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lunedì 30 giugno 2025

Gesù Cristo cerca di accrescere i nostri Vantaggi con sì gran zelo come fossero a lui necessari.

 


Gesù Cristo cerca di accrescere i nostri Vantaggi con sì gran zelo come fossero a lui necessari. – Quando la cosa stia così, come potremo dire, essere fra Dio e noi una inseparabile unione di perdite e di guadagni? Se i nostri profitti non arrecano a lui vantaggio di sorta, se le nostre perdite a lui tornano di gloria eguale, che mai avviene di quella connessione che parve a noi sì compiuta? E un terzo mistero da cui ci si porge un terzo oggetto di ammirazione ed il motivo principale della nostra riconoscenza. 

Ne troviamo la spiegazione, apparentemente impossibile, nella carità del Cuore del nostro divino Maestro e nel Nome di Gesù, che ne è la più commovente espressione. Così è: facendosi egli Gesù, che vuol dir Salvatore, ha ristabilito e sigillato questa dipendenza fra gl'interessi di Dio ed i nostri, la quale pareva ripugnasse alla divina perfezione. Niente obbligavalo a farsi Salvatore, e poteva del pari farsi giudice glorificando Dio suo Padre nel peccato degli uomini, come questo Dio infinitamente giusto erasi glorificato nel peccato degli angeli ribelli, punendolo col meritato castigo. Ma egli amò meglio di farsi Salvatore, e per questo titolo si obbligò a cercare anzi tutto la gloria del Padre e la propria nella salute del peccatore. Giacchè dove consiste la gloria del Salvatore se non in salvare ? Dove si mostra la perizia e la cura del medico se non in curare e guarire il maggior numero di infermi e le malattie più incurabili? Dirà egli: Queste malattie non mi riguardano e, morto il malato, io non ne resterò men sano? No, chè parlando così, egli rinuncerebbe al titolo e all' officio di medico. Ora Gesù non può rinunciare all'officio suo di Salvatore, essendo questa tutta la ragione della sua venuta, e lo scopo della sua missione sopra la terra: Non venit Filius in hunc mundum , ut iudicet mundum, sed ut salvetur mundus per ipsum (Jo., III, 17). Gesù non è per lui accidentale, ma proprio suo nome, Vocabis nomen eius Jesum; ipse enim salvum faciet populum suum a peccatis eorum (MAT., I, 21).

Vero è che gli uomini rimangono liberi di accettare la salute loro arrecata, e se persistono in rigettarla, il Salvatore, che dee sopratutto glorificare il Padre, sarà costretto a ricordarsi di esser giudice, ed in tal caso sarà sforzato a separare i loro interessi da quelli di Dio; ma questa separazione non sarà opera sua, bensì degli uomini. E anche allora, dopo quanti sforzi della umana malizia per costringere la divina Bontà a tal passo, e dopo quante cure di Gesù per non essere altro se non Salvatore, e sfuggire la necessità d'esser giudice! Finchè dura la vita presente, non serba egli verso la rubella sua creatura l'attitudine di supplichevole? Egli, che non ha niente da guadagnare dalla nostra salute, non si conduce forse come se da essa dipendesse il suo proprio bene? Ci offre il perdono, ci spinge ad accettarlo, ci scongiura di non volerci perdere: manda i suoi ministri in traccia de' suoi nemici, ordina loro di non lasciarsi disgustare da veruna resistenza, da verun risulto, da veruna persecuzione; di dare il sangue, ove bisogni, e lasciarsi trattare da micidiali, piuttosto che rinunciare a salvar dalla eterna morte coloro che liberamente preferiscono tal morte alla vita che Gesù Cristo vuole dar loro ad ogni costo. E non contento di correr dietro in persona de' suoi ministri a questi ingrati, viene egli stesso, e ferma la sua dimora fra noi, per esser più vicino a cui vuol salvare; di nuovo si espone agli oltraggi ed alle violenze dell' odio loro, pure bramando di esser loro più presso al momento che venissero a pentirsi!

O Dio mio! e potreste voi fare di più, quand'anche il vostro eterno bene dipendesse dalla nostra salvezza ? Posso io concepire un legame più forte di quello onde l'amor vostro congiunge i vostri interessi co' miei? Una madre, che vedesse dipendere per lei ogni bene dall'unico suo figlio, potrebbe, per salvarlo dai pericoli, far più di quello che voi fate per ritrarre i vostri nemici dall'abisso in cui si precipitano abbandonandovi ? 

Ma se voi così trattate i nemici più ostinati, che non avremo a sperar noi, de'quali, per grazia vostra, la brama più ardente si è di rimanervi fedeli? Permetterete voi che il nostro bene sia, mal nostro grado e per sola nostra fiacchezza, separato dal vostro, mentre vi opponete di tutta forza contro questa separazione, anche quando la malizia del peccatore vi costringerebbe a compirla? No, mio Gesù, nol permetterete; al contrario voi c' inspi rerete una stima ognor crescente della ineffa bile società che a voi ci lega ; voi ci riempirete ciascun giorno di nuovo zelo per l'avanzamento dei nostri comuni interessi; voi fortificherete vieppiù nel cuor nostro il sentimento della nostra unione con voi, ed animandoci a crescere di continuo in voi, crescerete voi stesso in noi, riempiendoci al fine di tutta la pienezza di Dio, ut impleamini in omnem plenitudinem Dei.

ENRICO RAMIÈRE S. J.


sabato 28 giugno 2025

0gni profitto, propriamente detto, di questa società è per noi.

 


0gni profitto, propriamente detto, di questa società è per noi. –Ma non bisogna perder di vista una ragione che dee far crescere in noi la riconoscenza verso il nostro socio divino, e la stima per la società che a lui ci unisce. Il profitto è comune, come abbiamo spiegato; ma non può acquistarsi ad un modo da lui e da noi. Chè i vantaggi indi provenienti per noi sono tutto, e formano ogni nostra ricchezza, ogni nostra perfezione, ogni nostro bene; laddove per lui, quanto alla ricchezza, alla perfezione, al bene, sono niente. Tutto e niente, qui sta la differenza, nè può dubitarsene. 

Infatti questa gloria esteriore che noi possiamo rendere a Dio, benchè a lui dovuta, benchè da esigersi da lui, benchè d'un valore senza pari, non aggiunge niente, assolutamente niente, al bene e alla gloria posseduta da Dio essenzialmente in se medesimo. Egli, come abbiamo notato, è infinitamente perfetto, e all'infinita perfezione non si può aggiunger niente: egli esiste per sè, nè deve che a sè il proprio bene, come il proprio essere, nè si darebbe maggiore assurdità del supporlo dipendente dalle sue creature: che noi lo amiamo o non lo amiamo, che noi meritiamo l' eterno bene cui ci offre o ci gittiamo da stolti ed ingrati nell' eterno male, egli non cesserà di essere quegli che è da tutta la eternità, infinitamente perfetto e in finitamente beato ; egli è nostro Dio e non abbisogna dei nostri beni, Deus meus estu, quo niam bonorum meorum non eges (Ps. XV,2). Quando però egli ci fa invito di amarlo, quando ci ordina di glorificarlo, quando c'impone di aver lui per nostro ultimo fine, i suoi inviti e comandi sono al tutto disinteressati : potendo egli nella sua eternità passarsi della gloria che ci domanda così dopo, come potè prima del nostro nascimento, senza risentirne la minima privazione. Tanto più che se noi resistiamo, egli saprà ottenere mal nostro grado quella gloria medesima cui attende dal nostro libero amore e dal bene che ne deve a noi provenire: chè se gliela toglie la nostra ribellione, il castigo onde questa sarà punita gliela renderà, e noi glorificheremo la sua giustizia in proporzione del nostro aver ricusato di glorificarne l' amore, per quel sentire che fa il dannato nell' inferno la perdita di Dio a misura del godimento che avrebbe gustato nel possesso del sommo Bene, e col dolore della perdita egli ne esalta l'amabilità infinita nè più nè meno di quello che avrebbe fatto colla gioia del possederlo. Ha potuto perdere se stesso, ma vincere il suo Creatore non mai. 

Dunque Iddio opera doppiamente senza interesse nella società formata con noi e nel comando fattoci di unire i nostri interessi coi suoi. O società veramente ammirabile! O ad mirabile commercium/ Il capitale tutto quanto è del nostro socio celeste, i guadagni sono tutti quanti per noi! Sì,per noi, formando essi una ricchezza tutto nostra. Quando le ombre del tempo si dissiperanno, e scomparranno le vane apparenze di ciò che appellasi mondo, non ci resterà in mano se non l'acquistato da noi nel nostro commercio con Gesù Cristo, e i meriti colti per la virtù del suo Cuore di vino saranno misura della nostra perfezione e della nostra eterna felicità. Se avrem trascurato di far valere questa divina società, avessimo pure goduto ogni bene del mondo, posseduta la stima universale, operato prodigi, ci troveremo a mani vuote, e durante la eternità sarà nostra porzione la sola spaventosa indigenza dell' inferno, la fame del bene infinito. Anzi fin d' ora non abbiamo meriti veri e vere ricchezze se non negli acquisti di tale società, in virtù de' quali noi siamo padroni dell'eternità, coeredi degli angeli e di Gesù Cristo, possessori di Dio! 

