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venerdì 30 agosto 2024

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


Maria e i Monoteliti   

 

Maria e i Monoteliti La Chiesa ha sempre ritenuto che in Gesù Cristo vi è una sola persona in due nature: la Persona seconda della SS. ma Trinità, cioè il Verbo con la natura divina e umana. Perciò Egli è vero Dio e vero Uomo, in quanto che ha assunto il corpo umano con l'anima ragionevole. Conseguentemente vi sono in Lui anche due volontà: la volontà divina e la volontà umana. Ma la volontà umana non ha in Lui la persona umana che la esercita; bensì viene esercitata dall'unica persona Divina, cioè dal Verbo. Spieghiamo questa dottrina. La volontà è una facoltà generale della nostra natura, che non va confusa con la persona che la esercita. Il pensiero è di S. Giovanni Damasceno: «Il volere, egli dice, è cosa propria di ogni uomo, una facoltà della natura umana in generale. Ma volere questo o quello, volere in questo o in quel modo, è diverso in ogni uomo e riguarda la personalità» (De duabus volunt, c. 23). «Se per avere assunta la natura umana, dice il Card. Lèpicier, il Figlio di Dio non è andato soggetto ad alcuna diminuzione di ciò che riguarda la natura Divina, a cui è propria la volontà, alla pari assumendo la natura umana perfetta, ha pure assunto la volontà umana, che è della nostra natura perfetta, come l'intelletto. E' quindi chiaro che Gesù Cristo, con le due nature perfette, possiede anche le due volontà» (Lèpic. De Verbo Incar. P. 2. p. 55). E' verità di fede. Così fu definita nel Concilio Lateranense, sotto Martino I, e nel Concilio Costantinopolitano III: «Si quis non confitetur proprie e vere duas eiusdem et unius Christi Dei voluntates, similiter et operationes cohaerentes unitas, divinam et umanam, anathema sit» (Can. X). Contro questa verità di fede, dopo circa due secoli di tentativi con i Monofisiti, per opera di Sergio, Patriarca di Costantinopoli, nel 618, si venne ad ammettere che in Cristo vi erano sì due nature, ma una sola era l'operante, la Divina, perché, secondo Sergio, la natura umana restava inerte. Così si insegnava di riconoscere in Cristo un'unica operazione e un'unica volontà. Per questo i seguaci di questa eresia furono detti «Monoteliti». Questa dottrina, anzitutto, è contro l'insegnamento della teologia cattolica. Dice infatti S. Tommaso che «la volontà è la compagna necessaria e indispensabile della intelligenza»: Voluntas conseguitur intellectum. (Summ. P. I. q. 19. art. 1.). Diversamente l'intelligenza non potrebbe fruire di ciò che conosce. Ora avendo Gesù Cristo la nostra natura perfetta, vi ha, in Lui una volontà umana, come vi è una intelligenza umana. «Poiché è vero che il Verbo di Dio ha preso la mia natura, io vi debbo riconoscere tutte le facoltà essenziali dell'anima umana: se ne mancasse una sola, l'opera della mia rigenerazione sarebbe incompleta; perché, secondo l'energica parola di un antico avversario del monotelismo, ciò che Cristo non assunse, non fu nemmeno risanato. Di più, l'opera della mia rigenerazione sarebbe impossibile, perché essa si compie per i meriti di Cristo, e Cristo non merita che con la sua volontà umana». (In disput. cum Pyrrho). Infatti i meriti di Gesù Cristo non appartengono alla Divina natura, ma solo all'umana e propriamente alla umana volontà. La persona Divina non fa che dare il merito infinito alle azioni proprie dell'umana natura. Ciò premesso, viene spontaneo domandare: Qual parte può avere qui la SS. ma Vergine quale Madre di Dio? Non crediamo sia fuori posto tener presente che nella Incarnazione del Verbo Divino, Dio stesso non volle assumere la natura umana senza venire a trattative con la Santa Vergine. In Lei Dio poteva influire sopra il suo consenso, facendogliene una legge: poteva anche nasconderle interamente l'operazione del mistero: poteva anche formare da Lei il secondo Adamo (Gesù), come aveva fatto la donna dal primo Adamo; in questo caso la Vergine sarebbe stato strumento passivo. Ma no: Iddio volle invece assoggettare a Maria la sua stessa sovranità. Egli fece una proposta, sciolse la difficoltà che presentava Maria, e aspettò il di Lei consenso. Dato il consenso, il Verbo Divino assunse la nostra natura dal seno purissimo della SS. ma Vergine. Ed ecco Iddio che si assoggetta al consenso e alla voce di una sua creatura, per cui S. Bernardino da Siena dice: «Alla B. V. sono soggette le creature e Dio». (Sermo 1. art. 1. 4.). Parlando poi della volontà umana in Gesù Cristo, non vogliamo dire che essa abbia il diritto di comandare ai movimenti che si oppongono all'azione di tutte le leggi, cioè a far miracoli, che è proprio di Dio; ma vogliamo dire che la volontà dell'Uomo-Dio, per la ragione della Unione Ipostatica, partecipa a questo diritto in tutte le meraviglie operate da Gesù Cristo. Quando Gesù disse al cieco: «Vedi», al sordo: «Odi», allo zoppo: «Cammina», al paralitico: «Lèvati», al malato: «Guarisci», al morto: «Vieni fuori», al pane: «Moltiplicati», al mare: «Taci», al demonio: «Vattene», allora era la volontà umana che comandava unita alla volontà divina in cui risiede il potere dei miracoli. Questa forza divina, passando per la sua volontà umana, penetra nella Umanità Sacratissima di Gesù, e si fa sentire persino nel lembo delle sue vesti. Nel Vangelo abbiamo altri fatti dai quali si rileva quando Gesù abbia operato con volontà Divina e con volontà Umana. Ed è la Beatissima Madre sua che ci svela questa distinzione. Operò con volontà Divina quando Gesù disse a Maria nelle Nozze di Cana: «Quid mihi et tibi, mulier?». (Giov. 2. 4.), perché si trattava di compiere un miracolo, che conveniva a Cristo come Figlio del Padre celeste, e non come Figlio di Maria. Nelle cose invece che convenivano a Lui come Figlio di Maria, si manifestava a Lei obbediente, secondo la natura umana. Così operò con volontà umana quando la Madre sua SS. ma lo adagiò sulla paglia nel Presepio, quando si lasciava stringere tra le di Lei braccia, quando lo nutriva del proprio latte, quando lo trafugò in Egitto, quando col proprio lavoro gli confezionava i vestiti. E in molte altre cose di cui il Vangelo tace, ma non le esclude, Gesù muoveva la sua volontà umana come quando dice: «Erat subditus illis». (Luc. 1. 2.). Maria SS. ma dunque non è del tutto estranea alla questione; non perché presenti motivi di vera e stretta persuasione, ma perché dalla sua convivenza con Gesù, svela moltissimi casi in cui il suo Divin Figliuolo Gesù operava e con volontà Divina e con volontà Umana. La SS. ma Vergine quindi, per la sua Divina Maternità, di fronte all'operato del Figlio suo, può essere sempre una confutazione all'errore dei monoteliti. In fine, non possiamo trascurare quel passo del Vangelo che mette in maggiore evidenza la vera volontà umana in Cristo, il fatto cioè del Getsemani. Di fronte alla prospettiva delle sofferenze e della morte di croce, del tradimento di Giuda, dell'abbandono degli Apostoli, del deicidio e della infedeltà dei suoi connazionali, Gesù provò sentimenti di tristezza, di angoscia, ripetendo quelle parole: «Padre, se è possibile, allontana da me questo calice: però non si faccia la mia, ma la tua volontà». (Luc. 22. 42.). Come ogni altro uomo, in quella circostanza il Signore sentì tutta la ripugnanza per la sofferenza e per la morte; ma poi, alla vista della efficacia del suo Sacrificio, accettò il piano della Redenzione. Ora tra quello che si rileva da quanto attesta il Vangelo e da quanto si può desumere dalla Divina Maternità di Maria, vi è una perfetta armonia. Fissare la mente sulla Beatissima Vergine, vuol dire crescere sempre più nella cognizione di Gesù, non escluso ciò che si riferisce all'esercizio delle due volontà esistenti in Lui. Così Maria concorre, unitamente al Vangelo, a dissipare l'eresia dei monoteliti.

P. AMADIO M. TINTI 

venerdì 3 maggio 2024

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


Maria, difesa di Gesù 


Nel sesto secolo della Chiesa non vengono registrate eresie propriamente dette; solo si ristudiano le precedenti, tentando di dare loro, sotto aspetti diversi, una più mitigata interpretazione. La stessa condanna data alle eresie dai Concili Ecumenici, il più delle volte serviva ad alcuni per modificare le frasi ereticali, sforzandosi di conciliarle con i dogmi cattolici. Però spesso avveniva che per correggere un errore, si cadeva in altri nuovi. Questo avvenne anche con gli eutichiani, i quali si divisero in varie sette, e si diffusero un po' dappertutto nell'Oriente. 

I primi furono gli Acefali. 

Gli Acefali, così detti perché per diverso tempo rimasero senza un proprio capo, erano eutichiani spinti, e sostenevano che nel Concilio di Calcedonia, Eutiche non fu apertamente e chiaramente condannato, perché in quel Concilio diversi Padri si riservarono di esaminare più attentamente la lettera che il Papa Leone aveva scritto, e questi Padri, nonostante la loro riserva, non furono allontanati dalla assemblea. Dunque, dicevano gli Acefali, molti Padri dubitarono che la lettera del Papa potesse essere soggetta a qualche errore; quindi esigevano che venisse condannato il Concilio di Calcedonia, risultando almeno dubbia la condanna di Eutiche. 

A questa obbiezione si può rispondere che i molti Padri, i quali vollero meglio controllare la lettera del Papa Leone, non fu perché dubitassero della genuina dottrina del Sommo Pontefice, ma solo ex linguae obscuritate, cioè perché non avevano compreso bene la lingua latina, e non perché dubitassero che fosse falsa la dottrina del Papa (Pighi T. 1. p. 276). Ma gli Acefali continuarono ad insegnare che in Cristo esistessero le due nature solo prima della unione del Verbo, e dopo l'unione rimase solo la natura Divina. 

Condannata questa eresia, come si è già detto, sorsero i Corrutibili, i quali, volendo correggere l'errore, dicevano agli Acefali: Voi, siete in errore, perché Gesù Cristo fu vero uomo, ma soggetto a tutte le infermità umane, compresa la corruzione. 

