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sabato 28 settembre 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Soccorsi concessi alle anime: i suffragi. - Opere meritorie, impetratorie, soddisfattorie. - S. Geltrude Giuda Maccabeo - S. Agostino.

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 Se con tanta bontà Dio consola le anime, la sua misericordia si manifesta con maggior splendore nel potere concesso alla sua Chiesa d'abbreviare le loro pene. Volendo con clemenza eseguire le severe sentenze della sua giustizia, concede riduzioni e mitigazioni di pena, ma lo fa in una maniera indiretta e per mezzo dei vivi; è a noi che concéde ogni potere di soccorrere i nostri fratelli addolorati, per via di suffragio, ossia per mezzo d'impetrazione e di soddisfazione. La parola suffragio nella lingua ecclesiastica è sinonimo di preghiera: però quando il Concilio di Trento definì che le anime purganti possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli, il senso della parola suffragio diventa più esteso: in generale comprende tutto quanto possiamo offrire a Dio in favore dei trapassati. Ora in tal modo noi possiamo offrire, non soltanto preghiere, ma tutte le nostre buone opere, in quanto sono impetratorie e soddisfattorie. Per comprendere questi termini, osserviamo che ognuna delle nostre buone opere compita in istato di grazia d'ordinario ha agli occhi di Dio un triplice valore. 1° È meritoria, cioè aggiunge ai nostri meriti diritto ad un nuovo grado di gloria in Cielo. 2° È impetratoria (impetrare, ottenere), ossia a guisa d'una preghiera ha la virtù di ottenere da Dio qualche grazia. 3° È soddisfattoria, ossia come un valore particolare è adatta a soddisfare alla divina giustizia, a pagare i nostri debiti di pene temporali dinanzi a Dio. Il merito è inalienabile, e rimane proprio della persona che fa l'azione. All'incontro, il valore impetratorio e soddisfattorio può profittare ad altri, in virtù della comunione dei Santi. Esposte queste nozioni, facciamo questa domanda pratica: Quali sono i suffragi, coi quali, secondo la dottrina della Chiesa, possiamo aiutare le anime del Purgatorio? A questa domanda si risponde: Sono le preghiere, le limosine, i digiuni e qualunque penitenza, le indulgenze soprattutto e il santo sacrifizio della Messa. Tutte queste opere, compite in istato di grazia, Gesù Cristo ci permette d'offrirle alla divina Maestà pel sollievo dei nostri fratelli del Purgatorio, e Dio le applica a quelle anime secondo le regole della sua giustizia e della sua misericordia. Con questa ammirabile disposizione, sempre salvando e guarentendo i diritti della sua giustizia il nostro Padre celeste moltiplica gli effetti della sua misericordia, che per tal modo al tempo stesso si esercita nella Chiesa purgante e nella Chiesa militante. Il soccorso misericordioso che ci permette di portare ai nostri sofferenti fratelli a noi stessi apporta un frutto eccellente; è un'opera non soltanto vantaggiosa pei defunti, ma santa ancora e salutare pei vivi: sancta et salubris est cogitatio pro defunctis orare. Nelle Rivelazioni di S. Geltrude leggiamo che, avendo un'umile religiosa della sua comunità con una piissima morte coronato una vita esemplare, Dio si degnò mostrare alla santa lo stato di questa defunta. Vide Geltrude la sua anima, ornata di una ineffabile bellezza e cara a Gesù, che con amore la riguardava. Tuttavia, per alcune leggere negligenze non espiate, non poteva ancora entrare nella gloria, ed era obbligata a scendere nel fosco soggiorno dei patimenti. Appena era scomparsa in quelle profondità, la santa la vide ricomparire ed alzarsi al Cielo, portata dai suffragi della Chiesa: Ecclesiae precibus sursum ferri. Già nell'antica legge, si facevano preghiere e si offrivano sacrifizi pei morti. Riferisce la Scrittura, lodando l'azione pietosa di Giuda Maccabeo dopo la vittoria che riportò sopra Gorgia, generale del re Antioco, che quella vittoria costò la vita ad un certo numero di soldati israeliti. Questi soldati avevano commesso un fallo, pigliando fra le spoglie del nemico oggetti consacrati agl'idoli, il che era proibito dalla legge. Fu allora che Giuda, capo dell'armata d'Israele, ordinò  preghiere e sacrifizi per la remissione del loro peccato e pel sollievo delle loro anime. Ecco il passo ove la Scrittura narra questi fatti (II Macc., XII, 39). Dopo il sabato Giuda andò colla sua gente a prendere i corpi degli uccisi per riporli coi loro parenti nei sepolcri dei loro nazionali, Ed in seno agli uccisi trovarono delle cose donate agli idoli che erano già in Anania, le quali sono cose proibite pei Giudei secondo la legge; e tutti conobbero evidentemente che per questi quelli erano periti. E tutti benedissero i giusti giudizi del Signore, il quale aveva manifestato il male nascosto. E perciò, rivoltisi all'orazione, pregarono chefosse posto in dimenticanza il delitto commesso. Ma il fortissimo Giuda esortava il popolo a conservarsi senza peccato, mentre avevano veduto coi propri occhi quel che era avvenuto a causa del peccato di quelli che rimasero uccisi. E fatta una colletta, mandò a Gerusalemme dodicimila dramme d'argento, perché si offrisse sacrifizio pei peccati di quei defunti, rettamente e piamente pensando intorno alla risurrezione. (Perocchè s'ei non avesse avuto la speranza che que' defunti avessero a risuscitare, superflua cosa e inutile sarebbe parsa a lui l'orazione pei morti). E considerando che per quelli che si erano addormentati nella pietà, si serbava una grande misericordia. Santo dunque e salutare è il pensiero di pregare pei defunti, affinché siano sciolti dai loro peccati. Nella nuova Legge abbiamo il divin sacrifizio della Messa, di cui i vari sacrifizi della Legge mosaica non erano che deboli figure. Il Figliuolo di Dio l'istituì, non soltanto come degno omaggio dalla creatura reso alla divina Maestà, ma ancora come una propiziazione pei vivi e pei morti, ossia come un mezzo efficace di placare la giustizia di Dio, irritata dai nostri peccati. La santa Messa fu celebrata pei defunti sin dal principio della Chiesa. «Noi, scriveva Tertulliano nel secolo III (58), celebriamo l'anniversario dei martiri, noi offriamo il Sacrifizio pei defunti nel giorno anniversario della loro morte». «Non c'è dubbio, scrive S. Agostino, che le preghiere della Chiesa, il salutare Sacrifizio e le limosine distribuite pei defunti, sollevano le anime e fanno che Dio le tratti con maggior clemenza di quella meritata dai loro peccati. È la pratica universale della Chiesa, pratica che essa osserva come ricevuta dai suoi padri, ossia dai santi Apostoli.» (59) S. Monica, la degna madre di S. Agostino, morendo, non domandava che una cosa al suo figlio, ossia che di lei si ricordasse all'altare del Signore, ed il santo Dottore, riferendo questa commovente circostanza nel libro delle sue Confessioni (60), tutti scongiura i suoi lettori ad unirsi a lui per raccomandarla a Dio nel santo Sacrifizio. Volendo ritornare in Africa, S. Monica venne con Agostino ad Ostia per imbarcarvisi, ma cadde inferma e tosto sentì vicina la sua morte. «Qui, disse a suo figlio, seppellirete la vostra madre. La sola cosa che vi domando, è che vi ricordiate di me all'altare del Signore: ut ad altare Domini memineritis mei». «Mi si perdonino, aggiunse S. Agostino, le lagrime che allora io versai, perché non era d'uopo piangere quella morte che non era che l'entrata nella vera vita. Tuttavia considerando cogli occhi della fede la miseria della nostra natura decaduta poteva dinanzi a voi, o Signore, spargere altre lagrime da quelle della carne, le lagrime che scorrono pensando al pericolo in cui si trova ogni anima che peccò in Adamo. «Certamente la madre mia visse in modo da glorificare il vostro nome colla viva sua fede e colla purezza dei suoi costumi: tuttavia, potrò io asserire che nessuna parola contraria alla santità della vostra legge sia uscita dalle sue labbra? Ohimè! che mai è la vita più santa, se voi l'esaminate col rigore della vostra giustizia? «Ed è per questo, o Dio del mio cuore, mia gloria e mia vita, che io lascio da parte le buone opere fatte da mia madre, per chiedervi soltanto il perdono dei suoi peccati. Esauditemi, per le sanguinose ferite di chi per noi morì sulla croce e che ora seduto alla vostra destra, è nostro intercessore. «Ben so che la madre mia usò sempre misericordia, di tutto cuore perdonò le offese, condonò i debiti con lei contratti: dunque anche a lei rimettete i suoi debiti, se nei lunghi anni della sua vita con voi ne ha contratti. Perdonatele e non entrate con lei in giudizio, giacché vere sono le vostre parole: misericordia voi avete promesso ai misericordiosi. «Questa misericordia, credo, o Dio mio che già a lei voi l'avete fatta: ma accettate l'omaggio della mia preghiera. Ricordatevi che nel momento del suo transito all'altra vita la vostra serva non pensò per il suo corpo, né a pomposi funerali, né a preziosi profumi; non domandò un magnifico sepolcro, né che fosse trasportata in quello che si era fatto costruire a Tagaste, sua patria, ma solamente che di lei ci ricordassimo al vostro altare, di cui apprezzava i misteri. Voi lo sapete, o Signore: in tutti i giorni della sua vita prendeva parte a questi divini misteri, che contengono la Vittima santa, il cui sangue cancellò il chirografo di nostra condanna. «Riposi dunque in pace con mio padre, suo marito, collo sposo al quale fu fedele nei giorni della sua unione e fra le tristezze della sua vedovanza, con colui di cui si era fatta l'umile serva per guadagnarlo a voi, o Signore, colla sua dolcezza e colla sua pazienza. E voi, o mio Dio, ispirate a tutti quelli che leggeranno queste linee di ricordarsi al vostro altare di Monica, vostra serva, e di Patrizio,che fu suo sposo. Oh! Che tutti quelli che ancora vivono nella luce fallace di questo mondo, si ricordino dunque pietosamente dei miei genitori, onde l'ultima preghiera di mia madre moribonda oltre gli stessi suoi voti sia esaudita». Questo bel passo di S. Agostino ci mostra il sentimento di quel grande Dottore riguardo ai suffragi pei morti; chiaramente fa vedere come il primo ed il più potente di tutti i suffragi il santo sacrifizio della Messa.