Quanto adunque somiglianti vantaggi non sono necessari a Dio, altrettanto sono indispensabili a noi: senza di essi egli rimarrebbe l' infinita perfezione che è per essenza; ma noi non saremmo più altro che niente e peccato: senza di essi egli possederebbe del pari la pienezza della eterna felicità, ma noi non avremmo in eredità che la eterna dannazione.

ENRICO RAMIÈRE S. J.


giovedì 26 giugno 2025

Quanto sia vera questa Comunanza e quanto per noi gloriosa.

 


Quanto sia vera questa Comunanza e quanto per noi gloriosa. –Gran Dio! quale parola, quale nuova gloria per noi, e insieme quale mistero! l'accrescimento di Dio! come mai queste due parole possono andare congiunte? Non è Dio infinito ed insieme immutabile? Se è infinito, come può ricevere aumento? E se potesse crescere, come rimarrebbe poi immutabile? E posto ancora che l'Infinito possa crescere, e l' Immutabile patir cangiamento, come lo potrà ripetere da esseri così meschini quali siam noi? 

Ciò sembra un cumulo d' impossibilità; eppure il detto dell'Apostolo è chiaro ed ispirato. Di noi, sì certamente, egli parla, e di ogni cristiano incorporato a Gesù Cristo per lo battesimo e tuttavia rivestito della sua grazia ; attribuendo a tutti il potere, non solo di crescere in Gesù Cristo, In quo totum corpus crescit, ma ben anche di far crescere Dio in se medesimi, Crescit in augmentum Dei. Quindi ci addita, qual effetto della nostra unione col Cuore di Gesù, due accrescimenti che vanno inseparabili di pari passo, l'accrescimento nostro in Dio, e l'accrescimento di Dio in noi. Sono queste due maniere di guadagno, prodotte dalla società cui piacque a Dio di stringere con noi in Gesù Cristo suo Unigenito, Ut societas nostra sit cum Patre et Filio eius Jesu Christo (I. Jo., I, 3). Membri di tale società sono dall'un lato la santissima Trinità, famiglia di Dio; dall'altro la povera umanità, famiglia di Adamo; Gesù Cristo, Dio e Uomo, è il vincolo di queste due famiglie, il sigillo vivente della società che le congiunge, e per lui le ragioni di amendue sono talmente commiste insieme che le ricchezze loro aumentano in una costante proporzione. E fino a che fedelmente si mantengano le leggi della società, niuno dei membri può far guadagno, senza parteciparne gli altri; laonde quanto noi guadagniamo in perfezione ed in merito, altrettanto Iddio guadagna in gloria; e quanto Iddio acquista in gloria, altrettanto si aggiunge alla nostra eterna beatitudine. Così alla triplice comunanza di vita, di azione, di fine, che a lui già ci univa sì strettamente, accompagnasi la comunanza di vantaggi e di scapiti, di perdite e di guadagni.

A bene intenderlo, riduciamoci a mente ciò che la ragione e la fede concordemente c' insegnano. Dio non può acquistare niente in sè, perchè immutabile ed infinito; ma nondimeno ha diritto di riscuotere dalle sue creature una gloria, che senza punto aggiungere alla sua perfezione e beatitudine, gli è pur dovuta, nè può essergli negata senza peccato. Siffatta gloria è un bene divino, e perciò infinito; e benchè Iddio possa farne a meno, come potea fare a meno di produrre niente fuori di sè, pure dall' istante che si compia que comunicarci l' essere, non potea lasciare d' imporci l' obbligazione di ricambiarlo con questa gloria. Perocchè l' operare per altro fine fuori di lui, e il non esigere dalle creature a lui debitrici dell' esistenza che a lui riferissero le proprie azioni, sarebbe stato un rinnegar se medesimo, che essendo necessariamente primo principio di tutte le cose, così ne dev'essere anche ultimo fine. È questo il solo vantaggio cui possa Iddio aver di mira nelle opere della sua potenza, e lo ha specialmente avuto nell' opera divina per eccellenza della incarnazione del suo Figliuolo. La gloria di Dio consiste nella manifestazione dei suoi attributi: ora tutti questi, la potenza, la sapienza, la santità, la liberalità, l'amore sopratutto e la misericordia, in nessun'altra opera si manifestano con isplendor comparabile a quello che sfavilla dal volto e dal Cuore del Verbo incarnato, dal suo presepio, dalla sua croce. Per tali annientamenti ineffabili, per la suprema sua esaltazione, per la ignominiosa sua mortee gloriosa risurrezione, questo Salvatore divino procurò al Padre e a sè una gloria senza confronto maggiore di quella, che avrebbe potuto arrecargli una serie innumerevole di mondi quanto si voglia più perfetti dell'abitato da noi. 

Ebbene: sta in nostra mano l' accrescere o diminuire questo tesoro, a misura che riceveremo in noi con più o meno abbondanza la comunicazione delle ricchezze di Gesù Cristo. Mercecchè quanto noi acquistiamo in perfezione e santità, tutto evidentemente si acqui sta dal corpo intero di cui siam membri, e in conseguenza da Gesù Cristo che ne è capo, e tanto più vien glorificato egli, manifestata con più splendore la sua vita, più sensibile la sua divina virtù, quanto più il corpo si svolga e ciascuno dei membri acquisti più vigore e più bellezza. Alla stessa guisa dal maggior numero di grappoli pendenti dai tralci della mistica vite, più n'è ammirato il ceppo, ed il celeste agricoltore se ne compiace, come di propria bocca ci afferma Gesù Cristo: In que sto è glorificato il Padre mio, che portiate gran frutto, In hoc clarificatus est Pater meus, ut fructum plurimum afferatis (Jo., XV, 8).

Dunque non ha punto esagerato l'Apostolo dicendo, che possiam far crescere Dio in noi; essendo vero che possiamo crescere in Gesù Cristo, ed ogni nuovo grado di perfezione, acquistato da noi in questo divin Salvatore, fa crescere lui stesso come nostro capo, e fa crescere del pari la gloria di Dio suo Padre. Vera è dunque doppiamente la parola, Crescit in augmentum Dei. Qual cosa è più valevole a dilatarci il cuore, animandolo di ardentissimo zelo per la propria santificazione, di questa certezza di arricchir Dio arricchendo noi, e di farci in certo modo suoi benefattori, a misura della fedeltà colla quale ci gioveremo de' suoi benefici ! Qual cosa è più gloriosa per miserabili creature come noi di questa inseparabile unione dei nostri beni coi beni dell' Onnipotente !

 ENRICO RAMIÈRE S. J.


lunedì 23 giugno 2025

Quanto è mai consolante questa verità, o Dio mio ! quanto per me gloriosa questa indissolubile unione del mio fine col vostro!

 


Conclusione pratica. — Quanto è mai consolante questa verità, o Dio mio ! quanto per me gloriosa questa indissolubile unione del mio fine col vostro! Ma non esagero io troppo dichiarandola indissolubile ? Non già, perchè non può rompersi nè dalle potenze della terra, nè dell'inferno; nè punto ha da temere nè da voi nè dal vostro divin Padre; ma ohimè! troppo facilmente può rompersi per mia colpevole follia. Sì, mio Dio, io l'ho questo potere di separare i miei interessi dai vostri, di opporre alla vostra gloria la mia, il mio capriccio alla legge del vostro Padre, e di costringere voi così a cercare la vostra gloria nelle mie umiliazioni, ed il compimento della volontà paterna nel mio castigo. Potere funesto per l'abuso che io posso farne, ma che per se medesimo è la condizione del mio merito e dovrebbe essere il principio di tutte le mie glorie ! Perocchè appunto pel mio potere di separare il bene mio dal vostro, io merito, rimanendo fedele a voi e resistendo a tutte le seduzioni tendenti ad al lontanarmene. La libertà di perdermi è inseparabile in me dalla libertà di meritare le vostre ricompense. Ma come potrei, mio Dio, usarne per allontanarmi da voi e perdermi, mentre mi vien concessa per salvarmi, unendomi a voi? Come potrei darmi a credere che siavi per me guadagno alcuno, separandomi dal Bene infinito e dall'infinito Amore?Che potrei sperare io mai lontano da voi? Quale creatura potrà rifarmi della perdita del Creatore? Per lusingarmi di sì vana ed insensata speranza, per cedere ad illusione sì stupida, non dovrei, 0 mio Dio, spogliarmi tutto insieme e della fede e della ragione? 

