Soccorsi concessi alle anime: i suffragi. - Opere meritorie, impetratorie, soddisfattorie. - S. Geltrude Giuda Maccabeo - S. Agostino.
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Se con tanta bontà Dio consola le anime, la sua misericordia si manifesta con maggior splendore nel potere concesso alla sua Chiesa d'abbreviare le loro pene. Volendo con clemenza eseguire le severe sentenze della sua giustizia, concede riduzioni e mitigazioni di pena, ma lo fa in una maniera indiretta e per mezzo dei vivi; è a noi che concéde ogni potere di soccorrere i nostri fratelli addolorati, per via di suffragio, ossia per mezzo d'impetrazione e di soddisfazione. La parola suffragio nella lingua ecclesiastica è sinonimo di preghiera: però quando il Concilio di Trento definì che le anime purganti possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli, il senso della parola suffragio diventa più esteso: in generale comprende tutto quanto possiamo offrire a Dio in favore dei trapassati. Ora in tal modo noi possiamo offrire, non soltanto preghiere, ma tutte le nostre buone opere, in quanto sono impetratorie e soddisfattorie. Per comprendere questi termini, osserviamo che ognuna delle nostre buone opere compita in istato di grazia d'ordinario ha agli occhi di Dio un triplice valore. 1° È meritoria, cioè aggiunge ai nostri meriti diritto ad un nuovo grado di gloria in Cielo. 2° È impetratoria (impetrare, ottenere), ossia a guisa d'una preghiera ha la virtù di ottenere da Dio qualche grazia. 3° È soddisfattoria, ossia come un valore particolare è adatta a soddisfare alla divina giustizia, a pagare i nostri debiti di pene temporali dinanzi a Dio. Il merito è inalienabile, e rimane proprio della persona che fa l'azione. All'incontro, il valore impetratorio e soddisfattorio può profittare ad altri, in virtù della comunione dei Santi. Esposte queste nozioni, facciamo questa domanda pratica: Quali sono i suffragi, coi quali, secondo la dottrina della Chiesa, possiamo aiutare le anime del Purgatorio? A questa domanda si risponde: Sono le preghiere, le limosine, i digiuni e qualunque penitenza, le indulgenze soprattutto e il santo sacrifizio della Messa. Tutte queste opere, compite in istato di grazia, Gesù Cristo ci permette d'offrirle alla divina Maestà pel sollievo dei nostri fratelli del Purgatorio, e Dio le applica a quelle anime secondo le regole della sua giustizia e della sua misericordia. Con questa ammirabile disposizione, sempre salvando e guarentendo i diritti della sua giustizia il nostro Padre celeste moltiplica gli effetti della sua misericordia, che per tal modo al tempo stesso si esercita nella Chiesa purgante e nella Chiesa militante. Il soccorso misericordioso che ci permette di portare ai nostri sofferenti fratelli a noi stessi apporta un frutto eccellente; è un'opera non soltanto vantaggiosa pei defunti, ma santa ancora e salutare pei vivi: sancta et salubris est cogitatio pro defunctis orare. Nelle Rivelazioni di S. Geltrude leggiamo che, avendo un'umile religiosa della sua comunità con una piissima morte coronato una vita esemplare, Dio si degnò mostrare alla santa lo stato di questa defunta. Vide Geltrude la sua anima, ornata di una ineffabile bellezza e cara a Gesù, che con amore la riguardava. Tuttavia, per alcune leggere negligenze non espiate, non poteva ancora entrare nella gloria, ed era obbligata a scendere nel fosco soggiorno dei patimenti. Appena era scomparsa in quelle profondità, la santa la vide ricomparire ed alzarsi al Cielo, portata dai suffragi della Chiesa: Ecclesiae precibus sursum ferri. Già nell'antica legge, si facevano preghiere e si offrivano sacrifizi pei morti. Riferisce la Scrittura, lodando l'azione pietosa di Giuda Maccabeo dopo la vittoria che riportò sopra Gorgia, generale del re Antioco, che quella vittoria costò la vita ad un certo numero di soldati israeliti. Questi soldati avevano commesso un fallo, pigliando fra le spoglie del nemico oggetti consacrati agl'idoli, il che era proibito dalla legge. Fu allora che Giuda, capo dell'armata d'Israele, ordinò preghiere e sacrifizi per la remissione del loro peccato e pel sollievo delle loro anime. Ecco il passo ove la Scrittura narra questi fatti (II Macc., XII, 39). Dopo il sabato Giuda andò colla sua gente a prendere i corpi degli uccisi per riporli coi loro parenti nei sepolcri dei loro nazionali, Ed in seno agli uccisi trovarono delle cose donate agli idoli che erano già in Anania, le quali sono cose proibite pei Giudei secondo la legge; e tutti conobbero evidentemente che per questi quelli erano periti. E tutti benedissero i giusti giudizi del Signore, il quale aveva manifestato il male nascosto. E perciò, rivoltisi all'orazione, pregarono chefosse posto in dimenticanza il delitto commesso. Ma il fortissimo Giuda esortava il popolo a conservarsi senza peccato, mentre avevano veduto coi propri occhi quel che era avvenuto a causa del peccato di quelli che rimasero uccisi. E fatta una colletta, mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d'argento, perché si offrisse sacrifizio