Contro questi, sempre con l'intento di correggere l'errore, seguirono gli Incorruttibili, i quali affermavano che Gesù Cristo aveva una natura umana apparente, quindi era incorruttibile. Ma voi tutti, Acefali, Corruttibili e Incorruttibili siete nel falso, dissero gli Agnoeti, imperocchè si deve riconoscere in Gesù Cristo, oltre alla natura Divina, anche la natura umana identica alla nostra, fuorché nel peccato: solo si deve ritenere che avesse una scienza limitata e difettosa. Infatti, dicevano gli Agnoeti, quando gli Apostoli domandarono a Gesù quando sarebbe avvenuto il giorno del Giudizio universale, Egli non lo disse perche lo ignorava (Pighi Hist. Eccl. T. 1. p. 200). 

Seguirono altre sette, ma tutte provenivano dalle controversie Cristologiche delle precedenti eresie. 

Certo furono quelli tempi di grandi lotte e sofferenze per la Chiesa! E tutto aveva origine dal fatto di non approfondire il privilegio della Divina Maternità di Maria SS. ma. Gli eretici, disgraziatamente, si figuravano la Vergine Maria come una donna qualunque e madre ordinaria, o al più madre di un grande uomo, che aveva concepito e partorito senza saperlo, senza alcun merito personale e senza alcuna partecipazione alla grandezza del suo figlio, di cui essa, come asseriscono gli eretici, non è che una superflua rappresentazione. 

Con questi concetti, troppo umani, quale meraviglia se poi, senza un minimo di ragionamento sui caratteri singolari di questa Maternità Divina, gli eretici, di cui non pochi hanno spiccato  per la loro intelligenza, sono caduti in gravissimi errori, circa la persona del nostro Signore Gesù Cristo? E' vero, il titolo di Madre di Dio, specialmente nei primi tempi della Chiesa, poteva dare l'idea di un assurdo, ma se fosse stato esaminato spassionatamente e approfondito, come fecero i santi Padri, si sarebbe trovato che nulla vi è di più esatto per raggiungere la verità. 

Basta osservare gli annali religiosi dei popoli per trovare, nel fondo delle loro credenze, la convinzione sulla promessa fatta da Dio, che una vergine avrebbe concepito e dato alla luce un figlio.

L'empio Supuis, nella sua opera su l'origine dei culti, mentre credeva di gettare dubbi e incertezze sul cristianesimo, mostrando come tra le favole pagane e i misteri cristiani esistessero molte analogie, provò che in tutti i mistici del mondo era comune l'oracolo: «Una Vergine concepirà e partorirà»; ed il suo sistema anziché nuocere, servì ad illustrare maggiormente la verità. 

Già si sapeva da Tertulliano che il paganesimo conservava alcuni avanzi delle antiche tradizioni, e che molto era stato attinto dai libri santi, per ornare le sue favole (Apolog. c. 47). Boulanger, altro miscredente, nella sua «antichità svelata», osserva che l'aspettazione del liberatore era talmente sparsa nel mondo antico, che poteva dirsi Chimera universale, mantenuta da una moltitudine di oracoli incomprensibili: che tutti accennavano la Giudea come il polo di speranza. 

Questa aspettazione la troviamo anche noi espressa da Tacito e da Svetonio, i quali ne assegnavano la fonte antica nei libri sacerdotali degli ebrei. 

Anche le antichità galli che vennero a confermare questi documenti storici. L'origine «Druidica» della devozione a nostra Signora di Chartres, è dimostrata da una iscrizione trovata sopra un altare pagano: «Virgini Pariturae Druides». Ciò faceva dire all'Olier «che questa devozione era la prima del mondo per la sua antichità, perché è stata eretta per profezia» (Olier. T. 1. p. 69). 

Ma molto più importante è quello che i santi Padri hanno preso dalle Sacre Scritture: Simboli e figure che, se preannunciavano il Salvatore del mondo, preannunciavano pure la Divina Madre Maria, come ebbe a dire S. Pio X: «L'adempimento delle figure e degli oracoli, dopo Cristo, lo troviamo in Maria» (Encic. Ad diem illum). 

Si attenda a quello che scriveva S. Giovanni Damasceno: «Voi, o Maria, siete quel regio solio a cui gli Angeli fecero corona, scorgendovi assiso il loro Signore e Creatore. Figura Vostra fu quell'arca per cui fu salva la seconda generazione del mondo. Voi delineò il Roveto, Voi espresse la Tavola scritta dal dito di Dio, Voi preconizzò l'Arca della legge, l'aurea Urna, il Candelabro, la Mensa, la Scala di Giacobbe ecc.» (Orat. in Deip). 

Associata a tutte le sorti del Salvatore del mondo, Maria non poteva considerarsi da Lui disgiunta in alcun momento; e la Chiesa, custode e maestra della verità, ha sempre insegnato che la Divina Maternità dì Maria SS. ma è, in ogni tempo, argomento irrefutabile della vera Umanità e Divinità del suo Figliuolo Gesù; ed ogni qual volta si intaccavano queste verità, la Chiesa adunava Concili, fulminava anatemi, censurava Vescovi, non risparmiava chi era investito delle più alte dignità, li scomunicava e li deponeva. Questo non già perché la Maternità Divina di Maria fosse una credenza nuova, ma perché faceva parte di quella fede di cui la Chiesa è la vera ed unica depositaria. 

La Madre di Dio è e sarà sempre la sentinella posta a difesa del suo Divin figliuolo e nostro Signore Gesù Cristo. 

Tertulliano diceva: «Il raggio di Dio, Figlio dell'eternità si è spiccato egli stesso dalle celesti altezze, come era stato predetto: infine egli è disceso, si è posto sopra una fronte verginale, ed il Verbo si è fatto carne, e il gran mistero del genere umano si è adempiuto: Noi adoriamo un Uomo-Dio» (Tert. De Resur. n. 7). 

Ma chi ci convince a questa adorazione? Maria, la Madre di Gesù! 

E' sempre Lei che ci presenta il suo Figlio vero Dio e vero Uomo. 

In qualunque momento si consideri la Vergine Santa, o con Gesù nel seno, o con Gesù Bambino tra le braccia, o ai piedi della Croce, Maria ne proclama sempre la Divinità e l'Umanità. 

 Per Mariam ad Jesum!

P. AMADIO M. TINTI 

giovedì 24 agosto 2023

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


Maria e gli Eutichiani   

  

   Stante l'universale e ferma credenza dei fedeli nella Divina Maternità di Maria SS. ma, non  reca meraviglia che in tutto il mondo, cattolico si levasse un grido di santa indignazione  quando Nestorio, con la sua lingua rigonfia di veleno, osò lanciare la immonda sua bava  contro la Beatissima sempre Vergine Maria, tentando di strapparLe dall'augusta fronte il  glorioso diadema di Madre di Dio. 

Ma, purtroppo, anche dopo la condanna del Concilio di Efeso, Nestorio non cessò di  diffondere la sua eresia. E i santi Padri, da parte loro, non cessarono mai dal combattere la  perversa dottrina. 

Se non che, tra coloro stessi che combattevano Nestorio, vi fu anche chi cadde in nuove  eresie. Tra questi, in modo speciale, va ricordato un certo monaco di nome Eutiche. 

Eutiche nacque a Costantinopoli nel 378. Ancora giovane di età, abbracciò la vita Religiosa in  un Monastero situato nei dintorni della città natale. Ebbe come maestro un certo Massimo,  acerrimo avversario del nestorianismo, e seppe infondere nel discepolo l'odio contro l'eresia.  Divenuto Sacerdote ed eletto Superiore del suo Monastero, Eutiche si gettò a capofitto nelle  controversie dottrinali del tempo, mentre la prudenza avrebbe dovuto suggerirgli il silenzio,  data la sua scarsa conoscenza teologica. Comunque, al tempo del Concilio di Efeso, dove  Nestorio venne condannato, si unì ai Monaci della capitale e guidato dall'abate Dalmazio,  appoggiò S. Cirillo di Alessandria. 

Morto Dalmazio, Eutiche divenne una delle più nobili figure del Monachismo. Il suo prestigio  si accrebbe ancor più quando salì al potere, come ministro dell'imperatore, un certo Crisafio,  che egli aveva tenuto al Battesimo. 

Però questo stroncatore di eretici, non era un ortodosso puro...!  

Eutiche infatti finì per iscrivere tra i nestoriani tutti coloro che professavano due nature in  Gesù Cristo, dopo l'unione. 

All'opposto di Nestorio, Eutiche insegnava che in Cristo esistevano sì due nature complete,  ma solo prima della unione della umanità con la divinità. Dopo il mirabile connubio, non  rimase che la natura Divina. L'umanità di Cristo non sarebbe quindi stata della stessa natura  degli altri uomini, e Maria fu solo veicolo, non generatrice del Corpo del Signore (Enciclp.  Catt.). 

Chi intuì la nuova eresia, fu Eusebio, Vescovo di Dorilea (in Frigia), già amico di Eutiche.  Provò il buon Vescovo di richiamare l'amico a migliori consigli, ma Eutiche si mostrò sempre  irremovibile: e fu allora che Eusebio si decise di denunciarlo alla Chiesa. 

In un Concilio, raccolto in Costantinopoli, di 32 Vescovi, Eutiche fu invitato dai Padri a  giustificarsi; ma per sei giorni non comparve, allegando pretesti di età e di salute. Finalmente  si presentò e, dietro richiesta, fece aperta dichiarazione della sua dottrina: «Credo in Cristo  due nature prima dell'Incarnazione; una sola dopo l'Incarnazione». Duplice bestemmia: una  col dire che Cristo esistette anche prima della Incarnazione del Verbo, come semplice uomo,  e con questo è negata la Divina Maternità di Maria; l'altra nel dire che dopo l'Incarnazione, in  Cristo non esiste la natura umana, e con questo si viene a negare la redenzione del mondo. 

I Vescovi presenti, con tutta la paternità e dolcezza, cercarono di persuadere Eutiche,  presentandogli e spiegandogli la dottrina cattolica, ma Eutiche, irremovibile, si rifiutò di  accettarla. Fu allora che i Padri del Concilio lo scomunicarono, lo deposero dal Sacerdozio e  dalla carica di Superiore del suo Monastero (Mauri Lez. St. ecc, P. 1. p. 219). 

Nel 449, con mille intrighi, l'eresiarca riuscì a farsi riabilitare presso l'Imperatore con  l'appoggio di Crisafio, ma fu un successo di breve durata. Nel 451, nel Concilio di Calcedonia,  mentre i suoi scritti furono gettati nel fuoco e Crisafio condannato a morte, Eutiche fu  nuovamente condannato e cacciato dal suo Monastero (Enciclp. Catt.). 