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

sabato 24 agosto 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Consolazioni delle anime. - Gli Angeli. - Pietro de Basco. - La beata Emilia domenicana. - Aiuto dei santi alle anime del Purgatorio. 


Oltre le consolazioni che le anime ricevono dalla Santa Vergine, sono ancora aiutate e consolate dai santi Angeli, sopratutto dai loro angeli custodi. Insegnano i Dottori che la missione tutelare dell'angelo custode non termina che all'entrata. del suo protetto in Paradiso. Se, al momento della morte, un'anima in istato di grazia non è ancora degna di vedere la faccia di Dio, l'angelo custode la conduce al luogo delle espiazioni e con lei sta, per procurarle tutti i soccorsi e tutte le consolazioni che stanno in suo potere. 

    «È, dice il Padre Rossignoli, un'opinione assai comune fra i santi Dottori, che il Signore, il quale un giorno invierà i suoi angeli per riunire tutti i suoi eletti, di quando in quando li invia al Purgatorio, a visitare e consolare le anime sofferenti. Per queste senza dubbio non avvi più preziosa mitigazione il vedere gli abitanti della celeste Gerusalemme, con cui un giorno divideranno la eterna felicità. Le Rivelazioni di S. Brigida sono piene di fatti con simili, ed un gran numero ne offrono le Vite di parecchi altri santi». 

    Nella Vita del servo di Dio Pietro de Basco troviamo un fatto che mostra come i santi Angeli, anche mentre vegliano sulla terra alla nostra custodia, s'interessano pel sollievo delle anime del Purgatorio. 

    Pietro de Basco, fratello coadiutore della Compagnia di Gesù, che il suo biografo chiama Alfonso Rodrigues del Malabar, morì in odore di santità a Cochin, il 10 marzo 1645. Era nato in Portogallo dall'illustre famiglia di Machado. 

    Pietro de Basco aveva una gran divozione per le anime purganti, mirabilmente incoraggiata e secondata dal suo angelo custode. Ad onta delle molte sue fatiche, ogni giorno recitava il santo Rosario pei defunti. Un giorno, per dimenticanza, s'era posto a letto senza recitarlo: ma appena addormentato, fu svegliato dall'angelo custode: «Figlio mio, gli disse quel celeste spirito, le anime del Purgatorio aspettano l'ordinario obolo della vostra carità». Pietro si alzò subito per compiere quel pio dovere (56). 

    Se i santi Angeli per tal modo s'interessano per le anime del purgatorio in generale, facilmente si comprende che uno zelo tutto particolare avranno per quelle dei loro protetti. Nel convento di cui a Vercelli era priora la beata Emilia, religiosa domenicana, era un punto della regola il non bere fuor di pasto senza una espressa autorizzazione della superiora. Questa autorizzazione, la Beata costumava non concederla; essa animava le sue consorelle a far volentieri questo piccolo sacrifizio in memoria della sete ardente del Salvatore per la loro salute provata sulla croce. E per incoraggiarle, le consigliava di dare alcune gocce di quest'acqua al loro angelo custode, perché loro le riservasse nell'altra vita onde calmare gli ardori del Purgatorio. Il fatto seguente mostrò quanto quella pia pratica fosse gradita a Dio. 

    Una suora, per nome Cecilia Avogadro, venne un giorno a chiederle il permesso di rinfrescarsi, soffrendo una sete ardente. «Figlia mia, le disse la priora, fate questo legger sacrificio per amor di Dio ed in vista del Purgatorio. - Madre, noci è tanto leggero questo sacrifizio: io muoio di sete», rispose la buona suora. Tuttavia, sebbene un po' afflitta, obbedì al consiglio della superiora. 

Quell'atto al tempo stesso di obbedienza e di mortificazione fu prezioso agli occhi di Dio e ben ne fu ricompensata suora Cecilia. - Moriva alcune settimane dopo, ed al termine di tre giorni, tutta raggiante di gloria comparve alla Madre Emilia: «O Madre mia, le disse, quanto vi sono riconoscente! Ero condannata ad un lungo purgatorio per aver troppo amata la mia famiglia ed ecco che al termine di tre giorni vidi venire nella mia prigione l'angelo custode, che teneva in mano un bicchiere d'acqua, di cui mi avete fatto fare il sacrifizio al divino Sposo: egli ha sparso quell'acqua sulle fiamme che mi divoravano, e tosto si spensero, ed io fui liberata. Spicco il volo al Cielo, ove non vi dimenticherà la mia riconoscenza». (57). 

    È in tal modo che gli Angeli di Dio aiutano e consolano le anime del Purgatorio. 

    Qui si potrebbe domandare se i santi ed i beati già coronati nel Cielo possano soccorrerle. - È certo, dice il Padre Rossignoli, e tale è l'insegnamento dei maestri di teologia sant'Agostino e san Tommaso. I Santi sono in questa parte potentissimi per via di supplicazione, o, come si dice, per via d'impetrazione, ma non di soddisfazione. In altri termini, i Santi del Cielo possono pregare per le anime del Purgatorio ed ottenere cosi dalla divina Misericordia la diminuzione della loro pena: ma non possono per esse soddisfare, cioè pagare i loro debiti alla divina giustizia: è questo un privilegio da Dio riservato alla sua Chiesa militante. 

