niente, nella sua passione, di piú grande della sua morte ».

Perché questo avesse potuto verificarsi occorreva anzitutto che ci fosse un popolo adatto dal quale il Figlio di Dio avesse potuto nascere e dal quale egli avesse potuto venire crocifisso. E Iddio preparò tale popolo

chiamando Abramo da Ur dei Caldei, facendolo staccare dal popolo degli Aramei, facendolo venire e isolare in Palestina, dandogli, contro ogni legge biologica, un figlio dalla moglie sterile e vecchia.

Quindi per figurare la nascita, il cammino e il destino del popolo cristiano fece formare tale popolo sotto la schiavitú dei faraoni in Egitto, apri ad esso un passaggio attraverso l'acqua del Mar Rosso, lo guidò per 4o anni con prodigi, miracoli e segni ancora piú strepitosi attraverso il deserto, fino a giungere nella Palestina. Vigilò con ogni cura e durezza sulla sua fede per mezzo dei profeti e di tremendi castighi (sconfitte, pestilenze, siccità, carestie, deportazioni), perché conservasse il piú rigoroso monoteismo. Soltanto da un simile popolo il Figlio di Dio poteva non essere confuso con altri dei, poteva venire crocifisso e poteva divenire credibile presso i popoli pagani, cioè presso tutto il mondo. Senza Gesú resta inspiegabile la storia degli ebrei.

Ma un avvenimento cosí enorme come la passione del Figlio di Dio non poteva chiudersi come un semplice fatto di cronaca; doveva restare presente per tutta la durata della storia umana, anzi doveva tutta lievitarla e cambiarla.

Per ottenere questo Gesú istituí l'Eucarestia, e subito dopo, ordinò ai suoi apostoli e ai suoi sacerdoti di fare quanto aveva fatto lui: ciò che i sacerdoti fanno celebrando ogni giorno la santa messa.

Cosí Gesú, presentando continuamente al Padre nell'eucarestia il suo sacrificio, vive sempre per intercedere per noi (Ebr 7,25), e ottine misericordia e perdono per il mondo, ne impedisce la distruzione da parte della giustizia di Dio e, contemporaneamente, nutre, vivifica e sviluppa il suo Corpo mistico, la Chiesa.

L'Eucarestia è il vertice dell'amore e dell'annientamento di Gesú. Mentre nella sua passione si mette nelle mani di un gruppo di ebrei, che lo sacrificano convinti di farlo per zelo verso Dio; nell'eucarestia si riduce a un pezzettino di pane e si mette nelle mani di tutti; e tutti possono fare di lui ciò che vogliono, anche sacrificarlo a satana come si fa giornalmente in centinaia, e forse in migliaia di messe nere.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


lunedì 29 novembre 2021

LE IMPOSSIBILITÀ

 


INVENTARE UN DIO-CROCIFISSO E CROCIFIGGENTE

È impossibile che degli uomini abbiano fatto di un uomo-crocifisso un Dio, o che tale lo abbiano inventato.

Tutti i popoli, indistintamente, e tutti gli uomini che credono in Dio, lo hanno sempre riconosciuto Maestoso, Onnipotente, Dominatore, Infinito, Giudice inappellabile e giusto. Tale lo hanno soprattutto sempre creduto gli ebrei. Nessuno ha mai ipotizzato un Dio ammazzato dagli uomini. Un Dio crocifisso è stato da sempre per tutti un assurdo, meglio ancora, una cosa impensabile e mai pensata. In Gesú ci troviamo dinanzi a un mistero.

Da un lato in tutti i suoi discorsi e in tutte le sue risposte alle domandetrabocchetto dei farisei troviamo una saggezza sovrumana; dall'altro troviamo in lui un'ostinazione a proclamarsi Dio, vuoi dinnanzi ai suoi discepoli, vuoi dinnanzi alle folle, vuoi dinnanzi ai suoi nemici, e vuoi, infine, dinnanzi a Caifa, con la certezza di venire per questo condannato a morte.

Una simile affermazione non la fa neanche un pazzo.

In Gesú, sommamente saggio, la si può psicologicamente spiegare soltanto con la sua coscienza di essere Dio e di risuscitare dentro i tre giorni dalla sua morte (Gv z,19). Chi si sentirebbe di proclamarsi Dio per farsi ammazzare? Un uomo saggio e perfettamente equilibrato che si fa mettere in croce per testimoniare di essere Dio, non può che essere veramente Dio.

