MARIA TIEN WEI, JUNAN, CINA 1929-1930
Quattordici demoni a turno assaltano Maria Tien 15 luglio-5 agosto 1930
Padre Heier, ottenuta la liberazione di Maria Tien, pensò bene di allontanarla per qualche tempo dal suo ambiente e di mandarla nella stazione missionaria di Chumatien, distante una trentina di chilometri da Junan, dove i suoi confratelli avrebbero dato alla donna l’assistenza necessaria. Là Maria Tien si sarebbe riposata dagli strapazzi e dalle prove subite e avrebbe completato la sua istruzione religiosa che a Junan non aveva potuto svolgersi regolarmente, interrotta spesso dalle vicende che conosciamo. Superiore della missione di Chumatien era padre Wittwer, amico di padre Heier. Maria fu affidata alle suore Oblate della Sacra Famiglia.
Comincia così per la povera indemoniata la seconda fase delle sue sofferenze che doveva essere peggiore e più dolorosa della prima, e nella quale doveva rifulgere ancor più che nella prima fase l’assistenza e la potenza di Maria. Sorvolando molti particolari di secondaria importanza, riferiremo soltanto gli aspetti più significativi della vicenda, sufficienti a farci comprendere da una parte la malizia e la falsità del demonio, dall’altra il potere del sacerdote, e specialmente di Maria Santissima, contro di lui.
Maria Tien arrivò a Chumatien ai primi di luglio dei 1930. Per circa due settimane il suo stato si presentò normale, ma poi, una prima e una seconda volta, fu presa da crisi fortissime coi soliti fenomeni e le solite manifestazioni delle altre volte, tutte e due le volte liberata con l’esorcismo di padre Wittwer.
Il 15 luglio, mentre stava in chiesa, improvvisamente si mise a gridare che vedeva il diavolo:
— Non lo vedete là? E in piedi accanto alla porta. E lui che mi ha rovinata.
Nessuno Io vedeva. Essa lo descrisse come lo vedeva: due corna, coda e una faccia orribile. Poco dopo la donna tornò in sé.
Il 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, seguì un totale cambiamento nel corso di questa dolorosa vicenda in quanto la Vergine — a confessione del demonio stesso — prendeva sotto la sua protezione l’ossessa. Il che si avverò in pieno. C’era nella cappella delle suore, a destra dell’altar maggiore, un bel quadro della Madonna del perpetuo soccorso, particolarmente venerata nei paesi di lingua tedesca. Il diavolo di turno — ve ne saranno successivamente quattordici come diremo subito — cominciò subito un dialogo col quadro, e disse più volte che «Essa», cioè la Madonna, che non volle mai chiamare per nome, avrebbe preso sotto la sua protezione la «bimba», cioè Maria Tien, e che egli, il diavolo, non avrebbe potuto fare più nulla senza il suo permesso. Era obbligato, suo malgrado, a obbedirla in tutto.
Negli esorcismi di Jenfu il demonio era stato più volte interrogato — come prescrive il rituale — sul suo nome, ma il demonio non aveva mai voluto dirlo:
— Non ho nessun nome —, aveva risposto a padre Heier il 17 maggio. Ma per il comando ricevuto da «Essa» questa volta lo spirito fu obbligato a manifestarsi. Il suo nome era, in cinese, Chang-Ping, il nome di un ladrone e assassino ucciso anni prima nelle vicinanze di Junan: Egli disse ancora che tra poco se ne sarebbe andato per ordine di «Essa», ma che dopo di lui altri tredici demoni sarebbero venuti nel corpo di Maria Tien, più forti e più terribili di lui, i quali tutti, a loro volta, sarebbero stati debellati e ricacciati nell’inferno da «Essa».
Già all’inizio della crisi erano apparsi nel corpo di Maria Tien, specialmente sulla scapola, bubboni e bernoccoli di ignota origine. Non era la prima volta che il fatto avveniva. Ditale fenomeno parla anche il rituale romano e lo ritiene come segno della presenza diabolica. Questi bernoccoli erano instabili, si spostavano continuamente da una parte all’altra. Le suore vi piantavano un lungo ago e così riuscivano a fermarli nello stesso posto. Il demonio, obbligato a confessare il potere di Maria Santissima su di lui, disse che se ne sarebbe andato definitivamente se fossero stati tolti gli aghi piantati nei bubboni. Il che fu fatto e Maria Tien si sentì immediatamente libera. Il diavolo era sparito.
Sì, il diavolo era finalmente sparito, questo era il punto. Le brave suore che avevano tanto pregato, nella loro semplicità non ne fecero nessun problema, la Madonna era intervenuta e la donna era stata liberata. Tutto lì, senza andare a cercare altre ragioni e altri perché.