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

lunedì 29 luglio 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Consolazioni delle anime. - La S. Vergine. - Rivelazione di S. Brigida. Il Padre Girolamo Carvalho. 

- Il B. Renier cistercense. - La S. Vergine Maria e il privilegio del sabato. - La vener. Paola di Santa Teresa. ­ S. Pietro Damiani e la defunta Marori. 


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     Le anime del Purgatorio ricevono pure grandi consolazioni dalla S. Vergine. Non è dessa la Consolatrice degli afflitti? e quale afflizione è paragonabile a quella delle povere anime? Non è dessa la Madre della Misericordia? e non è forse per quelle anime sante e sofferenti che tutta deve mostrare la misericordia del suo cuore? Dunque non bisogna meravigliarsi, se nelle Rivelazioni di S. Brigida la Regina de' Cieli dà a se stessa il bel nome di Madre delle anime del Purgatorio. «Io sono, disse a quella santa, la madre di tutti quelli che sono nel luogo dell'espiazione: le mie preghiere addolciscono i castighi che sono inflitti pei loro falli. (52). 

    Il 25 ottobre 1604, nel collegio della compagnia di Gesù a Coimbra, morì in odore di santità il P. Girolamo Carvalho, nell'età di sessant'anni. Sentiva questo mirabile ed umile servo di Dio un vivissimo timore delle pene del Purgatorio. Né le crude macerazioni alle quali più volte ogni giorno si abbandonava, senza contare quelle che anche ogni settimana gli suggeriva la memoria più particolare della Passione, né le sei ore che sera e mattina consacrava alla meditazione delle cose sante sembravano assicurarlo contro i castighi, dopo la sua morte dovuti alle pretese sue infedeltà. 

Ma un giorno la stessa Regina del Cielo, per cui aveva una tenera divozione, si degnò consolare il suo servo colla semplice assicurazione che era la madre della misericordia per i suoi cari figli del Purgatorio, non meno che per quelli che vivono sulla terra. - Cercando più tardi di diffondere una dottrina tanto consolante, il santo uomo, per inavvertenza e nel calore del discorso, si lasciò sfuggire queste parole: Ella me lo ha detto. 

    Si riferisce che un altro gran servo di Maria, il beato Renier cistercense (53), tremava al pensiero dei suoi peccati e della terribile giustizia di Dio dopo la morte, e nel suo spavento essendosi rivolto alla sua grande protettrice, che si chiama la Madre della misericordia, fu rapito in ispirito, e vide la Madre di Dio supplicar il Figlio in suo favore: «Figlio mio, diceva, fategli grazia del Purgatorio, perché umilmente si pente dei suoi peccati. - Madre mia, rispose Gesù Cristo, nelle tue mani rimetto la tua causa»: il che voleva dire: sia fatta grazia al tuo protetto, come desideri. - Con una ineffabile gioia comprese il beato che Maria gli aveva ottenuto l'esenzione dal Purgatorio. 

    In certi giorni specialmente la Regina dei cieli esercita la sua misericordia nel Purgatorio. Questi giorni privilegiati sono dapprima tutti i sabati, poscia le varie feste di Maria, che per tal modo sono come i giorni di festa pel Purgatorio. ­ Nelle rivelazioni dei Santi vediamo che il sabato giorno specialmente consacrato alla S. Vergine, la dolce Madre di misericordia scende nelle prigioni del Purgatorio per consolare e visitare i suoi divoti. Allora, secondo la pia credenza dei fedeli, essa libera le anime che, avendo portato il santo scapolare, hanno diritto al privilegio detto sabatino; quindi prodiga le dolcezze delle sue consolazioni alle altre anime che particolarmente l'hanno onorata. Ecco quanto in questa parte vide la venerabile suor Paola di S. Teresa, religiosa domenicana nel monastero di S. Caterina a Napoli (54). 

    Essendo stata rapita in estasi, un giorno di sabato, ed in ispirito trasportata nel Purgatorio, fu tutta sorpresa di trovarlo trasformato in un paradiso di delizie, illuminato da una viva luce invece delle tenebre abituali. Stando per chiedere la ragione di questo cambiamento, scorse la Regina dei cieli, circondata da una infinità di angeli, ai quali ordinava di liberare le anime che le erano state specialmente devote e di condurle al Cielo. 

    Se così avviene dei semplici sabati, non si può guasi dubitare che non sia lo stesso nei giorni di festa consacrati alla Madre di Dio. Fra tutte queste feste quella della gloriosa Assunzione di Maria sembra essere il grande giorno delle liberazioni. S. Pietro Damiani (55) ci dice che ogni anno nel giorno dell'Assunzione, la Santa Vergine libera parecchie migliaia d'anime. Ecco la meravigliosa visione che riferisce a questo riguardo. 

    «È una pia usanza, dic'egli, fra il popolo romano, di visitare le chiese con un cero in mano durante la notte che precede la festa dell'Assunzione di Nostra Signora. Ora in questa occasione avvenne che una distinta persona, stando inginocchiata nella basilica d'Ara Coeli al Campidoglio, scorse che pregava dinnanzi a lei un'altra dama, sua madrina, morta parecchi anni prima. Sorpresa e non potendo credere ai suoi occhi, volle chiarire questo mistero e si pose vicino alla porta della chiesa. Appena la vide uscire, la prese per mano e tirandola in disparte: «Non siete voi le disse, la mia madrina Marozzi, che mi avete tenuta al fonte battesimale? - Sì, rispose tosto la comparsa, sono io stessa. - E come avviene che vi trovo fra i vivi, dacché siete morta da quasi un anno? - Sino ad oggi rimasi immersa in un fuoco spaventevole per i molti peccati di vanità da me commessi nella mia gioventù; ma in questa grande solennità, la Regina del Cielo scese in mezzo alla fiamme del Purgatorio e mi liberò insieme ad un gran numero di defunti, per entrare in Cielo nel dì della Assunzione. Questo grande atto di clemenza lo esercita ogni anno: e nell'attuale circostanza, il numero di coloro che liberò uguaglia quello del popolo di Roma.» 

    «Vedendo che la sua figlioccia rimaneva stupita ed ancora sembrava dubbiosa, la comparsa aggiunse: «A prova della verità delle mie parole sappi che tu stessa entro un anno, nella festa dell'Assunzione, morirai; se passa questo termine, abbi il tutto per illusione». 

    S. Pietro Damiani termina questo racconto dicendo che la giovane dama passò l'anno in buone opere per prepararsi a comparire innanzi a Dio. L'anno seguente, l'antivigilia dell'Assunzione, cadde inferma e morì il giorno stesso della festa, come le era stato predetto. 

   Dunque la festa dell'Assunzione è il gran giorno delle misericordie di Maria per le anime; essa si compiace d'introdurre nella gloria i suoi figli nel dì anniversario in cui vi fu introdotta ella stessa «Questa pia credenza, aggiunge l'abate Louvet, è appoggiata ad un gran numero di particolari rivelazioni: per questo a Roma la chiesa di Santa Maria in Montorio, che è il centro dell'Arciconfraternita dei suffragi pei trapassati, porta il titolo dell'Assunzione». 

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

martedì 25 giugno 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Confidenza. - Misericordia di Dio verso le anime. - Egli le consola. - S. Caterina da Genova. - S. Stanislao di Cracovia ed il risuscitato Pietro Miles. - Santa Caterina de' Ricci e l'anima di un principe.


È vero che non tutti si trovano al predetto alto grado di carità, ma non c'è alcuno che non possa aver confidenza nella divina misericordia. Infinita è questa misericordia, e dà la pace a tutte le anime che la tengono dinanzi agli occhi ed in lei si confidano. Ora, riguardo al Purgatorio, la misericordia di Dio si esercita in tre maniere: 1° consolando le anime; 2° mitigando le loro pene; 3° dando a noi stessi prima di morire mille mezzi di sfuggire il Purgatorio. 