pei peccati di quei defunti, rettamente e piamente pensando intorno alla risurrezione. (Perocchè s'ei non avesse avuto la speranza che que' defunti avessero a risuscitare, superflua cosa e inutile sarebbe parsa a lui l'orazione pei morti). E considerando che per quelli che si erano addormentati nella pietà, si serbava una grande misericordia. Santo dunque e salutare è il pensiero di pregare pei defunti, affinché siano sciolti dai loro peccati. Nella nuova Legge abbiamo il divin sacrifizio della Messa, di cui i vari sacrifizi della Legge mosaica non erano che deboli figure. Il Figliuolo di Dio l'istituì, non soltanto come degno omaggio dalla creatura reso alla divina Maestà, ma ancora come una propiziazione pei vivi e pei morti, ossia come un mezzo efficace di placare la giustizia di Dio, irritata dai nostri peccati. La santa Messa fu celebrata pei defunti sin dal principio della Chiesa. «Noi, scriveva Tertulliano nel secolo III (58), celebriamo l'anniversario dei martiri, noi offriamo il Sacrifizio pei defunti nel giorno anniversario della loro morte». «Non c'è dubbio, scrive S. Agostino, che le preghiere della Chiesa, il salutare Sacrifizio e le limosine distribuite pei defunti, sollevano le anime e fanno che Dio le tratti con maggior clemenza di quella meritata dai loro peccati. È la pratica universale della Chiesa, pratica che essa osserva come ricevuta dai suoi padri, ossia dai santi Apostoli.» (59) S. Monica, la degna madre di S. Agostino, morendo, non domandava che una cosa al suo figlio, ossia che di lei si ricordasse all'altare del Signore, ed il santo Dottore, riferendo questa commovente circostanza nel libro delle sue Confessioni (60), tutti scongiura i suoi lettori ad unirsi a lui per raccomandarla a Dio nel santo Sacrifizio. Volendo ritornare in Africa, S. Monica venne con Agostino ad Ostia per imbarcarvisi, ma cadde inferma e tosto sentì vicina la sua morte. «Qui, disse a suo figlio, seppellirete la vostra madre. La sola cosa che vi domando, è che vi ricordiate di me all'altare del Signore: ut ad altare Domini memineritis mei». «Mi si perdonino, aggiunse S. Agostino, le lagrime che allora io versai, perché non era d'uopo piangere quella morte che non era che l'entrata nella vera vita. Tuttavia considerando cogli occhi della fede la miseria della nostra natura decaduta poteva dinanzi a voi, o Signore, spargere altre lagrime da quelle della carne, le lagrime che scorrono pensando al pericolo in cui si trova ogni anima che peccò in Adamo. «Certamente la madre mia visse in modo da glorificare il vostro nome colla viva sua fede e colla purezza dei suoi costumi: tuttavia, potrò io asserire che nessuna parola contraria alla santità della vostra legge sia uscita dalle sue labbra? Ohimè! che mai è la vita più santa, se voi l'esaminate col rigore della vostra giustizia? «Ed è per questo, o Dio del mio cuore, mia gloria e mia vita, che io lascio da parte le buone opere fatte da mia madre, per chiedervi soltanto il perdono dei suoi peccati. Esauditemi, per le sanguinose ferite di chi per noi morì sulla croce e che ora seduto alla vostra destra, è nostro intercessore. «Ben so che la madre mia usò sempre misericordia, di tutto cuore perdonò le offese, condonò i debiti con lei contratti: dunque anche a lei rimettete i suoi debiti, se nei lunghi anni della sua vita con voi ne ha contratti. Perdonatele e non entrate con lei in giudizio, giacché vere sono le vostre parole: misericordia voi avete promesso ai misericordiosi. «Questa misericordia, credo, o Dio mio che già a lei voi l'avete fatta: ma accettate l'omaggio della mia preghiera. Ricordatevi che nel momento del suo transito all'altra vita la vostra serva non pensò per il suo corpo, né a pomposi funerali, né a preziosi profumi; non domandò un magnifico sepolcro, né che fosse trasportata in quello che si era fatto costruire a Tagaste, sua patria, ma solamente che di lei ci ricordassimo al vostro altare, di cui apprezzava i misteri. Voi lo sapete, o Signore: in tutti i giorni della sua vita prendeva parte a questi divini misteri, che contengono la Vittima santa, il cui sangue cancellò il chirografo di nostra condanna. «Riposi dunque in pace con mio padre, suo marito, collo sposo al quale fu fedele nei giorni della sua unione e fra le tristezze della sua vedovanza, con colui di cui si era fatta l'umile serva per guadagnarlo a voi, o Signore, colla sua dolcezza e colla sua pazienza. E voi, o mio Dio, ispirate a tutti quelli che leggeranno queste linee di ricordarsi al vostro altare di Monica, vostra serva, e di Patrizio,che fu suo sposo. Oh! Che tutti quelli che ancora vivono nella luce fallace di questo mondo, si ricordino dunque pietosamente dei miei genitori, onde l'ultima preghiera di mia madre moribonda oltre gli stessi suoi voti sia esaudita». Questo bel passo di S. Agostino ci mostra il sentimento di quel grande Dottore riguardo ai suffragi pei morti; chiaramente fa vedere come il primo ed il più potente di tutti i suffragi il santo sacrifizio della Messa.
Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G.