Anche in questa eresia, è la Beatissima Vergine Maria che viene intaccata nella sua Divina  Maternità; ma sarà proprio Essa che interverrà ancora una volta a sgominare l'eresia e a far  risaltare la verità. 

La condanna di Eutiche, fu il trionfo di Maria Vergine, e, per Lei, la Chiesa diffuse  maggiormente le glorie della Madre di Dio, che si mostrò, come sempre, distruggitrice  dell'errore e difesa della verità. 

Ecco infatti i santi Padri che, esprimendo il pensiero della Chiesa, con i loro scritti diffondono  gl'insegnamenti della fede. 

Fra i tanti, citiamo Tertulliano, figura di primo piano fra i rappresentanti del pensiero cristiano  latino nei primi secoli. Quando parla di Gesù Cristo che ha preso la nostra carne da Maria,  così si esprime: «Dio volle strappare dagli artigli infernali l'immagine sua e la sua somiglianza  impressa nella natura umana... Eva, cacciata dal Paradiso, fra i dolori generò un figlio  fratricida: Maria Vergine, per contrario, diede alla luce Colui che, con la sua morte, avrebbe  un giorno salvato Israele, suo fratello e suo uccisore» (De carn. Chr. 17.32). 

Ma come avrebbe potuto Tertulliano chiamare Israele fratello di Gesù Cristo, senza  ammettere in Cristo la natura umana? Se l'uomo doveva riparare l'offesa fatta a Dio, come  avrebbe potuto Gesù Cristo salvare Israele, cioè l'umanità intera, se non era un vero uomo?  Non diversamente si esprime S. Anselmo Cantuariense: «Si ammiri quell'Unigenito Figliuolo  consustanziale di Dio Padre, coeterno, Coonnipotente, di sua sostanza! Ora questi, come  unico a sé, non volle il Divin Genitore che rimanesse unicamente suo; ma volle che quel  medesimo divenisse, con tutta verità, Unigenito e Figlio naturale della Vergine: non nel senso  che fossero due, uno Figlio di Dio e l'altro Figlio di Maria; ma quello stesso che è Figlio di Dio  Padre, fosse pure Figlio di Maria, e quegli che è Figlio di Maria, sia Figlio di Dio» (De excell.  B. V. c. 3). 

Non meno bello e chiaro è il commento che S. Ambrogio fa sulle parole del Profeta Isaia  «Flos de radice eius ascendet». (c. 2.1). Dice il Santo Dottore che «Maria è la radice e Gesù  il fiore». Giustamente si chiama Maria Radice da cui venne Gesù Cristo, che tolse il fetore  delle mondane brutture ed infuse un profumo di vita eterna. E con la figura del fiore che,  attraverso lo stelo, è unito alla radice, S. Ambrogio vuole farci conoscere l'intima unione che  esiste tra il Cristo e la Vergine sua Madre. La Beatissima Maria produce il fiore bellissimo dei  campi, e questo moltiplica sulla terra rose e gigli. 

Cosa poteva dirsi di più per esprimere che in un solo e medesimo decreto si dichiari l'unione  della Vergine con Cristo nella grande opera della santificazione del mondo? 

«A questa grande opera, dice il celebre Abate di Preneste, era necessaria la radice di Iesse,  dalla quale doveva nascere quel frutto che, gustato, non recasse la morte, ma ridonasse la  vita» (In Deip. Ann.). 

A queste affermazioni, si potrebbero aggiungere i detti di altri Padri e Dottori Ecclesiastici, dei  quali si è parlato confutando le precedenti eresie. Tutti sono concordi nell'esporre la dottrina  della Chiesa, e cioè che dalla Maternità Divina della Vergine Maria scaturisce la verità:  «Cristo è vero Dio e vero Uomo»! 

Ora se noi troviamo che i Padri presentano Maria SS. ma come opera coordinata ab aeterno  al Divin Salvatore, e, come Lui, così la Vergine uscita dalle mani di Dio per la riparazione e  salute del genere umano, ben si comprende perché la Chiesa Cattolica sia tanto propensa ad  onorare ed esaltare Maria, e come dopo Gesù, riporre in Lei ogni sua speranza. 

Su l'esempio della Chiesa, cerchiamo anche noi di onorare ed ossequiare la Madre di Dio  quanto più possiamo, ed in ogni nostra necessità, ricorriamo a Lei e riponiamo nel suo Cuore  materno la nostra fiducia. 

     Indubbiamente dobbiamo compassionare Eutiche, che fu più ignorante che colpevole.  Ebbe il gravissimo torto di volersi occupare di teologia, nonostante la sua impreparazione; e  giustamente S. Leone Papa disse di lui: «Fuit multum imprudens et nimis imperitus» (Epis.  28). 

P. AMADIO M. TINTI 


mercoledì 4 gennaio 2023

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


Maria e i Nestoriani 

   Fino al secolo quinto tutte le eresie si erano concentrate a negare chi l'umanità e chi la  Divinità di Gesù Cristo; solo indirettamente si colpiva la Maternità di Maria SS. ma. Ed i Padri  si erano serviti del dogma della Maternità Divina per combattere gli errori precedenti,  dimostrando, attraverso la Maternità di Maria, che Gesù Cristo è vero Dio e vero Uomo.  Quindi la Maternità della Madonna aveva servito di contraccolpo alle eresie. 

La fede nella Beatissima Vergine Maria, quale Madre di Dio, era giunta nel suo pieno  splendore, allorché sorse un nemico ad assalirla. 

Questo nemico fu Nestorio, nato ad Efeso verso la fine del secolo quarto, passò ad Antiochia  per studiare la dottrina Cristologica. 

Scelto da Teodosio II a successore di Sisinnio nel Patriarcato di Costantinopoli, ne prese  possesso il 10 Aprile 428. Si distinse per lo zelo contro gli eretici, e indusse l'imperatore ad  emanare un decreto contro di essi. Era di ingegno mediocre, ostinato e caparbio, duro e  violento contro i suoi avversari. (Encicl. Catt.). 

Ma ciò che interessa a noi in questo momento è la sua dottrina Mariana. Nestorio negava la  Divina Maternità di Maria. Secondo lui, Cristo è un uomo come noi, e la sua natura umana ha  la sua specifica personalità. Però nell'uomo Cristo, vi è il Figlio di Dio, ma vi abita solo come  in un tempio. Quindi Cristo e il Verbo sono due persone distinte, e per la loro unione  puramente accidentale non può attribuirsi l'operazione della persona umana alla persona  divina e viceversa, Da ciò ne deriva che Maria non può essere Madre di Dio, ma  semplicemente Madre del Cristo. Di conseguenza, secondo Nestorio, solo il Cristo è  Redentore e Vittima, non il Figlio di Dio, che è in Lui, perché, essendo Dio, in nessun modo  può essere Vittima (Pighi V. 1). 

In questa dottrina sembra proprio di vedere il serpente infernale che, reso impotente nella  battaglia contro l'Uomo-Dio, si rivolge a mordere il calcagno di Maria Madre di Dio: ma  invano! 

L'espressione: «Madre di Dio», o Deipara o «Theotocos» era già da tempo diffusa nella  Chiesa. Lo attestano le pitture trovate nelle Catacombe e negli scritti dei santi Padri. La  stessa città di Costantinopoli, sede Patriarcale di Nestorio, era chiamata «Città di Maria», per  la solenne dedica che ne aveva fatto Costantino per esaltare la Madre del Salvatore. Tuttavia  davanti agl'insegnamenti di Nestorio, i fedeli, quasi disorientati, si domandavano: ma questo  nome di Madre di Dio, si deve dare alla SS. ma Vergine o glielo si deve rifiutare? Nestorio  insistentemente rispondeva che non le si doveva dare, perché, aggiungeva, Maria è  solamente Madre del Cristo-Uomo, e quindi la si deve chiamare Madre del Cristo.   

Si giunse alla festa della Annunciazione di Maria SS. ma del 429. Nestorio invitò il Vescovo  Proclo, suo suffraganeo, a parlare al popolo della Beatissima Vergine Maria. Proclo,  consapevole della dottrina di Nestorio, accettò l'invito con l'intenzione di smascherare l'eresia  del Patriarca. 

Nella bella esaltazione che Proclo fece della Beatissima Vergine, uscì in queste espressioni:  «Dire che Gesù Cristo è un puro uomo, è essere ebreo; dire che egli è solo Dio e non uomo  insieme, è essere manicheo; insegnare che Cristo ed il Verbo Divino sono due persone, è  essere separati da Dio» (Lab. Concil. Ephes. p. II). 

Nestorio, presente al discorso, non poté accettare lo scorno, e osò riprendere l'oratore  esclamando: Anatema a colui che dice essere Maria Madre di Dio! 

A tale bestemmia, tutto il popolo ad una voce emise un alto grido, e fuggì dalla Chiesa ove  non tornò più (A. Nicolas). 

Frattanto S. Cirillo, Patriarca di Alessandria, conosciuti gli scritti di Nestorio, che erano stati  portati in Egitto, cominciò a confutarli; e finì col ricorrere a Celestino Papa. In un Concilio,  tenuto a Roma nel 430, Celestino condannò Nestorio e gli intimò di ritrattare la sua dottrina,  pena la deposizione dal Patriarcato. Ma Nestorio non cedette, e nel Giugno 431, per volere di  Papa Celestino, in accordo con l'imperatore Teodosio, consenziente lo stesso Nestorio, fu  tenuto un Concilio in Efeso dove, alla presenza di 120 Vescovi e dei Delegati del papa,  Nestorio venne condannato. 

Sono noti gli applausi entusiastici che in quella circostanza echeggiarono a tale condanna, e  come tutta la città gioisse alla decisione di dovere chiamare Maria «vera Madre di Dio». Così  alla Beatissima Vergine Maria veniva conservato, con solenne trionfo, quel culto che Nestorio  avrebbe voluto rapirLe. 

Soltanto una mente diabolica può arrivare a negare la Divina Maternità di Maria. Basta  leggere qualche brano del Vangelo per convincersi di questa verità. 

