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domenica 8 settembre 2024

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


La Chiesa gloriosa. 

15. 35. Allora la Chiesa sarà in modo pieno e assoluto senza macchia, senza ruga, senza alcun altro difetto 183, perché allora sarà anche veramente gloriosa; Dicendo infatti non soltanto: Per farsi comparire davanti la sua Chiesa senza macchia né ruga, ma in aggiunta pure gloriosa 184, ha fatto ben capire quando la Chiesa sarà senza macchia né ruga o alcunché di simile: lo sarà al momento di essere gloriosa. Presentemente in mezzo a così grandi mali, a così grandi scandali, a tanta mescolanza di pessima gente, a tante insolenze da parte degli empi, non si può dire che la Chiesa sia gloriosa per il semplice fatto che i re le prestano i loro servizi: c'è anzi in questo una tentazione ancora più pericolosa e grave. Ma sarà invece gloriosa all'avverarsi di quello che dice il medesimo Apostolo: Quando si manifesterà il Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria 185 . Se infatti il Signore stesso, secondo la natura di servo 186 mediante la quale si è unito alla Chiesa per fare da mediatore, non fu glorificato se non con la gloria della risurrezione - tanto che si legge: Non era stato dato ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato 187 -, come potrebbe la sua Chiesa dirsi gloriosa prima della propria risurrezione? Il Signore dunque la purifica presentemente per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola 188, lavando i suoi peccati trascorsi e fugando da essa la prepotenza degli angeli cattivi; poi, portando alla perfezione tutte le sue guarigioni, la fa sfociare in quella Chiesa gloriosa senza macchia né ruga. Infatti quelli che ha predestinati li ha anche chiamati, quelli che ha chiamati li ha anche giustificati, quelli che ha giustificati li ha anche glorificati 189. In relazione a tale mistero io credo che abbia detto: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno ho finito 190, cioè raggiungo la perfezione. Lo dice infatti in nome del suo corpo che è la Chiesa, usando i giorni al posto di epoche distinte e ordinate, che già nella sua risurrezione ha rappresentate in un triduo.

Sant'Agostino

mercoledì 21 agosto 2024

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


Con la grazia di Dio diventa puro il cuore umano. 


15. 34. Sono tuttavia esatte anche le testimonianze che costui oppone in risposta. Quello che il Salvatore dice nel Vangelo: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio 172". Quello che afferma Davide: "Chi salirà il monte del Signore: Chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro 173 ". Quello che si legge altrove: "La tua bontà, Signore, sia con i buoni e con i retti di cuore 174". Quello ancora che si trova presso Salomone: "Buona è la sostanza della ricchezza per chi non ha peccato sulla coscienza 175", e anche: "Fuggi l'ingiustizia, opera con mani caste e monda il tuo cuore da ogni peccato 176". Quello che si trova in una lettera di Giovanni: "Se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, noi abbiamo fiducia in Dio e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui 177 ". Tutto ciò si compie appunto con la volontà: credendo, sperando, amando, castigando il nostro corpo, donando elemosine, perdonando le offese, pregando perseverantemente, chiedendo la forza di progredire, affermando sinceramente: Rimetti a noi, come noi rimettiamo, e: Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male 178 . È questo precisamente che si compie: che il cuore si purifichi, che sparisca ogni peccato, che quanto il giusto Re assiso sul suo trono 179 trovi d'occulto e di meno bello venga rimesso dalla sua misericordia, che il cuore sia reso tutto sano e puro per vedere Dio. Il giudizio sarà senza misericordia, ma contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio 180. Se non fosse cosi, quale speranza ci sarebbe? Perché, quando il giusto re si sarà assiso sul trono, chi può dire d'avere un cuore puro? O chi può dire d'esser mondo dal peccato 181? Allora dunque i giusti, pienamente e perfettamente mondati dalla sua misericordia, splenderanno come il sole nel regno del Padre loro 182 .

Sant'Agostino

mercoledì 14 agosto 2024

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


Chi si vanterà dinanzi a Dio di avere un cuore puro? 


15. 33. Scrive costui: 

Dicono altresì: "Chi può dire d'avere un cuore puro? 168". 

E a questa difficoltà risponde con molti altri testi, volendo dimostrare la possibilità nell'uomo di un cuore puro. Però non dice come si deve intendere il testo che riporta quale obiezione contro di sé: 

Chi può dire d'avere un cuore puro? 

in modo che la Scrittura divina non apparisca contraria a se stessa in questo testo e negli altri con i quali risponde. Noi invece per rispondere a costui diciamo che le parole: 

Chi può dire d'avere un cuore puro? 

sono giustificate da quelle che precedono: Quando il giusto re si sarà assiso sul trono 169. 

Per quanto infatti sia grande la giustizia di cui è ricco un uomo, egli deve temere che senza accorgersene si trovi in lui qualcosa di colpevole, quando si sarà assiso sul suo trono il giusto Re al cui sguardo non possono sfuggire le colpe, nemmeno quelle delle quali si legge: 

Le inavvertenze chi le discerne 170? 

Quando dunque il giusto re si sarà assiso sul trono, chi può dire di avere un cuore puro? O chi potrà dire d'essere mondo dal peccato 171? 

Nessuno, all'infuori forse di costoro che vogliono gloriarsi della propria giustizia e non della misericordia dello stesso giudice.

Sant'Agostino

venerdì 2 agosto 2024

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO



Dio solo è buono? 

14. 32. Scrive costui: Obiettano altresi quello che dice il Signore: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non uno solo, Dio 155 ". Lascia ugualmente in sospeso anche questa proposizione, ma mette di fronte ad essa altre testimonianze per provare che pure l'uomo è buono. Scrive infatti: Bisogna rispondere quello che afferma altrove lo stesso Signore: "L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae cose buone 156", e: "Dio fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi 157 ". E altrove è scritto: "I beni per i buoni furono creati fin da principio 158". E ancora: "Gli uomini retti abiteranno nel paese 159 ". Si deve rispondere a costui, ma in modo da rendere intelligibile anche la dichiarazione: Nessuno è buono se non uno solo 160, Dio. Una spiegazione può essere la seguente. Tutte le cose create, sebbene Dio le abbia fatte molto buone 161, nondimeno a confronto del Creatore non sono buone, come a confronto di lui non esistono nemmeno. In senso altissimo e in certo qual modo esclusivo dice di se stesso: Io sono colui che sono 162. Si afferma che nessuno è buono se non uno solo, Dio nel senso in cui si dice di Giovanni: Egli non era la luce 163, benché il Signore dica che egli era una lampada 164, non meno dei discepoli ai quali dichiarò: Voi siete la luce del mondo; non si può accendere una lucerna per metterla sotto il moggio 165. Ma a confronto con quella luce che è la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo 166, Giovanni non era la luce. Un'altra spiegazione è la seguente. Anche i figli di Dio confrontati con loro stessi quali sono destinati ad essere nella perfezione eterna, sono attualmente buoni in maniera da essere insieme anche cattivi. Io non oserei affermarlo di essi - chi ardirebbe chiamare cattivi coloro di cui è padre Dio? -, se il Signore stesso non dicesse: Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano 167! Proprio dicendo: Il Padre vostro indica che sono già figli di Dio, eppure non tace che sono ancora cattivi. Costui tuttavia non spiega come per un verso gli uomini siano buoni e come per un altro nessuno sia buono all'infuori dell'unico Dio. Perciò colui che aveva interrogato Gesù sul bene da fare fu esortato a cercare Dio per essere buono con la grazia di colui per il quale essere buono è lo stesso suo essere, perché è buono immutabilmente e non può essere cattivo in nessun modo.