Ma tant'è, mio Signore; io pretendo di conservare l'una e l'altra, e mi rendo ad ogni 0ra colpevole di questa incomprensibile in teorica la riconosco senza fine assurda, in pratica l'ammetto con animo deliberato e continuamente, e in ogni picciola cosa oppongo il mio bene sensibile, la mia gloria umana, le mie terrene affezioni alla vostra gloria eterna, alle vostre divine ragioni ! Così mi persuado che quelle valgono meglio per me; che mi sarebbe troppo difficile il durare costantemente a voi fedele; che troppo dura riescirebbe la mia vita, ove s'assomigliasse più alla Vostra; che qualche cosa mancherebbe al mio cuore, ove fosse puramente animato dei vostri sentimenti; che i miei giorni non sarebbero abbastanza pieni, ove fossero al tutto rivolti a conseguire il fine che occupò tutta la vostra tarriera mortale, ed occupa tuttavia l' intera Vostra eternità. 0h follia della mia pretesa saviezza! oh iniquità dell' apparente mia giustizia ! Altri mi crede giusto, o Dio mio, mentre a ciascun istante io mi rendo colpevole di tali ingiustizie: altri mi loda ed io me ne compiaccio, mentre un atto solo dei mentovati degno mi rende di ogni disprezzo e mi dovrebbe far morire di vergogna!

Oh Dio mio ! quando finirò io dunque di così prevaricare? Quando mi risolverò io a questa unione de' miei beni coi vostri, la quale, comecchè sì bella in teorica, sarà pur mia condanna, se non la riduco in pratica? Quando non cercherò io più la mia gloria se non nella vostra, il mio benessere se non nel vostro beneplacito ? Quando mi terrò assiduamente innanzi gli occhi questo fine glorioso a cui si ri volgono tutti i vostri pensieri, e tutti i vostri affetti ? Solo coltendere ad esso costantemente sotto l'influsso della vostra grazia io potrò far perenni, di libera volontà, i gloriosi nodi che a voi mi stringono, e rendere al tutto indissolubile la unione del mio bene colla vostra eterna felicità!

ENRICO RAMIÈRE S. J.

 

venerdì 20 giugno 2025

Unità di questi tre Fini nel Cuore di Gesù.

 


La soluzione della difficoltà mi svela in più chiara luce l'intima unione che a voi mi lega, o mio Gesù. Questa, di già fondata sulla fraternità e sulla comunanza di vita e di azione, fondasi ancora sulla medesimezza di fine: poichè a quel modo che la vostra gloria e quella del Padre sono una sola e stessa gloria, anche gl'interessi vostri ed i nostri sono un medesimo. 

Imperocchè la vostra gloria si distingue forse dalla gloria del Padre? Per l'unità di natura che di voi e di lui forma un solo Dio, e avendo voi una stessa esistenza, anche dovete avere una stessa gloria con lui. Invano però tenterebbero gli uomini di separare lui da voi ne'loro omaggi, di onorar lui oltraggiando voi, o di credere in lui senza credere per ciò stesso in voi. La è vostra chiarissima parola: Rendano tutti onore al Figlio, come lo rendono al Padre, Ut omnes honorificent Filium si cut honorificant Patrem (Io., V, 23); e tutti quelli che credono in Dio, credano anche in me, Creditis in Deum, et in me credite (Io.,XIV, 1). Dunque, quando voi dite altrove di non cercare la vostra gloria, ma la gloria di Colui che vi mandò, non intendete con ciò di rinunciare alla vostra gloria eterna, ma invece di far capire a noi , come questa essendo inseparabile da quella del Padre, non era il caso di farne separato oggetto delle vostre ricerche, e di temere che le vostre temporali umiliazioni vi arrecassero il minimo del trimento. Da questa parte, o Gesù, era ed è ancora perfetta unità nelle tendenze del vostro Cuore, essendochè la gloria vostra e del Padre vi si presenta come solo ed unico fine a voi comune con lui, come patrimonio infinito da voi goduto con lui, ad uno stesso titolo e ad una stessa misura; tanto n'è impossibile non pure la separazione, ma la distinzione ancora, trattandosi di assoluta identità.

Ma, o buon Signore, si dà forse una simile unità fra le ragioni della vostra gloria e della nostra salute? Appunto, questa seconda unità è tuttò somigliante alla prima, avendone essa un somigliante fondamento. A quella maniera che voi avete col Padre una natura ed una vita medesima, noi ancora abbiamo in comune con voi una natura umana ed una vita divina medesima, la natura da voi assunta e la vita che a noi donaste. Assumendo la nostra natura, voi ci addiveniste fratello; donandoci la vostra vita, faceste noi vostri membri; e per questo doppio legame contratto con noi vi obbligaste a non mai separare le ragioni della nostra salute da quelle della vostra gloria, se pure non vi foste costretto dalla nostra ostinata malizia. In una bene unita famiglia tutto è comune, i beni e i mali, le prospere cose e le avverse; i fratelli tutti si gloriano dell'onore conceduto ad uno di loro; tutti ne sentono come proprie le sventure. Ma ben ancora più stretta in un corpo vivo è l'unione in solido delle membra. Il capo, che ne è centro comune del senso e del moto, non può aver bene se non nel bene di loro tutte; sanità e malattia, godimenti e dolori, glorie ed ignominie, tutto ha comune con loro.

Ma, o buon Gesù, come paragonare l'unione cui la comunanza di sangue e di origine mette fra gli individui di una medesima famiglia, o quella cui l'identità del sentire e del vivere mantiene fra le membra di un medesimo corpo, coll'unione che fra il vostro Cuore ed il nostro si forma sempre più strettamente per la effusione del vostro Spirito e la virtù infinita del vostro amore? Dove trovare una fratellanza pari a quella che rende voi nostro fratello; una comunanza pari a quella che fa di noi vostri membri, che fa di voi nostro capo ? No, non è a voi più possibile il separare la gloria vostra dalla nostra gloria, il bene vostro dal nostro bene. Potevate non incarnarvi; potevate, incarnandovi, non diventarci fratello; potevate, diventandoci anche fratello secondo natura, non comunicarci la vostra vita nè renderci per soprannaturale unione veri membri vostri, veri figli del vostro Padre celeste; ma dappoichè tale unione è compiuta, voi non potete più fare che le ricchezze dei vostri fratelli non sieno vostre ricchezze, che la gloria e il bene dei vostri membri non sieno vostro bene e vostra gloria.

Da quel momento il vostro eterno Padre si obbligò di estendere a ciascuno di noi l'amore che a voi porta; e vedendo in noi il vostro carattere, la vostra immagine, il vostro Spirito, non può a meno di compiacersi in noi, come si compiace in voi. Fino a che noi dureremo inseriti in voi, suggendo l'alimento della vostra grazia divina ; i frutti da noi prodotti gli riusciranno accetti, come i prodotti da voi a sua gloria sulla terra, perchè sono anch' essi vostri frutti. I grappoli pendenti dai tralci non meno appartengono nè fanno meno onore alla vite di quello che se spuntassero immediatamente dal ceppo. Come dunque la gloria del Padre non sarà mai separata dalla vostra, così non potrà esser mai dalla nostra salute. In hoc clarificatus est Pater meus, ut fruetum plurimum afferatis et efficiannini miei discipuli (J0, XV, 8).


mercoledì 18 giugno 2025

I tre Fini del Cuore di Gesù.

 



Della Comunanza di Fine Quinto Vincolo della nostra Unione col Cuore di Gesù


Ecco una parola del divino Maestro, che dee riempirci di meraviglia, parola quanto gloriosa per noi, altrettanto piena di mistero. Come per noi il Figliuolo di Dio si santifica, per noi si offre in sacrificio, per noi egli compie le opere sue divine! E chi siamo noi dunque? miserabili creature, vile niente, peccatori degni dell'inferno, schiavi del demonio; ed egli il Santo dei santi, il Re dei re, l'Unigenito di Dio, Dio come il Padre. Che il Re liberi lo schiavo, la Santità perdoni al delitto, un Dio tutto bontà sparga i suoi benefici sulla creatura, è già più assai di quello che essa avrebbe ragione di aspettare; ma che la creatura di venga fine per cui fatichi, patisca, si sacrifichi il Creatore, e la Santità divina si subordini in qualche modo alla santificazione del peccatore, riducendo a fare le parti di semplice mezzo quegli che è l'alfa e l'omega, il principio e il fine di ogni cosa, non sembra ciò una contraddizione patente, un'assoluta im possibilità ?

E tuttavia non possiamo dubitarne; è articolo di fede cui la santa Chiesa ci fa professare nel simbolo: « Per noi, uomini peccatori, e per nostra salute il Figlio di Dio discese dai cieli, s'incarnò per virtù dello Spirito Santo, nacque di Maria Vergine, Qui propter nos homines et propter nostram sa lutem descendit de caelis; et incarnatus est de Spiritu Sancto, natus ex Maria Virgine. Egli è morto a cagione dei nostri peccati, ed è risorto per nostra giustificazione, dice san Paolo, Traditus est propter delicta nostra, et resurrexit propter iustificationem nostram (RoM., IV, 25). Che mai possono significare, o buon Signore, queste parole, se non che voi discendendo dal cielo, incarnandovi nel seno di una Vergine, nascendo in una stalla, morendo su d'una croce, risuscitando glorioso dal sepolcro, vi proponeste a fine la redenzione dei nostri peccati e la santificazione delle nostre anime ? Se non vogliamo negare questi articoli di fede, dev'essere per noi indubitato che il vostro Cuore ebbe di continuo presenti gl'interessi eterni dei vostri fratelli, e per questi sacrificò i temporali della propria gloria e dei propri godimenti. Eravamo noi dunque veramente vostro fine, o Gesù, essendo proprietà del fine che ad esso vengano subordinati, e al bisogno sacrificati i mezzi.