Ma per padre Wittwer non era così. Da buon teologo egli si domandava come mai la Madonna si servisse di un diavolo per far conoscere i suoi messaggi. Era mai possibile? Era mai successa prima una cosa del genere? Non poteva essere. Questo era un nuovo e più pericoloso trucco del demonio. Il buon padre non riusciva a trovare una risposta a queste domande, e ciò sarà causa — come vedremo — del prolungarsi della vicenda.
I diavoli che dovevano presentarsi erano in tutto quattordici, come aveva detto Chang-Ping.
Il secondo apparve dieci giorni più tardi, il 20 luglio, e il suo nome era — come egli stesso dichiarò — Sah-Wang di Lucifero, cioè «bugiardo e falso Lucifero», cioè — diciamo noi — il vero Lucifero, capo di tutti i diavoli, che era stato cacciato dal paradiso. Anch’egli, come il suo predecessore, fu tenuto a bada dalla Madonna del perpetuo soccorso, col quadro della quale tenne un lungo discorso: — Dubbio? E chi è che dubita?
Era il Shenf, il padre, che dubitava, che non credeva al «miracolo», ossia che la Madonna avesse preso sotto di sè la cosa e che avesse fatto sapere la sua volontà per bocca del primo diavolo. No, soggiungeva Lucifero, tutti dovevano credere. I quattordici diavoli sarebbero stati tutti cacciati dal corpo dell’ossessa per l’intervento diretto della Vergine Maria. Lucifero stesso, poco dopo, per l’ordine venuto dal quadro, se ne andò. Maria Tien fece un lungo sbadiglio e il diavolo era via.
Di questi quattordici spiriti solo quattro erano demoni veri, gli altri dieci erano anime di dannati, quasi tutti giovani dai 20 ai 30 anni, ladri, grassatori, assassini, che dopo una vita di delitti avevano trovato tutti una morte violenta
— parecchi di essi erano stati impiccati o decapitati — e poi l’eterna condanna nell’inferno. Tra essi una sola donna, il settimo demonio apparso il i agosto, della famiglia Fu di Junan, chiamata dai demoni «la grande figlia», che non volle dire mai il suo nome né le ultime vicende della sua vita.
Il terzo diavolo apparve il 30 luglio. Si chiamava LiDacheng. Era stato un grande imbroglione e aveva danneggiato parecchie persone. Finì con la raccomandazione, strana sulla sua bocca:
— Se voi farete come ho fatto io, anche voi verrete all’inferno con me.
Dicendo la parola inferno era tutto agitato. Uno sbadiglio e Maria era nuovamente libera, ma solo per pochi minuti, perché il quarto diavolo era già lì che aspettava: un diavolo, si direbbe, allegro e burlone, il quale sembrava avesse il compito di disturbare le suore e la comunità e di impedire che attendessero alla preghiera e al lavoro. Nonostante la gravità e la serietà del momento, tutti furono presi da una gran voglia di ridere alle uscite e alle nuove stramberie del diavoletto. Interrogato quanti fossero i dannati rispose:
— Arrivano laggiù uno dopo l’altro con tale velocità che non si possono neppure distinguere tra loro133.
Fu il primo a confermare che era la Madonna a obbligare lui e gli altri suoi compagni a dire queste cose.
Il quinto demonio si presentò come Lui-Godra, famoso ladrone della zona finito sul capestro e decapitato. Parlando col quadro nominava solo «Maria». Padre Wittwer gli osservò che Maria aveva anche dei titoli: o nominarla con tutti i titoli dovuti o tacere del tutto! Da allora in poi Lui-Godra disse sempre «la Santa Vergine Maria» e così anche gli altri demoni venuti dopo di lui.
Il sesto demonio, chiamato anche lui, come il secondo, Sah-Wohngdi, cioè falso e bugiardo, fece di sé un autoritratto: egli aveva due corna, una grossa coda, quattro ali, grossi occhi e una grande bocca. Motivo della sua condanna all’inferno — disse — era la sua superbia, e disse questa parola in tono particolarmente drammatico.
Il settimo demonio fu, come si è detto, di sesso femminile, «la grande figlia».
L’ottavo si chiamava Wang-Mao, già membro di una banda di assassini, che era stato fucilato anni prima, a 28 anni, dal suo capobanda. Anche lui trattenne per due ore la comunità con stupidaggini e spassi ridicoli. Portato in cappella si chetò alquanto. Prima di andarsene annunziò il suo successore: — Ha quattro corna, due davanti e due dietro la testa, una grossa coda (la indicò con la mano) simile a quella di un canguro e due denti canini sporgenti dalla bocca.
La presenza del nono demonio durò tre ore e fu molto drammatica.
Prima di partire disse:
— Ora devo andarmene all’inferno e non potrò mai più far vedere la mia faccia. Non voglio! non voglio! Ma sono obbligato. La Santa Madre Maria dice che se non avesse il potere di ricacciarmi nell’inferno non sarebbe più la santa Madre Maria.