 Sant'Agostino

lunedì 8 luglio 2024

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


Il bene non manca tra gli uomini. 

13. 31. Così pure ha impostato la questione che segue e non l'ha risolta, ma anzi l'ha aggravata e resa più difficile riportando la testimonianza invocata contro di lui: Più nessuno fa il bene, neppure uno 146, e riferendo altre testimonianze apparentemente contrarie a questa, per dimostrare l'esistenza di uomini che fanno il bene. E la dimostra veramente. Ma altro è un uomo che non fa il bene e altro un uomo che non è senza peccato anche quando fa molte buone azioni. Perciò i testi addotti da lui non vanno contro l'affermazione che in questa vita non esiste uomo senza peccato. 

Egli invece non spiega in che senso sia stato detto: Più nessuno fa il bene, neppure uno 147 . Scrive costui: Dice il santo Profeta Davide: "Confida nel Signore e fa' il bene 148". Questo è un precetto, non è un fatto: un precetto non rispettato certamente da coloro di cui si dice: Più nessuno fa il bene, neppure uno 149. Scrive costui: Anche il santo Tobia dice: "Non temere, figlio mio; noi conduciamo una vita povera, ma avremo grandi beni se temeremo il Signore, se ci asterremo da ogni peccato e faremo opere buone 150 ". Esattissimo: allora l'uomo avrà molti beni quando si sarà sottratto ad ogni peccato. Quel giorno infatti non ci sarà più nessun male per lui, così da non aver più bisogno di dire: Liberaci dal male 151 . Per quanto anche adesso chiunque progredisce, se progredisce con retta intenzione, si sottrae ad ogni peccato e tanto più se ne allontana quanto più si avvicina alla pienezza e alla perfezione della giustizia, perché la stessa concupiscenza, che è il peccato immanente nella nostra carne 152, pur restando ancora e per sempre nelle membra mortali, non cessa tuttavia di diminuire in coloro che progrediscono. Altro dunque è sottrarsi ad ogni peccato, e ciò è il compito della vita d'ora, altro è l'essersi già sottratti ad ogni peccato, e ciò avverrà nella perfezione di allora. Comunque, tanto chi si è già sottratto quanto chi si sta ancora sottraendo al peccato, fa innegabilmente il bene. La frase dunque: Più nessuno fa il bene, neppure uno 153, che costui riporta e lascia senza spiegazione, come si deve intendere? Solamente così: quel salmo rimprovera un popolo nel quale non c'era nemmeno uno che facesse il bene, perché volevano rimanere figli degli uomini e non essere figli di Dio, per la cui grazia l'uomo diventa buono e capace di fare il bene. Dobbiamo infatti intendere che qui si parla del medesimo bene di cui là si dice: Il Signore dal cielo si china sugli uomini per vedere se esista un saggio: se c'è uno che cerchi Dio 154. Non c'era dunque nessuno che facesse questo bene di cercare Dio, neppure uno; ma non c'era in mezzo a quella cerchia di uomini che sono predestinati alla rovina. Su costoro infatti si chinò la prescienza di Dio e pronunziò la sentenza. 

Sant'Agostino

domenica 29 ottobre 2023

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


AGOSTINO AI SANTI FRATELLI E VESCOVI EUTROPIO E PAOLO 


La dodicesima contestazione: la volontà umana non ha il  potere di volgersi al bene? 

6. 12. Scrive costui: Si deve chiedere ancora perché mai l'uomo  non possa essere senza peccato: se ciò dipenda dalla volontà o  dalla natura. Se dalla natura, il peccato non c'è; se dalla volontà, è  facilissimo con la volontà cambiare la volontà. Noi rispondiamo  ammonendo che si deve riflettere quanto sia grande cotesta  presunzione che fa dire che non solo la volontà può cambiare la  volontà - e non si deve certamente negare che lo possa con l'aiuto  della grazia di Dio -, ma anche che "la volontà può facilissimamente  cambiare la.volontà", mentre l'Apostolo dice: La carne ha desideri  contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne;  queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che  vorreste 34. Non dice infatti: Queste cose si oppongono a vicenda,  sicché voi non volete quello che potete fare, ma dice: Sicché voi  non fate quello che vorreste. Dunque la concupiscenza della carne,  la quale è certamente colpevole e viziosa, non è altro che quel  desiderio di peccato che il medesimo Apostolo comanda di non far  regnare nel nostro corpo mortale 35, dando così ad intendere sufficientemente che è tuttavia presente nel nostro corpo mortale il  peccato a cui non si deve permettere di regnare. Perché mai  dunque cotesta concupiscenza non è stata cambiata da quella  volontà espressa dall'Apostolo con sufficiente evidenza nelle parole: 

Sicché voi non fate quello che vorreste, se è facile con la volontà  cambiare la volontà? Ed in questa maniera non è certamente che  noi accusiamo la natura o dell'anima o del corpo, la quale è stata  creata da Dio ed è tutta buona, ma diciamo che essa, dopo esser  stata viziata dalla propria volontà, non può esser sanata se non  dalla grazia di Dio; 


La tredicesiina contestazione: perché l'inevitabile dovrebbe  essere una colpa per l'uomo? 

6. 13. Scrive costui: Si deve chiedere ancora di chi sia la colpa che  l'uomo non possa essere senza peccato: se dell'uomo stesso o di  qualsiasi altro. Se dell'uomo stesso, come può aver colpa di non  essere quello che non può essere? Noi rispondiamo che in tanto è  colpa dell'uomo di non esser senza peccato in quanto è dipeso solo  dalla volontà dell'uomo che egli arrivasse a tale necessità da non  poter essere superata dalla sola volontà dell'uomo. 


La quattordicesima contestazione: come può essere buona la  natura umana, se non le è possibile evitare il male? 

6. 14. Scrive costui: Si deve chiedere ancora, ammesso che la  natura dell'uomo sia buona, ciò che nessuno all'infuori di Marcione  o di Manicheo oserà negare, come dunque sia buona la natura  dell'uomo, se non le è possibile esser immune dal male. Chi  potrebbe infatti dubitare che ogni peccato sia un male? Noi  rispondiamo che la natura dell'uomo è buona e che essa può esser  immune dal male. È per questo appunto che gridiamo: Liberaci dal  male 36. Ciò non si avvera perfettamente finché un corpo  corruttibile appesantisce l'anima 37. Ma la grazia ottiene per mezzo  della fede che un giorno si possa dire: Dov'è, o morte, la tua  vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Il pungiglione della  morte è il peccato e la forza del peccato è la legge 38. Perché la  legge con le sue proibizioni accresce il desiderio del peccato, se lo  Spirito non diffonde la carità, la quale sarà piena e perfetta quando  vedremo Dio faccia a faccia 39.