Peraltro noi sappiamo con uguale certezza, come Iddio in tutte le sue opere non può avere altro fine che sè medesimo, e come primo dovere di tutte le creature si è il subordinarsi con ogni loro cosa al fine supremo della gloria divina. Come dunque, o Gesù, avete potuto proporvi un fine che pare sì alieno da voi, il quale siete veramente Dio? Qual cosa più opposta all'infinita vostra Maestà che la nostra miseria? Come dunque avete potuto proporvi per fine la nostra miseria, mentre fine per voi necessario è la vostra infinita Maestà ? E più di tutto, come avete potuto porre la esaltazione della nostra miseria a fine delle umiliazioni della vostra Maestà infinita E non ci avete voi forse detto le tante volte che fine vostro unico era la gloria del Padre, che questa voi cercavate unicamente, e scopo della vostra venuta nel mondo era la manifestazione della eterna verità?

Finalmente, o Salvatore divino, può egli essere che voi non accettiate pienamente l'ordine stabilito dalla provvidenza del vostro Padre celeste, e non vogliate soggette tutte le cose create al fine da lui medesimo ad esse fissato ? Ora noi sappiamo che voi stesso siete fine al quale Iddio riferisce tutte le cose, se condo il detto del vostro Apostolo: Tutto per voi e a riguardo di voi fu creato, Omnia per ipsum et in ipso creata sunt (CoL., I, 16). L' eterno disegno seguito nella produzione del mondo dei corpi e del mondo degli spiriti è l'unione di questo doppio mondo nella vostra Persona, divina insieme ed umana, spirituale e corporea; e gli stessi spiriti ricevettero ordine di adorarvi come loro ultimo fine, Et adorent eum omnes Angeli eius (HEBR., I, 6). La vostra gloria dunque, come la gloria del Padre, è fine supremo della creazione, suprema legge che ne obbliga tutti gli esseri a cooperarvi, ed i nemici di essa vi fu promesso che sarebbono costretti a fare di sgabello ai vostri piedi, Ponam inimicos tuos scabellum pedum tuorum (Ps. CIX, 1).

Questo è , o divino Salvatore, l'ordine immutabile posto per volontà del vostro Padre. Se però la volontà vostra si conforma perfettamente alla sua, voi non potete lasciar di riferire alla gloria vostra tutte le vostre opere e tutti i nostri vantaggi: e allora come possono i nostri vantaggi essere fine di tutte le vostre opere?

ENRICO RAMIÈRE S. J.

lunedì 16 giugno 2025

Applicazioni pratiche.

 


Della Comunanza di Azione Quarto Vincolo della nostra Unione col Cuore di Gesù


O Gesù, quanto è consolante questa considerazione ! quanto valevole a sollevare i miei pensieri, a fortificare il mio coraggio !! Perchè rifletto io così poco a queste relazioni sì intime, sì gloriose, cui a voi piacque stabilire con me ? Perchè mi oppongo io colla mia trascuraggine alla effettuazione dei vostri misericordiosi disegni ? 

Dunque, o Dio del mio cuore, è vero che sta in mia mano ogni momento il poter operare in voi ed il fare col vostro soccorso opere divine ! Sì, ogni momento voi siete disposto ad animare le mie azioni col soprannaturale influsso del vostro Spirito; nè vi è puruno de' miei pensieri, uno de' miei atti per quanto picciolo in sè, una delle mie pene, o mandatemi da voi o inflitte dalle creature, uno dei miei passi, delle mie parole, de' miei sospiri, che in unione con voi non mi possano acquistare un merito divino ! Chè voi siete pronto a riconoscerle come vostre al pari delle laudi che tributano a Dio vostro Padre i beati del cielo, essendo le une e le altre opere diverse di un medesimo corpo, e la vita ond' io vivo sopra la terra non altra da quella onde vi vono i membri del mistico vostro corpo, godenti con voi nella patria. Per voi io faccio con loro una cosa sola; godo di loro gloria com' essi prendono a cuore i miei travagli ; se mi vincono essi nel gaudio, io li vinco nel merito; e com'essi attingono dal vostro Cuore l'amor benefico che alla bellezza divina li unisce e abbevera al torrente delle divine delizie, Torrente voluptatis potabis eos (Ps. XXXV,9), anch' io ne attingo l' amor forte e laborioso che mi pone in grado di combattere i nemici della divina gloria e di conquistare corona immortale. Così voi ne' compren sori del cielo rinnovate ed estendete la vostra beata vita presente, e in noi pellegrini sulla terra rinnovate la vita da voi già menata fra gli uomini e ne prolungate la durazione ; e compiendo in loro e in noi la divina vostra  missione, continuate a santificare le anime e a dar gloria a Dio vostro Padre. 

Se dunque noi vi siamo fedeli, se abbiam cura di non operar mai se non sotto il vostro influsso, se riceviamo nella sua pienezza e trasmettiamo senza indebolirlo l' impulso datoci in ciascun istante dal vostro Cuore, non vi saremo men cari dei nostri fratelli del cielo e la nostra servitù non vi sarà meno pregevole. Anzi la libertà ed il merito del nostro operare con voi ci renderà superiori agli angeli ed ai santi i quali più non l'hanno; perchè l'infinito attraimento della bellezza divina, loro manifesta, li mette nella beata necessità di non poter più resistervi, e di non poter più operare se non divinamente.

Noi al contrario siamo del continuo in preda degli attraimenti terreni, stimolati da impulsi malvagi, e per conseguenza liberi di 0pporci e ribellarci alle mozioni del vostro Cuore: onde in mezzo a questo violento conflitto, la nostra fedeltà può a voi procurare maggior gloria, ed a noi un tesoro di meriti; e mentreveniamo violentemente incitati ad operare all'umana secondo i desideri della carne, Sarà tanto più onorevole per noi l' operare alla divina secondo l'impulso del vostro Spirito. Pertanto, o Dio mio, sarà in avvenire unica mia cura di operare in voi, camminare in voi, consultare in ogni cosa i vostri pensieri, ascoltare la voce interiore del vostro Spirito, seguirne le ispirazioni, non far nulla se non sotto l'influsso del vostro Cuore, nè cessare un solo istante di appoggiarmi alla vostra grazia. 

Se posso eseguire questa mia risoluzione, o Gesù, quanto sarà fruttuosa la mia vita, quanto invincibile la mia forza, quanto soavi le mie fatiche, quanto ricca la mia ricompensa !

ENRICO RAMIÈRE S. J.

sabato 14 giugno 2025

Al Cuor di Gesù dee riferirsi specialmente l'operare dello Spirito Santo nelle anime.

 


Della Comunanza di Azione Quarto Vincolo della nostra Unione col Cuore di Gesù


Tal è, o Gesù, il lavoro incessante del vostro Spirito nell' anima mia; o meglio tal è il lavoro che in me compite voi stesso per opera del vostro Spirito. Perocchè ben mi è noto che da voi solo io possiedo l'ospite divino, venuto ad abitare in me il giorno del mio battesimo, e da quel punto l' opera sua dura in me senza interruzione per vostro dono: di maniera che voi m'ispirate tutti i buoni movimenti ch' egli m' ispira, voi mi conferite tutti i meriti ch' egli mi fa conseguire , voi fate in me tutte le opere ch' egli mi fa fare, e se queste sono soprannaturali ed accetteVoli a Dio vostro Padre, perciò appunto sono tali che sono più ancora vostre che mie. In quella guisa che la scrittura di un fanciullo al quale il maestro conduce la mano, è più del maestro che del fanciullo, così le mie operazioni sono molto più vostre che mie, essendone voi solo la causa primaria, mentre io non ne sono che la secondaria. Tale è l' insegnamento della vostra Chiesa nel Concilio di Trento: « Gesù Cristo infonde ognora, come il capo nelle membra e la vite nei tralci, la sua virtù in tutti i giustificati, virtù che precede sempre, accompagna e sussegue le loro opere buone (1) ». E il detto del Concilio, o mio Gesù, dee specialmente riferirsi al vostro Cuore, perchè ogni grazia che mi fa pensare, parlare ed operare soprannaturalmente, è libero dono dell' amor vostro, è effetto dei palpiti vivificanti del vostro Cuore. 