Ipotizzare, infine, che siano stati i discepoli di Gesú a inventare un DioCrocifisso è semplicemente assurdo. Un ebreo non inventa mai un Dio, tanto meno un Dio-Crocifisso; tutt'al piú avrebbe potuto inventare un Messia che muore gloriosamente in battaglia come Giuda Maccabeo o come Bar-Kocheba.

Una conferma l'abbiamo nelle parole degli ebrei presenti alla crocifissione di Gesú: « Se è il re d'Israele, scenda dalla croce e gli crederemo ... Se Dio gli vuol bene lo liberi ora, giacché ha detto: sono il figlio di Dio » (Mt 27,43).

E gli stessi discepoli di Gesú restarono cosí delusi e shoccati per la sua passione che lo abbandonarono. La loro resurrezione morale e il loro coraggio di pochi giorni dopo si possono unicamente spiegare con la vista di Gesú resuscitato apparso loro. E, sebbene conoscessero l'impossibilità di fare accettare a degli ebrei un Dio-Crocifisso, essi si misero a predicare, dopo, con estremo coraggio Gesú-Crocifisso e resuscitato.

 

1. La concezione ebraica

L'idea di un Dio che promette guai e sofferenze ai suoi fedeli è una concezione estremamente contraria alla mentalità ebraica. E Dio stesso nel Vecchio Testamento promette sempre agli ebrei lunga vita, buone annate, abbondanza, numerosa discendenza, la pace e ogni altro bene se si manterranno a lui fedeli.

Tutta la Bibbia è piena di tali promesse, mentre il castigo dell'infedeltà sono le guerre, la siccità, la peste. Diamo soltanto un esempio. Mosè dice al popolo: « Se tu obbedirai al Signore tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi, il Signore Dio tuo ti metterà sopra tutte le nazioni della terra... Verranno su di te e ti raggiungeranno tutte queste benedizioni: sarai benedetto nella città e nella campagna. Benedetto sarà il frutto del tuo seno, il frutto del tuo suolo, il frutto del tuo bestiame; benedetti i parti delle tue vacche, e i nati delle tue pecore ... Il Signore lascerà sconfiggere davanti a te i tuoi nemici... Tutti i popoli della terra vedranno che porti il nome del Signore e ti temeranno. Il Signore ti concederà abbondanza di beni... ti metterà in testa e non in coda e sarai sempre in alto e mai in basso ... » (Dt 28,1-13)

 

2. Le promesse di Gesú

Al contrario Gesú promette ai suoi discepoli sofferenze e guai. Resta un mistero come sia stato seguito da miliardi di persone: il mistero che lui aveva annunziato: «Quando sarò elevato da terra, trarrò tutti a me » (Gv 12,32).

« Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà » (Mt 16,24).

« In verità, in verità vi dico: voi piangerete e gemerete e il mondo godrà; voi sarete nell'afflizione, ma la vostra tristezza sarà mutata in gioia. La donna quando dà alla luce è nel dolore, perché è giunta l'ora sua; ma quando il bambino è nato, non ricorda piú l'angoscia per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Cosí anche voi ora siete nella tristezza, ma io verrò di nuovo e ne gioirà il vostro cuore, e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia» (Gv 16,22).

« Ricordatevi della parola che vi ho detto: un servo non è più grande del padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi » (Gv 15,20).

« Ma badate a voi stessi! Vi consegneranno ai sinedri, sarete percossi nelle sinagoghe, comparirete dinanzi ai governatori e ai re a causa mia, per rendere testimonianza davanti a loro » (Mc 13,9).

« Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi verrà l'ora in cui chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio. E faranno queste cose perché non hanno conosciuto né il Padre, né me » (Gv 16,1).

Neanche un pazzo avrebbe potuto comportarsi cosí, e neanche un minorato avrebbe dovuto seguirlo; e tuttavia le turbe lo seguivano e i farisei ebbero seria paura che tutti gli ebrei avrebbero finito per seguirlo (Gv 12,19) per cui decisero di ucciderlo, e complottarono un piano per riuscirvi; piano che poté realizzarsi per il tradimento di Giuda, fatto per 30 monete d'argento, che poi egli, disperato, gettò nel Tempio, come aveva profetizzato Zaccaria (Zc 11,13).