Che cosa farà nell’inferno? gli fu chiesto. Ed egli gemendo profondamente disse che da allora in poi mangerà scorpioni, serpenti, millepiedi e berrà zolfo e ferro liquefatto. Alla fine disse il suo nome: satana; obbligato ora a tornare all’inferno:
— Venite qua, fatevi avanti anche voi — concluse con voce rauca e piena di rantoli — e vedete come la santa Vergine Maria caccia satana nell’inferno in punizione della sua superbia.
Padre Wittwer dice che non potrà mai dimenticare l’impressione provata a quella scena.
Il decimo demonio, Zu-Kauchang, un ladrone di strada e assassino che era stato fatto a pezzi dagli abitanti infuriati di un villaggio era uno dei più chiassosi e allegri, ma alla fine, coi soliti gemiti e sospiri dovette anche lui andarsene e tornare donde era venuto. Maria Tien, rinvenuta per qualche tempo, si era risvegliata libera.
Essa era appena tornata in convento con le suore quando annunciò la sua presenza l’undicesimo diavolo di nome Li-Guefang, prima ladrone, poi graduato nell’esercito con molti soldati sotto di sé, infine, dopo che la sua divisione era stata dispersa in uno scontro, di nuovo predone di strada, finché fu preso e massacrato dalla popolazione inferocita. Aveva 32 anni. Anch’egli prendeva un gusto matto a far ridere e a far dispetti. Arrivò perfino a tirare il rocchetto e la stola del padre e a metterlo in ridicolo davanti a tutti. Il padre prese allora un’altra stola e legò le mani dell’ossessa, cioè del demonio, che non si potè più muovere come se fosse sotto catene di ferro con suo grande disappunto e rabbia. Lo si liberasse da quei legami — disse — e allora avrebbe lasciata libera anche la sua vittima. Il padre fece tacere lui e l’assemblea delle suore. Il diavolo ricominciò con le sue boccacce e i suoi scherzi e non era facile impedire che nella sala scoppiasse di tanto in tanto qualche risata. Il diavolo sapeva imitare alla perfezione il tossire e lo starnutire e contraffaceva anche nel modo più buffo le parole e i gesti del padre, tanto che il padre, indispettito, se ne andò dalla stanza. Il diavolo allora si rivolse alle suore:
— Vedete, vorrei andarmene, ma sono legato (con la stola). Come posso andarmene se sono legato? Fu avvertito il padre che tardò a venire. Una suora cominciò a dar segni di impazienza per questo ritardo. Il demonio disse, non certo di spontanea volontà ma per ordine di Maria:
— Non dovete perdere la pazienza. Aspettate che arrivi il Shenfu. Egli vi ha ordinato di tacere e dovete obbedire. La vostra obbedienza sarà premiata. Aspettate che venga lo Shenfu e io dovrò dirgli qualche cosa. Egli non ha creduto alle parole di Chang-Ping (il primo diavolo). Se ci avesse creduto vi sarebbero stati risparmiati tutti questi fastidi e non sarebbe venuto nessun altro diavolo. Poi disse ancora un’altra cosa molto importante:
— Dovete sapere che queste parole che sentite dalla bocca di Maria Tien non sono di Maria Tien. Sono parole del diavolo. Può il diavolo parlare? Sì, perché gli è stato dato il permesso di parlare con la bocca di Maria Tien. Ma sappiate anche che il diavolo non avrebbe mai detto questo di sua iniziativa se non fosse stato costretto a farlo dalla santa Vergine.
Prima di uscire dal corpo dell’ossessa assicurò che altri tre diavoli in quel tempo stavano vagando per la missione in attesa di entrare nel corpo di Maria Tien. E tutto questo a causa dell’incredulità dello Shenfu, per avergli egli legate le mani e per avergli impedito di toccano. Le ultime parole furono:
— Venite a vedere come la santa Madre Maria castiga LiGiu-Fang e lo ricaccia nell’inferno. L’ossessa svenne e poco dopo si svegliò libera e in perfetta normalità.
Restavano dunque ancora tre demoni. I primi due, furfanti di tre cotte, erano morti di morte violenta a causa dei loro misfatti. Il secondo di essi, di nome Wang, prima di andarsene aveva detto:
— Domani arriva l’ultimo, il più cattivo, il più terribile, il più crudele e selvaggio di tutta la nostra compagnia. Egli ha le ali, corna e coda.
L’indomani, 5 agosto, era la festa della Madonna della neve, una giornata mariana non senza significato, che doveva restare memorabile nella storia della missione. L’assalto diabolico avvenne nella cappella poco dopo la celebrazione della Messa. Tutta la comunità era presente.