Quando l'Arcangelo S. Gabriele disse a Maria: «Tu sei benedetta fra tutte le donne», (Luc. 1.  28) vuol dire che vedeva in quella Verginella una creatura elevata ad una dignità superiore  alla stessa dignità angelica. S. Elisabetta, per impulso dello Spirito Santo, chiama Maria 

Madre del Signore: «Unde hoc mihi ut veniat Mater Domini ad me?» (Luc. 1. 43). E' vero, il  Vangelo non chiama mai espressamente Maria Madre di Dio, però in più luoghi insinua  questa verità. S. Matteo (1. 18). chiama Maria Madre di Lui (Gesù). I Magi entrarono nella  casa e «trovarono il Bambino con Maria sua Madre» (Mat. 2.11). Si facevano nozze in Cana  di Galilea, e la Madre di Gesù era là...» (Giov. 11.1). Presso la Croce di Gesù stava sua  Madre (Giov. 29.29). Maria dunque è la Madre di Gesù...! 

Se chi in Lei si è incarnato, se chi è nato da Lei, è vero e naturale figlio, Gesù, vero Figlio di  Dio, con tutta ragione e nel senso proprio, Maria è vera Madre di Dio. La natura umana che il  Divin Verbo, incarnandonsi, assunse dalla Vergine Maria, non esistette mai da sola, né vi fu  mai la persona umana, ma solo la persona Divina e quindi sino dal primo istante di sua  esistenza la natura umana fu ipostaticamente unita alla Divinità. Di conseguenza sino da quel  primo istante il Figlio di Dio fu pure Figlio di Maria. E' vero che Ella ha somministrato solo la  natura umana, ma questa era stata, sino dal primissimo istante, elevata all'unione ipostatica e  divenuta vera natura del Verbo Incarnato. 

   Questo fu sempre il senso comune dei Padri e scrittori ecclesiastici, e quindi di tutta la  Chiesa, chiamare Maria «Deipara», Madre di Dio. 

    Ora, quod ubique, quod semper, quad ab omnibus creditum est, è verità cattolica.  

P. AMADIO M. TINTI

domenica 9 ottobre 2022

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE 


Maria e gli Ariani 

Quando i platonici udirono, per la prima volta, l'Evangelista S. Giovanni esclamare: «In  principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum et Deus erat Verbum», (Giov. 1. 1.) si  sentirono ridestare come da un profondo letargo: il loro animo si scosse, e manifestarono un  singolare entusiasmo per Iddio; non pochi giunsero sino all'eroismo nell'amore al Signore. 

La cognizione del Figlio di Dio porta sempre ad una maggiore conoscenza delle cose divine.  Ma quando l'Evangelista aggiunse «Et Verbum caro factum est», (Giov. 1. 14) molti si  rifiutarono di piegare le ginocchia, spinti dal falso principio che è troppo ripugnante pensare  ad un Dio fatto uomo, e morto ignominiosamente su di una croce! 

S. Agostino, parlando di costoro, diceva: «Questi sapienti si vergognano di uscire dalla  dottrina di Platone, per farsi discepoli del Cristo. Cotesti superbi hanno a vile di prendersi a  maestro Dio, solo perché il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi... Arrossiscono del  medico che li potrebbe salvare». (Città di Dio. 10.29.). 

Non sempre, è vero, si arriva a negare interamente tutte le verità della fede: comunque è  indiscutibile che anche negandone una sola, è naufragare in fide.  

Siamo al terzo secolo. L'eresia principale che ha dato uno speciale carattere tutto proprio a  questo secolo, è quella di Ario. 

Secondo alcuni, Ario sarebbe nato ad Alessandria d'Egitto nel 280. Secondo altri, in Libia nel  256. Fu un uomo molto dotto, eloquente, astuto e superbissimo. Secondo questi scrittori,  dalla Libia si sarebbe portato ad Alessandria, dove era Vescovo un certo Pietro, che poi morì  martire. 

Ario sarebbe stato seguace della dottrina degli antitrinitari. Come tale fu scomunicato dal  Vescovo di Alessandria. Pentito e riconciliato, arrivò ad essere consacrato Diacono. Ricaduto  in errore, nuovamente fu condannato. Morto il Vescovo Pietro, fu eletto a successore, il prete  Alessandro. Per alcuni anni, Ario visse in buona armonia col suo Vescovo, tanto che nel 312  venne ordinato Sacerdote, e gli fu affidata la chiesa di Baucali. Se non che tra il 318 ed il 320,  cominciò a spiegare ai fedeli la Sacra Scrittura, esponendo teorie contrarie a quelle che si  insegnavano in Alessandria. 

Ario ragionava così: Il Padre ha generato il Figlio; ora chi è generato, comincia ad essere,  non era prima, quindi non è eterno. Dunque il Figlio o Verbo Divino non è eterno, non è di  sostanza divina; non è Dio, ma creatura, la prima creatura, fatta prima di ogni altra cosa, e  dalla quale il Padre si servì per creare le altre. Affermava inoltre che lo Spirito Santo era una  creatura del Verbo...! Conclusione? Maria SS. ma non è Madre di Dio...! 

Il Vescovo Alessandro, dopo avere dato prova di molta pazienza, respinse le concezioni del  prete Ario. Ma questi, non curante dei richiami del suo Vescovo, si mise in cerca di appoggi  tra gli altri Vescovi, e li trovò nei Vescovi Eusebio di Nicomedia e nell'altro Eusebio di  Cesarea. Per loro mezzo, riuscì ad ottenere il favore dell'imperatore Costantino Magno.  Questi, tempestivamente avvisato da Osio Vescovo di Cordova, dell'errore di Ario, convocò il  Concilio Ecumenico di Nicea nel 325, dove Ario fu condannato da 318 Vescovi. Esiliato, fuggì  a Costantinopoli, dove morì nel 336. 

In sostanza, l'eresia di Ario scalzava il mistero della SS. ma Trinità, verità fondamentale del  cristianesimo; negava che il Verbo fosse della stessa sostanza del Padre, quindi non vero  Dio. Neanche era vero uomo, perché della natura umana, il Verbo avrebbe preso solo la  carne e non l'anima ragionevole. Maria non sarebbe stata la vera Madre di Dio. (Encicl. Catt.  Ediz. Vatc.). 

In conclusione, secondo la dottrina ariana, il Redentore sarebbe stato un mezzo Dio, perché  adottato dal Padre, e un mezzo uomo, perché privo dell'anima ragionevole...! 

Data l'inframettenza degli imperatori Costantino e Costanzo II, questa dottrina ebbe una  diffusione così vasta per la durata di quasi un secolo, che S. Girolamo arrivò a dire che  l'universo tutto si stupì di trovarsi ariano...! 

All'arianesimo si oppongono le varie testimonianze del Vangelo e le affermazioni dei santi  Padri sulla Divina Maternità di Maria, in ordine alla SS. ma Trinità. 

Il Vangelo riferisce che Gesù Cristo un giorno discutendo con i Farisei, diceva loro: «Se Dio  fosse vostro Padre, mi amereste, perché è da Dio che io sono uscito e venuto; giacché non  sono venuto da me stesso, ma è Lui che mi ha mandato». (Giov. 8.42). 

Dunque, stando alle parole di Gesù, Egli ab aeterno ha avuto origine dal Padre, è a Lui  consustanziale, dal momento che dichiara di essere uscito da Lui; e si è fatto uomo. 

S. Agostino, commentando le parole di Gesù Cristo, dice: «Se il Verbo è proveniente da Dio,  vi è in Lui una generazione eterna; da Lui è venuto come Verbo del Padre, ed è venuto a noi,  perché il Verbo si è fatto carne». (Tract. XLII). 

Altrettanto si deve dire dello Spirito Santo. Gesù infatti disse: «Quando sarà venuto lo Spirito  Santo Consolatore, che io vi manderò dal Padre, Spirito di verità che procede dal Padre, Egli  renderà testimonianza di me». (Giov. 15. 26.). 

Dunque lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. 

Gesù parlò ancora dello Spirito Santo, quando mandò gli Apostoli nel mondo e disse loro:  «Andate, e battezzate tutti nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo». (Matt. 29.  19). Qui il Vangelo nomina ed esprime chiaramente le tre Persone della SS. ma Trinità!... 

Oltre a quanto afferma il Vangelo, i santi Padri, contro ogni disgregazione del dogma, si  servirono anche degli argomenti che scaturiscono dalla Maternità Divina di Maria SS. ma,  prediletta della SS. ma Trinità. 

Tra i tanti, ascoltiamo quello che dice Tarasio Constantinopolitano: «Gloria a Voi, o Maria,  che formate la compiacenza del Divin Padre: per Voi la conoscenza di Dio si è estesa fino  agli ultimi confini della terra. Gloria a Voi, che siete divenuta gratissimo domicilio del Verbo  Divino, che da Voi uscì coperto di umana carne. Gloria a Voi, che siete il Tempio dello Spirito  Santo, in virtù del quale avete concepito e generato il Verbo fatto carne». (Orat. in Deip.  Praesent.). 

Chi non vede qui svelato quello che la Chiesa ha sempre insegnato circa la SS. ma Trinità?  Le tre persone hanno concorso con la Potenza, Sapienza e Bontà a versare immensi tesori  su Maria, che doveva essere la Madre del Salvatore del mondo. 

Non diversamente parla S. Bruno in difesa del Verbo, vero Dio ed uguale al Padre, con  l'applicazione alla Maternità di Maria. «E' impossibile, dice S. Bruno, per qualunque uomo  fondare la città nella quale egli sia per nascere; poiché, prima che egli sia venuto alla luce,  come può fondare una città? Non così è di  Cristo, Dio supremo, e quale Dio è avanti ai secoli dei secoli. Egli creò la Madre sua: in  quanto uomo, nella pienezza dei tempi, è nato da Lei, prendendo da Lei la nostra carne».  (Sentent. L. v. 1.). 

S. Gregorio Nazianzeno così scrive: «Un Dio, Padre del Verbo vivente, perfetto generatore  del Figlio unico: un solo Signore: Dio da Dio. Un Verbo efficace, Sapienza che comprende la  costituzione del mondo, che per la Vergine Maria, ne fu il Salvatore. Un solo Spirito Santo che  trae la sua esistenza da Dio Padre e dal Figlio, che è apparso nel mondo. Il Padre non è  dunque mai stato senza il Figlio, né il Figlio senza lo Spirito Santo: immutabile ed invariabile  rimane la Trinità». (De Trinit.). 

Così potremmo riportare altri passi di santi Padri, i quali nel difendere l'Unità di Dio nella Trinità delle Divine Persone e viceversa, pare non possano fare a meno di rivolgere un  pensiero alla Maternità Divina della Beatissima Vergine Maria, come se in Lei, per  l'Incarnazione del Verbo, abbia voluto manifestare l'opera propria di ciascuna Persona. Quindi  Maria è sempre presente quando si tratta di difendere il suo Gesù, le verità da Lui insegnate  e la Chiesa da Lui fondata. In tal modo, i nemici, da cui Gesù è venuto a liberarci, troveranno  sempre nella Madre di Dio la Debellatrice che li annienta...! 