La diffusione delle filosofie e delle religioni storiche hanno tutte una spiegazione naturale ed evidente; basta pensare alla licenza data da Maometto ai suoi soldati di prendersi quante mogli avrebbero voluto nei territori conquistati e la certezza, in caso di morte, di andare in un paradiso, dove avrebbero avuto a loro disposizione molte donne.

La diffusione del cristianesimo, invece, senza alcun beneficio, ma a prezzo di un'infinità di tormenti e di martirii, non ha alcuna spiegazione naturale. Essa può spiegarsi soltanto con la divinità di Gesú e con la sua resurrezione.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


venerdì 1 ottobre 2021

LE IMPOSSIBILITÀ

 


CHE GESÚ NON SIA DIO


1. Nessun uomo si è proclamato Dio

Nessun uomo al mondo, sano di mente, si è mai proclamato Dio: né Zarathustra, né Budda, né Confucio, né i Faraoni, né Alessandro Magno, né Cesare, né Maometto, ecc. Gli imperatori romani, si facevano attribuire un culto divino; ma soltanto per rafforzare il loro potere assoluto. Nessuno di loro credette mai sul serio di essere un dio. Uno solo lo proclamò, ma con sarcasmo: fu Vespasiano. Egli, morendo per una forte colica intestinale nel vespasiano da lui inventato, disse: « Ecce qualis deus morior! (ecco che dio io muoio!) ».

Un mio amico visitando nell'anteguerra il manicomio di Palermo, trova ad accoglierlo un signore alto, distinto e gentile che si offre da fargli da Cicerone e lo accompagna per i vari reparti. Camminando gli indica i vari ricoverati, illustrandogliene le relative manie: « Quello si crede s. Pietro; quello si crede s. Antonio; quell'altro s. Paolo ... ! (ecc.) ». E, finite tutte le indicazioni, conclude: « E vogliono darlo a intendere a me, che sono il Padre eterno!, e li conosco bene tutti, fin dalla loro concezione! ».

Il mio amico, uscendo e vedendo fermare dalle guardie il suo accompagnatore, si accorse che quel poveretto era anche lui ricoverato nel manicomio.

Solo Gesú nella storia si è proclamato Dio. Se non fosse stato veramente Dio sarebbe stato soltanto un pazzo; e il suo Vangelo doveva essere un capolavoro inconcludente di stramberie; invece esso è, come vedremo citandone alcune pagine, e come tutti hanno riconosciuto, un capolavoro di logica, di equilibrio, di saggezza e di genio; un capolavoro tale che ha fatto fare un immenso salto in avanti alla civiltà umana, portandole i concetti di uguaglianza di tutti gli uomini, di rispetto e di amore a tutti gli uomini, di pietà e di misericordia verso i poveri e gli ammalati, di libertà, di fraternità, ecc.; concetti fino ad oggi conosciuti, ad es. nel mondo indú.


2. È impossibile una dottrina piú saggia e piú bella di quella di Gesú Gesú

rivela con l'esempio e con gli insegnamenti il piú grande e il piú bello attributo di Dio: il suo amore e la sua misericordia infinita. Ce lo rivelano le sue parabole piú commoventi: quelle della dracma perduta, della pecorella smarrita, del figliuol prodigo. E dinnanzi alla folla dei farisei che volevano ammazzare, giusta la dura legge ebraica, la donna adultera,

Gesú, mosso a compassione, li fermò tutti, dicendo: « Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra» (Gv 8,7).

Gesú ci sprona a correggerci da ogni minimo peccato, a raggiungere la massima perfezione: « Darete conto anche di una sola parola oziosa » (Mt 12,38); « Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli » (Mt 5,48). Insegna che l'unica parentela con Dio è quella spirituale, e che facendo la sua volontà diventiamo i suoi intimi congiunti.

Quando lo chiamano per andare dai suoi parenti, dice: « Mia madre e i miei parenti sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica » (Lc 8,21).

Insegna che anche la piú piccola opera buona avrà la sua ricompensa: « Anche un bicchiere d'acqua fresca data per amore del mio nome avrà la sua ricompensa » (Mt 10,42).