L’indemoniata fu subito portata nella sala accanto. Urlava, gesticolava, dava in sghignazzi osceni e scomposti. Il suo viso era diventato irriconoscibile, orribile. Arrivato padre Heier, che era stato richiamato da Junan, gli si mise di fronte contraffacendo e imitando le sue parole e i suoi gesti. Il padre cambiò continuamente posto, ma non c’era verso di farla smettere. Finalmente pensò di fare un bel segno di croce e subito la scena cambiò. La faccia di Maria Tien si trasformò in una smorfia orribile e il padre da allora fu lasciato in pace.
Poco dopo l’ossessa domandò da bere. Le fu presentato un bicchiere d’acqua benedetta. Trangugiò un sorso che rimase in gola senza poterlo trangugiare e senza poterlo sputare. Solo dopo averne chiesto e ottenuto licenza dal sacerdote poté sputar fuori l’acqua.
Alcuni ragazzi della scuola, curiosi come tutti i ragazzi del mondo, si erano arrampicati sulla finestra per vedere quello che capitava nella sala. Due di essi non erano ancora battezzati. Il diavolo si gettò come una bestia su quei due e stava già per saltare dalla finestra, ma lo trattennero in tempo. Anche in altri casi i demoni sapevano distinguere i battezzati dai non battezzati, e mentre dimostravano interesse e simpatia a questi ultimi, difficilmente si azzardavano ad assalire o a far del male ai primi: chiara prova dell’efficacia del battesimo per tener lontano il demonio.
Padre Wittwer comincio l’esorcismo. Domandò al demonio se conosceva i nomi coi quali la chiesa definiva i suoi simili. No, non li conosceva. E allora il padre prese il rituale e glieli lesse: «Persecutore degli innocenti, nemico di ogni virtù, autore e maestro di eresia e di empietà, seduttore, inventore di ogni opera sacrilega e di tutte le azioni più sporche e più oscene».
Il diavolo si turava le orecchie per non sentire. Poi disse:
— Ma che orecchie son queste? Le chiudo e sento tutto lo stesso. Fu letto il vangelo che parlava dell’indemoniato liberato dagli apostoli. L’esorcista domandò:
— Sai che la chiesa ha il potere di cacciare i demoni?
Nessuna risposta. La domanda fu ripetuta e il diavolo fu costretto a rispondere:
— Sì lo so, la chiesa ha questo potere.
Di colpo si mise a piangere e a lamentarsi perché il tempo di andarsene si faceva sempre più vicino. Di sua iniziativa tornò nella cappella. Il quadro della Madonna del perpetuo soccorso gli fu subito messo davanti agli occhi e sembrò che una scossa elettrica lo avesse colpito. Interrogato del suo nome, come prescrive il rituale, dapprima disse che non aveva nome, ma l’esorcista non mollò:
— Domanda ora alla santa Madre che cosa essa dice di te.
Il demonio gettò gli occhi di traverso sul quadro e balbettò:
— Sa.. .tana, Lucifero. Essa dice: Satana Lucifero.
Tutti i presenti capirono la risposta. Nella lingua cinese i due nomi sono uguali a quelli della lingua latina.
Era dunque un demonio vero, anzi il capo di tutto l’inferno, che però in quel momento non agiva come capo ma obbediva a un comando di un potere superiore a lui, la Vergine Maria.
Detto il suo nome, Satana-Lucifero, ormai rassegnato alla sua sorte, aggiunse:
— Io sono l’ultimo dei quattordici. Per più di quattro anni noi abbiamo dominato e fatto quello che abbiamo voluto del corpo di Maria Tien. Dovunque andava noi eravamo al suo fianco. Fin da principio abbiamo fatto di tutto per avere la sua anima, ma abbiamo perduto la partita. Io sono l’ultimo dei quattordici, ora devo tornare all’inferno. Gli altri mi hanno già preceduto, tutti quattordici siamo stati ricacciati nell’inferno dalla Santa Madre Maria. Mai più ci lasceremo vedere. Ciò che desideravo avere di Maria Tien era la sua anima, ma ormai tutto è finito. Io non la potrò mai avere.
Erano le ultime battute. Maria Tien svenne e cadde come morta al suolo. Poi rinvenne, si alzò, tornò al suo solito posto e si inginocchiò davanti all’altare. Non si era accorta di nulla di ciò che era avvenuto in lei.
La Messa solenne fu cantata in onore della Madonna della neve, di cui ricorreva quel giorno la festa liturgica, e in ringraziamento della grande grazia che aveva concessa alla povera ossessa e a tutta la comunità della missione. Seguì il canto del Te Deum.
Le molte preghiere e le molte sofferenze dei padri, delle suore, dei fedeli, erano state abbondantemente esaudite e premiate.
Paolo Calliari