Ora pertanto mi è dato l'intendere in qualche modo le intime relazioni che corrono fra voi ed i membri del mistico vostro corpo; ora il formarmi un più giusto concetto dell' attuosità immensa del vostro Cuore. Questo del mio corpo materiale è l' organo più attivo di tutti gli altri, che non si dà mai requie e non cessa , mentre gli altri si abbandonano al riposo, di fornir loro il succo vitale che li mantiene. Ma che è mai l' attività del mio cuore, o Gesù, in paragone di quella del vostro ? Dal profondo dell' apparente riposo della vostra vita eucaristica, voi diffondete ad 0gni istante in tutte le anime giuste i lumi, le ispirazioni, gli aiuti, le forze che le fanno vivere soprannaturalmente ; e per quanto si estende il vostro corpo mistico, in cielo in terra in purgatorio, non si forma un solo pensiero di fede, non si pronuncia parola meritoria, non si compie atto virtuoso, non si acquista merito, non si gusta gioia celeste, di cui non sia sorgente il vostro Cuore.

ENRICO RAMIÈRE S. J.

venerdì 13 giugno 2025

Lavoro incessante dello Spirito Santo nelle anime giuste.

 


Della Comunanza di Azione Quarto Vincolo della nostra Unione col Cuore di Gesù


Alla luce che disfavilla dal Cuore di Gesù ho appreso quanto sia sublime la mia dignità di cristiano, e quanto intimo il legame cui egli si piacque di stringere con me, facendomi non pure a sè fratello e amico, ma di più uno dei membri del suo corpo e il tabernacolo vivente del suo Spirito. Rimane or a sapere, perchè sia venuto questo divino Spirito a riempirmi il cuore. Forse a fine di prendervi il suo riposo, sì che la vita divina da lui arrecatami debba restare oziosa? E Gesù Cristo mi ha fatto viva parte del suo corpo per associarmi alla gloria ch' egli gode in cielo, prima di avere partecipato ai travagli da lui sostenuti in terra? Nol posso pensare. Non è la terra il luogo del riposo, ma il campo della fatica e l'arena del combattimento. La mia vita divina non è tuttavia se non in germe, e bisogna che si svolga prima di giungere alla sua beata consumazione. Bisogna che la sorte dei membri del corpo mistico dell'Uomo-Dio sia tutto somigliante a quella del loro Capo; bisogna che come lui sieno provati prima che coronati, e comprino con duro travaglio il beato riposo che egli loro apparecchia. 

Ed ecco il perchè Gesù ci mandi il suo Spirito, cioè per operare in noi e farci compiere in lui opere divine. Egli dimora nel corpo mistico della Chiesa come l' anima nel nostro corpo, vivificando ciascuno dei membri, avvalorando la loro energia, operando in essi e facendoli operare, svolgendone così la vita e promovendone la perfezione. In effetto la vita interna sta nel movimento, vita in motu, e per esso si conserva e si perfeziona. Perciò lo Spirito Santo, coll'arrecare all'anima nostra, una vita divina, le arreca insieme divini movimenti, e come la vita sua è infinita, anche la sua operosità è infinita. Egli è dunque assiduamente all' opera nel nostro cuore , e se noi volessimo fedelmente cooperare, acquisteremmo del pari grandissima operosità. Per questa fedeltà perfetta alle interne impulsioni del divino Spirito, poterono alcuni santi, come uno Stanislao Kostka, morendo nel primo fiore dell' età , aver fornito in breve una lunga carriera; poichè aiutati da quello moltiplicarono in pochi anni gli atti meritori e divini di molti.

Nonvi ha cristiano del quale il divino Spirito non sia disposto ad aumentare in tal modo l' attività; mentre quanto a sè non posa un istante nelle anime dove abiti per la grazia. Egli è in atto continuo di operare in esse quel medesimo che operò in Gesù Cristo, cioè di far loro produrre operazioni somiglianti a quelle di lui: e la somiglianza ne sarà compiuta, quando esse arrivate al termine dov'è arrivato Gesù Cristo , ne saranno anche inondate della medesima luce, accese dei medesimi ardori, saziate della medesima beatitudine. Ma già lo Spirito Santo loro ispira sentimenti ed azioni che sono sulla terra principio e pegno di questa perfezione e felicità del cielo; e per via di fede fa loro conoscere ciò che Gesù vede per lume di gloria; fa sperare ciò ch'egli gode, amare ciò ch'egli ama; insomma fa loro praticare tutte le virtù, le anima de' suoi sentimenti, forma in loro la sua imagine, In eandem imaginem transformamur, tam quam a Domini Spiritu (II CoR., III, 18); le fa crescere in lui ed avvicinarsi a quella perfetta misura cui sono destinate , e per cui rende ranno si degne di essere col loro divin Capo sublimate alla gloria , Donec occurramus 0mnes. , in virum perfectum in mensuram aetatis plenitudinis Christi (EPH., IV, 13).


giovedì 12 giugno 2025

In virtù della Comunanza di Vita il Cuor di Gesù si fa nostro cuore.

 


Della Comunanza di Vita Terzo Vincolo della, nostra, Unione col Cuore di Gesù


O Gesù, se voi non me lo aveste detto, io non potrei credere che mi abbiate sollevato a così sublime dignità. Imperocchè io posso dire di me quel medesimo che il vostro grande Apostolo, dopo essere stato rapito fino al terzo cielo , disse di sè : Vivo io, non già io, ma vive in me Cristo: poichè se ho la felicità di essere in istato di grazia, io possiedo come lui il vostro Spirito, pel quale io vivo in voi come le membra vivono della vita del capo , e voi vivete in me come il capo vive nelle sue membra. Perciò , o Cuore del mio Dio , voi mi appartenete, ed il mio cuore appartiene a voi, più assai che il cuor dell' amico e del fratello appartenga all'amico ed al fratello; appartenendomi voi come il cuor mio e il mio capo appartiene al mio corpo, e appartenendo io a voi come ciascuno dei membri del corpo appartiene al cuore che gli dà vita, e al capo che gli dà moto. 

Qual cosa mi è più propria della mia vita ? Io non la ho da me, senza dubbio, ma poichè mi fu data, come ne potrei esser diviso se io non sono se non per essa ? Che se fra i vari organi, per opera dei quali si mantiene la vita, uno più degli altri mi appartiene, esso è certamente il cuore. Il maggior numero degli altri mi può venir tolto, senza però che io cessi di essere; ma distrutto o leso anche solo il cuore, la vita sparisce, essendone esso l'asilo ultimo e la più intima sede. Parimenti, tra le facoltà dell' anima che son tutte mie, una si trova in cui la mia persona in cotal guisa si concentra , e nella cui perfezione consiste il mio merito, mentre la perfezione delle altre piuttosto che un merito è un dono; e questa facoltà, questa intima forza, ben più mia della mia memoria e del mio intelletto, questa facoltà di cui il mio cuore materiale è simbolo e stromento, è appunto il mio cuore morale, la mia volontà, il mio amore. Posso pertanto affermare senza timore d'ingannarmi, non essere niente al mondo più mio di questo doppio cuore, di questo centro comune della mia doppia vita fisica e morale. • 

Ma in tal caso posso anche affermare con uguale certezza, non esservi niente al mondo che io, come cristiano, possa con maggior diritto riputar mio del Cuore di Gesù. Infatti io come cristiano vivo di una vita molto più vera che la vita mia fisica e morale, poichè essa è veramente divina. Non è mia per natura, sì un puro dono, una pura grazia; ma una volta che gratuitamente mivenne data, essa è in me sì veramente come la mia vita naturale; anzi è molto più mia, non potendo alcuno levarmela mal mio grado, mentre la naturale mi può esser tolta ogni momento , per quanto io m'adoperi a conservarla. 

Or bene, io so , mio Gesù, che principio di questa vita divina in me e ne'miei fratelli è il vostro Cuore , ossia l' amor vostro, del quale è stromento il vostro Cuore. Ecco l' unica sorgente da cui si spande la grazia soprannaturale onde siamo fatti figliuoli di Dio; grazia che non ci fu solo infusa il primo giorno della nostra vita cristiana, ma continua 0gni momento a sgorgare da quella divina fonte in noi.

Da cotesto Cuore adorabile dipende la conservazione del mio essere soprannaturale non meno di quello che il raggio dipenda dal Sole, e la vita di ciascuna delle mie membra dipenda dalla loro unione col mio cuore di carne. Voi siete dunque sostegno , radice, centro della mia vita divina, e poichè tal vita è mia verissimamente, anche il Cuorvostro è mio, e mio più assai che nol sia il mio cuore di carne. Questo mi verrà certamente rapito dalla morte, ma quello, se io voglio , non mi si potrà togliere giammai. Non permettete però, Dio mio, ch'io arrivi mai a tal punto di colpevole insensatezza d' attirarmi in capo tanta disgrazia. Come la sacra Sposa, ho io trovato il diletto dell' anima mia, l'ho trattenuto, nè mai lascerollo partire, Inveni quem diligit anima mea, tenui eum nec di mittam (CANT., III, 4). 

E ciò che ancor più mi rapisce, o buon Signore, si è ch'io posso ad ogni istante rendere più perfetto il possesso concessomi da voi sul vostro Cuore, con far discendere in me più copiose le acque della vita divina ond' esso èsorgente, ed arricchirmi così mag giormente della pienezza di Dio, Ut implea miniin omnemplenitudinem Dei(EPH., III, 19).