    Gloria dunque alla Beatissima Vergine Maria! 

P. AMADIO M. TINTI 


giovedì 28 luglio 2022

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


Maria e i Manichei 

    Serpeggiavano ancora le eresie degli ebioniti e dei doceti, allorché, sul principio del terzo  secolo, si diffuse un nuovo errore detto «Manicheismo», dal suo fondatore Manete o Mani.  Secondo alcuni scrittori, Manete sarebbe nato intorno al 216 in Babilonia, da genitori persiani.  Sarebbe stato un povero schiavo di nome Cubrico. Si dedicò allo studio delle religioni, e,  emigrato in Persia, di là promulgò la sua dottrina. 

La dottrina di Manete non era che un miscuglio di varie religioni, tra le quali non mancavano  nozioni anche della Religione Cattolica. 

Ci dispensiamo dall'esporre il manicheismo che si presenta in modo assai confuso. A noi  basta sapere che, sul sistema del docetismo, ammetteva che Gesù Cristo era un «Eone»  (essere emanato dalla sostanza divina) apparso nel mondo con un corpo apparente. In breve,  negava l'Incarnazione del Figlio di Dio, e sosteneva che Gesù Cristo non era nato da Maria,  ma solamente era apparso. 

Piace qui riportare la pubblica disputa che Manete volle sostenere con S. Archelao. Da  questa disputa si potrà avere facilmente l'idea della eresia di Manete e la difesa della verità  dalle risposte di Archelao. 

Manete, col Vangelo alla mano, voleva dimostrare che Gesù stesso aveva più volte dichiarato  di essere disceso dal Padre, e mai aveva dichiarato di essere nato da Maria. Infatti, diceva  Manete, Gesù disse: «Chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato» (Matt. 10). Una donna,  la cui figliuola aveva uno spirito immondo, si presentò a Gesù e lo pregava di guarire la figlia. Gesù rispose: «Io sono venuto per i figli  d'Israele, e non è bene togliere il pane dovuto ai figli per darlo ai cani» (Marco 7.2.30). Altra  volta Gesù diceva: «Io sono venuto perché gli uomini abbiano la vita» (Giov. 10.10). 

Con queste ed altre testimonianze prese dal Vangelo, Manete voleva sostenere che Gesù  Cristo è venuto e non nato; che è apparso sotto le apparenze di uomo, ma non fu vero uomo.  Non sia mai, diceva Manete, che io ammetta che il Nostro Signore Gesù Cristo sia disceso  dal seno di una donna...! 

Pensa, diceva ancora Manete ad Archelao, a colui che un giorno disse a Gesù: «Tua Madre e  i tuoi fratelli ti aspettano fuori... ». Gesù rispose: «Chi sono i miei fratelli e chi è mia madre?»  e soggiunse che sua madre e i suoi fratelli erano coloro che facevano la sua volontà (Marco  12.48). E dopo questo, come si può sostenere che Maria sia sua madre? Se tu, Archelao,  continui a sostenere che Gesù è nato da Maria Vergine, per opera dello Spirito Santo, i fratelli  di Gesù saranno anch'essi nati di Spirito Santo? Noi allora saremmo diversi cristi...! Che se  poi non ammetti che siano nati dallo Spirito Santo, da chi saranno venuti questi fratelli di  Gesù? 

D'altra parte (è sempre Manete che parla), guardiamo come Gesù tratta l'Apostolo Pietro. Un  giorno Gesù chiese ai suoi Apostoli cosa pensassero gli uomini di lui: essi risposero che  alcuni lo ritenevano per Giovanni Battista, altri per Elia ed altri per un profeta. Ma voi, riprese  Gesù, chi credete che io sia? Allora Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente...».  E Gesù: «Beato te, o Simone, perché queste cose non te le ha rivelate la carne, ma il Padre  mio» (Marco 8. 27). 

Considera ora, Archelao, con quale diversa maniera Gesù accoglie ciò che si dice di lui. A chi  aveva detto: Ecco tua madre e i tuoi fratelli, egli risponde: Chi è mia madre e i miei fratelli? A  Pietro che gli dice: «Tu sei il Cristo...», lo chiama beato...! Come si spiega questo parlare di  Gesù? Se tu, Archelao, continui a dire che Gesù è nato da Maria, mentre Gesù non si cura di lei, allora è falso lui e il suo Apostolo Pietro. Che se poi Pietro dice la verità e Gesù lo  benedice, tu sei nel torto ed io dalla parte della ragione (Encic. Cat.). Dopo questa  esposizione da parte di Manete, prese la parola Archelao, il quale non trovò molta difficoltà a  dimostrare che i testi citati si debbono prendere in un senso relativo e di circostanza, e non  nel senso assoluto e generale, come aveva fatto Manete. Infatti, Archelao, per analogia,  servendosi degli stessi passi del Vangelo, citati dall'avversario, portò la risposta che Gesù  diede a Pietro quando, per un atto di amore, l'Apostolo si opponeva alla Passione del  Maestro: «Ritirati, o satana, perché tu non sai ciò che è di Dio» (Matt. 16. 22). 

    Come conciliare questo diverso modo che Gesù adopera con lo stesso Apostolo Pietro? Lo  si spiega tenendo conto delle particolari circostanze di tempo e di cose...! Perché Gesù,  quando i demoni gli gridavano: «Noi ti conosciamo, sei il santo di Dio», li rimprovera e impone  loro silenzio? Avrebbe dovuto benedirli, perché dicevano la verità. Ma invece no; perché le  parole del Vangelo vanno prese secondo le circostanze del luogo, del tempo, delle persone e  delle cose a cui si riferiscono. Anche la frase: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli, non è  ordinata a misconoscere la madre sua, ma va intesa in ordine alla circostanza, come di uno  che assorto nel suo discorso, non vuole essere interrotto. E se in quella occasione Gesù  disse che madre sua e fratelli suoi sono quelli che fanno la volontà di Dio, non fu una  mancanza di rispetto verso la madre sua: che anzi la esaltò siccome quella che, sopra ogni  cosa creata, aderì sempre a Dio per amore, e fu sempre assorta in Dio. 

   Riguardo poi ai fratelli di Gesù, Archaleo fece presente al suo avversario Manete, che le  parole dell'Evangelista corrispondono al vocabolo aramaico aha e all'ebraico ah, che possono  significare tanto fratelli che cugini. L'esame attento dei Vangeli (Matt. 27. 56 - Luc. 24. 10 -  Giov. 19. 25) prova che presso gli abitanti di Nazareth, quelle parole si riferivano a cugini e  non a fratelli carnali. Ad esempio, in S. Marco (15.40 - 15.47 - 16.1) si parla di Giacomo e di  Giuseppe come figli di Maria, ma era un'altra Maria; non la Madre di Gesù. (Encicl. Catt. Ediz.  Vatc). 

La logica di Archelao fu terribile; fece indietreggiare l'eresiarca che fuggì in Persia, dove il re  lo fece scorticare vivo tra il 273 e il 277, perché gli aveva promesso di guarirgli un figlio  ammalato, e invece il figlio morì. 

Contro le prove di Manete, per dimostrare che Cristo non è uomo, perché non nato, ma venuto, stanno ancora gli scritti dei santi Padri, i quali, appellandosi alla Divina Maternità di  Maria, trovano in questo mistero quanto occorre per abbattere l'eresia che tenta di negare la  reale Incarnazione del Figlio di Dio. 

Ecco quanto scrive S. Efrem Siro, Il più ricco di lodi e di preghiere alla Beatissima Maria: «La  Vergine è fatta Madre, la natura produce, un seno alimenta, una giovane fanciulla aiuta e  coopera. E come mai non avrebbe avuto altro che sembianze del parto chi ha voluto  partecipare alla natura, all'essenza e al principio della gravidanza? Cristo crebbe in un seno,  mentre come Dio non aveva bisogno di alcuno, e nacque figlio di una donna, mentre era  Figliuolo di Dio. Egli ha riconosciuto Maria quale Madre sua, e, per lei, la Divinità si è stretta  alla natura umana». (Serm. 148. de B. V. partu). 

Non diversamente afferma S. Atanasio quando scrive: «Il Figlio di Dio si è fatto uomo, perché  il figlio dell'uomo, vale a dire di Adamo, fosse fatto figlio di Dio. Infatti quel medesimo Verbo  che dall'alto, in una maniera ineffabile, il Padre genera nella eternità, è generato in terra nel  tempo dalla Vergine, divenuta Madre di Dio». (De Incarnat.). 

Questa è la dottrina che la Chiesa ha sempre pubblicamente professato fino dal primo secolo:  il Figlio di Dio ha realmente preso carne dal seno purissimo di Maria Vergine, è nato da Lei  quale vero uomo. Di questa verità, tutti i santi Padri se ne sono sempre serviti per combattere  gli errori contrari. La Maternità di Maria compendia quindi in sé gli efficaci argomenti per rendere vane le astuzie dei nemici della fede.

P. AMADIO M. TINTI 

venerdì 3 dicembre 2021

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


Maria e i Doceti 

   Due grandi doni sono venuti a noi dalla Redenzione: Verità e Virtù. Però la Divina  Provvidenza dispose che l'una e l'altra venissero provate attraverso la lotta. La verità fu  sempre osteggiata dall'errore e la virtù dalla cattiveria umana. 

Per parlare soltanto della lotta tra la verità e l'errore, possiamo dire che la controversia,  anziché essere un danno, ha servito mirabilmente a rischiarare la verità in sé stessa, rendere  più meritoria la fede e illustrare la Chiesa con la sapienza dei santi Padri. Dalla prova, si è  ottenuto che tutte le verità fondamentali della fede sono state studiate più a fondo, discusse e  sviluppate al punto di esprimere sempre meglio i dogmi più combattuti. 

Purtroppo, tutti gli errori contro la fede furono sempre originati dall'orgoglio della ragione, che  non vuole accettare se non quello che essa intende, e quindi occorre che la verità venga  proposta in modo che la ragione umana non vi trovi almeno contraddizione. 

A questo gioverà sempre lo studio dei santi Padri e Dottori della Chiesa, tanto benemeriti  della Religione e della Chiesa stessa. 