Dio prima mente consola le anime del Purgatorio; le consola egli stesso, e per mezzo della Santa Vergine e dei santi Angeli. Consola le anime riempiendole di fede nel più alto grado, di speranza e d'amar divino, virtù che in loro producono la conformità alla volontà divina, la rassegnazione, la più perfetta pazienza. «Il Signore, scrive S. Caterina da Genova, all'anima del Purgatorio imprime un tal moto d'amore attrattiva, che basterebbe per annichilirla se non fosse immortale. Illuminata ed infiammata da questa pura carità, quanto ama Dio, altrettanto detesta la menoma macchia che a lui dispiace, il menomo ostacolo che l'impedisce di unirsi a lui. Per tale modo se potesse scoprire un altro purgatorio più terribile di quello nel quale si trova, quest'anima vi si precipiterebbe, vivamente spinta dall'impeto dell'amore che esiste fra Dio ed essa, onde più presto liberarsi da tutto quanto lo separa dal Bene supremo. 

Queste anime, dice ancora la santa, sono intimamente unite alla volontà di Dio, e tanto in lei completamente trasformate da essere sempre soddisfatte del santissimo suo decreto. Le anime del Purgatorio non hanno elezione propria: non possono più volere che ciò che Dio vuole. Per tal modo colla più perfetta sommissione ricevono tutto quanto loro dà Iddio; né piacere né allegrezza, né pena, giammai possono farle ripiegare sopra se stesse» (51). 

Questa contentezza in mezzo alle più amare sofferenze non può spiegarsi che colle divine consolazioni sparse dallo Spirito Santo sulle anime del Purgatorio. Questo Spirito divino colla fede, colla speranza e colla carità le mette nella disposizione di un infermo che sostiene una dolorosissima operazione, ma il cui certo effetto sarà di rendergli una perfetta sanità. Soffre questo infermo, ma ama patimenti tanto salutevoli. Lo Spirito consolatore dà alle anime una somigliante contentezza. Un sensibilissimo esempio l'abbiamo in quel Pietro Miles, risuscitato da S. Stanislao di Cracovia, e che preferiva ritornare nel Purgatorio anziché vivere ancora sulla terra. 

 Nel 1070 avvenne il celebre miracolo di questa risurrezione. Ecco come lo si trova riferito negli Acta Sanctorum, sotto il 7 maggio. S. Stanislao era vescovo di Cracovia, governando la Polonia il duca Boleslao II. Egli non mancava di ricordare i suoi doveri a questo principe, che scandalosamente li violava dinanzi a tutto il suo popolo. Si irritò Boleslao per la santa libertà del prelato, e per vendicarsi, contro di lui suscitò gli eredi di un certo Pietro Miles, morto già da tre anni, dopo di aver venduto una terra alla Chiesa di Cracovia. Gli eredi accusarono il vescovo d'aver invaso quel terreno senza pagarlo al proprietario. Ebbe un bel affermare d'avere effettuato il pagamento: siccome i testimoni che dovevano sostenerlo furono subornati od intimiditi, egli fu dichiarato usurpatore del bene altrui e condannato a restituire la terra in questione. Allora, vedendo che l'umana giustizia gli veniva a mancare, sollevò il suo Cuore a Dio e ne ricevette una subita ispirazione: domandò tre giorni di dilazione, promettendo di far comparire in persona Pietro Miles, a rendergli testimonianza. Per burla gli fu concesso. 

 Il santo digiunò, vegliò, pregò Nostro Signore di difendere la sua causa; ed il terzo giorno, dopo celebrata la santa messa, partì accompagnato dai suoi chierici e da molti fedeli, si portò al luogo ov'era sotterrato Pietro. Per suo ordine si aprì la tomba, che più non conteneva che ossa: le toccò col suo bastone pastorale, ed in nome di Colui che è la resurrezione e la vita, comandò al morto di alzarsi. Subito quelle ossa si rassodarono, si ravvicinarono, si coprirono di carne, ed agli sguardi stupefatti di tutto un popolo si vide il morto pigliar il vescovo per mano ed incamminarsi al luogo del tribunale. Boleslao colla sua corte e con una folla considerevole stavano nella più viva aspettazione. «Ecco Pietro, disse il santo a Boleslao, che viene a deporre testimonianza dinanzi a voi. Interrogatelo, ed egli risponderà». 

 È impossibile descrivere lo stupore del duca, dei suoi assessori, di tutta quella folla. Affermò il risuscitato che a lui era stata pagata la terra; poscia, volgendosi ai suoi eredi, loro fece giusti rimproveri per aver accusato il pio prelato contro ogni diritto e giustizia; per ultimo li esortò a far penitenza d'un sì grave peccato. 

 Fu per tal modo che l'iniquità, che già si credeva sicura dell'evento, fu confusa. Ora viene la circostanza che riguarda il nostro soggetto e che dobbiamo far risaltare. Volendo per la gloria di Dio por termine ad un sì gran miracolo. Stanislao propose al defunto di ottenergli da nostro Signore, se lo volesse, di vivere ancora per alcuni anni. Rispose Pietro che non lo desiderava. Trovavasi nel Purgatorio, ma amava meglio ritornarvi subitamente e soffrirne le pene, anziché esporsi al pericolo della dannazione in questa vita terrena. Solamente scongiurò il santo di pregar Dio perché fossero abbreviate le sue pene e che assai presto potesse entrare nella gloria dei beati. Dopo questo, accompagnato dal vescovo e da una grande moltitudine, se ne ritornò alla sua tomba, vi si ricoricò, e tosto si sfasciò il suo corpo, si staccarono le sue ossa e ricaddero nel primiero loro stato. Tutto fa credere che il santo ottenne prontamente la liberazione della sua anima. 

 Ciò che in questo esempio è degno di particolare osservazione, e deve attirare la nostra attenzione, si è che un'anima del Purgatorio, dopo d'aver provato i più crudeli supplizi, preferisce questo stato tanto doloroso alla vita in questo mondo: e la ragione di questa preferenza sta in ciò, che in questa vita mortale siamo esposti al pericolo di perderci e di incontrare l'eterna dannazione. Citiamo un altro esempio delle interiori consolazioni e della misteriosa contentezza provate dalle anime fra i più vivi dolori: lo troviamo nella Vita di Santa Caterina de' Ricci, religiosa dell'Ordine Domenicano, che morì nel monastero di Prato il 2 febbraio 1590. Questa serva di Dio spingeva la carità verso le anime del Purgatorio, fino a soffrire sulla terra ciò che dovevano soffrire nell'altro mondo. Tra le altre, dalle fiamme espiatrici liberò l'anima di un principe, per lui soffrendo per quaranta giorni incredibili tormenti.

Questo principe, che la storia non nomina, senza dubbio per riguardo alla famiglia, aveva menato vita mondana, e la santa fece molte preghiere, digiuni e penitenze, perché Dio l'illuminasse e non fosse riprovato. Dio si degnò esaudirla, e l'infelice peccatore prima di morire diede evidenti prove di una sincera conversione. Con buoni sentimenti da questa vita passò al Purgatorio. Ne ebbe cognizione Caterina per una divina rivelazione nella preghiera, ed ella stessa si offrì a soddisfare alla divina giustizia per quell'anima. Il Signore gradì questo caritatevole cambio: ricevette nella gloria l'anima del principe, ed a Caterina per quaranta giorni fece sostenere le più strane pene. Fu presa da una malattia che, a giudizio dei medici, non era naturale, e che non potevano né guarire, né sollevare. Ecco, secondo i testimoni, in che consisteva quel male: il corpo della santa si coprì di bollicelle ripiene di un umore visibilmente in ebollizione, come acqua bollente sul fuoco. Ne proveniva un estremo calore, tanto che la sua cella si scaldava come un forno e sembrava piena di fuoco; non si poteva dimorarvi alcuni istanti senza uscirne per respirare. Era evidente che la carne dell'inferma bolliva, e la sua lingua rassomigliava ad una piastra di metallo arroventato. Ad intervalli, l'ebollizione cessava, ed allora la carne sembrava come arrostita; ma ben presto si riempivano le bollicelle, riprendendo l'ebollizione. 