ENRICO RAMIÈRE S. J.

mercoledì 11 giugno 2025

Il Cuor di Gesù è sorgente donde la vita divina si deriva in noi.

 


Della Comunanza di Vita Terzo Vincolo della, nostra, Unione col Cuore di Gesù


Ma, o dolce mio Salvatore, degnate dichiararmi ancor meglio questo glorioso mistero e dirmi quale sia in voi il principio, a cui debbo io maggiormente riferire il dono che voi mi fate della vostra vita divina. Ah posso io dubitare che non sia il vostro Cuore ? Non riposa forse in esso lo Spirito Santo come nel proprio santuario ? Non è il vostro Cuore la fornace dove arde questo fuoco celeste, l'oceano dove quest' acqua vivificante si è smisuratamente diffusa ? E non siete voi libero di donare a cui vi piace questo Spirito da voi posseduto in tutta la sua pienezza ? Non è forse l'amor vostro che irraggia le anime della luce e calore di questa divina fiamma, e diffonde nei cuori la copia di queste acque salutari ? Oh certo i palpiti del vostro Cuore fanno scorrere in tutti i membri della Chiesa le onde vivificatrici della grazia, a quel modo che i palpiti del mio cuore fanno scorrere in tutte le parti di questo corpo materiale il sangue che le alimenta e le riscalda: esso è il vincolo della società ineffabile onde i cristiani vengono a partecipare della natura divina , divinae consortes naturae ; esso il fonte delle vive acque donde la Divinità sparge nelle creature i rivi della sua infinita sovrabbondanza. Se però la comunicazione agli uomini vostri fratelli della divina vostra vita non si fa se non per influsso del vostro amore, egli è indubitato che il vostro Cuore , organo dell' amor vostro, è la sorgente di questa vita.

Grazie alla mia unione col divin Cuore , io non sono più uomo puramente , ma come voi siete Dio per essenza, anch'io per adozione vengo associato a dignità cotanto sublime. L'uomo si compone di un corpo simile a quello degli animali e di un'anima ragionevole, per la quale è incomparabilmente ad essi superiore: nel cristiano si dà, oltre il corpo animale e l'anima ragionevole, un terzo principio, senza confronto superiore all'anima più che l' anima non è al corpo, cioè lo spirito, ossia quel complesso di forze e di facoltà divine risultanti dall' unione dell'anima collo Spirito di Dio. Questo Spirito infatti , unendosi all' anima , l' assimila perfettamente a sè, senza cessare di esserne distinto, come il fuoco conferisce al ferro tutte le sue qualità senza cambiarne la natura; e la comparazione, o Dio mio, si adopera dai Dottori della vostra Chiesa a farmi comprendere questa deificazione dell' anima mia per virtù dello Spirito Santo; e ciò io debbo al vostro Cuore. Essi ancora mi attestano che, come l'acqua mista col vino non perde la sua natura, ma riveste tutte le proprietà del vino, così l' anima più ignorante, più fiacca, più imperfetta di sua natura, unendosi a voi per lo Spirito vostro, viene anche a parte della luce, delle forze, delle perfezioni onde il divino Spirito è principio nell'anima vostra. Finalmente per darci ancor meglio a capire somigliante mistero, il vostro Apostolo usa di una comparazione tuttavia più splendida e appropriata, dicendoci che voi siete nostro capo e noi vostri membri. I nostri membri sono certamente distinti dalla nostra testa, anzi gli elementi che li compongono ne erano pocanzi estranei , mentre appartenevano essi all' aria, all' acqua, alla natura vegetale o animale : ma dal punto che per la nutrizione passarono sulla nostra sostanza, l' anima se li è fatti propri, e senza privarli del loro essere materiale , li avviva e fa essere parti integranti di una persona ragioneVole: non altrimenti le anime nostre, per natura estranee affatto alla vita divina, dal momento che per lo battesimo furono innestate nel vostro corpo mistico, il vostro Spirito le accolse, loro comunicando una maniera novella di esistere, una vita divina e facendone veri membri di un corpo veramente divino.

ENRICO RAMIÈRE S. J.



martedì 10 giugno 2025

L'Uomo Dio ci comunica realmente la sua Vita divina.

 


Della Comunanza di Vita Terzo Vincolo della, nostra, Unione col Cuore di Gesù


I vincoli del sangue che formano del Figliuolo di Dio e dei figliuoli degli uomini una stessa famiglia , e i legami tuttavia più stretti dell' amicizia, che del Cuore di lui e del nostro formano un cuor solo, non appagano ancora le brame del suo amore per noi. Oh no, questo amore ha disegni ancor più alti, e prima di chiamarsi soddisfatto, conviene che egli compia miracoli più grandi assai. Grande era già il prodigio del suo discendere in mezzo a noi, colmando l'abisso posto tra la sua perfezione infinita e la nostra infinita miseria; ma questo primo prodigio non era se non preludio di altro ancor più stupendo. Gesù si rese a noi somigliante appunto per render noi somiglianti a lui ; prese la nostra umana natura per render noi partecipi della sua natura divina, Ut efficia mini divinae consortes naturae (PETR., I, 4); si fece carne della nostra carne per fare di noi un medesimo spirito con lui, Qui adhae ret Deo unus spiritus est (I CoR., VI, 17); si incarnò perchè noi fossimo deificati. O Gesù, apriteci un po' gli occhi, sì che intendiamo la verità dei meravigliosi doni del vostro amore, Ut sciamus quae a Deo donata sunt nobis (I CoR., II, 13); e l' inestimabile valore delle ricchezze lasciateci da voi in eredità, Illuminatos oculos cordis, ut sciatis quae divitiae gloriae haereditatis eius (EPH., I, 18) ! Voi stesso ci dite, o Gesù , Io sono la vite , voi i tralci; chi si tiene in me, ed in chi io mi tengo, questi porta gran frutto. Or quale sarà il frutto da voi promesso, se noi ci teniamo a voi uniti come il tralcio alla vite ? Le opere che voi fate, ed opere ancora più grandi. Quale promessa è questa vostra, 0 Dio mio ! Come ? noi, esseri così miserabili potrem fare opere divine ? E perchè meravigliarcene, quando voi ci comunicate veramente la vostra vita, come la vite comunica al tralcio il suo umore e la sua fecondità ? Il vostro Evangelo e l' insegnamento della vostra Chiesa non ce ne lasciano dubitare. Sì certo, nel giorno del mio battesimo ho io ricevuto la comunicazione vera e reale del vostro Spirito, di quello Spirito che è principio della vita soprannaturale, e fino a che io non lo ebbi cacciato dall' anima mia con grave colpa, esso vi rimase unito com'è unito all'anima vostra santissima, non già nella medesima pienezza, ma nella maniera medesima; nè ha cessato di spandersi dal vostro Cuore al mio, come il succhio non resta di scorrere dal ceppo ai sarmenti; e come i sarmenti, sebbene distinti dal ceppo, vivono però della vita istessa, così, o Gesù, per quanto noi siamo differenti da voi, tuttochè voi siate il vero Figlio di Dio, e noi miserabili creature, pure nel comunicarci che voi fate per una grazia pienamente gratuita il divino Spirito, da voi posseduto per diritto di nascimento, ci comunicate insieme la vita, conferita da esso all'anima vostra, e in conseguenza l'anima nostra e la vostra vivono di una sola e medesima vita.

ENRICO RAMIÈRE S. J.


lunedì 9 giugno 2025

Riflessioni sopra di noi.

 


Dell'Amicizia 

Secondo Vincolo della mostra Unione col Cuore di Gesù


Tocca ora a me di rispondere, se voglio concedere la mia amicizia ad un Dio che per acquistarla ha operato tanti miracoli e compiuti tanti sacrifici. Egli col divenire mio amico non avea niente da guadagnare, niente da perdere abbandonandomi alla infelice mia sorte. Al contrario, io se divengo amico del mio Dio, ho guadagnato tutto, ho tutto perduto se gli di vengo nemico. Può esser mai che egli usi tutte le prevenienze, e non ottenga da me se non ripulse ? Se uno de' miei simili avesse fatto il millesimo per ottenere la mia amicizia, io l' amerei; ed al mio divino amico celeste, infinitamente più amabile ed infinitamente più amante, ricuserò di essere amico, o smentirò più a lungo coi fatti le vuote proteste di amore onde gli sono prodighe le mie labbra ? Che vi può essere di più mostruoso ? 

Oppure consentirò io d' amarlo, ma di solo amore servile, che ha per motivo il timore , o di solo amore mercenario, che non ha di mira se non il guadagno? Lo servirò io a patto di averne pagati a contanti i miei ossequi, di non impormi verun sacrificio che non sia di presente rimunerato? E avrò coraggio di conteggiare e patteggiare in tal modo con quello che non ha punto risparmiato per me nè i suoi travagli, nè i suoi prodigi, nè il suo sangue ?

O vorrò forse imitare untroppo gran numero d'uomini che si dicono cristiani, e si danno ad intendere di amar Gesù, di esser gli devoti, ma inventando a proprio comodo un amore cui non accetterebbero da altri per sè; un amore sempre timido di far troppo , che riduce ai più stretti limiti il tempo da consecrare a Dio, la parte dei propri beni da donargli, i sacrifici a cui si rassegna, a fine di uscirne col proprio vantaggio ? 