Sant'Agostino


martedì 24 ottobre 2023

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


AGOSTINO AI SANTI FRATELLI E VESCOVI EUTROPIO E PAOLO 


L'undicesima contestazione: puo l'uomo osservare i divieti e  i precetti di Dio? 

5. 11. Scrive costui: Si deve chiedere ancora in quanti modi si  commetta il peccato. In due, credo: o facendo le azioni che sono  proibite o non facendo le azioni che sono comandate. Ora, si  possono evitare tutte le azioni proibite così come si possono  compiere tutte le azioni comandate. Invano infatti si proibirebbe o  si comanderebbe ciò che fosse inevitabile o fosse irrealizzabile. E  come negheremo allora che l'uomo possa esser senza peccato,  quando bisogna necessariamente dire che può ed evitare le azioni  proibite e compiere le azioni comandate? Si risponde: i precetti  divini nelle Scritture sante sono così numerosi che sarebbe troppo  laborioso ricordarli tutti. Ma il Signore, che portò a compimento la  parola di Dio sulla terra con pienezza e rapidità 24, disse che la  Legge e i Profeti si riducono a due precetti, così da farci capire che  quant'altro è stato comandato da Dio sfocia in questi due precetti e  deve riferirsi ad essi: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo  cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente 25, e: 

Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due  comandamenti, disse, dipende tutta la Legge e i Profeti 26. Quanto  perciò la legge di Dio ci proibisce di fare e quanto ci comanda di fare, ce lo proibisce e ce lo comanda perché noi adempiamo questi  due precetti. E forse tutte le proibizioni stanno nel divieto: Non  desiderare 27, e tutte le prescrizioni stanno nel comando: Amerai 28;  Perciò anche l'apostolo Paolo ha ristretto brevemente ambedue le  norme in un suo testo. È proibitiva la norma: Non conformatevi alla  mentalità di questo secolo; è prescrittiva invece la norma: Ma  trasformatevi rinnovando la vostra mente 29. La prima norma  concerne il non desiderare, l'altra l'amare, la prima la continenza,  l'altra la giustizia, la prima l'allontanarsi dal male, l'altra fare il  bene. Infatti non desiderando deponiamo l'uomo vecchio e amando  ci rivestiamo dell'uomo nuovo. Ma è vero sia che nessuno può esser continente se Dio non glielo concede 30, sia che l'amore di Dio non  si riversa nei nostri cuori da noi stessi, bensì per mezzo dello Spirito  Santo che ci è stato dato 31. Tutto questo poi avviene ogni giorno di  più in coloro che progrediscono nel volere, nel credere, nel pregare  e, dimentichi del passato, si protendono verso il futuro 32. Questo è  infatti lo scopo per cui la legge stessa comanda: quando l'uomo si  trova insufficiente ad osservare tali precetti, non s'impenni per  tumida superbia, ma nella sua fatica ricorra alla grazia, e così  avverrà che la legge nella sua veste di pedagogo lo condurrà  attraverso il timore all'amore del Cristo 33. 

Sant'Agostino

mercoledì 18 ottobre 2023

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


AGOSTINO AI SANTI FRATELLI E VESCOVI EUTROPIO E PAOLO 


La nona contestazione: la libertà umana è più incline a  peccare che a non peccare? 

4. 9. Scrive costui: Si deve porre un'altra domanda su che cosa  faccia essere l'uomo con il peccato: se una necessità di natura o se  una libertà dell'arbitrio. Se una necessità di natura, l'uomo è esente  da colpa; se una libertà dell'arbitrio, domandiamoci da chi l'uomo  abbia ricevuto la stessa libertà dell'arbitrio. Senza dubbio da Dio.  Ora, quello che Dio ha dato è sicuramente buono: non si può  negare. Ma come dunque risulterebbe buono, se fosse incline più al  male che al bene? Ed è più incline al male che al bene il libero  arbitrio, se per esso l'uomo può essere con il peccato e non può  esser senza peccato. Si risponde: per libertà d'arbitrio accadde che  l'uomo fosse con il peccato, ma ormai la viziosità dovuta e seguita  al castigo ha cambiato la libertà in una necessità. Perciò la fede  grida a Dio: Salvami dalle mie necessità 17. Noi, posti sotto queste  necessità, o non possiamo capire quello che vogliamo, o vogliamo  fare quello che abbiamo capito ma non possiamo farlo. Infatti anche  la stessa libertà è una promessa che viene ai credenti dal  Liberatore. Se il Figlio vi farà liberi, dice Gesù, sarete liberi davvero 18. La ragione è che, quando la volontà fu vinta dal vizio in  cui cadde, la natura perse la libertà. Per questo un altro testo della  Scrittura dice: Uno è schiavo di ciò che l'ha vinto 19. Come dunque il  medico non è necessario ai sani, ma ai malati 20, così il liberatore  non è necessario ai liberi, ma agli schiavi, cosicché con il suo  Liberatore si congratula la libertà dicendo: Hai salvato l'anima mia  dalle sue necessità 21. È la stessa sanità infatti ad essere la vera  libertà, e la libertà non si sarebbe perduta se la volontà fosse  rimasta buona. Poiché invece la volontà peccò, nell'uomo che peccò  insorse la dura necessità di avere il peccato dentro di sé, finché si  guarisca tutta l'infermità e si riceva tanta libertà che in essa sia,  com'è necessario, immutabile la volontà di vivere felicemente, unita alla necessità volontaria e felice di vivere anche santamente e di  non peccare mai più. 


La decima contestazione: l'uomo è cattivo? 

4. 10. Scrive costui: Dio dunque fece buono l'uomo e oltre a farlo  buono gli comandò pure di fare il bene. Quanto sarebbe grande la  nostra empietà, se dicessimo che l'uomo è cattivo, mentre non è  stato fatto cattivo né gli è stato comandato di fare il male, se gli  negassimo la possibilità d'essere buono, mentre è stato fatto buono  e gli è stato comandato di fare il bene! Noi rispondiamo: Proprio  dunque perché non è stato l'uomo da se stesso, ma è Dio che ha  fatto buono l'uomo, non è l'uomo che si rifà buono da se stesso, ma  è Dio che lo rifà buono, se collabora con Dio mediante il volere, il  credere, il pregare, liberandolo dal male che ha fatto a sé da se  stesso. Ciò poi avviene se, con la grazia di Dio per Gesù Cristo  nostro Signore 22, l'uomo si rinnova nella sua anima di giorno in  giorno 23 così da meritare di risorgere con il suo corpo nell'ultimo  giorno non alla pena, ma alla vita eterna. 

Sant'Agostino

domenica 15 ottobre 2023

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


AGOSTINO AI SANTI FRATELLI E VESCOVI EUTROPIO E PAOLO 


La sesta contestazione: il precetto di non peccare è possibile  per l'uomo? 

3. 6. Scrive costui: Si deve chiedere ancora se sia comandato  all'uomo d'esser senza peccato. Infatti o non può e non gli è  comandato, o proprio perché gli è comandato può. Come si  potrebbe infatti comandare ciò che fosse assolutamente  impossibile? Si risponde che con precisa intenzionalità si comanda  all'uomo di camminare bene, perché, quando s'accorge di non  poterlo, cerchi la medicina con cui sanare lo zoppicare del peccato  nel suo interno, e la medicina è la grazia di Dio per Gesù Cristo  nostro Signore 12.