 Frattanto, in mezzo a questo supplizio, la santa non perdeva né la serenità del volto, né la pace dell'anima; all'incontro, sembrava godesse in quei tormenti. I dolori andavano talvolta ad un tale grado d'intensità da perdere la parola per dieci o dodici minuti. Quando le religiose sue sorelle le dicevano che sembrava che si trovasse nel fuoco, rispondeva semplicemente di sì, senza più nulla aggiungere. Quando le rappresentavano che troppo lungi spingeva lo zelo, e che non dovesse chieder a Dio dolori così eccessivi; € Perdonatemi, madri mie, diceva, se vi replico. Gesù ama tanto le anime, che a lui è infinitamente gradito quanto facciamo per la loro salute. Ed è per questo che volentieri soffro qualsiasi pena, tanto per la conversione dei peccatori, quanto per la liberazione delle anime ritenute nel Purgatorio». 

 Spirati i quaranta giorni, Caterina ritornò all'ordinario suo stato, I parenti del principe le domandarono ov'era la sua anima, «Di nulla temete, rispose: la sua anima gode l'eterna gloria». Con ciò si conobbe che era per quell'anima che tanto aveva sofferto. Questo fatto può insegnarci molte cose; ma l'abbiamo citato per dimostrare come le maggiori sofferenze non sono incompatibili colla pace interna. La nostra santa, sebbene visibilmente soffrisse le pene del Purgatorio, godeva d'una meravigliosa calma e d'una sovrumana contentezza.

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

martedì 21 maggio 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Il Purgatorio mistero di misericordia. 


Timore e confidenza. - Misericordia di Dio. - S. Liduina ed un prete. - Il venerabile Padre Claudio de la Colombière. 

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   Considerammo i rigori della divina giustizia nell'altra vita: incutono spavento e non è possibile pensarvi senza terrore. Quel fuoco acceso dalla divina giustizia, quelle pene dolorose, al cui confronto le penitenze dei santi e i dolori dei martiri sono ben poca cosa, qual anima credente potrà mai considerarli senza timore? Salutare e conforme allo spirito di Gesù Cristo è questo timore. Il divin Maestro vuole che temiamo, e ché non solo temiamo l'inferno, ma il Purgatorio ancora, sorta d'inferno mitigata. Ed è per ispirarci questo santo timore che ci mostra la prigione del Giudice supremo, donde non si uscirà prima d'aver pagato l'ultimo quadrante (Matt., V, 26); e si può applicare al Purgatorio ciò che dice del fuoco della geenna: Non temete quelli che fanno morire il corpo e nulla possono sull'anima, ma temete colui che può gettare il corpo e l'anima nell'inferno (Matt., X, 28). Tuttavia l'intenzione del Salvatore non è che abbiamo un timore eccessivo o sterile, quel timore che tormenta le anime e le abbatte, timore cupo e senza confidenza: no; vuole che il nostro timore sia temperato da una grande confidenza nella sua misericordia; vuole che temiamo il male per prevenirlo ed evitarlo; vuole che il pensiero delle fiamme vendicatrici stimoli il nostro fervore nel suo servizio, e ci induca ad espiare i nostri falli in questo mondo piuttosto che nell'altro. È meglio estirpare adesso i nostri vizi ed espiare i nostri peccati, dice l'autore dell'Imitazione, che aspettare ad espiarli nell'altra vita (49). Del resto, se ad onta del nostro zelo a ben vivere ed a soddisfare in questo mondo, abbiamo ancora fondati timori d'aver ad incontrare un purgatorio, dobbiamo guardare in faccia questa eventualità con una grande confidenza in Dio, che non lascia senza consolazione le anime che purifica coi patimenti. Ora per dare al nostro timore questo carattere pratico e questo contrappeso di confidenza, dopo d'aver contemplato il Purgatorio nelle sue pene e nei suoi rigori, consideriamolo sotto un altro aspetto ed un altro punto di vista, quello cioè della misericordia di Dio. che vi risplende non meno della sua giustizia. Se Dio nell'altra vita ai piccoli falli riserva terribili castighi, li infligge però sempre con un temperamento di clemenza; e nulla meglio del Purgatorio mostra l'adorabile armonia delle divine perfezioni, giacché la più severa giustizia vi si esercita nel tempo stesso colla più ineffabile misericordia. Se il Signore castiga le anime che a lui sono care, ciò proviene dal suo amore, secondo quelle parole: Io correggo e castigo quelli che amo (Apoc., III, 19). Con una mano li colpisce, coll'altra li guarisce, e loro abbondantemente offre misericordia e redenzione: Quoniam apud Domine misericordia, et copiosa apud eum redemptio. Questa infinita misericordia del nostro Padre celeste dev'esser l'inconcusso fondamento della nostra confidenza e sull'esempio dei Santi sempre dobbiamo averla dinnanzi agli occhi. I Santi non la perdevano di vista, ed è perciò che il timore del Purgatorio loro non toglieva né la pace, né la gioia dello Spirito Santo.

S. Liduina, che tanto bene conosceva lo spaventevole rigore delle pene espiatrici, era animata da questo spirito di confidenza e sforzavasi d'inspirarlo agli altri. Un giorno ebbe la visita d'un pio sacerdote. Stando seduto presso il letto della santa inferma con altre virtuose persone, la conversazione cadde sulle pene dell'altra vita. Il prete, vedendo nelle mani d'una donna un vaso ripieno di grani di senapa, ne prese occasione per dire che tremava pensando al fuoco del Purgatorio; «tuttavia, aggiunse, vorrei trovarmivi per tanti anni quanti sono i piccoli grani in questo vaso: almeno allora avrei la certezza della mia salute. - Che dite mai, Padre mio? riprese la santa; perché così poca confidenza nella misericordia di Dio? Oh se sapeste meglio che cosa è il Purgatorio, quali tormenti vi si soffrono! - Sia quel che sarà il Purgatorio, riprese: io insisto su quanto ho detto». Quel prete morì qualche tempo dopo e avendo le stesse persone che erano presenti alla sua conversazione con Liduina, interrogata la santa inferma sullo stato dell'anima sua nell'altro mondo, questa rispose: «Il defunto, per la virtuosa vita, si trova in buon luogo; ma starebbe. meglio, se di più avesse confidato nella passione di Gesù Cristo e se avesse avuto un sentimento più dolce intorno al Purgatorio». In che consisteva la mancanza di confidenza dalla santa disapprovata in quel buon prete? Nel sentimento in cui era, esser pressoché impossibile il salvarsi, e non poter quasi entrar in Cielo che dopo innumerevoli anni di tormenti. Questa idea è falsa e contraria alla cristiana confidenza. Il Salvatore è venuto a portare la pace agli uomini di buona volontà, e ad imporci come condizione di salute un giogo soave ed un peso leggero. Epperò, sia buona la vostra volontà, e troverete la pace, vedrete svanire le difficoltà ed i terrori. La buona volontà propriamente consiste nel sottomettere e conformare la nostra volontà a quella di Dio, che è la regola di ogni buon volere, e questo buon volere consegue la sua più elevata perfezione, quando si abbraccia la divina volontà come il bene supremo, anche allora che impone i più grandi sacrifizi, i più rigorosi patimenti. Cosa meravigliosa! l'anima per tal modo disposta sembra perdere il sentimento dei dolori. Da ciò consegue che quest'anima è compresa dello spirito d'amore, e, come dice S. Agostino, quando si ama non si soffre, o se si soffre si ama il soffrire: aut si laboratur, labor ipse amatur. Questo cuore amante, questa buona e perfetta volontà, ben l'aveva il venerabile Padre Claudio de la Colombière, della Compagnia di Gesù, che nel suo Ritiro spirituale, esprimeva in questo modo i suoi sentimenti: «Non bisogna lasciar d'espiare colla penitenza i falli della propria vita; ma bisogna farlo senza inquietudine, poiché il peggio che possa avvenire, quando si ha buona volontà e che si è sottomessi alla obbedienza, è di rimanere lungo tempo in Purgatorio, e ben si può dire in buon senso che ciò non è un male assai grande. «Io non temo il Purgatorio. Quanto all'inferno non ne voglio parlare; poiché farei torto alla misericordia di Dio temendo l'inferno meno del mondo, l'avessi pur meritato più di tutti i demoni. Ma il Purgatorio, ripeto, non lo temo; ben vorrei non averlo meritato, non potendo ciò avvenire senza dispiacere a Dio; ma poiché è una cosa fatta, son ben contento d'andar a soddisfare alla divina giustizia nel modo più rigoroso che mai si possa immaginare, ed anco fino al giorno del giudizio, So che orribili vi sono i tormenti, ma so che onorano Dio, e non possono perturbare le anime, essendo assicurato che non vi sarà mai opposizione alla volontà di Dio, che si avrà caro il suo rigore, anzi si amerà fino la sua severità, aspettando con pazienza che sia interamente soddisfatta. Per tal modo con tutto il cuore diedi tutte le mie soddisfazioni alle anime del Purgatorio, ed anzi ho ceduto ad altre i suffragi che dopo la mia morte per me si faranno, onde Dio sia glorificato nel Paradiso dalle anime che avranno meritato d'esservi innalzate ad una gloria più grande della mia». Ecco fin dove va la carità, l'amor di Dio e del prossimo, quando s'impossessò d'un cuore: trasforma, trasfigura il patimento al punto da perdere la sua amarezza e cambiarsi in dolcezza. Quando, dice il libro dell'Imitazione, sarete giunti a trovar dolce la tribolazione ed a gustarla per amore di Gesù Cristo, allora credetevi felici, avendo trovato il paradiso sulla terra (50). Abbiamo dunque molto amor di Dio, molta carità, e poco paventeremo il Purgatorio: lo Spirito Santo dal fondo del cuore ci farà testimonianza, che essendo figli di Dio, non abbiamo a temere i castighi di un Padre. 