Uno degli argomenti usato dai Padri in difesa della verità, fu trovato nelle particolari  prerogative della Maternità Divina di Maria SS.PP. E l'argomento fu davvero efficacissimo. Gli  ebioniti, che negavano la Divinità di Gesù Cristo, furono sconfitti dalla Verginità di Maria, che,  salva la sua integrità verginale, concepì e diede alla luce il Figlio di Dio in Lei fatto uomo. 

Ora è la volta dei «Doceti», che, in contrasto con gli ebioniti, impugnavano l'umanità di Gesù  Cristo. 

Il docetismo sorse verso la fine del primo secolo, e fu un aspetto della eresia di Simon Mago,  il quale, fra le tante sue mostruosità, insegnava che le sofferenze e la morte di Gesù erano  fittizie, perché non era un vero uomo. 

Simon Mago venne condannato dallo stesso Apostolo S. Pietro, quando l'eresiarca gli  propose la turpe offerta per avere il potere apostolico. «Il tuo denaro perisca con te, rispose  Pietro; mentre hai giudicato che il dono di Dio si acquisti col denaro. Tu non hai parte in  queste cose, perché il tuo cuore non è retto..., raccomandati a Dio che ti perdoni questo  peccato». (Act. Apost. 8. 20). 

Queste parole di S. Pietro corrisposero ad una vera scomunica.... 

I Doceti, come setta, furono condannati da S. Lino Papa nel 76 dopo che i Padri avevano  smascherato l'errore con argomenti desunti dalla Divina Maternità di Maria. 

Entriamo anche noi nella questione, e troveremo, sui detti dei Padri, che pure contro i Doceti,  la Madre di Dio Maria si presenta debellatrice della eresia.   

Anzitutto la parola docete è di origine greca e significa «sembrare». Secondo i seguaci di  questa setta, Gesù Cristo «sembrava» uomo, parve nascere, vivere, patire e morire, ma era  una illusione! Secondo i doceti, Gesù non nacque dalla Vergine Maria per opera dello Spirito  Santo, ma da Maria e Giuseppe come gli altri uomini. Nel momento in cui Gesù ricevette il  Battesimo da Giovanni Battista, sempre secondo i doceti, fu investito da una «virtù» procedente da Dio. Tale virtù, chiamata Cristo, gli diede il potere taumaturgo e lo accompagnò  sino al momento della passione. Allora lo abbandonò, ed egli così poté soffrire e morire;  mentre la detta «virtù» continuò ad essere spirituale e impassibile. 

Questa, in succinto, l'eresia dei doceti. Quanta acrobazia di mente per negare l'umanità di  Gesù Cristo! 

    Contro costoro sta il Vangelo, chiaro e persuasivo. 

    Quando l'Arcangelo S. Gabriele si presentò a Maria nell'Annunciazione, così parlò alla Vergine: «Non temere, o Maria, poiché hai trovato grazia presso Dio; ed ecco che tu  concepirai e darai alla luce un figlio e che chiamerai col nome Gesù; Egli sarà grande e si  chiamerà Figlio dell'Altissimo» (Luc. 3. 30). 

    Ma che cosa significa concepire e dare alla luce un figlio se non generare, ciò che è  proprio della madre? Dalle parole dell'Arcangelo si arguisce chiaramente che Maria non dava  origine alla natura divina, che è eterna ed immutabile, ma solo che Essa concepiva e  generava un figlio con termine alla Persona stessa del Figlio di Dio, che dal suo seno  assumeva la natura umana. Questa è la conseguenza logica della Incarnazione; e non si  capisce come ne possa venire fuori una specie di favola, come la riducono gli eretici,  seguendo i miti del paganesimo. 

    Il martire Ignazio, discepolo di S. Giovanni Evangelista, così scrive in proposito: «In Gesù  Cristo vi è la carne e la Divinità; la carne l'assunse da Maria, la Divinità gli veniva da Dio.  Gesù Cristo è stato portato nel seno d Maria, è realmente nato da Lei: ha mangiato, ha  bevuto, ha dormito ed ha veramente patito ed è morto» (Ad Polic. 3). 

   Appellandosi alla Maternità Divina di Maria, S. Ignazio viene a condannare chiaramente tutti  coloro che negano in Gesù Cristo la vera natura umana; ed in pari tempo, istruisce i fedeli  sulla doppia natura del Salvatore. 

   Né vale il dire, come afferma l'eresia, che ammettendo Dio fatto uomo, figlio di donna, ne  venga una degradazione della sua divina ed infinita Maestà: ciò sarebbe vero se Dio  facendosi uomo avesse cessato di essere quel Dio stesso che è in seno al Padre. Ma resta lo  stesso Dio, sempre. E' vero, sì, che nel mistero della Incarnazione si dice che Dio si è  annientato ma fu un annientamento degno di Dio, in quanto che Lui medesimo si era in  precedenza scelto la donna, e se la era preparata ricolmandola di singolari doni, elevandola a  tale grandezza da riconoscerla in quello stato d'innocenza e di giustizia originale in cui non  seppero conservarsi i nostri progenitori Adamo ed Eva. In breve Dio formò di Maria SS. ma  una creatura nuova: «Creavit Dominus novum super terram» (Gen. 31). Sappiamo tutti come  la dignità del figlio, mette in evidenza la grandezza della madre. Certo è che l'Incarnazione  del Figlio di Dio fu una vera umiliazione, ma fu soprattutto un atto di grande amore per noi.  Ma di questo gli eretici pare che non ne vogliano tener conto...! 

Comunque è dottrina dei santi Padri che Maria ha composto della propria sostanza il Verbo di  Dio, in quanto uomo. Lo ha nutrito, lo ha allevato perché fosse vittima dei nostri peccati, tanto  da poter dire: Quella carne e quel Sangue che Gesù ha sacrificato per la Redenzione del  mondo, è carne mia, è sangue mio...! 

«Se alcuno, dice S. Gregorio Nazianzeno, non professa Maria Madre di Dio, questi non  riconosce la Divinità. Se alcuno, non professa che Cristo è stato formato nel seno della  Vergine in maniera divina e umana, ma dice che di altra sostanza venne formato, e solo sia  passato per Lei come per un canale, costui si tenga pari all'ateo» (Greg. Naz. ap. Labbe). 

«Se l'Incarnazione del Figlio di Dio, dice S. Cirillo Alessandrino, non è che una figura, se la  Vergine non ha veramente partorito Dio, il Verbo stesso disceso dal Padre, non ha dunque  assunto il seme di Abramo, non si è dunque fatto simile a noi; e così tutto ciò che costituisce  la causa della nostra salute, si riduce a nulla, dal momento che si ripudia la Maternità Divina.  Ammesso questo errore, tutta la nostra fede svanisce, cadono la croce, la salute e la vita del  mondo, e con essi, cade la fiducia del genere umano» (Conc. Efes). 

I doceti, come conseguenza dei loro errori, negavano la reale presenza di Gesù nella  Eucaristia, sempre per il loro principio che la carne di Cristo era fittizia. 

In apposizione a questi eretici, ecco quello che scrive S. Ignazio, del primo secolo: «Essi (i  doceti) si astengono dalla Eucaristia, perché non riconoscono con noi che l'Eucaristia è la  carne di Nostro Signore Gesù Cristo; quella carne che ha patito per i nostri peccati, e che il Padre ha risuscitato nella sua misericordia» (ad Smir). 

Così la Chiesa stabilì che il Sacerdote, porgendo la SS. ma Comunione, dicesse: «Corpus  Christi» ed il fedele rispondesse: «Amen» (S. Ambros. de Sacram). 

Carne dunque reale nella Eucaristia, come in Maria SS. ma, secondo la dottrina apostolica, e  astenersene dal riceverla, voleva dire negare per principio la realtà della Maternità Divina di  Maria Vergine, fondamento di tutte le altre verità (A. Nicolas). 

Sia dunque gloria alla Beatissima Vergine Maria, mentre per Lei gli Apostoli hanno portato il  suo Gesù alle genti che sedevano nell'ombra di morte, e lo hanno dato in cibo alle anime...! 

P. AMADIO M. TINTI 


venerdì 8 ottobre 2021

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


Maria e gli Ebioniti 

    E' proprio della Chiesa il potere di insegnare la verità rivelata e le altre annesse, come pure  è proprio della Chiesa condannare le dottrine contrarie alla fede. Tale potere fu conferito da  Gesù Cristo stesso agli Apostoli e ai loro successori col mandato specifico: «Andate e  insegnate a tutte le genti quello che avete appreso da me». (Matt. 26). 

Nella esplicazione di questo potere da parte della Chiesa, dobbiamo notare che il Magistero  Ecclesiastico si presenta in due forme: AUTORITATIVO e NON AUTORITATIVO.  L'insegnamento autoritativo impone di credere che la dottrina insegnata è   vera, e non  ammette dissensi o dubbi di sorta. Esso si effettua in due modi: mediante un Magistero  Ordinario e l'altro Straordinario. Ordinario, quando una dottrina è ritenuta da tutta la Chiesa  come divinamente rivelata. Straordinario, quando si ha l'insegnamento personale del Sommo  Pontefice, allorché parla solennemente ex Cattedra, o quello del Concilio Generale,  Ecumenico, in unione col Papa, a cui è annessa la infallibilità. 

E' quindi dottrina eretica quella che contraddice direttamente ad una verità rivelata da Dio, e,  come tale, definita dalla Chiesa e proposta da credere a tutti i fedeli. 

Molte furono le eresie sorte nei primi secoli della Chiesa, specialmente riguardanti la Divinità  e l'Umanità del nostro Signore Gesù Cristo, fondamento della fede. Altre, purtroppo, sorsero  nei secoli successivi, e tutte hanno recato alla Chiesa indescrivibili sofferenze! 

In questo studio non si pretende di esaminare tutti gli errori e tutte le eresie dei tempi, ma solo  le più pericolose e le più importanti di ogni secolo, contenti di poterci unire alla Chiesa per  acclamare Maria, la Madre di Dio, vincitrice di ogni assalto nemico. 

Siamo nel primo secolo del cristianesimo. L'eresia più grave fu certo quella conosciuta  comunemente sotto il nome di Ebioniti. 

Chi erano questi Ebioniti? Gli Ebioniti, dall'ebraico «ebhjòmin», che significa povertà, erano  ebrei convertiti al cristianesimo, ma che, per divergenze di dottrina, si erano separati dalla  vera Chiesa. 

Molti ebrei che passavano alla Chiesa cattolica trovavano difficoltà ad ammettere che un Dio  fatto uomo fosse morto crocifisso. Questi ebrei, che si dicevano convertiti, avevano ancora  l'idea fissa che il Messia, come un gran re, dovesse conquistare il mondo intero, dando  finalmente al popolo giudaico la fortuna di possedere ogni bene terreno. 