 

La settima contestazione: Dio vuole che l'uomo sia senza  peccato? 

3. 7. Scrive costui: Un'altra domanda che si deve fare è se Dio  vuole che l'uomo sia senza peccato. Certamente Dio lo vuole e  certamente l'uomo lo può. Chi infatti sarebbe tanto pazzo da  dubitare che si possa compiere quanto si sa con certezza voluto da  Dio? Si risponde: Se Dio non voleva che l'uomo fosse senza  peccato, non mandava il suo Figlio senza peccato a risanare gli  uomini dai peccati. Ciò avviene in coloro che credono e che  mediante la rinnovazione dell'interno dell'uomo progrediscono di  giorno in giorno 13 finché la giustizia diventi perfetta come sanità  completa. 


L'ottava contestazione: può l'uomo essere quello che Dio  non vuole che sia? 

3. 8. Scrive costui: Di nuovo si deve chiedere in che condizione Dio  voglia l'uomo: se con il peccato o senza peccato. Certamente non  vuole che l'uomo sia con il peccato. Si rifletta quanto sia grande  questa così empia bestemmia d'affermare che l'uomo può essere  con il peccato, mentre Dio non lo vuole così, e di negare che l'uomo  può esser senza peccato, mentre Dio lo vuole così. Come se Dio  avesse creato qualcuno proprio perché potesse essere quello che  Dio non vuole e non potesse essere quello che Dio vuole ed  esistesse così più contro la volontà di Dio che secondo la sua  volontà. Abbiamo già dato sopra la risposta: ma vedo di dover  aggiungere che nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che  si spera, se visto, non è più speranza; infatti ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non  vediamo, lo attendiamo con perseveranza 14. Allora dunque ci sarà  pienezza di di giustizia quando ci sarà pienezza di sanità, allora ci  sarà pienezza di sanità quando ci sarà pienezza di carità, perché pieno compimento della legge è la carità 15; ma allora ci sarà  pienezza di carità quando vedremo Dio così com'egli è 16. Non ci  sarà infatti più nulla da aggiungere all'amore quando la fede sarà  giunta alla visione. 

Sant'Agostino

martedì 10 ottobre 2023

LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO

 


LA PERFEZIONE DELLA GIUSTIZIA DELL'UOMO 

AGOSTINO AI SANTI FRATELLI E VESCOVI EUTROPIO E PAOLO 


Agostino si propone di rispondere punto per punto alle  contestazione di Celestio. 

1. 1. La Carità vostra, tanto grande e tanto santa da esser perfino  dilettevole servirla nei comandi, mi ha chiesto di rispondere alle 

Definizioni che vanno sotto il nome di Celestio. Così almeno è  scritto sulla cartella che mi avete consegnata: Definizioni attribuite  a Celestio. Tale soprascritta non credo sia di lui, ma di coloro che  hanno portato il manoscritto dalla Sicilia. Celestio, a sentir dire, non  si trovava là, ma nell'isola c'erano molti che andavano sciorinando  le medesime opinioni, ingannati e ingannatori nello stesso tempo 1,  come si esprime l'Apostolo. Che tuttavia queste opinioni vengano  dalla dottrina di Celestio o da quella di certi suoi seguaci lo  possiamo congetturare anche noi. Infatti nemmeno queste brevi Definizioni o meglio argomentazioni, si distaccano dal suo stile. L'ho  potuto riscontrare in un'altra opera di cui consta che egli è l'autore,  e non senza ragione cotesti fratelli che le hanno portate sentirono  dire in Sicilia, io penso, che proprio lui ha insegnato o scritto tali  errori. Sarebbe certamente mio desiderio, se mi fosse possibile,  obbedire così alla vostra fraterna benevolenza da rispondere anch'io  con la medesima brevità. Ma se non riferisco anche i passi a cui  rispondo, chi potrà giudicare della qualità della mia risposta? Farò  comunque di tutto perché, con l'aiuto anche delle vostre preghiere  presso la misericordia del Signore, le mie parole non oltrepassino i  limiti della necessità. 


La prima contestazione di Celestio: il peccato si può evitare o  no? 

2. 1. Scrive costui: Prima di tutto, a chi nega che l'uomo può esser  senza peccato si domandi che cosa sia il peccato in genere: se  qualcosa di evitabile o qualcosa di inevitabile. Se qualcosa di  inevitabile, non è peccato; se qualcosa di evitabile, può un uomo 

essere senza il peccato che si può evitare. Infatti non c'è nessuna  ragione o giustizia che consenta minimamente di chiamare peccato  ciò che non si può in nessun modo evitare; Noi rispondiamo che si  può evitare il peccato, se la natura viziata è risanata dalla grazia di  Dio per Gesù Cristo nostro Signore 2. In tanto essa non è sana in  quanto o non vede per cecità ciò che si deve fare o non l'adempie  per debilità, atteso che la carne ha desideri contrari allo spirito e lo  spirito ha desideri contrari alla carne 3, sicché l'uomo non fa quello  che vorrebbe. 


La seconda contestazione: peccare è necessario o libero? 

2. 2. Scrive costui: Si deve chiedere ancora se il peccato dipenda  da volontà o da necessità. Se dipende da necessità, non è peccato;  se dipende da volontà, si può evitare. Noi rispondiamo come sopra,  e per essere risanati invochiamo colui al quale si dice nel salmo: Liberami dalle mie necessità 4. 


La terza contestazione: peccare è naturale o contingente? 

2. 3. Scrive costui: Si deve chiedere di nuovo se il peccato sia  naturale o accidentale. Se è naturale, non è peccato; se è  accidentale, può anche mancare, e ciò che può mancare è evitabile  e poiché si può evitare l'uomo può essere senza ciò che è evitabile. 

Si risponde che il peccato non è naturale; ma alla natura,  specialmente a quella viziata e a causa della quale siamo diventati per natura meritevoli d'ira 5, è insufficiente per non peccare  l'arbitrio della volontà, se la natura non è sanata e aiutata dalla grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore 6. 


La quarta contestazione: il peccato è un atto o una sostanza? 

2. 4. Scrive costui: Si deve chiedere ancora se il peccato sia  un'azione o una sostanza. Se è una sostanza, bisogna che abbia un  creatore, e se si dice che ha un creatore sembrerà subito che al di  fuori di Dio si ammetta un altro creatore di una qualche sostanza; 

Ma se è un'empietà dir questo, sarà necessario riconoscere che ogni  peccato è un'azione e non una sostanza. Se dunque è un'azione,  anzi proprio perché è veramente un'azione, si può evitare. Noi rispondiamo che senza dubbio il peccato si dice ed è un'azione, non  una sostanza. Ma anche lo zoppicare è similmente nel corpo  un'azione e non una sostanza, perché sostanza è il piede stesso o il  corpo o l'uomo che zoppica per un piede viziato. E tuttavia non può  l'uomo fare a meno di zoppicare, se non ha il piede risanato. Ciò  può avvenire anche nell'interno dell'uomo, ma con la grazia di Dio,  per Gesù Cristo nostro Signore 7. Evidentemente il vizio stesso per  cui l'uomo zoppica non è né il piede né il corpo né l'uomo né lo  stesso zoppicare, che certamente manca quando l'uomo non  cammina, pur essendo insito in lui un vizio che lo fa zoppicare  quando cammina. Cerchi dunque che nome dare a tale vizio: se lo  vuol chiamare sostanza o azione o piuttosto deterioramento d'una  sostanza che rende deforme la sua azione. Così pure nell'interno  dell'uomo l'anima è sostanza, la rapina è azione, l'avarizia è vizio,  ossia un deterioramento che rende cattivo l'animo, anche quando  non compie nessuna azione per contentare la sua avarizia, anche  quando sente intimarsi: Non desiderare 8 e vitupera se stesso, e  tuttavia rimane avaro; ma per mezzo della fede si rinnova, cioè si  risana, di giorno in giorno 9, né tuttavia lo può senza la grazia di  Dio per Gesù Cristo nostro Signore 10. 