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 


mercoledì 8 maggio 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Materia delle espiazioni: mancanza di carità e di rispetto al prossimo. - S. Luigi Bertrando ed il defunto che chiede perdono. - Il Padre Nieremberg. 


La vera carità è umile e si piega al suoi fratelli, tutti rispettandoli come se fossero superiori. Le sue parole, sempre amichevoli e piene di riguardo per tutti, niente hanno che sappia d'amaro o di freddo, niente che sappia di disprezzo, perché partono da un cuore umile come quello di Gesù. Con cura altresì schiva tutto quello che potrebbe turbar l'unione; e se sorge qualche differenza, fa tutti i passi, tutti i sacrifizi, per ristabilire la riconciliazione, secondo quelle parole del divin Maestro: Se fai l'offerta all'altare, e là ti ricordi che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta all'altare, e va prima a riconciliarti col tuo fratello, e poscia ritorna a fare la tua offerta (Matteo, V, 23). 

    Un religioso avendo mancato di carità verso san Luigi Bertrando, dopo morte ebbe un terribile castigo. Fu immerso nel fuoco del Purgatorio fino a che fu soddisfatta la divina giustizia; di più, non poté esser ammesso alla patria degli eletti prima d'aver compito un atto esteriore di riparazione, che servì d'esempio ai vivi. Ecco come il fatto è riferito nella Vita del santo (47). 

    Quando san Luigi Bertrando dell'Ordine di S. Domenico dimorava nel convento di Valenza, nella comunità si trovava un giovane religioso, che dava troppa importanza alla scienza umana. Senza dubbio, le lettere e l'erudizione hanno il loro pregio, ma, come dice lo Spirito Santo, cedono al timor di Dio ed alla scienza dei Santi: Non super timentem Dominum (Eccli., XXV, 13). Questa scienza dei Santi, che venne ad insegnare i l'eterna Sapienza, consiste nella umiltà e nella carità. Ora il giovane religioso, di cui parliamo, poco ancora istrutto di questa scienza divina, si permise di rimproverare al Padre Luigi il poco suo sapere e dirgli: «Ben si vede, Padre mio, che non siete molto dotto! - Fratel mio, rispose il santo con una dolce fermezza, Lucifero fu assai sapiente, e tuttavia fu riprovato». 

    Il frate che aveva commesso questo fallo non pensò a ripararlo. Tuttavia non era un cattivo religioso, e qualche tempo dopo quel fatto, caduto infermo, assai bene ricevette tutti i Sacramenti e morì nella pace del Signore. Scorse un tempo assai lungo, durante il quale S. Luigi fu nominato priore. Un giorno, rimasto questi nel coro dopo il mattutino, gli apparve il defunto, circondato da fiamme, e dinanzi a lui umilmente inchinandosi, gli disse: «Padre mio Perdonatemi le parole offensive a voi in altri tempi rivolte. Dio non permette che vegga la sua faccia prima che voi non mi abbiate perdonato quel fallo e poscia per me celebrato il santo sacrificio della Messa». Il santo volentieri gli perdonò e l'indomani per lui offrì la Messa. 

    La notte seguente, trovandosi ancora in coro, vide di nuovo comparirgli il defunto, ma glorioso ed ascendente al Cielo. 

    Il Padre Eusebio Nieremberg, religioso della Compagnia di Gesù, autore del libro Differenza fra il tempo e l'eternità, dimorava in un collegio di Madrid, ove morì in odore di santità nel 1658. 

Questo servo di Dio, singolarmente divoto delle anime del Purgatorio, pregava un giorno con fervore nella chiesa del collegio per un Padre morto da poco. Il defunto, che per lungo tempo aveva insegnato la teologia, non si era mostrato meno buon religioso che dotto teologo; sopra tutto aveva avuto una gran divozione alla Santa Vergine; ma alle sue virtù s'era frammischiato un vizio: mancava di carità nelle sue parole e frequentemente parlava dei difetti del prossimo. 

    Ora, siccome il P. Nieremberg raccomandava la sua anima a Dio, gli apparve quel religioso e gli rilevò il suo stato. Era dato in preda a gravi tormenti per aver spesso parlato contro la carità. La sua lingua, in modo particolare strumento dei suoi falli, era tormentata da mi cocente fuoco. La Santa Vergine, in ricompensa della tenera divozione per lei avuta, gli aveva ottenuto di venire a chiedere preghiere, e nel tempo stesso doveva servire di esempio ai suoi con fratelli per insegnar loro a vigilare con tutta la cura su ogni parola. - Il Padre Nieremberg avendo pregato e per lui fatto molta penitenza, finalmente ottenne la sua liberazione (49). 

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

lunedì 29 aprile 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Materia delle espiazioni: peccati contro la carità. - La B. Margherita Maria e due persone di elevata condizione nelle pene del Purgatorio. Parecchie anime punite per mancanza di concordia. 


Dicemmo che la divina giustizia si mostra in modo particolare rigorosa per i peccati commessi contro la carità verso il prossimo. La carità, infatti, è la virtù che più sta a cuore al divin Maestro e che raccomanda ai suoi discepoli come quella che li deve distinguere agli occhi di tutti. Il segno, dice egli, al quale si conoscerà che voi siete miei discepoli, è la carità che avrete gli uni per gli altri. Non è dunque da stupirsi che la durezza col prossimo ed ogni altra mancanza di carità siano nell'altra vita severamente punite. 