Oh no, io non saprei diportarmi così, per poco che intendessi quanto mi abbia amato Gesù ! Non vorrei mai chiamare mio amico colui che misurasse in tal guisa le prove del suo amore; e volendo io essere fermamente amico del mio Dio, non sarò cotanto avaro a suo riguardo. E poi come troverei l'util mio, privandomi della sua amicizia? Anzi l'interesse mio più prezioso non istà forse nell' acquistare colla purezza e generosità del mio amore il titolo di amico di Dio? 

O Cuore di Gesù, Cuore del mio Amico, il più tenero, più amante, più sacrificato di tutti i cuori, fate che al fine io cominci ad amarvi, e non in sole parole, ma in verità ! Fate che io vi dimostri l'amor mio, come voi mi avete dimostrato il vostro, unendomi a voi, cercando puramente la vostra gloria, sacrificando a voi, se bisogni, le mie sensibili soddisfazioni, i miei interessi temporali; e così acquisti le forze, la pace, i frutti copiosi che accompagnano il verace amore!

ENRICO RAMIÈRE S. J.



domenica 8 giugno 2025

Il Cuor di Gesù ha vinto tutti queSti ostacoli con prodigi d' amore.

 


Dell'Amicizia 

Secondo Vincolo della mostra Unione col Cuore di Gesù


Ma che dico io, dimentico di quanto sia grande la potenza dell' amore ? Non è forse suo distintivo il far cose che non sono possibili se non ad esso ? Il Figliuoio di Dio ha risoluto di essere nostro amico, e sarà, malgrado di tutte le difficoltà. La distanza che lo separa da noi è infinita, ma egli sa vincerla e unire, come per un ponte immenso, le due rive , prima da uno smisurato abisso disgiunte. Senza cessare di essere uguale al Padre, egli si rende somigliante agli uomini, annientandosi col prendere la forma di servo , Semet ipsm exinamivit, formam servi accipiens, in similitudinem hominum factus (PHIL. , II, 7): e poichè la sua Incarnazione lo lascia tuttavia troppo lontano da ciascun degli uomini, egli annientandosi ancora di più, istituisce un Sacramento che lo accosti a ciascuno e intimamente congiunga; e per questa via compie la prima condizione dell' amicizia che è l'uguaglianza. 

Quanto poi alla legge del sacrificio, brama di ogni cuore veramente amante, egli ebbe come appieno seguirla dal momento che assunse questa natura passibile e mortale. Vero è che nel prenderla comunicolle ancora tutti i suoi diritti alla beatitudine, alla gloria, alla immortalità ; ma egli è padrone di sacrificarli tutti, e con quanta premura egli lo fa ! Preso appena un corpo, l' offre in olocausto : formatosi appena un Cuore, lo abbandona all'apprension viva dei disprezzi, degli oltraggi , delle miserie d'ogni maniera a lui serbate, che già gli cagionano una vera agonia, Improperium expectavit Cor meum et miseriam (Ps. LXVIII, 21): la quale agonia dee durare quanto la sua vita terrestre, e questa finita, allorchè la lancia del soldato avrà fatto stillare l'ultima goccia di sangue dal Cuore di Gesù, questo Cuore insaziabile di sacrificio comincerà una vita novella, in cui ripetere ad ogni istante e in ogni luogo del mondo l'immolazione del Calvario !

Che gli manca dunque per l'adempimento di quanto richiede l'amicizia? Forse il disinteresse? Ah non potrà egli, senza dubbio, impedire che il suo divin Padre faccia servire tutte le cose alla gloria di lui; ma l' amor suo non è per questo meno disinteressato! Quale guadagno a lui viene dai nostri omaggi ? Non potea del pari esser beato e glorioso in cielo, se ci avesse lasciati andare perduti ? Non poteva invece creare altri uomini, o puri spiriti più perfetti che lo avrebbero servito assai meglio di noi? E anzitutto, chi obbligavalo a patir tanto e a morire per nostra salute? Non avea che a dire una parola, e Dio Padre lo avrebbe liberato dai tormenti e preservato dalla morte. Ma no; egli mi ha amato, senza obbligo alcuno, e si è dato in preda per me ad ogni sorta di dolori. Poteva bearsi di tutte le gioie celesti, e volle sostenere invece la croce, non facendo caso alcuno dell'ignominia, Proposito sibi gaudio, sustinuit crucem, confusione contem pta (HEBR., XII,2). Si può egli concepire un amore più generoso, un' amicizia più disinteressata ?

ENRICO RAMIÈRE S. J.


venerdì 6 giugno 2025

0stacoli che impediscono il Figliuol di Dio di addivenire amico degli uomini.

 


Dell'Amicizia 

Secondo Vincolo della mostra Unione col Cuore di Gesù


Non si contenta il Verbo incarnato di dare agli uomini il titolo, sì glorioso peraltro, di servi, nè quello ancora più glórioso di fratelli risponde sufficientemente alle mire dell'amor suo. Nelle relazioni di padrone a servo si trova l' interesse, in quelle di fratellanza si trova la natura; e Gesù vuole che tra il suo Cuore ed il cuore degli uomini esista un legame più intimo, puro del tutto e spirituale, e insieme tenero e sensibile, quale appunto ritrovasi nella generosa unione di un'amicizia a tutta prova. Sì, questo gran Dio, nostro creatore, nostro padrone, nostro re , ha voluto essere nostro amico. 

Ma come sarà ciò possibile alla stessa sua onnipotenza, mentre l'amicizia esige una condizione, si nutre di un alimento, soggiace ad una legge che sembrano ripugnanti alla perfezione infinita del Figlio di Dio ? In fatti l'amicizia domanda l'uguaglianza, perchè tende di sua natura alla compiuta unione dei cuori , nè ciò si potrebbe in cuori al tutto fra loro disparati. Quindi l'amicizia non nasce d' ordinario se non fra gli uguali; e se attrae talvolta l'uno verso l'altro due cuori, cui la nascita, il grado o la fortuna tenea prima lontani, anche si affretta di produrre in essi quella eguaglianza che non vi avea trovato: Amicitia aequales inve nit, aut facit. Ora tra il Figliuol di Dio e i figliuoli degli uomini, tra l' Eterno e i con dannati a morire, tra l' Infinito e il niente , tra la Santità somma e il peccato, come sarà possibile l' eguaglianza, e Dio medesimo colla sua onnipotenza come riempirà questo abisso sterminato che li separa? 

Così legge dell' amicizia si è il disinteresse, pel quale l' amore di amicizia si distingue da ogni altro genere di affezione, e senza proprio riguardo, per pura benevolenza cerca il bene dell' amico. Ma Dio potrà nutrire un amor tale verso la sua creatura, mentre ne è necessariamente il fine ultimo e dee riferire alla propria gloria tutto ciò che opera fuori di sè? E Dio Figlio non ha comunicato quest'istessa prerogativa alla umana natura da lui assunta? E Dio Padre non ha ordinato che tutte le create cose , in cielo e in terra , servano e sieno subordinate all' Uomo-Dio , In ipso condita sunt universa in coelis et in terra., omnia per ipsum et in ipso creata sunt (CoL., I, 16) ? Questa è la suprema legge della creazione; e Gesù Cristo come potrà non curarla, subordinando le proprie ragioni a quelle degli uomini ? 

Infine, alimento dell' amicizia è il sacrificio: laonde com'essa sia veramente entrata in un cuore, comincia subito a stimolarlo di dare ciò che possiede; e quando l'amico abbia così sacrificato per l'amico ogni suo bene, crede di non avere ancora fatto nulla: Si de derit homo omnem substantiam suam pro dile ctione, quasi nihil despiciet eam (CANT., VII, 7); nè trova pace fino che abbia sacrificato se stesso. Ma questo doppio sacrificio, a cui tende ogni verace amicizia, è egli possibile al Figliuolo di Dio? A lui, Dio come il Padre , impassibile, beato necessariamente ed infinitamente? 

O Salvatore divino, permettetemi ancora la domanda, come potete voi diventare nostro amico? Siate pur nostro padre, nostro benefattore , nostro sostegno, nostro re, nostro rimuneratore: tutti questi titoli vi convengono, e noi non potremo mai troppo ringraziarvi che vi degniate prenderli a nostro riguardo; ma deponete il pensiero di voler essere nostro amico, perchè nol potreste senza rinunciare alle vostre più essenziali prerogative.

ENRICO RAMIÈRE S. J.


mercoledì 4 giugno 2025

Col dono del suo Cuore Gesù acquiSta nuovo diritto sul nostro.

 


APOSTOLATO DEL SACR0 CUORE DI GESÙ


SULL'UNIONE DEL CRISTIAN0 COL CUORE DI GESU'


Ma se la fratellanza nostra col Figliuolo di Dio ci flette in possesso del suo Cuore , come potremo noi negargli il diritto che egli ne acquista sul nostro ? Le relazioni di fratellanza sono necessariamente scambievoli, nè Iddio potea divenire nostro fratello, senza che noi divenissimo fratelli di Dio, contraendo verso di lui tutti i doveri propri di tale stato, primo de' quali è l' amore. Egli ci ha donato il Cuor suo, noi non gli dovremo donare il nostro?