***

Sant'Agostino

lunedì 30 agosto 2021

Sant'Agostino

 


AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA 

16. 20. Negli atti del magistrato di Cartagine si legge la  dichiarazione di Primiano, in cui dice espressamente che i loro  antenati hanno vessato i loro padri con ogni tipo di esilio. Durante  la conferenza [i vostri vescovi] hanno tentato di provare che, sulla  base delle accuse dei loro antenati, l'imperatore condannò Ceciliano  all'esilio. Nella loro lettera 61, essi sostengono che la loro comunione  è la Chiesa della verità, quella che subisce la persecuzione anziché  infliggerla; si affannano perciò a dimostrare che Ceciliano è stato  condannato dalla sentenza dell'imperatore in seguito alle denunce  dei loro antenati. Ora, essi attribuiscono questo fatto, non a Donato  di Case Nere, ma a colui che esaltano al di sopra di tutti: Donato di  Cartagine. Ecco ciò che tentano di accreditare, a quanto si dice, con  i loro libelli, in cui gli sconfitti accusano il giudice, poiché la verità durante la notte ha confutato la notte del loro cuore. Il famoso  Donato, sì, l'illustre Donato, che hanno chiamato l'ornamento della  Chiesa di Cartagine ed eroe con l'aureola del martirio, per esaltarne  il valore, sono giunti al punto di affermare che era stato proprio lui  a dichiarare colpevole e a far condannare Ceciliano davanti al  tribunale dell'imperatore Costantino. Dunque, questo eroe con  l'aureola del martire ha definito e dichiarato la colpevolezza di  Ceciliano davanti al tribunale dell'imperatore; in conseguenza di  questa deposizione, fu irrogata a Ceciliano la condanna  dell'imperatore! Ma noi abbiamo dimostrato irrefutabilmente che  questo è falso, quando abbiamo letto una lettera dello stesso  imperatore 62, tirata fuori dagli archivi pubblici, nella quale egli  attesta di aver ascoltato le parti e pronunziato una sentenza che  dichiara Ceciliano prosciolto e innocente, e respinge con forza le  loro accuse. A questa lettera essi non trovarono assolutamente  nulla da controbattere, anzi, senza volerlo la confermarono,  producendo altri documenti a loro sfavore. Pertanto, è vero che  Ceciliano fu accusato dai loro antenati presso l'imperatore, ma non  consta affatto che sia stato condannato: risulta al contrario che è  stato assolto. Perciò, almeno voi, rendetevi conto dell'aiuto che  proprio i vostri vescovi hanno dato alla nostra causa, essi che  volevano gloriarsi anche di questa menzogna! Se Donato, questo  eroe dall'aureola del martire, ha veramente sostenuto davanti al  tribunale dell'imperatore la colpevolezza di Ceciliano, se le accuse e  gli intrighi di questo eroe dall'aureola del martire hanno fatto  condannare realmente Ceciliano dall'imperatore, allora essi devono  dire davanti a voi chi era veramente il martire in tutta questa  faccenda: Donato, che tentava di far condannare questa persona  dall'imperatore, o Ceciliano, che per la denuncia di costui sarebbe  stato condannato dall'imperatore? Dov'è andato a finire il loro  famoso e inderogabile principio: la comunione di Donato è la vera  Chiesa, quella che subisce la persecuzione anziché farla? Ecco:  Ceciliano la subisce, Donato la fa. Chi di loro è l'eroe con l'aureola  del martire? 

I Donatisti si danno le arie di essere la Chiesa della verità, che  subisce la persecuzione ma non la fa. 

mercoledì 4 agosto 2021

Futili obiezioni dei Donatisti.

 


AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA


Futili obiezioni dei Donatisti. 

Altro punto d'accusa da parte loro contro questi atti di  Cirta: vi si leggeva la data e i consoli; pretendevano quindi che  citassimo eventuali concili ecclesiastici con la registrazione della  data e dei consoli 58. A tal proposito menzionavano il testo del  concilio di Cartagine, privo di data e di consoli. Inoltre sostenevano  che il concilio di Cipriano non faceva menzione dei consoli, benché  recasse la data; ma il loro concilio di Cartagine non registrava  neppure la data. Da parte nostra, dimostrammo loro che gli atti del  concilio romano di Milziade, di cui avevamo il testo a portata di  mano, analogamente a quello del concilio di Cirta, registravano la  data e i consoli. Evidentemente, in quel momento, non ci  interessava andare a sfogliare la data negli antichi archivi  ecclesiastici per far vedere che questa consuetudine era già in uso  da lungo tempo. Nonostante ciò, non abbiamo voluto opporre anche  noi futili obiezioni sul fatto che nel concilio di Cipriano si trovi la  data, mentre nei loro non si trova, appunto perché cercavano di  provocare una serie di inutili ritardi, che noi invece cercavamo di  evitare. Tant'è vero che esigevano da noi anche questo: mostrare  dalle sacre Scritture una indicazione di data e di consoli, come se i  concili dei vescovi fossero mai stati i loro libri, da equipararsi alle  Scritture canoniche, o come se potessero citare nelle sante  Scritture un concilio, in cui gli Apostoli abbiano presieduto come  giudici ed abbiano condannato o assolto qualche imputato! E  tuttavia noi contestammo loro che anche i profeti avevano  autenticato i loro libri, annotando con cura e precisione il tempo del  loro messaggio e segnando l'anno di regno del re, il mese dell'anno  e il giorno del mese, in cui la parola del Signore era discesa su di loro. In tal modo abbiamo voluto porre in risalto la loro somma  leggerezza e malizia nel sollevare questioni inutili sulla data e i  consolati dei concili episcopali. In effetti, può darsi che i codici  offrano letture diverse, per cui alcuni annotano con maggiore  diligenza anche le date e i consoli, altri le tralasciano perché  superflue. Era il caso dell'esemplare, letto all'inizio, che registrava  la sentenza di Costantino 59, il quale dichiarava, in presenza delle  parti, l'innocenza di Ceciliano e condannava i Donatisti come vili  calunniatori: essa non recava né data né consolato; invece una  seconda copia, presentata in seguito per rispondere alle loro  accuse, portava tali indicazioni. Anche allora avevano sostenuto con  odioso accanimento che noi avevamo letto una lettera  dell'imperatore senza data e consolato; tuttavia anch'essi avevano  letto un'altra lettera dell'imperatore senza menzione di data e  console, scritta a proposito del processo di Felice, il consacrante di  Ceciliano 60, che con incredibile cecità avevano prodotto contro se  stessi. Noi comunque non abbiamo obiettato nulla al riguardo per  non perdere altro tempo prezioso in schermaglie inutili. Se ve ne  parliamo adesso, è perché, almeno voi, apriate gli occhi per evitare  di sprofondare in quella notte tenebrosa che portavano nel cuore i  vostri vescovi, essi che rimproveravano al giudice di aver  pronunciato di notte la sentenza su questa causa; ma intanto, in  pieno giorno, essi erano riusciti a dire con sorprendente cecità tali e  tante cose contro se stessi, avvolti com'erano nelle tenebre  interiori. 