Ancora. Non sapevano adattarsi a che la legge mosaica dovesse scomparire; e che tra essi e  i pagani convertiti vi dovesse essere parità di trattamento. L'antico popolo d'Israele ci teneva  troppo a ricordare che era il prediletto da Dio, che esso solo era stato il fedele custode delle  Sacre Scritture e della Divina Tradizione, e, unito ai pagani, sia pure che si fossero convertiti,  si sentiva divenuto non di poco inferiore ed umiliato. 

Gli Apostoli si limitavano ad insistere sulla universalità della Redenzione, e però non volevano  urtare gli ebrei, e lasciavano che, per qualche tempo, seguissero i riti prescritti da Mosè. 

Intanto però la Comunità Cristiana andava sempre più crescendo in Gerusalemme, e molti  esponevano agli Apostoli il desiderio di mettere fine a questa spinosa questione. 

Fu tenuto un Concilio (il primo) a Gerusalemme, e in quello gli Apostoli decretarono che, una  volta abbracciato il Vangelo di Gesù Cristo, non restava più alcun obbligo di seguire la legge  di Mosè. 

La decisione dispiacque a molti ebrei convertiti, e diede occasione a formare una setta che fu  chiamata degli «Ebioniti». In opposizione al decreto del Concilio, la setta sosteneva l'obbligo di seguire la legge mosaica e negava che Gesù Cristo fosse vero Dio, considerandolo puro e  semplice uomo. Ammetteva però che egli avesse redenta l'umanità, ma ciò solo perché era  divenuto il Cristo per la sua fedele osservanza alla legge di Mosè, di cui era divenuto  maestro, e, come premio, meritò di essere il Redentore ed essere risuscitato da Dio. 

Il fondatore di questa eresia, secondo alcuni scrittori, sarebbe stato un certo Thebutis, il quale  agognava di essere Vescovo di Gerusalemme, dopo la morte dell'Apostolo S. Giacomo.  Vistosi respinto, perseguitò il Vescovo Simeone, successore di S. Giacomo, e fece  propaganda della sua ereticale dottrina. 

Comunque, ciò che a noi più interessa è l'eresia, che negava essere Gesù Cristo vero Dio,  considerandolo solo un semplice uomo. 

Contro questa dottrina scrisse S. Paolo, specialmente nella lettera ai Colossesi: «State in  guardia, diceva S. Paolo, e non vi lasciate ingannare dalla falsa dottrina, secondo la  tradizione degli uomini e non secondo Cristo, perché in Lui solo dimora corporalmente la  pienezza della Divinità» (Coloss. 2. 8). 

A S. Paolo fecero seguito i Santi Padri, i quali, come spada a doppio taglio, desumevano gli  argomenti dalla Divina Maternità di Maria Vergine, e confondevano coloro che negavano la  Divinità di Cristo. 

S. Ireneo, uomo eruditissimo nelle scienze sacre e profane, così scriveva: «Eva produsse una  generazione colpevole, condannata alla morte, finché da Maria Madre di Dio uscì una  generazione nuova. Come Eva, sedotta dal discorso dell'angelo delle tenebre, fuggiva da Dio,  trasgredendo la sua parola: così Maria, salutata da un Angelo di luce, si rese obbediente a  Dio, e meritò di concepire un Dio. E se Eva ha disobbedito, Maria ha obbedito, tanto da  divenire l'Avvocata di Eva. E nella stessa maniera con cui il genere umano era stato  condannato a morte da una vergine (Eva), così da un'altra Vergine (Maria) fu liberato. Alla  disobbedienza di Eva vergine, si contrappose la verginale obbedienza di Maria: di modo che il  peccato del primo uomo fu cancellato per la pena del Primogenito Cristo, Dio-Uomo, e  l'astuzia del serpente fu vinta dall'innocente Colomba (Maria). In questo modo vennero  spezzate le catene che ci tenevano schiavi della morte» (Contra haereses. 5.19). 

    E' chiaro che qui si parla del trionfo di Maria sul serpente infernale: ma è pur chiaro che si  parla di Maria che ha concepito Dio, il quale assume la natura umana. Se Gesù Cristo fosse  stato un semplice uomo, l'umanità non sarebbe stata redenta, non sarebbero state spezzate  le catene che ci tenevano schiavi della morte. E per questo Maria è dai Padri chiamata Causa  di salute e Avvocata dei peccatori. 

S. Giustino Martire, trovandosi a discutere con un certo ebreo di nome Trifone, che  sfacciatamente negava Cristo essere Dio, a confusione di tutti gli ebioniti, ricorreva ai misteri  che Dio aveva compiuto in Maria SS.PP. Lo scrittore sacro si appellava a quanto aveva  predetto il Profeta Isaia, e cioè che «una Vergine avrebbe concepito», e stringeva l'eresiarca  Trifone col dire: «E' manifesto che nessuno della stirpe di Abramo è nato da vergine, né è mai  venuto in mente ad alcuno di dirlo, mentre si dice e si predica solo del nostro Signore Gesù  Cristo». (Just. contro Trif.). 

Bello è il pensiero di S. Giustino. Se infatti il Profeta Isaia aveva predetto molto tempo prima  che una vergine avrebbe generato l'Emanuele, cioè Dio con noi, ciò significa che Iddio,  quando, nella pienezza dei tempi, si fosse realizzata la profezia, voleva che non fosse messo  in dubbio quello che Egli aveva predetto per mezzo del Profeta, e doveva accettarsi come  verità di fede. E Trifone, da buon ebreo, non poteva ignorare l'oracolo divino. 

Dunque la Beatissima Vergine Maria, mediante il privilegio della sua singolare Verginità,  congiunta alla Maternità Divina, trionfa su tutti gli eretici che tentano di scoronare dell'aureola  della Divinità il suo Figlio Gesù Cristo. 

P. AMADIO M. TINTI DEI SERVI DI MARIA 

lunedì 6 settembre 2021

La Madre di Dio e le eresie

 


MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE 


La Madre di Dio e le eresie 

    La Chiesa, come si è già accennato, ha sempre invocato Maria SS. ma come debellatrice  di tutte le eresie, ed ha introdotto nella sacra liturgia quel versetto che racchiude il più  magnifico elogio che si possa fare della Beatissima Vergine: «Gaude, Maria Virgo, cunctas  haereses sola interemisti in universo mundo». (dal Brev. Romano). 

Questo elogio urtò terribilmente il Giansenismo, il quale si domandava: ma in che cosa la  Vergine ha distrutto le eresie e tutte le eresie, e in tutto il mondo e da sola? Non sarà questa  una espressione esagerata, motivata da un eccessivo trasporto di pietà verso Maria? Come  una simile frase si può sostenere di fronte alla dottrina dogmatica? 

Rispondiamo anzitutto che questa espressione appartiene realmente alla liturgia della  Chiesa, e la liturgia ha una particolare importanza. 

Che cosa è la liturgia? La parola è di origine greca e racchiude il concetto di una impresa ed  opera pubblica, nell'interesse di tutti i cittadini. In seguito, il significato venne ristretto ad opera  pubblica, riservata al culto degli dei. 

Tutte le religioni hanno avuto ed hanno anche oggi una liturgia propria cioè una norma sulla  quale si pratica una pubblica azione sacra. Anche nell'antica legge vi era la liturgia, introdotta  per indicare l'ufficio sacro dei sacerdoti e dei leviti nel tempio; così S. Luca (c. l. 8) parla di  Zaccaria che nel tempio offriva l'incenso: compiva un atto liturgico. 

Ma quale valore può avere la nostra liturgia? Certo, la liturgia della Chiesa non è un dogma,  ma solo una attestazione universale e tradizionale della Chiesa, che in sé stessa porta la  garanzia dell'autenticità della fede. Quindi la liturgia non crea il dogma, ma viceversa dal  dogma scaturisce la celebrazione di un determinato mistero, con determinate formule. 

La liturgia ha quindi un valore importantissimo in quanto si ricollega alla tradizione apostolica.  Ora se la Chiesa ha inserito nella sua liturgia l'elogio: «Gaude, Maria Virgo, cunctas haereses  sola interemisti in universo mundo», bisogna ammettere che sino dal tempo apostolico questa  fosse una convinzione universale, e cioè che la Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio, per i  misteri operati in Lei, aveva dato modo di confermare i dogmi della Divina Incarnazione, della  reale persona di Cristo e della universale redenzione. Da questi dogmi ne vennero poi gli  argomenti che sconfissero le varie eresie. Di qui l'elogio attribuito a Maria SS. ma debellatrice  delle eresie. 

La frase quindi: «Gaude, Maria Virgo, cunctas hareses sola interemisti in universo mundo»,  merita ogni rispetto ed è attendibile perché inserita dalla Chiesa nella sua liturgia. 

Che dire poi di questo elogio di fronte alla dogmatica? Rispondiamo che esso è sostenibile  anche dogmaticamente. 

Infatti tutta la Religione consiste nella pratica dei rapporti che esistono tra noi e Dio: rapporti  che Gesù Cristo, unica verità, venne ad insegnarci, e stabilì che tutti gli uomini si unissero a  Lui come in un solo corpo, di cui Egli è il Capo. 

Ora è verità di fede che la Beatissima Vergine Maria portandoci Gesù, ci ha portato la vita  dell'anima. Ma Gesù non è solo Vita, è anche Verità, come si è detto. Di conseguenza, col  portare a noi la verità, ha svelato ogni errore passato, presente e futuro; e Maria sarà sempre  come la base su cui si aggirano tutte le verità, che ci legano a Dio, e che annientano tutti gli  errori. 

Anche per ciò che riguarda Gesù Cristo, la fede vuole che si confessi che egli è il Figlio di  Dio: Dio e Uomo. Dio ab aeterno dalla sostanza del Padre, Uomo dalla sostanza della Madre,  nato nel tempo. «Perfetto Dio e perfetto Uomo, uguale al Padre secondo la Divinità, inferiore al Padre secondo la natura umana. E quantunque sia vero Dio e vero Uomo, è un solo Cristo,  una sola persona, la seconda persona della SS. ma Trinità, cioè il Figlio di Dio che ha  assunto la natura umana». (Simb. S. Atan.). 

    Falsare questa conoscenza di Gesù Cristo, fondamento della fede e dei nostri rapporti con  Dio, è contro il dogma, quindi eresia. 

