Maria e i Monoteliti
Maria e i Monoteliti La Chiesa ha sempre ritenuto che in Gesù Cristo vi è una sola persona in due nature: la Persona seconda della SS. ma Trinità, cioè il Verbo con la natura divina e umana. Perciò Egli è vero Dio e vero Uomo, in quanto che ha assunto il corpo umano con l'anima ragionevole. Conseguentemente vi sono in Lui anche due volontà: la volontà divina e la volontà umana. Ma la volontà umana non ha in Lui la persona umana che la esercita; bensì viene esercitata dall'unica persona Divina, cioè dal Verbo. Spieghiamo questa dottrina. La volontà è una facoltà generale della nostra natura, che non va confusa con la persona che la esercita. Il pensiero è di S. Giovanni Damasceno: «Il volere, egli dice, è cosa propria di ogni uomo, una facoltà della natura umana in generale. Ma volere questo o quello, volere in questo o in quel modo, è diverso in ogni uomo e riguarda la personalità» (De duabus volunt, c. 23). «Se per avere assunta la natura umana, dice il Card. Lèpicier, il Figlio di Dio non è andato soggetto ad alcuna diminuzione di ciò che riguarda la natura Divina, a cui è propria la volontà, alla pari assumendo la natura umana perfetta, ha pure assunto la volontà umana, che è della nostra natura perfetta, come l'intelletto. E' quindi chiaro che Gesù Cristo, con le due nature perfette, possiede anche le due volontà» (Lèpic. De Verbo Incar. P. 2. p. 55). E' verità di fede. Così fu definita nel Concilio Lateranense, sotto Martino I, e nel Concilio Costantinopolitano III: «Si quis non confitetur proprie e vere duas eiusdem et unius Christi Dei voluntates, similiter et operationes cohaerentes unitas, divinam et umanam, anathema sit» (Can. X). Contro questa verità di fede, dopo circa due secoli di tentativi con i Monofisiti, per opera di Sergio, Patriarca di Costantinopoli, nel 618, si venne ad ammettere che in Cristo vi erano sì due nature, ma una sola era l'operante, la Divina, perché, secondo Sergio, la natura umana restava inerte. Così si insegnava di riconoscere in Cristo un'unica operazione e un'unica volontà. Per questo i seguaci di questa eresia furono detti «Monoteliti». Questa dottrina, anzitutto, è contro l'insegnamento della teologia cattolica. Dice infatti S. Tommaso che «la volontà è la compagna necessaria e indispensabile della intelligenza»: Voluntas conseguitur intellectum. (Summ. P. I. q. 19. art. 1.). Diversamente l'intelligenza non potrebbe fruire di ciò che conosce. Ora avendo Gesù Cristo la nostra natura perfetta, vi ha, in Lui una volontà umana, come vi è una intelligenza umana. «Poiché è vero che il Verbo di Dio ha preso la mia natura, io vi debbo riconoscere tutte le facoltà essenziali dell'anima umana: se ne mancasse una sola, l'opera della mia rigenerazione sarebbe incompleta; perché, secondo l'energica parola di un antico avversario del monotelismo, ciò che Cristo non assunse, non fu nemmeno risanato. Di più, l'opera della mia rigenerazione sarebbe impossibile, perché essa si compie per i meriti di Cristo, e Cristo non merita che con la sua volontà umana». (In disput. cum Pyrrho). Infatti i meriti di Gesù Cristo non appartengono alla Divina natura, ma solo all'umana e propriamente alla umana volontà. La persona Divina non fa che dare il merito infinito alle azioni proprie dell'umana natura. Ciò premesso, viene spontaneo domandare: Qual parte può avere qui la SS. ma Vergine quale Madre di Dio? Non crediamo sia fuori posto tener presente che nella Incarnazione del Verbo Divino, Dio stesso non volle assumere la natura umana senza venire a trattative con la Santa Vergine. In Lei Dio poteva influire sopra il suo consenso, facendogliene una legge: poteva anche nasconderle interamente l'operazione del mistero: poteva anche formare da Lei il secondo Adamo (Gesù), come aveva fatto la donna dal primo Adamo; in questo caso la Vergine sarebbe stato strumento passivo. Ma no: Iddio volle invece assoggettare a Maria la sua stessa sovranità. Egli fece una proposta, sciolse la difficoltà che presentava Maria, e aspettò il di Lei consenso. Dato il consenso, il Verbo Divino assunse la nostra natura dal seno purissimo della SS. ma Vergine. Ed ecco Iddio che si assoggetta al consenso e alla voce di una sua creatura, per cui S. Bernardino da Siena dice: «Alla B. V. sono soggette le creature e Dio». (Sermo 1. art. 1. 