Sant'Agostino

lunedì 17 maggio 2021

AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA

 


Autenticità del Concilio di Cirta. 

18. Era ancora giorno, quando essi tentarono di dimostrare  l'inautenticità del concilio di Cirta 57, seppur si possa chiamare  concilio una riunione di appena undici o dodici vescovi, da cui  abbiamo citato alcuni testi, in base ai quali risulta che certuni, che  si erano pronunciati con Secondo di Tigisi per condannare Ceciliano,  erano traditori. Costoro, volendo dimostrare il falso, dichiararono  che durante la persecuzione era assolutamente impossibile per  quegli undici o dodici vescovi tenere una riunione in qualche casa. E  per provare che era tempo di persecuzione, presentarono gli atti dei  martiri, affinché, compulsando le date e i nomi dei consoli, si  potesse determinare con certezza di quale epoca si trattasse. In  effetti, questi atti dei martiri li produssero contro se stessi, a loro  confusione, poiché sono proprio quegli atti che rivelano  chiaramente come le comunità cristiane usassero riunirsi in quel  periodo di persecuzione. Da ciò risultò con certezza che non era  inverosimile sentir leggere che anche quei vescovi si fossero riuniti  in una abitazione privata, per ordinare clandestinamente un  vescovo per quei fedeli che, potendolo fare, si riunivano anche  durante la persecuzione, come appunto raccontano gli atti dei  martiri. A sua volta, questo vescovo avrebbe potuto ordinare  clandestinamente altri chierici, che lo coadiuvassero in una  emergenza così grave, per il fatto che il vescovo suo predecessore  con il proprio clero aveva defezionato, come risulta dalla stessa  lettera di Secondo, che essi avevano allegato. Gli atti dei martiri  che costoro esibivano, ci suggerirono l'idea di consultarne altri, e così vi scoprimmo, facendolo notare opportunamente, che in piena  persecuzione era stata messa a disposizione una casa privata per le  riunioni dei cristiani, cosa che essi avevano dichiarato impossibile, e  persino in carcere erano stati battezzati alcuni confessori della fede  in Cristo. Da questi elementi, essi poterono rendersi conto che non  era poi così incredibile il fatto che un gruppetto di vescovi si  riunisse in una casa privata durante la persecuzione, quando  addirittura in un carcere si celebravano i sacramenti di Cristo, nel  quale erano detenuti i confessori della fede in Cristo. Quale enorme  aiuto, dunque, ci sia venuto dagli atti dei martiri, chiunque lo può  constatare, a meno che non abbia nel suo cuore la stessa notte,  che avevano questi ciechi! 

Sant'Agostino

lunedì 22 marzo 2021

AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA

 


Il caso di Milziade, di Stratone e di Cassiano. 

 17. Era ancora giorno, quando tentarono di invalidare la  sentenza del vescovo di Roma, Milziade, che discolpò e assolse  Ceciliano, denunciando anche lo stesso Milziade come traditore 54. E  poiché si esigeva da essi di provare tale accusa, lessero un  documento interminabile, nel quale non compariva affatto il nome  di Milziade per aver consegnato alcunché. Produssero ancora altri  atti, in cui si leggeva che Milziade aveva inviato al prefetto della  città alcuni diaconi, muniti di lettere dell'imperatore Massenzio e del  prefetto del pretorio al prefetto della città, per recuperare i luoghi confiscati ai cristiani durante la persecuzione. E poiché non emerse  il minimo indizio sulla colpevolezza di Milziade, sostennero che negli  atti relativi al crimine di tradizione, letti anteriormente, era stato  menzionato un certo Stratone come traditore, nome che portava  anche uno dei diaconi inviati da Milziade per recuperare i beni della  Chiesa. Sostenevano che si trattasse proprio di lui, senza riuscire  però a fornirne le prove. E neppure riuscirono a dimostrare che il  presunto traditore Stratone fosse almeno un diacono. Ammesso che  realmente fosse così, noi rispondemmo loro che, per un breve  periodo di tempo, ci furono nel clero della Chiesa di Roma due  diaconi di nome Pietro. Ma essi erano talmente accecati nella loro  mente che continuavano a lanciare oscure calunnie, con l'aggiunta  di una menzogna più che evidente: la coincidenza non soltanto del  nome, ma anche delle località, delle regioni e delle persone, che  concorrevano nel dimostrare che non si trattava d'altri se non di  questo Stratone, benché negli atti non vi fosse la minima  concordanza con tutto ciò, all'infuori dell'identità del nome. Ora, fa  parte del costume più consolidato del genere umano che, non solo  due, ma più persone siano chiamate con lo stesso nome. E lo  dimostrarono molto bene con il loro Donato di Cartagine: temendo  di vederlo condannato dal tribunale di Milziade, poiché lo tengono in  grande considerazione, protestarono vibratamente che non lo si  doveva confondere con Donato di Case Nere, perché questo Donato  di Cartagine non era stato inviato contro Ceciliano al tribunale  episcopale di Milziade. Era talmente fonda la notte che gravava sul  loro cuore, da non volere che Donato fosse disonorato per la  rassomiglianza con il nome di un altro, mentre pretendevano di  infangare Milziade perché aveva un nome simile a quello di un altro 

55. Ora, invece, si dice che aggiungano al nome di Stratone anche  quello di Cassiano, di cui non avevano fatto parola durante la  conferenza. Come se soltanto Stratone potesse avere un omonimo,  e non anche Cassiano! Così pure, sempre ottenebrati dalla loro  notte interiore, non si sono accorti che, oltre ai due Giovanni, il  Battista e l'Evangelista, vi sono due Simone, uno Pietro e l'altro  Mago; e per finire, persino nel ristretto gruppo degli Apostoli si  contano, non soltanto due Giacomo, uno figlio di Alfeo e l'altro di  Zebedeo, ma anche due Giuda, uno santo e l'altro demonio 56. E chi  mai avrà lo spirito così ottenebrato da incriminare l'Apostolo Giuda  del tradimento di Giuda, a meno che non voglia imitare costoro!  Non c'è affatto da stupirsi se la reputazione di Milziade subisse dopo  tanto tempo, a proposito dei due Cassiano o dei due Stratone, calunnie da parte loro, parallelamente a quelle che subì la verità del  Vangelo a proposito dei due Erode. Infatti, poiché non è specificato  quale sia l'Erode che massacrò gli innocenti al posto di Cristo e  subito dopo morì, né quale Erode si unì a Pilato per perseguitare  Cristo, qualcuno potrebbe pensare che si tratti dello stesso  individuo, e quindi accusa il Vangelo di falsità, proprio come  costoro, i quali pensano che vi sia stato un solo Stratone o un solo  Cassiano e rimproverano a Milziade il crimine di tradizione. Ora,  equivocare sul nome di Erode è un errore più tollerabile, poiché in  tal caso vi è una certa concordanza, non solo sul nome ma anche  sulla dignità - si legge infatti di entrambi: il re Erode -, costoro  invece hanno inventato una concordanza inesistente di dignità, in  quanto non hanno potuto in alcun modo leggere che quei due  fossero diaconi. 