Ma come Maria è la vera Madre di Gesù, Figlio di Dio, nato Uomo da Lei nel tempo, così  nessun altro meglio di Lei, può essere più adatto a farci conoscere il Figlio suo Dio-Uomo. Ed  è per questo che la Beatissima Vergine è un potente aiuto a conoscere e confermare le verità  della fede: non solo, ma anche è fonte di argomenti per smascherare gli errori e le eresie di  ogni tempo. 

L'elogio quindi attribuito a Maria Vergine, quale debellatrice di tutte le eresie, non deve  considerarsi una pia esagerazione di semplice devozione alla Madonna, ma è una verità  perfettamente concorde con la dottrina dogmatica della Chiesa. 

Premesse queste nozioni, entriamo nel nostro studio, sicuri di essere in pieno accordo con  gl'insegnamenti della Santa Chiesa Cattolica, di cui ci gloriamo dichiararci figli ossequenti e  devoti. 

P. AMADIO M. TINTI DEI SERVI DI MARIA

lunedì 26 luglio 2021

MARIA DEBELLATRICE DELLE ERESIE

 


La divina maternità di Maria  

 

    La vera grandezza di Maria, la grandezza tutta sua propria e non comunicabile ad altra  creatura, è quella di essere veramente la Madre di Dio. Questa dignità eleva la Vergine SS.  ma ad un ordine immensamente superiore ad ogni altro; la innalza sino ai confini della  Divinità, e la rende centro di benedizione sì nell'antica che nella nuova legge. Quindi può dirsi  che Maria è una nuova creatura, un mondo tutto spirituale, una meraviglia! 

Questo è il concetto che dobbiamo avere della Madonna, anche secondo la dottrina dei Santi  Padri. 

La Maternità di Maria deve considerarsi sotto due aspetti: materiale e morale. Benché  l'aspetto materiale sia inferiore, è però così sublime da non trovare mente umana che valga a  raggiungerlo. 

«E' certo, dice il Rev.mo P. Roschini, che nel primo atto della Divina Maternità, vi fu una  strettissima unione fisica fra la sostanza di Maria e quella di Gesù». (Istruzioni Mariane, p.  56). 

Ma cosa si intende con la frase: Fu una strettissima unione fisica? Ci permetta il Rev.mo P.  Roschini di aggiungere una parola di spiegazione A compiere il mistero della Divina Incarnazione concorsero due elementi: la SS. ma Vergine e  lo Spirito Santo. La SS. ma Vergine fornì l'elemento del quale e intorno al quale si formò il  corpo del Salvatore. Quell'elemento fu una particella della sua carne, fu un atto vitale che  apparteneva alla sua vita fisica; e questo atto, in Maria, fu volontario e libero, e per ciò  appartenente alla sua vita intellettuale e morale: ed in questo appunto la sua maternità  cominciò ad elevarsi al di sopra della maternità naturale. 

Però nella concezione di Dio, la sola cooperazione materiale di Maria non poteva convenire  all'azione dello Spirito Santo sulla sua creatura, né alla creatura che la riceveva. Imperocchè  Dio volendo farsi nostro fratello, rivestendo la nostra umanità, non bastava che Maria  accettasse un'operazione qualunque dello Spirito Santo; ma bisognava che ella  acconsentisse formalmente a divenire Madre del Salvatore, e accettasse di cooperare  liberamente e volontariamente al disegno per cui Iddio domandava di incarnarsi nel suo seno:  la sua Maternità; ecco il primo e diretto oggetto del suo consenso; ed è su questo che la  Vergine pronunciò quel fiat, che attirò nel suo seno il Figlio di Dio. 

L'azione quindi dello Spirito Santo era legata al consenso di Maria; e quando S. Giovanni nel  suo Vangelo dice: «Verbum caro factum est», il Verbo si è fatto carne, o più esattamente, il Verbo si è fatto uomo, non vuol dire che Dio si è unito ad un uomo, ma bensì che Egli si è  fatto, è diventato un uomo; di modo che è esatto il dire: Dio è uomo e un uomo è Dio. Così si  escludono in Gesù Cristo le due persone; diversamente, per quanto si volessero supporre fra  loro unite e anche fuse, resterebbero sempre persone distinte, e per conseguenza Dio non  sarebbe uomo, e un uomo non sarebbe Dio. 

In conclusione, l'Umanità di Gesù Cristo, dal primo istante di sua esistenza, e per il fatto  stesso della sua esistenza, è unita personalmente a Dio: e chi vuole concepire la natura  umana di nostro Signore, quale è realmente, deve concepirla unita personalmente al Verbo di  Dio. 

Lo afferma chiaramente il Vangelo. L'Arcangelo Gabriele disse a Maria che ella avrebbe  concepito per la virtù dello Spirito Santo un figlio che sarebbe stato Dio; ora se la natura  umana del Salvatore, anche incompleta e in via di formazione, esistette un solo istante nel  seno di Maria, senza essere unita alla Divinità, la prima affermazione dell'Arcangelo resta vera, perché Maria ha realmente concepito per opera dello Spirito Santo; ma resterebbe falsa  la seconda, in quanto che Maria non avrebbe concepito il Figlio di Dio, ma soltanto un uomo. 

    Ecco la strettissima unione fisica tra la sostanza di Maria e quella di Gesù: unione così  stretta, che è assolutamente impossibile separare le due nature; l'una non può esistere senza  l'altra. 

    E chi può non ammirare la grandezza di Maria, elevata alla sublime dignità di Madre di  Dio? 

    E sarà appunto questa Divina Maternità della Vergine che verrà a schiantare le eresie,  sorte specialmente nei primi secoli della Chiesa. 

    Il Rev.mo P. Roschini continua poi a mettere sempre più in evidenza la grandezza della  sempre Vergine quando scrive: «Durante i nove mesi che trascorsero dall'Annunciazione alla  Natività, Gesù visse, letteralmente, della vita di Maria sua Madre; il sangue che gli scorreva  nelle vene, che gli faceva battere il cuore, che recava accrescimento alle sue piccole  membra, quel sangue tutto era passato nel cuore di sua Madre; era il sangue più puro della  Vergine Immacolata. E dopo avere nutrito Gesù, esso ritornava al cuore di Maria, donde  arricchito di nuove energie, sarebbe ritornato a Gesù. In questo scambio ininterrotto, in  questo commercio vitale di tutti gli istanti tra il Creatore ed una sua creatura, non vi è forse un  mistero di condiscendenza divina, e un mistero non meno sorprendente di elevazione  umana? Che poteva mai fare di più Iddio per onorare una creatura, e che mai poteva fare di  più una creatura per servire al suo Dio»? (L c.). 

    S. Pier Damiani, sorpreso di questa grandezza di Maria, esclama: «Come la parola  dell'uomo potrà mai lodare chi generò di sé il Verbo eterno? Quale lingua potrà mai lodare  abbastanza colei che diede alla luce quegli che tutti lodano e al quale tutti ubbidiscono  tremanti? Qual mente non si dovrà sentire confusa al pensiero che il Creatore nasce da una  creatura, che l'artefice da chi egli ha formato? Quanto dobbiamo sentirci debitori a questa  Beatissima Genitrice di Dio, imperocchè quel corpo di Cristo che Maria Vergine generò, che  riscaldò sul suo petto, che coprì di fasce, che con tanto affetto materno nutrì, quello e non  altro riceviamo dal sacro altare e beviamo il suo sangue motivo di nostra salute. Tanto  abbiamo dalla fede cattolica, tanto fedelmente ci insegna la Santa Chiesa. Nessuna lingua  umana potrà mai lodare colei, dalla quale sappiamo essersi incarnato il mediatore tra Dio e gli  uomini». (Serm. 45. de Nativ. Virg.). 

    Quanto sia giusto questo parlare di S. Pier Damiani, lo si può comprendere anche facendo  qualche confronto con le altre creature. I Profeti hanno annunciato il Salvatore; gli Angeli ne  hanno celebrato la nascita; il santo Precursore lo ha mostrato al mondo; gli Apostoli e gli  Evangelisti lo hanno fatto conoscere ai popoli; i ministri della Chiesa, da secoli, ci predicano  la sua parola, ci dispensano i suoi Sacramenti e i suoi misteri: Maria SS. ma però ha  composto della propria sostanza questo Salvatore, lo ha nutrito, lo ha allevato con cure e  sollecitudini inenarrabili perché fosse nostra vittima; ed entrando a parte dell'amore di Dio per  gli uomini, acconsentì alla morte di Lui, che ci era necessaria, e muta ai piedi della croce, col  cuore trafitto dalla spada del dolore, lo ha offerto e sacrificato per noi!... 

Giustissima quindi la frase di quella donna che, rivolta a Gesù, esclamò: «Beatus venter qui  te portavit et ubera quae suxisti». (Luc. 11). 

Ma ciò che maggiormente fa risaltare la Maternità di Maria è il suo aspetto morale, cioè il  possesso di tutte le prerogative proprie della sua altissima dignità; prerogative che si  compendiano nella santità della Beatissima Vergine; santità particolarissima che non ha  confronti se non con quella di Dio. 

Se un S. Giovanni Battista, perché fosse degno Precursore, fu arricchito di tanti doni: se un S.  Paolo, perché fosse degno Apostolo delle genti, fu fatto vaso di elezione, quali grazie non avrà Iddio concesso alla Vergine perché fosse degna sua Madre? 

S. Anselmo così si esprime: «Quella Vergine, a cui il Padre voleva dare per figlio il proprio  eterno Unigenito, generato dalla sua mente, a Lui uguale nella gloria, che amava come sé  stesso, perché fosse uno stesso figlio comune della Vergine e di Dio Padre; quella Vergine  che il Divin Figlio si era scelto per madre secondo l'umana natura; quella Vergine in cui lo  Spirito Santo operava il concepimento dell'Eterno Figlio da cui Egli procede,  certo doveva  risplendere di tale purezza e santità che, dopo Dio, non si poteva intendere...». (De Concp.  Virg. 28). 

   Tali sono i sentimenti di tutti i Padri, che il martire S. Metodio compendia in queste parole:  «Così fermamente sentono tutti quelli che professano la vera fede». (Orat. de Sim. et Anna). 

   La Maternità Divina della Beatissima Vergine Maria è quindi prova e sostegno di tutti i  misteri del cristianesimo. Tolta la Divina Maternità della Vergine, cade la Redenzione, la  giustificazione e la glorificazione dell'uomo, che sono effetti del Verbo Incarnato. Ed ecco la  Maternità di Maria divenuta argomento di cui i Santi Padri si servirono in ogni tempo per  combattere gli errori e conservare l'integrità della fede cattolica.

P. AMADIO M. TINTI DEI SERVI DI MARIA