    Ed eccone anzitutto alcune prove, tolte dalla storia della B. Margherita Maria. «Seppi da suor Margherita, dice la Madre Greffier nelle sue Memorie, che una giovane pregava per due persone di grande considerazione nel mondo, che erano spirate. Tutte due le vide nel Purgatorio: l'uno le fu mostrata come condannata per molti anni a quelle pene, malgrado i solenni funerali ed il gran numero di messe che per lei si celebravano. Tutte quelle preghiere e quei suffragi erano dalla divina giustizia applicati invece alle anime di alcuni di coloro che erano stati rovinati per la sua mancanza di carità e d'equità a loro riguardo. Siccome a quella povera gente niente era rimasto per far pregare Dio per essi dopo la loro morte, Dio vi suppliva come s'è detto. - L'altra si trovava in Purgatorio per altrettanti giorni quanti anni era vissuta sulla terra. Nostro Signore fece conoscere a suor Margherita, che fra tutte le opere buone fatte da questa persona aveva particolarmente avuto considerazione alla carità colla quale aveva sopportato i difetti del prossimo e dissimulati i dispiaceri a lei fatti». 

    Un altra volta Nostro Signore mostrò alla beata Margherita una quantità d'anime del Purgatorio, le quali per esser state discorde nella loro vita dai propri superiori, e per aver avuto con essi alcune discordie erano state severamente punite e private dopo morte del soccorso della S. Vergine e dei Santi, e della visita dei loro angeli custodi. Parecchie di quelle anime erano destinate a rimaner lungo tempo fra le orribili fiamme; anzi alcune di esse non avevano alcun indizio di predestinazione, tranne quello di non odiar Dio; altre che furono in religione, e nella loro vita avevano avuto poca unione e carità colle sorelle, erano private dei loro suffragi, e non ne ricevevano perciò alcun soccorso. 

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

domenica 14 aprile 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Materia delle espiazioni: mancamenti di giustizia - Il Padre d'Espinoza ed i pagamenti. 


Una moltitudine di rivelazioni ci mostrano che Dio con un implacabile rigore punisce tutti i peccati contrari alla giustizia ed alla carità. In materia di giustizia sembra esigere che la riparazione si faccia prima che sia rimessa la pena; come nella Chiesa militante, i suoi ministri devono esigere la restituzione per rimetter la colpa: senza restituzione nessuna remissione. 

    Il P. Rossignoli (46) parla d'un religioso della sua Compagnia chiamato Agostino d'Epinoza, la cui santa vita non era che un atto di continuo suffragio alle anime del Purgatorio. Essendo morto un ricco che da lui si confessava, senza aver sufficientemente regolati i suoi affari, gli apparve e dapprima gli chiese se lo conosceva. - «Senza dubbio, rispose il Padre: pochi giorni prima della vostra morte vi ho confessato. - Sappiate dunque, disse il defunto, che per grazia speciale di Dio vengo a scongiurarvi di placare la sua giustizia fare per me quanto non potei fare io stesso. 

Seguitemi...» 

    Il Padre dapprima va dal suo superiore, gli rende conto di quanto gli si chiede ed insiste per avere il permesso di seguire lo strano suo visitatore. Ottenuto il permesso, esce e segue l'apparso, che, senza pronunziare una parola, lo conduce ad uno dei punti della città. Là questi prega il Padre di aspettar un poco, s'allontana e scompare per un momento; poscia ritorna con un sacco di denaro, pregando il Padre di portarlo, e tutti due rientrano in convento, nella cena del religioso. Allora il morto gli consegna un biglietto scritto, e mostrando il denaro: «Tutto questo, dice, è a vostra disposizione; abbiate la carità di disporne per soddisfare i miei creditori, i cui nomi sono indicati su questo biglietto, colla somma loro dovuta. Di quanto in seguito rimarrà della somma, impiegatelo in buone opere a vostra elezione, pel riposo dell'anima mia». Dette queste parole, scomparve, ed il Padre si fece dovere di compiere tutte le sue intenzioni. 

    Erano appena passati otto giorni che di nuovo si fece vedere al Padre d'Espinoza. Questa volta ringraziò il Padre con effusione. «Per la caritatevole esattezza, gli disse, colla quale avete pagato i debiti da me lasciati sulla terra, e in grazia ancora delle sante messe che per me avete celebrato, ora sono libero da tutte le mie pene, ed ammesso all'eterna beatitudine». 

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

giovedì 29 febbraio 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Materia delle espiazioni: immortificazioni della lingua. - Durando, religioso benedettino. Le suore Geltrude e Margherita. - S. Ugo di Cluny ed il violatore del silenzio. 

  

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     Un altro difetto, da cui il cristiano che vuole schivare i rigori del Purgatorio deve molto guardarsi, perché facilmente vi si cade, è l'immortificazione della lingua. Oh! quanto è facile fallare nelle parole! Quanto è raro parlare a lungo senza proferire qualche parola contraria alla dolcezza, alla umiltà, alla sincerità, alla cristiana carità! Le stesse persone pie sono soggette a questi falli; quando sfuggirono a tutte le altre insidie del demonio, si lasciano prendere, dice san Girolamo, in un'ultima rete, la maldicenza. Ascoltiamo ciò che riferisce in proposito Vincenzo di Beauvais (44). 

    Quando il celebre Durando, che nell'undecimo secolo illustrò l'Ordine di S. Benedetto, era ancora semplice religioso, si mostrava un modello di regolarità e di fervore; ma aveva un difetto: la vivacità del suo spirito lo portava a parlar troppo; eccessivamente amava la parola ridendo spesso alle spese della carità. Ugo, suo abate, gli fece su questo oggetto correzioni, predicendogli pure che, se non si correggeva, certamente avrebbe avuto nel Purgatorio a scontare queste giovialità fuor di luogo. 

    Durando non diede troppa importanza a questi avvisi, e continuò ad abbandonarsi senza tanto freno allo sregolamento della lingua. Dopo la sua morte, si realizzò la predizione dell'abate Ugo. 

Durando apparve ad un religioso suo amico, supplicandolo d'aiutarlo colle sue preghiere, perché era crudamente punito per l'intemperante suo linguaggio. In seguito a questa apparizione, si riunì la comunità, si stabilì d'osservare, per otto giorni, un rigoroso silenzio, e di praticare altre buone opere, per sollevare il defunto. Queste caritatevoli preghiere produssero il loro effetto: dopo qualche tempo, Durando comparì di nuovo per annunziare la sua liberazione. 

    Il fatto seguente è tolto da Cesario (45). «In un monastero dell'Ordine dei Cistercensi, dice quell'autore, vivevano due giovani religiose, per nome suor Geltrude e suor Margherita. La prima, sebbene d'altra parte virtuosa, non vigilava abbastanza sulla sua lingua; frequentemente violava il prescritto silenzio, alcune volte anche nel coro, prima e dopo l'uffizio. Invece di raccogliersi con rispetto nel luogo santo e di preparare il suo cuore alla preghiera, si dissipava rivolgendo a suor Margherita, che le stava al fianco, inutili parole, di modo che, oltre alla violazione della sua regola ed alla mancanza di pietà, era per la sua compagna un soggetto di scandalo. Morì ancor giovane, ed ecco che poco tempo dopo la sua morte, suor Margherita, andando all'uffizio, la vede. venire essa pure a sedersi nello stallo che occupava vivendo. 

     «A quella vista la suora fu per svenire. Ripresi i sensi, raccontò alla sua superiora quanto vedeva. 

Questa le disse di non inquietarsi; ma, se ricompariva la defunta, di chiederle in nome del Signore la causa della sua venuta. 

     «Ricomparve difatti l'indomani, allo stesso modo, e, secondo l'ordine della superiora, Margherita le disse: «Mia cara suor Geltrude, donde e vieni e che vuoi? - Vengo, rispose ella a soddisfare alla divina giustizia nel luogo ove peccai. «E' qui, in questo santo luogo, consacrato alla preghiera, che offesi Dio con parole inutili e contrarie al religioso rispetto, col cattivo esempio dato alla comunità, e collo scandalo che diedi a te in particolare, Oh! se tu sapessi, e aggiunse, quanto soffro! sono divorata dalle fiamme; soprattutto la mia lingua ne è crudelmente tormentata». Scomparve quindi dopo di aver domandate preghiere». 