Sant'Agostino

mercoledì 17 febbraio 2021

Sant'Agostino

 


AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA 


I Donatisti più si difendono e più si condannano. 

12. 16. Ma osservate, vi prego, come proprio la loro linea difensiva  abbia peggiorato notevolmente la loro posizione, dando un  sostegno alla nostra causa e un colpo di grazia alla loro. Infatti,  dopo la conferenza, essi interposero appello avverso la condanna, e gli fu risposto con queste stesse parole, ed essi aggravano ancora  la loro posizione volendo difenderle se voi domandate loro ciò che  hanno fatto. Pensano che abbiate così poco buon senso, da non  capire che essi sono stati definitivamente sconfitti, perché  continuano a ripetervi delle storie che non racconterebbero mai e  poi mai, se trovassero qualcosa di utile da dire. Chi può sopportare  di stare a sentire gente sconfitta, che recrimina perché la sentenza  è stata consegnata loro di notte? Come se i giudici non fossero  spesso costretti, per esigenze del processo, a sedere in tribunale  fino a notte inoltrata! Quasi che una cosa non sia vera solo perché  è stata detta di notte!. Non sentono il grido della Scrittura: Di  giorno il Signore mi dona la sua misericordia e di notte si manifesta 49; e ancora: Per annunziare al mattino la tua misericordia e la tua  verità lungo la notte 50. Proprio loro hanno affermato che i  persecutori vennero di notte ad arrestare il Signore, senza tener  conto che anche il Signore durante le ore notturne predicò la verità  ai suoi discepoli 51; né hanno voluto tener conto di ciò che è scritto:  che l'apostolo Paolo prolungò un sua conversazione fino a  mezzanotte 52. Se essi avessero avuto una verità da comunicare, la  notte certamente non avrebbe potuto impedirglielo. Invece non c'è  dubbio che un'altra notte, fonda di tenebre, gravava sulle loro  menti, quando producevano contro se stessi argomentazioni così  insensate, né hanno voluto modificare il loro animo perverso con la  luce della verità. In realtà, era ancora pieno giorno quando  eccepivano, secondo l'uso forense, che la nostra richiesta era  andata in prescrizione 53, dichiarando perciò decaduta la causa e  assolutamente non più trattabile, senza rendersi conto che davano  a vedere pubblicamente di avere soltanto una gran paura di  affrontare un processo, che avrebbe svelato luminosamente a tutti  la loro perversità e la verità cattolica. 

lunedì 21 dicembre 2020

I Donatisti, anche se costretti e nolenti, hanno dovuto sottoscrivere i loro interventi.

 


AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA 

I Donatisti, anche se costretti e nolenti, hanno dovuto sottoscrivere  i loro interventi. 

11. 15. Essi probabilmente negheranno di aver mai pronunziato  queste parole, a meno che la loro stessa firma non li inchiodi.  Notate dunque con quanta sollecitudine ci siamo adoperati per la  vostra salvezza, tanto da firmare i nostri interventi 48!. Essi non  volevano firmare assolutamente, ma alla fine si sono sentiti  obbligati per un senso di dignità. Ne fanno fede le loro dichiarazioni,  conservate agli atti, dalle quali risulta sia il loro rifiuto iniziale, sia il  loro successivo assenso a fare ciò che in un primo tempo avevano  ricusato. Tutto è stato scritto e da tutti sottoscritto. Dunque, se ne  deduce che non volevano firmare per poter negare di aver detto  quanto avevano dichiarato e per accusare il giudice di aver  manipolato gli atti. Dato che ora non possono farlo più, sostengono  che il giudice stesso sia stato corrotto. Ora, se lui si è pronunziato  contro di loro, essi lo devono unicamente a se stessi, perché hanno  fornito davvero molti argomenti a noi favorevoli e a loro contrari.  Non possono negarlo: anche se costretti e nolenti, hanno dovuto  sottoscrivere i loro interventi. È chiaro dunque che non volevano  firmare per poter smentire quanto avevano detto, ricorrendo  pretestuosamente alla calunnia che gli atti erano stati falsificati. Se,  in seguito, su istanza del giudice, hanno acconsentito a firmare, è  perché si sono resi perfettamente conto che, persistere nel loro  rifiuto, non avrebbe avuto altro significato se non di mostrare a  tutti che avevano una gran paura di sentirsi leggere le proprie  dichiarazioni. Di fatto preferirono difendere in un secondo tempo le  loro dichiarazioni con tutti i loro arzigogoli, piuttosto che  condannarle prontamente. 

Sant'Agostino

martedì 6 ottobre 2020

Sarebbe meglio se i Donatisti si correggessero anziché falsificare i testi evangelici.

 


AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA

14. Naturalmente i vostri vescovi tentarono di sostenere che  non esiste alcun testo del Vangelo 46, in cui la Chiesa venga  paragonata a un'aia; ma subito dopo, convinti dalla citazione delle  parole evangeliche, cambiarono parere fino al punto di dire che lì si  parlava di cattivi occulti, non notorii, dei quali è scritto: Egli ha in  mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel  granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile 47. Ebbene,  giudicate voi stessi, aprite gli occhi, tendete le orecchie alla verità!  Se dunque il Signore, stando alle loro asserzioni, paragonò davvero  la Chiesa alle reti perché voleva intendere che in essa i cattivi non  sono manifesti, ma occulti, e quindi ignoti ai sacerdoti, così come  sono occulti e quindi ignoti ai pescatori i pesci nelle reti sommerse  tra i flutti, forse che il grano sull'aia si trebbia anche sott'acqua o  sottoterra, di notte anziché nel solleone, oppure il contadino che vi  lavora è cieco? Quanto sarebbe meglio, dunque, se costoro si  correggessero anziché falsificare i testi evangelici, forzando le  parole del Signore per renderle conformi ai menzogneri errori della  loro mente! Una delle due: o il Signore ha esposto anche la  parabola dei pesci per raffigurare, non tanto i peccatori occulti nella  Chiesa, quanto la mescolanza in essa di tutti i peccatori, o  certamente ha scelto per ciascuna categoria una parabola distinta:  quella dei pesci per i peccatori occulti e quella dell'aia per i  peccatori notorii, in quanto essi sono mescolati ai buoni nella  Chiesa, gli uni prima di giungere a riva, gli altri prima di essere  vagliati col ventilabro. [I vostri vescovi] in effetti ci avvertono che  l'immagine della paglia sull'aia sta a significare i peccatori notorii  nella Chiesa, e vogliono altresì farci capire che i pesci cattivi,  nuotando dentro le reti, rappresentano i peccatori occulti, poiché,  come i sacerdoti ignorano questi, così i pescatori ignorano quelli.  Perché allora non potremmo dire: " Dunque, anche la paglia  raffigura i peccatori notorii, poiché i trebbiatori la vedono bene allo  scoperto "? Ma, come non è possibile selezionare i pesci prima di  averli tratti a riva, così neppure la paglia può essere vagliata prima  del termine fissato. Dio però salvaguarda l'innocenza dei suoi santi  e dei suoi fedeli, che sono i suoi buoni pesci, il suo pingue  frumento, affinché nelle reti non nuoccia loro la mescolanza con i tipi di pesce da buttar via, e sull'aia non rechi danno la mescolanza  con la paglia da ventilare, poiché, come essi stessi dichiararono,  ribadirono e sottoscrissero, una causa non potrà mai pregiudicare  un'altra causa né una persona potrà mai pregiudicare un'altra  persona. 