4.). Parlando poi della volontà umana in Gesù Cristo, non vogliamo dire che essa abbia il diritto di comandare ai movimenti che si oppongono all'azione di tutte le leggi, cioè a far miracoli, che è proprio di Dio; ma vogliamo dire che la volontà dell'Uomo-Dio, per la ragione della Unione Ipostatica, partecipa a questo diritto in tutte le meraviglie operate da Gesù Cristo. Quando Gesù disse al cieco: «Vedi», al sordo: «Odi», allo zoppo: «Cammina», al paralitico: «Lèvati», al malato: «Guarisci», al morto: «Vieni fuori», al pane: «Moltiplicati», al mare: «Taci», al demonio: «Vattene», allora era la volontà umana che comandava unita alla volontà divina in cui risiede il potere dei miracoli. Questa forza divina, passando per la sua volontà umana, penetra nella Umanità Sacratissima di Gesù, e si fa sentire persino nel lembo delle sue vesti. Nel Vangelo abbiamo altri fatti dai quali si rileva quando Gesù abbia operato con volontà Divina e con volontà Umana. Ed è la Beatissima Madre sua che ci svela questa distinzione. Operò con volontà Divina quando Gesù disse a Maria nelle Nozze di Cana: «Quid mihi et tibi, mulier?». (Giov. 2. 4.), perché si trattava di compiere un miracolo, che conveniva a Cristo come Figlio del Padre celeste, e non come Figlio di Maria. Nelle cose invece che convenivano a Lui come Figlio di Maria, si manifestava a Lei obbediente, secondo la natura umana. Così operò con volontà umana quando la Madre sua SS. ma lo adagiò sulla paglia nel Presepio, quando si lasciava stringere tra le di Lei braccia, quando lo nutriva del proprio latte, quando lo trafugò in Egitto, quando col proprio lavoro gli confezionava i vestiti. E in molte altre cose di cui il Vangelo tace, ma non le esclude, Gesù muoveva la sua volontà umana come quando dice: «Erat subditus illis». (Luc. 1. 2.). Maria SS. ma dunque non è del tutto estranea alla questione; non perché presenti motivi di vera e stretta persuasione, ma perché dalla sua convivenza con Gesù, svela moltissimi casi in cui il suo Divin Figliuolo Gesù operava e con volontà Divina e con volontà Umana. La SS. ma Vergine quindi, per la sua Divina Maternità, di fronte all'operato del Figlio suo, può essere sempre una confutazione all'errore dei monoteliti. In fine, non possiamo trascurare quel passo del Vangelo che mette in maggiore evidenza la vera volontà umana in Cristo, il fatto cioè del Getsemani. Di fronte alla prospettiva delle sofferenze e della morte di croce, del tradimento di Giuda, dell'abbandono degli Apostoli, del deicidio e della infedeltà dei suoi connazionali, Gesù provò sentimenti di tristezza, di angoscia, ripetendo quelle parole: «Padre, se è possibile, allontana da me questo calice: però non si faccia la mia, ma la tua volontà». (Luc. 22. 42.). Come ogni altro uomo, in quella circostanza il Signore sentì tutta la ripugnanza per la sofferenza e per la morte; ma poi, alla vista della efficacia del suo Sacrificio, accettò il piano della Redenzione. Ora tra quello che si rileva da quanto attesta il Vangelo e da quanto si può desumere dalla Divina Maternità di Maria, vi è una perfetta armonia. Fissare la mente sulla Beatissima Vergine, vuol dire crescere sempre più nella cognizione di Gesù, non escluso ciò che si riferisce all'esercizio delle due volontà esistenti in Lui. Così Maria concorre, unitamente al Vangelo, a dissipare l'eresia dei monoteliti.
P. AMADIO M. TINTI