    Quando S. Ugo, che nel 1409 succedette ad Odilone, governava il fiorente monastero di Cluny, uno dei suoi religiosi che era stato poco fedele alla regola del silenzio, venuto a morire comparve al santo abate per implorare il soccorso delle sue preghiere. Aveva la bocca piena di schifose ulceri, a punizione, diceva, delle sue parole inutili. - Ugo ordinò a tutta la sua comunità sette giorni di silenzio, che si passarono nel raccoglimento e nella preghiera. Allora di nuovo comparve il defunto, liberato dalle ulceri, colla faccia raggiante, a testificare la sua riconoscenza pel caritatevole soccorso ricevuto dai suoi confratelli. 

    Se tale è il castigo delle parole semplicemente oziose, quale sarà quello delle parole più colpevoli? 


Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

sabato 3 febbraio 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Materia delle espiazioni: mancanza di rispetto nella preghiera. - La Madre Agnese di Gesù e suor Angelica. - S. Severino di Colonia. - Il Padre Streit della Compagnia di Gesù. 

  

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     Dobbiamo trattare santamente le cose sante: ogni irriverenza negli esercizi religiosi sommamente dispiace al Signore. La venerabile Agnese di Langeac, priora del suo convento, molto raccomandava alle religiose il rispetto ed il fervore in tutte le loro relazioni con Dio. ricordando quelle parole della Scrittura: Maledetto chi fa l'opera di Dio negligentemente! 

    Morì una suora della comunità, chiamata Angelica, e la pia superiora pregava vicino alla sua tomba, quando d'un tratto dinanzi a lei vide la sorella defunta, in abito da religiosa, e nel tempo stesso sentì come una fiamma ardente che le si accostava alla faccia. Suor Angelica la ringraziò di averla eccitata al fervore, ed in particolare di averle spesso in vita ripetuto quella parola dei libri santi: Maledetto colui che fa l'opera di Dio negligentemente! - «Continuate, madre mia, aggiunse, ad eccitare le sorelle al fervore, sicché lo conservino con suprema diligenza e lo amino con tutto il cuore, con tutta la potenza dell'anima loro. Se si potesse comprendere quanto sono rigorosi i tormenti del Purgatorio, di certo niuno si abbandonerebbe alla minima negligenza». 

    Questo avvertimento riguarda particolarmente i sacerdoti, di cui continue e più sublimi sono le relazioni con Dio: se ne ricordino sempre e giammai lo dimentichino, sia che offrono a Dio l'incenso della preghiera, sia che dispensino i divini tesori dei Sacramenti, sia che all'altare celebrino i misteri del corpo e del sangue di Gesù Cristo. Ecco ciò che riferisce S. Pietro Damiani nella sua lettera a Desiderio. 

    San Severino, arcivescovo di Colonia, coll'esempio di tutte le virtù èdificava la sua Chiesa: la sua vita tutta apostolica, le sue grandi fatiche per la dilatazione del regno di Dio nelle anime dovevano meritargli gli onori della canonizzazione. Tuttavia, dopo la sua morte, comparve ad uno dei canonici della sua cattedrale per chiedere preghiere. Quel degno sacerdote non poteva comprendere che un santo prelato, quale aveva conosciuto Severino, avesse bisogno di preghiere nell'altra vita. 

«È vero, disse il defunto, Dio mi fece la grazia di servirlo con tutto il cuore e di lavorare per lungo tempo nella sua vigna, ma spesso io l'ho offeso col modo troppo frettoloso con cui recitai il santo uffizio. Gli affari e le preoccupazioni di ogni giorno talmente mi assorbivano, che, giunta l'ora della preghiera, di questo gran dovere mi sdebitavo con poco raccoglimento, ed alcune volte in ore diverse da quelle fissate dalla Chiesa. Adesso espio queste infedeltà, e Dio mi permette di venir a domandare le vostre preghiere». 

    Aggiunge la storia, che per questo sol fatto Severino stette sei mesi nel Purgatorio. 

    Il 12 novembre 1643, nel noviziato di Brunn (Boemia) morì il Padre Filippo Streit della Compagnia di Gesù, religioso d'una grande santità. Tutti i giorni faceva l'esame della sua coscienza colla più diligente cura, e con questo mezzo acquistò una grande purezza d'anima. Alcune ore dopo la sua morte, glorioso apparve ad un Padre del suo Ordine, il venerabile Martino Strzeda. Un sol fallo, egli disse, l'impedì d'andare diritto al Cielo e per otto ore lo ritenne nel Purgatorio, e fu di non aver creduto con sufficiente fiducia alle parole del suo superiore, che alletto di morte si sforzava di calmare le ultime sue inquietudini di coscienza, e di cui con maggior perfezione avrebbe dovuto riguardare l'assicurazione come la voce stessa di Dio. 

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G. 

lunedì 15 gennaio 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Materia delle espiazioni: negligenza nella santa Comunione. - Luigi di Blois. - S, Maddalena de' Pazzi e la defunta in orazione. 

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Alla tiepidezza si unisce la negligenza nel prepararsi al convito eucaristico. Se la Chiesa non cessa di chiamare i suoi figli alla sacra mensa, se desidera che spesso si comunichino, sempre intende che lo facciano colla pietà e col fervore voluto da un sì grande mistero. Ogni volontaria negligenza in un'azione tanto santa, è un'offesa alla santità di Gesù Cristo, offesa che dovrà essere riparata con una giusta punizione. Il venerabile Luigi di Blois, nel suo Specchio Spirituale, parla di un gran servo di Dio, che per mezzo soprannaturale conobbe quanto severamente queste sorta di falli sono puniti nell'altra vita. Ricevette la visita di un'anima del Purgatorio, che implorava il suo soccorso in nome della amicizia che altre volte li univa; sosteneva, diceva essa crudeli tormenti per la negligenza, colla quale s'era preparata a ricevere la santa Eucaristia, nei giorni del suo terreno pellegrinaggio. Non poteva essere liberata che con una fervente comunione, che compensasse la passata sua tiepidezza. - Il suo amico si diede premura di sodo disfarla, fece una comunione con tutta la purezza di coscienza, con tutta la fede, con tutta la possibile divozione: ed allora vide l'anima santa apparirle brillante d'uno splendore incomparabile e ascendente al Cielo (42). 

   L'anno 1589, nel monastero di S. Maria degli Angeli a Firenze, morì una religiosa assai stimata dalle sue sorelle, ma che ben presto apparve a S. Maddalena de' Pazzi, per impetrare il suo soccorso nel rigoroso purgatorio al quale era condannata. Stava la santa dinanzi al Sacramento dell'altare, quando scorse la defunta inginocchiata in mezzo alla chiesa ed atteggiata a profonda adorazione e in uno strano stato. Aveva intorno a sé un mantello di fiamme che sembrava consumarla, ma una veste bianca, di cui era coperto il suo corpo, in parte la difendeva dall'azione del fuoco. Stupefatta, Maddalena desiderò sapere che significava quella apparizione, e le fu risposto che quell'anima così soffriva per avere avuto troppo poca divozione verso il SS. Sacramento. Malgrado le prescrizioni e le sante usanze dell'Ordine, non si era comunicata che assai di rado e con negligenza, ed era per ciò che la divina giustizia l'aveva condannata ad adorare ogni giorno la sant'Eucaristia e subire il tormento del fuoco ai piedi di Gesù Cristo. Tuttavia a ricompensa della verginale sua purità, raffigurata nella bianca veste, il divino Sposo aveva d'assai mitigato i suoi patimenti. 

    Tale fu la cognizione che il Signore diede alla sua serva. Essa ne fu grandemente commossa e con tutti i suffragi che stavano in suo potere si sforzò d'aiutare la povera anima. Di spesso raccontò questa apparizione e se ne servì per esortare le sue figlie spirituali allo zelo per la santa Comunione (43).

Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G.