Sant'Agostino

venerdì 28 agosto 2020

Nella Chiesa anche i cattivi notorii sono mescolati ai buoni.



AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA 

Ad essi sembrava di aver fatto una trovata davvero geniale,  ma essa si ritorceva piuttosto contro di loro. Se infatti il Signore ha  paragonato la Chiesa alle reti che raccolgono tanto i pesci buoni  quanto i cattivi, è perché volle farci capire che i cattivi nella Chiesa  non sono manifesti ma occulti, e neppure i sacerdoti li conoscono,  proprio come avviene sott'acqua, per cui i pescatori ignorano che  cosa sia andato a finire nelle reti. Così pure l'ha paragonata all'aia  per preannunziare che in essa anche i cattivi notorii sarebbero stati  mescolati ai buoni. Infatti neppure la paglia, che nell'aia è  mescolata al frumento, è nascosta sotto i flutti; al contrario, è  talmente visibile agli occhi di tutti, che è piuttosto il frumento ad  essere nascosto, mentre essa si vede bene. Su questa parabola  dell'aia, che abbiamo estratta dal Vangelo insieme ad altre, essi non  hanno potuto scrivere nulla contro di noi nella loro lettera, salvo  citare il testo del profeta Geremia: Che rapporto c'è tra la paglia e il  grano? 45. Se lui si è espresso così, è per indicare che [il grano e la  paglia] non si somigliano punto, ma non perché non possono stare  mescolati; e non saranno insieme nel granaio, ma non perché non  sono ugualmente trebbiati sull'aia. D'altra parte Geremia, quando  pronunciava queste parole, non si riferiva tanto al popolo di Dio, ma  ai sogni degli uomini e alle visioni dei profeti: due realtà che non  possono essere assolutamente paragonate fra loro, proprio come non si può paragonare la levità della paglia con il turgore del  frumento.

Sant'Agostino

giovedì 27 agosto 2020

La Chiesa non è adesso quella che sarà dopo la risurrezione.



AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA

Così è stato chiarito perfettamente ciò che noi sostenevamo:  si devono distinguere bene i tempi della Chiesa 42; essa non è  adesso quella che sarà dopo la risurrezione: ora è mescolata ai cattivi, allora non ne avrà assolutamente più. È alla purezza della  Chiesa futura, non alla commistione di questo tempo, che fanno  riferimento i testi scritturistici, attraverso i quali Dio predisse che sarebbe stata liberata del tutto dalla mescolanza con i cattivi. Ecco  ciò che la verità del Vangelo li ha costretti ad ammettere senza  scampo, nel momento in cui hanno affermato che in essa  attualmente sono mescolati in incognito i cattivi. Non è dunque  questo il tempo, di cui ha predetto il profeta: Mai più passerà in te  l'incirconciso e l'impuro 43. Dunque, adesso essi passano, anche se occultamente. Del resto, anche l'espressione: non passerà più  ormai sta a dimostrare che essi prima passavano abitualmente,  dopo invece non vi passeranno più. E intanto ci domandavano, non  senza malizia, come mai il diavolo potesse seminare la zizzania  nella Chiesa di Cristo 44, dal momento che proprio loro affermavano  che nella Chiesa erano mescolati i cattivi, almeno in modo occulto,  e non volevano ammettere che fosse stato sicuramente il demonio  a seminarli. 

Sant'Agostino

mercoledì 26 agosto 2020

Si devono distinguere bene i tempi della Chiesa.



AI DONATISTI DOPO LA CONFERENZA 

Noi, invece, accettando i due gruppi di testimonianze,  dimostravamo anche la loro vicendevole concordanza. Infatti,  accettavamo come riferito alla Chiesa sia il testo che avevano citato  nella loro lettera: Mai più entrerà in te incirconciso e impuro 34, sia l'altro: Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla  mietitura 35, però affermavamo che quest'ultimo riguarda il campo,  mentre il primo si realizzerà nel granaio. Così, dopo aver  polemizzato lungamente con noi nel sostenere che la zizzania,  lasciata crescere con il grano fino alla mietitura, si trovava nel  mondo e non nella Chiesa, finirono per trovarsi in disaccordo anche  con ciò che intendeva il martire Cipriano, il quale disse: " Anche se  si nota nella Chiesa la presenza della zizzania, questo tuttavia non  deve costituire un impedimento per la nostra fede o carità, tale da  farci abbandonare la Chiesa perché in essa abbiamo scoperto la  zizzania " 36. Inoltre, non accettano di ammettere che il termine mondo possa significare la Chiesa, malgrado si trovino in  disaccordo con le parole dell'Apostolo: Dio ha riconciliato a sé il  mondo in Cristo 37, e contro l'affermazione del Signore stesso: Il  Figlio dell'uomo non è venuto per giudicare il mondo, ma perché il  mondo si salvi per mezzo di lui 38. Come potrebbe, infatti, il mondo  essere riconciliato con Dio e salvato da Cristo, se il termine mondo  non significasse qui la Chiesa, unica ad essere salvata, in quanto  riconciliata con lui per mezzo di Cristo? Tuttavia, circa quella  parabola evangelica da noi citata, che, tanto i pesci buoni quanto i  cattivi, sono mescolati insieme nelle stessi reti finché non verranno  separati sulla riva, cioè alla fine del mondo 39, i vostri vescovi, vinti  dall'evidenza della verità, hanno dovuto ammettere che, sì, nella  Chiesa si incontrano cattivi mescolati ai buoni sino alla fine del  mondo, ma essi sono occulti 40, poiché i sacerdoti ignorano la loro  presenza, così come i pescatori ignorano quali pesci siano nelle reti  finché sono nel mare. Ma, allora, come si può applicare alla Chiesa  del tempo presente il testo del profeta che essi avevano inserito  nella loro risposta: Mai più entrerà in te incirconciso e impuro 41, se  la Chiesa è raffigurata nelle reti, tuttora sommerse nel mare, nelle  quali hanno ammesso che si trovano alla rinfusa pesci buoni e pesci  cattivi, senza che si possano distinguere? La cosa è dunque chiara:  soltanto nel secolo futuro, dopo il giudizio, nessun circonciso e  impuro passerà per la Chiesa. Oh, violenza della verità, che torce i  suoi nemici non nella carne, ma nel cuore, fino al punto che essi  sono costretti a confessarla contro la loro volontà! 

Sant'Agostino