Pure insegna che Dio ci premia non in proporzione delle nostre opere, ma in proporzione del sacrificio che esse ci costano, come egli disse un giorno davanti al tesoro del tempio, vedendo tanti ricchi che vi gettavano molte monete, mentre una povera vedova vi gettò due spiccioli.

Rivela come è l'intenzione che dà valore alle nostre azioni, e come Dio accetta e premia soltanto le cose che si fanno solo per lui: « Guardatevi dal praticare le vostre opere buone davanti agli uomini per essere da loro ammirati; altrimentri non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando, dunque, fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gl'ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno ricevuto già la loro ricompensa. Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra, perché la tua elemosina resti segreta e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne ricompenserà.

Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli altri uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu, invece, quando vuoi pregare, entra nella tua camera, prega nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,1-6).

« E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gl'ipocriti, che sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno ricevuto già la ricompensa. Tu, invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà » (Mt 6,16). « Quando offri un pranzo o una cena, non devi invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta, e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai, infatti, la tua ricompensa alla resurrezione dei giusti » (Lc 14,12).

Gesú rivela l'importanza massima dell'amore del prossimo e la sua uguaglianza col precetto dell'amore di Dio. Quando un fariseo gli chiede qual'è il massimo e il primo comandamento, egli risponde: «Il primo è: ascolta, Israele, il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, e con tutta la tua forza. II secondo è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento piú importante di questo » (Mc 12,30).

Gesú insegna che prima della pulizia del corpo ci vuole quella dell'anima. «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre all'interno sono pieni di rapine e intemperanza» (Mt 23,25).

I farisei, invece si preoccupavano dell'apparenza e solo della pulizia esteriore. Narra il Vangelo: « Dopo di aver finito di parlare, un fariseo lo invita a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola. II fariseo si meravigliò perchè Gesú non aveva fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora Gesú gli disse: "Voi farisei purificate l'esterno della coppa e del piatto; ma il vostro interno è pieno di rapine e di iniquità. Stolti! Colui che ha fatto l'esterno, non ha fatto anche l'interno? Piuttosto date in elemosina quello che c'è dentro, ed ecco tutto per voi sarà mondo » (Lc 11,37-41).

Un altro giorno disse: « Ascoltate e intendete! Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo! Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna? Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo » (Mt 15,17-20).

Gesú dice delle cose estremamente sagge e logiche, come ad es.: « Non c'è niente di occulto che non verrà rivelato » (Mt 10,26). Se non fosse cosí, innumerevoli delitti occulti resterebbero impuniti; ugualmente innumerevoli tradimenti, furti, adulteri nascosti. Basterebbe all'uomo essere astuto e sapere occultare tutti i suoi peccati e delitti, come sanno fare bene i terroristi e i mafiosi.

Gesú dà l'unica risposta ragionevole al problema del dolore.

Egli rivela la legge del contrappasso che ristabilisce definitivamente la giustizia nel mondo: « Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per amore della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli » (Mt 5,3-10).

Qui c'è l'unica spiegazione al dolore. Dinnanzi a queste promesse l'animo si placa e cessa di chiedere: « Perché? »; soprattutto perché il Cristo è stato il primo a venire perseguitato, a piangere, a soffrire.

Dinnanzi a tutti questi insegnamenti e a tutte queste affermazioni di Gesú gli atei del secolo scorso, per negare la divinità di Gesú, intelligentemente ricorsero alla teoria che tali insegnamenti furono il frutto di una elaborazione di una scuola ascetica maturata in 30o anni, perché non si può ammettere che le abbia realmente dette Gesú e che Gesú non sia Dio; ma gli studi di questo secolo hanno definitivamente provato che i Vangeli sono stati scritti nel I secolo (vedi il nostro libro Certezze su Gesú).