E sarà chi voglia disconoscere così gloriosa obbligazione, e con mostruosa ingratitudine respingerla ? Come ! Il Figliuolo di Dio, per niente bisognoso di noi, del quale non avevamo meritato se non la collera, si degna di venire a noi, di darsi a noi, di unirsi a noi, di comunicare a noi i suoi tesori, di donare a noi il suo Cuore; e noi che dobbiamo tutto a lui, che non possiam nulla senza di lui, noi ricuseremo d' amarlo, ne rifiuteremo i doni e la parentela infinitamente gloriosa a cui Egli ci chiama ! Vile quel cuore e codardo, il qualè osi di patteggiare l'amor suo con un Dio che stato è così prodigo del proprio : anatema a colui che non amerà il Salvatore Gesù, Si quis non amat Domi num nostrum Jesum Christum, sit anathe ma (I CoR., XVI, 22) !

No, no, dolce Signore, non ispingeremo noi fino a questo eccesso la nostra viltà e ingratitudine ; ma riceveremo riconoscenti il dono che ci fate del vostro Cuore, che dev'essere d'ora in poi il nostro più caro, il nostro unico tesoro ! Fossero pure in nostra mano i beni di tutto il mondo, paragonati al vostro Cuore noi li avremo in conto di vile immondezza, Omnia detrimentum feci ut Christum lucrifaciam (PHIL., III, 8). Fossimo pure spogliati fino alla estrema nudità, noi ci riputeremo sempre ricchissimi per la possessione dell'amor vostro e del vostro Cuore. Ma non ci basta l'essere amati da voi, o Padre infinitamente amoroso, noi vogliamo amarvi di ricambio. È vero che non potremo giammai soddisfare l' immenso debito, contratto con voi e col vostro Padre celeste, quando egli vi diede a noi; che è mai il nostro cuore in confronto del vostro ? ma per quanto miserabile, freddo, imperfetto e malconcio esso sia, pure dacchè voi degnate accettarne l'offerta, noi ve l'offriamo con gioia, ve lo doniamo senza riserva; prendetelo, purificatelo, rendetelo degno di voi, usatene come strumento in tutte le opere alle quali sarà di piacer vostro l' applicarlo. Quanto a noi non vogliamo più altra gloria se non se di servire a voi, altra libertà se non se di appartenere a voi, altra felicità se non se di piacere a voi, altra ricompensa se non se di possedere eternamente voi.


martedì 3 giugno 2025

Il Cuore di Gesù è di nostra speciale proprietà.

 


APOSTOLATO DEL SACR0 CUORE DI GESÙ


SULL'UNIONE DEL CRISTIAN0 COL CUORE DI GESU'


Il suo Cuore, per conseguenza, ci appartiene; poichè nel dono fattoci di tutta la persona di lui, Iddio Padre non ha certamente eccettuato la più preziosa parte di così grande tesoro e a noi più necessaria, cioè il suo Cuore. Infatti questo ineffabile regalo era destinato a colmare il vuoto immenso della nostra povera umanità, fra le cui miserie era massima e senza rimedio l'impotenza di amare il vero bene, ed era troppo meritato castigo che non potesse più elevarsi verso il bene infinito, essa che avea fatto in degno sacrifizio del proprio cuore al niente. Così erasi veduta per una serie di secoli abbandonata all'orribile tormento d'un immenso bisogno di amare, senza mai poter giungere all'oggetto che solo poteva soddisfarne le insaziabili brame. Chi dunque le restituirà quell' amore la cui perdita era stata principio di tutte le sue rovine ? Ecco venire il Figliuol di Dio a recarglielo dal cielo; nè si contenta egli di renderle quel raggio d'amore divino che riscaldò il cuore dei primi parenti, ma gliene comunica la sorgente medesima; cioè l' infinito Amore che arde nel seno del Padre, e donandole se stesso, dona insieme lo Spirito Santo, di cui egli con Dio suo Padre è principio comune; preso dal seno immacolato d'una figlia di Adamo un Cuore somigliante al nostro, un Cuore formato della nostra sostanza, come a vaso dove racchiudere tesoro sì grande. Di qui le inestimabili ricchezze onde noi, per quanto miserabilissimi, possiamo amare, e con ciò soddisfare ogni nostro debito. Col Cuore del Figliuol di Dio, che insieme è Cuore del Figlio dell'uomo, l'umanità può gareggiare amando col suo Creatore, rendere a lui tanto quanto ne riceve, ed alla sua in finita larghezza rispondere con una riconoscenza infinita.

Dunque il Cuore di Gesù ci appartiene , e niente vi è in quella divina Persona, che ci appartenga più di esso. Ogni dono procede dall' amore, e l' amore istesso è il primo di tutti i suoi doni: se però Gesù si è veramente e interamente dato a noi, secondo il detto del l'Apostolo Dilexit meet tradidit semetipsum pro me (GAL., II, 20), egli ci donò prima di tutto l' amor suo, e per conseguenza il suo Cuore, organo di questo amore. Fra gli organi del corpo umano il cuore vien formato il primo e forma poi tutti gli altri; nel che la natura ci porge una bella somiglianza del gran mistero della nostra rigenerazione in Gesù Cristo. Giacchè l'Unigenito di Dio per farsi nostro fratello, ha dovuto anzitutto amarci d'ineffabile amore, prendere un Cuore e donarcelo; Cuore che poi lo ha fatto tutto quello che egli è stato per noi, e la compiuta donazione di questo Cuore può solo spiegare tutti gli altri doni ed ineffabili sacrifici di lui.

 ENRICO RAMIÈRE S. J.

lunedì 2 giugno 2025

Il Figliuolo di Dio ci è dato realmente per fratello.

 


APOSTOLATO DEL SACR0 CUORE DI GESÙ


SULL'UNIONE DEL CRISTIAN0 COL CUORE DI GESU'


Chi è questo Figlio il cui nascimento annunziasi con tanta solennità come il più felice degli avvenimenti ? Chi sono quelli a cui è dato in proprietà per autentica donazione ? Forsechè la chiesa celeste si rallegra per la nascita del suo Re? E se i cantici di gioia si sollevano dalla terra, qual è la illustre famiglia a cui nacque di recente un nuovo rampollo ?

Questo figlio è il Figliuolo unigenito del l'eterno Padre, Dio come il Padre, eterno come il Padre; sì ricco, sì grande, sì potente come il Padre; Dio da Dio, Lume da Lume, vero Dio da Dio vero; il Verbo eterno del Padre, splendore della sua gloria, imagine sostanziale della sua bellezza; Quegli senza cui Dio non può esistere, come non può esistere la luce senza il suo splendore, come non può esistere il pensiero senza conoscersi. Sì, è l'Unigenito Figliuolo di Dio, donatoci dal Padre, che ha riposte in lui tutte le sue compiacenze. Questo Dio che dalla eternità trova tutta la sua beatitudine nel conoscerlo, nel l'amarlo, nel possederlo; che non istima niente se non in lui, che non può amar niente fuori di lui; questo Padre infinitamente amante del più amabile di tutti i figli, brama di comunicare ad altri il suo tesoro, di donarlo realmente, interamente, irrevocabilmente, di oramai possederlo per indiviso con una natura differente dalla sua.

E quale sarà essa ? Certo l' angelica, la più somigliante fra tutte le creature alla natura divina per la sua purezza senza macchia, per la sua perfetta spiritualità, per la sua sapienza, pel suo amore. No, Iddio Padre non fece dono a questa del suo Figliuolo; ma sì all'umana, alla più deturpata, alla più debole, alla più povera, alla più inferma di tutte le create nature, alla schiatta maledetta di Adamo, la quale da migliaia di anni si trascina nel fango della miseria, e giace tutta piaghe sulle immondezze delle sue colpe; a noi che siamo gli infimi tra gli esseri spirituali, a noi che nasciamo in peccato, involti nelle tenebre della nostra ignoranza, avvinti dai vergognosi lacci delle nostre cupidigie; che però possiam dire a buon diritto: Un Figlio ci è donato; il vero Figlio dell'Altissimo è divenuto nostro fratello, e per lui ci siamo imparentati con Dio; Ipsius enim et genus sumus. (ACT., XVII, 28). Da secoli e secoli noi cercavamo di salire fino a lui, ma per vie che sempre più lo allontanavano da noi; ed eccoci ammessi di tratto alla più stretta e indissolubile parentela con lui; eccoci a lui congiunti per tale unione, che fa della sua persona divina e della nostra miserabile natura una medesima carne, una medesima sussistenza, un medesimo essere, onde egli è veramente carne della nostra carne, e osso delle nostre ossa, os ex ossibus meis, et caro de carne mea (GEN. II, 23. – EPH., V, 30).

ENRICO RAMIÈRE S. J.