 

3. Gesú prova la sua divinità

Le masse popolari non fanno speculazioni, ma sono istintive. Gesú ad esse non fa tanti ragionamenti, ma fornisce subito le prove della sua divinità: e le prove sono le opere che può fare solo Dio, cioè i miracoli: dà la vista ai ciechi, guarisce i lebbrosi, risuscita i morti. E la sua intenzione di voler provare con i miracoli la sua divinità la manifesta esplicitamente nella guarigione del paralitico di Cafarnao: « Portarono a Gesú un paralitico disteso in un letto. Gesú, vista la loro fede, disse al paralitico: "Confida, figliuolo, ti sono perdonati i tuoi peccati". Alcuni scribi pensarono dentro di sé: "Costui bestemmia". Ma Gesú, conosciuti i loro pensieri, disse: "Perché pensate male nei vostri cuori? Che cosa è piú facile dire? Ti sono rimessi i tuoi peccati, oppure: alzati e cammina? Ora affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di rimettere i peccati sulla terra:'Alzati, disse al paralitico, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua'. Egli si alzò e se ne andò a casa sua" ». (Mt 9,2-7).

 

4. È impossibile che un uomo saggio dica le cose che ha detto Gesú

« Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).

« Io sono la via, la verità, la vita » (Gv 14,6).

« Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui » (Gv 14,23).

« lo sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me, viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi li raccolgono e li gettano nel fuoco e li bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà dato » (Gv 15,5-7).

« Io sono la porta; se uro entra attraverso me sarà salvo » (Gv 1o,9). « Nessuno va al Padre, se non per mezzo mio » (Gv 14,6).

« Prima che Abramo fosse, io sono » (Gv 8,58).

« Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà. Chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno » (Gv 11,25).

« Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò » (Mt 11,28).

« Chi ama il padre o la madre, il marito o la moglie o i figli piú di me, non è degno di me » (Mt 10,37).

« I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno » (Mt 24,35)

Gesú sfida le folle e tutti i suoi nemici a trovare in lui il minimo peccato: « Chi di voi mi potrà accusare di peccato? » (Gv 8,46); ma nessuno rispose.

A Filippo che gli chiede di mostrargli il Padre, Gesú risponde: « Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi vede me, vede il Padre. Come puoi dire: "Mostraci il Padre?" Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è in me compie le opere. Credetemi: io sono nel Padre, e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà piú grandi. Qualunque cosa chiederete nel mio nome, io la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio » (Gv 14,8-13).

Come si vede, con ogni frase Gesú proclama e prova la sua divinità. In tutta la vita Gesú si comporta coerentemente da Dio: si proclama padrone del sabato (Mt 12,8); rimette i peccati (Mt 9,2); fa i miracoli a nome suo; sfida, ma invano i suoi nemici a trovare in lui un qualsiasi peccato (Gv 8,46); dice parole inaudite: « Chi mi confesserà dinanzi agli uomini, anch'io lo confesserò dinanzi al Padre mio; chi si vergognerà di me dinanzi agli uomini, anche io mi vergognerò di lui dinanzi al Padre mio » (Lc 9,26).

Ma già, fin dall'inizio della sua vita pubblica, mentre veniva battezzato, il Padre lo chiama suo Figlio: « Tu sei il mio Figlio diletto; in te mi sono pienamente compiaciuto » (Mc 1,11). Dinnanzi agli stessi nemici, col pericolo di farsi ammazzare Gesú disse: « Prima che Abramo fosse, io sono ». Allora i giudei cercarono di lapidarlo (Gv 8,58). E un'altra volta disse loro: « Io e il Padre siamo una cosa sola ». Allora i giudei diedero piglio alle pietre per lapidarlo. Ma Gesú disse loro: « Molte opere buone ho fatto; per quale di queste opere mi volete lapidare? » Gli risposero i giudei: « Non ti lapidiamo per nessuna opera buona, ma per una bestemmia, perché tu che sei uomo, ti fai Dio » (Gv 10,30). Nonostante queste continue minacce, Gesú solennemente si proclama il Giudice dei vivi e dei morti (Mt 25).

Infine egli viene arrestato e condannato a morte precisamente perché insiste a proclamarsi Dio. Caifa, infatti, avutolo fra le mani, gli disse: « Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio ». Gesú gli rispose: «Tu l'hai detto; anzi io vi dico: d'ora in avanti vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra dell'Onnipotente, e venire sulle nubi del cielo ». Allora il sommo sacerdote disse: « Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo di testimoni? »... Quelli risposero: « È reo di morte! » (Mt 26,63).

ILDEBRANDO A. SANTANGELO